CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA

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mauretto58
00lunedì 16 novembre 2009 20:10
si sono rese disponibili per questa donazione
e che sono già state “tipizzate” tramite un
piccolo prelievo di sangue. Si è stimato che un
Registro che contenga almeno 100.000 nomi di
donatori offra al bambino un’ottima probabilità
di trovare un donatore compatibile in tempi
relativamente brevi (3 mesi circa). Al momento
della pubblicazione di questo opuscolo, gli
iscritti al Registro italiano sono circa 328.500,
grazie anche agli sforzi di ADMO (Associazione
Donatori Midollo Osseo) (www.admo.it) che
sensibilizza l’opinione pubblica sull’importanza
di questo tipo di donazione e raccoglie donatori
per il Registro.
In casi selezionati, il donatore può essere
un genitore o un fratello non perfettamente
compatibile (trapianto mismatched o
aploidentico) ed è necessario prendere speciali
provvedimenti per evitare il rigetto del materiale
non compatibile e limitare soprattutto la gravità
della GVHD.
La procedura del trapianto il midollo osseo (che
andrà successivamente trapiantato) consiste nel
togliere al donatore dall’interno di certe ossa
(creste iliache) questo materiale gelatinoso (=
midollo) per semplice aspirazione con un ago
speciale, in anestesia generale. Il donatore può
andare quasi subito a casa. Non vi rimane che un
piccolo indolenzimento nelle aree di aspirazione,
e il midollo prelevato per la donazione viene
rimpiazzato nel giro di pochi giorni, facendo
sì che di fatto, l’unico rischio sia quello
anestesiologico.
Al paziente, dopo il trattamento che uccide
sia le cellule tumorali/leucemiche sane che le
cellule del midollo osseo del paziente stesso
(condizionamento), viene infuso (= trasfusione)
il midollo prelevato dal donatore, che va
naturalmente a collocarsi nella giusta sede
midollare, nelle cavità all’interno delle ossa, e
inizia a produrre per moltiplicazione cellulare
nuovo midollo e nuove cellule ematiche. Il tempo
necessario alla preparazione del paziente per il
trapianto, al trapianto stesso, all’attecchimento
del nuovo midollo osseo trapiantato con la
relativa produzione di nuove cellule ematiche
in numero sufficiente, è di circa un mese, da
trascorrere comunque ricoverato in isolamento
stretto all’interno di speciali camere o reparti “a
bassa carica microbica”.
In alcuni casi, le cellule da trapiantare vengono
ricavate dal sangue del cordone ombelicale
donato (trapianto di cellule staminali
emopoietiche cordonali). La spremitura della
placenta e del cordone ombelicale dopo il parto
consente una raccolta di sangue placentare
molto ricco di cellule immature (cellule staminali
emopoietiche - CSE) che sono in grado anche
esse di migrare verso le cavità svuotate delle ossa
e, moltiplicandosi e specializzandosi, diventare
nuove cellule di midollo osseo. Il sangue
placentare viene tipizzato e crioconservato in
sacche fino all’utilizzo per il trapianto in un
bambino compatibile. Queste cellule hanno delle
caratteristiche dovute alla loro immaturità che
facilitano il loro trapianto diminuendo il rischio
di rigetto. Questo tipo di trapianto è oggi ben
utilizzato e quindi è fondamentale la donazione
del cordone da parte delle partorienti. Per
informazioni su questo tipo di donazione, vedere
il sito www.adisco.it dell’Associazione Donatrici
Italiane Sangue Cordone Ombelicale.
mauretto58
00lunedì 16 novembre 2009 20:11
Dal 2006 è possibile donare anche prelevando
cellule staminali dal sangue periferico. Al
donatore vengono somministrati farmaci 4-5
giorni prima della donazione, chiamati ”fattori di
crescita” che stimolano la produzione di cellule
staminali emopoietiche permettendo il prelievo
di queste cellule in centri trasfusionali attrezzati
senza il ricovero in ospedale e senza anestesia.
La donazione da periferico è oggi in costante
aumento.
mauretto58
00giovedì 19 novembre 2009 19:39
Trasfusioni e citoaferesi
e le donazioni di sangue
Sia la leucemia di per sé, sia i trattamenti antitumorali in generale
spesso comportano una diminuzione nel numero delle cellule del
sangue. Quando diminuiscono i globuli rossi e l’anemia che ne deriva
supera un certo valore critico, si interviene con una trasfusione di
sangue, o preferibilmente di globuli rossi concentrati.
Meno spesso avviene che il midollo sia così povero
di cellule da essere quasi vuoto.
In queste fasi il paziente ha poche o pochissime
piastrine ed è esposto al rischio di emorragie,
o pochi o pochissimi globuli bianchi che lo rende
suscettibile ad infezioni gravi.
Per ridurre il rischio infettivo, sarà necessario
isolare il bambino, o in casa con l’utilizzo
di una maschera e speciali accorgimenti igienici,
oppure in ospedale in speciali camere
a bassa carica microbica delle quali
si è parlato precedentemente.
mauretto58
00giovedì 19 novembre 2009 19:41
Per ridurre il rischio di emorragie, invece, si potrà ricorrere
alla infusione di concentrati piastrinici che si ottengono
dal sangue di donatori compatibili. Tuttavia per avere
abbastanza piastrine, le “donazioni normali” di sangue
spesso non bastano e richiedono più donatori. Bisogna
pertanto riuscire a togliere al donatore singolo molte
piastrine senza anemizzarlo. Siccome il sangue del donatore
contiene un elevato numero di piastrine , rapidamente
rimpiazzabili (l’attività di una piastrina è molto breve)), si
può ricorrere alla donazione di sole piastrine senza togliere
anche i globuli rossi attraverso un processo chiamato
citoaferesi, in cui il sangue intero viene prelevato da un
apparecchio che separa e trattiene le piastrine e/o i globuli
bianchi e restituisce al donatore
quello che non serve
(il plasma e i globuli rossi).
mauretto58
00giovedì 19 novembre 2009 19:42
Isolamento
“l’isola della vita”
Sia la leucemia di per sé sia i trattamenti
antitumorali in generale possono comportare
una grave perdita delle difese immunitarie,
soprattutto a causa della diminuzione dei
leucociti (globuli bianchi) o del loro cattivo
funzionamento (blasti nelle leucemie). In questa
fase il paziente deve essere isolato per possibili
gravi infezioni.
Se l’immunodepressione non è profonda,
il paziente può essere “isolato in casa”,
controllando le persone e gli oggetti con cui
viene a contatto, utilizzando le speciali maschere
contro i germi, e adottando rigide norme
igieniche. Se l’immunodepressione è grave, il
paziente deve essere ospedalizzato, finché le
sue difese non aumentano e messo in profilassi
antibiotica endovena.
In molti reparti sono state realizzate, spesso
grazie a fondi provenienti dalle Associazioni
Genitori, stanze speciali, o addirittura reparti
speciali, a “bassa carica microbica”, cioè
pressochè sterili, dove il bambino può restare
finché ne ha bisogno, assistito dalla mamma o
dal papà, e da personale sanitario che adotta
le stesse precauzioni della sala
operatoria. Questa situazione
di estrema povertà di leucociti
si verifica anche nel paziente
trapiantato durante il periodo
di attesa dell’attecchimento del
nuovo midollo. Di solito sottoposto
a trapianto dovrà passare circa un
mese in questo isolamento.
mauretto58
00giovedì 19 novembre 2009 19:43
La ricerca
In Italia, come all’estero, vi è una intensa attività
di ricerca nel campo dell’oncoematologia
pediatrica. I risultati positivi fino a oggi raggiunti
fanno pensare per il futuro ad un ulteriore
aumento delle percentuali di guarigione.
I progressi sono evidenti quando si pensa
che prima del 1947 la prognosi dei bambini
diagnosticati con leucemia linfoblastica acuta, la
forma più comune e oggigiorno più facilmente
curabile, era di solo due mesi di vita. Grazie alla
ricerca, oggi vi è una maggiore comprensione
dei meccanismi di base della malattia e vi è la
disponibilità di sempre nuovi e più efficaci mezzi
terapeutici, per cui oltre il 70% dei bambini
diagnosticati con tumore o leucemia oggi se
adeguatamente trattati guariscono.
Nonostante questi successi, i problemi restano ed
enormi sono gli sforzi che si stanno compiendo
per l’elaborazione di protocolli sempre più
efficaci e meno tossici e per il miglioramento
delle tecniche di trapianto.
Per questo motivo, le Associazioni Genitori
impegnano molti dei loro fondi
a sostegno di programmi di ricerca.
La ricerca in Italia viene svolta in maniera
coordinata grazie ad una collaborazione
tra i vari centri, sia nazionali
che internazionali, resa possibile
dai moderni strumenti informatici
e telecomunicativi nonché da molteplici
occasioni di incontro in seminari e convegni.
mauretto58
00giovedì 19 novembre 2009 19:43
La ricerca
In Italia, come all’estero, vi è una intensa attività
di ricerca nel campo dell’oncoematologia
pediatrica. I risultati positivi fino a oggi raggiunti
fanno pensare per il futuro ad un ulteriore
aumento delle percentuali di guarigione.
I progressi sono evidenti quando si pensa
che prima del 1947 la prognosi dei bambini
diagnosticati con leucemia linfoblastica acuta, la
forma più comune e oggigiorno più facilmente
curabile, era di solo due mesi di vita. Grazie alla
ricerca, oggi vi è una maggiore comprensione
dei meccanismi di base della malattia e vi è la
disponibilità di sempre nuovi e più efficaci mezzi
terapeutici, per cui oltre il 70% dei bambini
diagnosticati con tumore o leucemia oggi se
adeguatamente trattati guariscono.
Nonostante questi successi, i problemi restano ed
enormi sono gli sforzi che si stanno compiendo
per l’elaborazione di protocolli sempre più
efficaci e meno tossici e per il miglioramento
delle tecniche di trapianto.
Per questo motivo, le Associazioni Genitori
impegnano molti dei loro fondi
a sostegno di programmi di ricerca.
La ricerca in Italia viene svolta in maniera
coordinata grazie ad una collaborazione
tra i vari centri, sia nazionali
che internazionali, resa possibile
dai moderni strumenti informatici
e telecomunicativi nonché da molteplici
occasioni di incontro in seminari e convegni.
mauretto58
00giovedì 19 novembre 2009 19:44
Assistenza globale
al bambino
E’ ormai unanimemente accettato che non è sufficiente trattare
il bambino con tumore soltanto in termini medico-sanitari. Il
bambino è infatti fortemente stressato non solo dalla malattia,
con tutti i cambiamenti fisici che comporta e dalle sofferenze
causate dalle terapie, ma anche dall’allontanamento dal
proprio ambiente durante i periodi di ospedalizzazione e dal
cambiamento di atteggiamento verso di lui da parte di genitori,
famigliari, amici e insegnanti. Tutto ciò può essere causa di
disturbi psicologici che possono creare problemi al futuro del
bambino. Un moderno programma di assistenza prevede la
presenza non solo di operatori sanitari ma anche di psicologi,
assistenti sociali, insegnanti, operatori ludici, volontari...
Tutti questi operatori lavorano in stretta collaborazione con
medici ed infermieri per offrire al bambino un’assistenza
globale, ovvero un’assistenza non solo medica ma psicosociale,
per il bambino e la sua famiglia. Si cerca tramite il
gruppo di specialisti di creare ambienti “a misura di bambino”,
intervenendo non solo sulla struttura e sugli arredi, ma sulla
vita del bambino all’interno del reparto, ovvero cercando di
assimilarla alla vita che svolge a casa, con spazi per il gioco e per
la scuola, e rapporti più “intimi” con gli adulti che compongono
questa nuova “casa”.
Tutto questo non si sarebbe potuto realizzare senza il grande
impegno delle Associazioni Genitori. Gli interventi sono stati
indiretti, attraverso importanti finanziamenti non soltanto per
la ristrutturazione degli ambienti ma, in alcuni centri, con borse
di studio o contratti per psicologi e pedagogisti, e diretti, con
la gestione in proprio di gruppi di volontari che supportano in
vario modo bambino e famiglia.
mauretto58
00giovedì 19 novembre 2009 19:46
Le associazioni di genitori
in ematologia e oncologia
pediatrica...perché?
Perché quando entri nel tunnel della malattia e
ti sembra che il mondo crolli, c’è qualcuno che ti
tende la mano.
Perché quando ti senti avvilito e incapace di
combattere, puoi trovare il volto sorridente di un
altro genitore che ha lottato come te e che forse
ha vinto la sua battaglia.
Perché, mentre il tuo cuore è in tumulto e
non sai come fare, ci sono dieci, cinquanta,
cento genitori che hanno vissuto o stanno
vivendo la tua stessa storia e possono mettere
a disposizione quello che hanno appreso dalla
propria esperienza.
Perché c’è qualcuno che ti accompagna,
ponendosi al tuo fianco, per affrontare i
problemi di ogni sorta che possono sorgere
nell’intricato e difficile cammino della malattia.
Perché c’è chi ti può assicurare che la strada
imboccata è quella giusta, dirti che bisogna lottare
e andare avanti, e farti sapere che non sei SOLO.
Perché c’è chi si impegna per migliorare gli
spazi di degenza e le attrezzature sanitarie, per
promuovere la ricerca, per informare la gente,
affinché il tuo bambino possa essere curato nel
modo migliore e nell’ambiente più idoneo e
meno traumatizzante per lui.
Perché c’è chi si adopera affinché il rapporto tra
te e il tuo bambino, e tra i tanti operatori sanitari
e sociali che ti circondano (medici, paramedici,
operatori sociali, scolastici, ecc.) sia il più sereno
possibile per garantire, dentro e fuori l’ospedale,
una qualità di vita migliore.
Perché c’è chi lotta al fianco di tutti i genitori,
unendo le voci perché siano forti e chiare, per
affrontare i tanti problemi non risolti presso le
istituzioni pubbliche, a livello locale e, tramite
la FIAGOP, a livello nazionale. Insieme nella
Federazione, condividendo le proprie esperienze,
arricchiscono le possibilità di intervento di
ciascuna.
mauretto58
00martedì 24 novembre 2009 19:57
ALCUNI NUMERI PER CAPIRE MEGLIO LA MALATTIA


Di seguito un po' di statistiche che spiegano la malattia e la sua incidenza, particolarmente in Italia.

Il cancro nel bambino (leucemie, linfomi e tumori solidi) colpisce 1 bambino ogni 650 entro i 15 anni di età. Sebbene sia un evento raro e le percentuali di guarigione siano alte nei paesi sviluppati, rimane la prima causa di mortalità da malattia nei bambini.

Ogni anno ci sono 120-140 nuovi casi per milione di bambini sotto i 15 anni. Questo significa che ogni anno in Italia si ammalano di tumore o leucemia circa 1700 bambini, circa 5 bambini ogni giorno. Questi numeri sono, purtroppo, in leggera crescita, anno dopo anno.

I tumori infantili sono molto diversi dai tumori degli adulti per tipo, per velocità di accrescimento e per prognosi. Nel bambino, in generale, il tumore più frequente è il gruppo delle leucemie (33%), seguito dai tumori del sistema nervosa centrale (SNC) (22%), i linfomi (12%), il neuroblastoma (7%), i sarcomi dei tessuti molli (7%) e i tumori ossei (6,4%). Le percentuali variano secondo la fascia d’età. Altri tumori più rari ancora sono il retinoblastoma, l’epatoblastoma, il Sarcoma di Ewing, i tumori delle cellule germinali e altri tipi estremamente rari.

Alcune valutazioni ci permettono di affermare che i meccanismi dietro alla formazione di tumori nei bambini (alterazioni geniche casuali e non controllabili in organi e tessuti in rapida crescita) siano diversi dei meccanismi dietro alla formazione di tumori negli adulti (più influenzato da fattori ambientali). Infatti, i tumori sono diversi, e altrettanto diverse sono le terapie praticate ed i risultati ottenuti. Relativamente ai tumori dell’età adulta, i tumori infantili dimostrano di dare una risposta migliore alle terapie, risultati che sono in continuo miglioramento grazie ad una intensa attività di ricerca. Mentre la percentuale globale di guarigioni da cancro in Italia è, negli adulti, del 55%, questa percentuale nei bambini sale al 72%.

mauretto58
00martedì 24 novembre 2009 19:59
Diagnosi

Una precoce e accurata diagnosi è fondamentale per scegliere ed iniziare la terapia, che è specifica per ogni tipo tumorale. La sensibilizzazione e l'aggiornamento dei medici di base nel riconoscere da determinati sintomi la possibilità che ci possa essere una patologia oncologica in atto, e nel sapere dove riferire il piccolo paziente, è necessario per anticipare la diagnosi ed iniziare presto la terapia.

Alcuni strumenti moderni come l'ecotomografia, la risonanza magnetica nucleare (RMN) e la Tomografia assiale computerizzata (TAC) si sono dimostrati essenziali per l'iter diagnostico. Le nuove tecniche di valutazione istopatologica delle cellule del tumore, con l'impiego di indagini citogenetiche e biomolecolari, permettono di identificare, nell'ambito di uno stesso tipo di tumore, dei sottogruppi a diverso comportamento biologico, la cui identificazione consente di attuare una terapia sempre più mirata ed efficace.

Le Terapie

Le terapie sono combinazioni, secondo il tipo tumorale, di chemioterapia, chirurgia e radioterapia, a cui è stata aggiunta negli ultimi anni la possibilità di trapianto di midollo osseo. Tutte queste terapie sono raggruppate in un disegno terapeutico specifico per ogni bambino chiamato "protocollo".

La chemioterapia.

I farmaci chemioterapici interferiscono con le capacità delle cellule tumorali di dividere e riprodursi. La chemioterapia è, di solito, una "multichemioterapia" cioè non si utilizza un unico farmaco antitumorale ma una combinazione di farmaci, pratica che si è dimostrata essenziale per debellare le cellule tumorali e distruggere il tumore. Questi farmaci colpiscono cellule in rapida crescita, quindi colpiscono in particolare le cellule tumorali, caratterizzate da una crescita rapidissima e incontrollata, ma colpiscono, seppure in misura minore, anche le cellule del corpo che si moltiplicano con un certo ritmo (mucose di bocca e vie digestive, midollo osseo, follicoli piliferi). Questa spiega certi effetti collaterali, ad esempio la caduta dei capelli e l'abbassamento dei valori del sangue (diminuzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) con susseguente anemia, leucopenia (tendenza ad infezione) e piastrinopenia (minor coagulazione del sangue) durante la terapia. Tuttavia le cellule normali sono in grado di difendersi dal danno, a differenza delle cellule tumorali, e gli effetti collaterali immediati o a breve distanza scompaiono dopo la sospensione della terapia. Alcuni composti hanno anche potenziali effetti tossici sugli organi, e causano, in alcuni casi, effetti collaterali a lungo termine che si sviluppano anche molto tempo dopo la sospensione delle terapie e richiedono controlli regolari dei pazienti anche quando sono fuori terapia o guariti. Alcuni di questi controlli devono continuare nell'età adulta, per evidenziare tempestivamente gli effetti tardivi della terapia ed intervenire in tempi rapidi. La moderna ricerca, oltre a valutare gli effetti di molecole nuove, mira a modificare la combinazione, il dosaggio e i tempi di somministrazione dei farmaci in uso per ottenere l'effetto migliore con minori effetti negativi immediati e a distanza.

La radioterapia

E' di fondamentale importanza nella cura dei tumori pediatrici, anche se è stata riconsiderata rispetto al passato. Infatti, in alcuni pazienti guariti dal tumore può provocare, a distanza di anni, in rapporto all'area irradiata, danni somatici, danni alla crescita e allo sviluppo psico-intellettiva o danni alle funzioni endocrine. E' quindi impiegata con cautela e con tecniche più sofisticate che mirano a ridurre il rischio di effetti collaterali e di un secondo tumore radio-indotto.

La chirurgia

Mantiene un ruolo fondamentale nella terapia dei tumori pediatrici, anche se oggi è inserita in protocolli di cura in cui è associata alla chemioterapia e, a seconda del caso, alla radioterapia. Ciò consente al paziente di arrivare all'intervento quando il volume del tumore è già stato ridotto per effetto della chemioterapia +/- radioterapia, con maggiori possibilità di una asportazione completa e minore necessità di interventi demolitivi su organi e tessuti vitali. Nei sarcomi ossei, ad esempio, interventi di amputazione di arti sono sempre più rari, ed è spesso possibile la ricostruzione della parte mancante e la ripresa della funzionalità dell'arto.

Il trapianto di midollo osseo (TMO)

Il midollo osseo, cioè la sostanza gelatinosa all'interno delle ossa, è la sede dove vengono prodotte, da "cellule staminali" immature, le cellule mature del sangue, che non hanno vita infinita ma sono costantemente ricambiate con cellule nuove. Il "tumore" delle cellule del midollo osseo (Leucemia) non è solido, ma colpisce lo spazio midollare delle ossa, da cui le cellule malate sono rilasciate nel sangue. L'intervento di trapianto di midollo osseo consiste nella distruzione completa del midollo osseo del paziente, infarcito di cellule leucemiche malate e incapace quindi di funzionare, e la sua sostituzione con cellule staminali di midollo osseo da donatore compatibile. Le cellule midollari sane vengono aspirate dalle ossa del bacino del donatore e infuse nel paziente per trasfusione, e vanno a collocarsi naturalmente nella propria sede, costruendo nuovo materiale midollare, sano. Il midollo osseo tolto al donatore si ricostruisce entro pochi giorni.

Una nuova tecnica sviluppata in Italia a Perugia permette il trapianto di midollo osseo prelevato da un genitore, perfettamente compatibile per il 50% del corredo genetico.

E' anche possibile prelevare le cellule staminali dal sangue circolante del donatore. In questo caso, bisogna che il donatore esegua per qualche giorno un trattamento con un farmaco (Fattore di crescita granulocitario, G-CSF) che stimola la liberazione delle cellule staminali dal midollo nel sangue. Il donatore viene poi sottoposto ad "aferesi di cellule staminali", che è un prelievo simile ad una donazione di plasma o di piastrine, nel quale però sono raccolte cellule staminali che verranno poi infuse al paziente come avviene per il midollo.

La tecnica del trapianto di midollo osseo non è utilizzata soltanto per le leucemie, ma fornisce uno strumento per poter utilizzare, per i tumori solidi, terapie ad alte dosi che tendono a distruggere non soltanto il tumore ma il midollo osseo stesso del paziente (anche le cellule staminali sono cellule in rapida crescita). Il prelievo e la conservazione, prima dell'inizio della chemioterapia, di midollo osseo dal paziente , o di cellule staminali che circolano anche nel suo sangue periferico (aferesi), permette più tardi una reinfusione di queste cellule e il ripristino della funzione del midollo osseo del paziente, svuotato dalla chemioterapia (trapianto autologo o autotrapianto).

Il trapianto di midollo osseo da donatore ( trapianto allogenico ) è possibile soltanto se vi è un donatore "compatibile", cioè con le stesse caratteristiche genetiche del paziente.

Statisticamente, un fratello su 4 è compatibile. Mancando un fratello compatibile, è possibile ricercare un donatore non-familiare idoneo nella banca dati mondiale dei donatori volontari di midollo osseo. Attualmente la banca comprende oltre 10 milioni di potenziali donatori nel mondo. In Italia, grazie al lavoro di ADMO (Associazione Donatori di Midollo Osseo), nel Registro donatori (Italian Bone Marrow Donor Registry, IBMDR) vi sono oltre 300.000 iscritti tipizzati. . Inoltre, vi è oggi la possibilità di utilizzare per il trapianto le cellule staminali molto immature che si trovano nel sangue placentare di neonati e che possono essere raccolte dal cordone ombelicale dopo il parto e crioconservate. Queste cellule sono una alternativa alle cellule del midollo osseo maturo o alle cellule staminali circolanti e possono essere utilizzate per il trapianto soprattutto in bambini, perché sono in quantità limitata. L'iscrizione nelle liste di donatori di midollo osseo e la donazione di cordone e placenta da parte di nuove mamme sono atti altruistici essenziali per salvare la vita di tante persone, spesso bambini.

Tuttavia, è bene tenere presente che il trapianto non può ottenere dei risultati miracolosi. In realtà è una terapia molto pesante con molti rischi e potenziali effetti collaterali gravi, per cui va intrapreso soltanto in casi selezionati, nei quali la terapia convenzionale non offre possibilità di guarigione

Le nuove terapie: le Terapie Biomolecolari

Si tratta dello sviluppo di farmaci "intelligenti", in grado di colpire e distruggere le cellule cancerose senza danneggiare le cellule sane e, quindi, senza tossicità collaterale. Per questa nuova categoria di farmaci non è stato trovato casualmente l'effetto antitumorale, come per molti farmaci antitumorali di vecchia generazione, ma è il risultato di una progettazione razionale di nuove specifiche molecole. Le cellule tumorali possiedono sulla superficie molecole proteiche che non sono presenti in nessuna cellula sana del corpo. Sono proteine tumorali. Le proteine sono prodotte dai geni che costituiscono il DNA della cellula, e quindi queste proteine anomale esprimono la presenza di un gene alterato che ha causato la trasformazione della cellula normale in una cellula che, moltiplicandosi rapidamente e senza fine, è causa del tumore e della sua capacità di infiltrare il corpo. I nuovi farmaci sono molecole capaci di identificare una determinata proteina sulla superficie delle cellule malate; si legano quindi a queste cellule e agiscono sul gene mutato del DNA cellulare, bloccando la sua funzione. Prendono a bersaglio soltanto le cellule malate. Non danneggiano le cellule sane che non possiedono queste proteine. In molti laboratori di biologia molecolare in tutto il mondo, incluso l'Italia, sono in corso di sviluppo e di sperimentazione queste nuove molecole, in particolare per i tumori resistenti alle terapie tradizionali. Qualche molecola per qualche tipo tumorale specifico è già in sperimentazione anche nei bambini. Queste terapie saranno il futuro per la cura del cancro.

Le nuove terapie: Le Immunoterapie

L'immunoterapia funziona utilizzando il sistema immunitario del paziente, cioè quel sistema composto di linfonodi, milza, tonsille, midollo osseo e cellule bianche del sangue che proteggono contro infezioni e malattie. Come la chemioterapia, può essere utilizzata per combattere il cancro. Mentre la chemioterapia aggredisce le cellule tumorali direttamente, l'immunoterapia agisce stimolando o facilitando il sistema immunitario che viene così ingaggiato nella lotta contro le cellule tumorali.

Gli scienziati non capiscono del tutto in che modo l'immunoterapia assiste il sistema immunitario, ma pensano che

*
ferma o rallenta la crescita delle cellule tumorali
*
potenzia il sistema immunitario nella distruzione o nell'eliminazione delle cellule tumorali
*
ferma la diffusione del tumore in altre parti del corpo.

Il sistema immunitario lavora distinguendo cellule "buone" che fanno parte della salute del corpo e cellule "cattive" che portano malattie, distruggendo queste ultime cellule e difendendo l'organismo. Ma a volte questo meccanismo non funziona. Gli scienziati fanno ricerche per capire perché il sistema immunitario, che fa sì che molte cellule mutate, che potrebbero col tempo trasformarsi in cellule tumorali, vengono distrutte subito, non riesce ad impedire lo sviluppo delle cellule che causano il tumore. I farmaci utilizzati in immunoterapia si sono mostrati capaci di aiutare il sistema immunitario a fare questo lavoro. L'immunoterapia può essere utilizzata da sola, per alcuni tumori, o, più spesso, insieme alla chemioterapia per distruggere il tumore o alleviare certi effetti collaterali dei farmaci antitumorali come, ad esempio, la tendenza a contrarre infezioni.

Le sperimentazioni cliniche

Nell'affrontare il problema delle sperimentazioni cliniche in oncologia pediatrica, è importante realizzare che nei Paesi dove c'è un buon accesso dei bambini alle sperimentazioni, aumenta la percentuale di guarigioni per tutti i bambini nell'insieme relativamente a tutte le patologie oncologiche. L'AIEOP, attraverso la sua rete di Centri, è attivamente coinvolto in moltissime sperimentazioni cliniche sia a livello nazionale che internazionale.

Le sperimentazioni possono riguardare nuovi farmaci, in particolare la nuova generazione di farmaci che operano a livello molecolare, o farmaci già in uso, sperimentando nuove combinazioni, diversi dosaggi e diversi tempi di somministrazione alla ricerca di protocolli di cura sempre più efficaci e meno tossici.

I farmaci nuovi sono sperimentati prima in laboratorio, per studiare gli effetti sui vari tipi di tumore in vitro ed in animali da laboratorio. Le prime sperimentazioni a livello clinico (sulle persone) avvengono sugli adulti, e una volta confermata l'efficacia e controllata l'eventuale tossicità possono essere messi a disposizione dei bambini per determinare efficacia e dosaggio minimo. Queste prime sperimentazioni (fase I) reclutano malati che non hanno altre possibilità di cura. Ulteriori livelli di sperimentazione (fasi II e III) mettono a confronto protocolli sperimentali con protocolli standard, per affinare l'uso dei farmaci relativamente a dosaggio e tempo di somministrazione e determinare quale protocollo da migliori effetti di efficacia e più bassa tossicità. I bambini non sono quasi mai inseriti in studi di fase I, e le sperimentazioni in pediatria vengono effettuate sulla base dei risultati di studi di fase I e II condotti su adulti.

Un Comitato Etico autorizza l'esecuzione di ogni protocollo sperimentale e ne controlla l'andamento . E' essenziale che i genitori siano correttamente informati sul protocollo di sperimentazione a cui il proprio figlio è sottoposto e che esprimano il loro consenso (consenso informato). I genitori possono temere, nel firmare il consenso, di perdere il controllo sulle cure del proprio figlio, dando un permesso illimitato ai medici: in realtà la partecipazione ad un protocollo sperimentale può offrire ai bambini delle possibilità in più, e, d'altra parte, il consenso può essere revocato in qualsiasi momento da parte dei genitori. La firma del consenso informato avviene al termine di un colloquio con i medici, durante il quale sono spiegate le modalità del trattamento, i possibili rischi, i risultati attesi. I genitori devono sentirsi liberi di porre domande e di chiedere chiarimenti se non hanno compreso qualcosa.

La Guarigione

Le percentuali di guarigione dei tumori nei bambini , nel mondo progredito, variano secondo la patologia, arrivando al 90 % per alcune forme, mentre per altre le percentuali sono molto più basse. Una intensa attività di ricerca per queste forme resistenti alle terapie è in atto in tutto il mondo, e l'Italia partecipa in pieno a questa attività.

COSA SIGNIFICA GUARIRE? Una percentuale molto elevata di bambini sopravviventi a 5 anni dalla diagnosi, e ancora più elevata tra i bambini sopravviventi a 10 anni, non si ammala più del tumore che è stato curato e questi bambini possono essere dichiarati "guariti". "Guarito" significa che si ha la stessa probabilità di riammalarsi della malattia di quella della popolazione normale (cioè quasi nessuno, essendo queste malattie rare). Significa che la malattia pregressa è andata via, e il bambino può riprendere la sua vita normale.

Possono rimanere degli esiti delle terapie, come, ad esempio, una amputazione per la terapia chirurgica, o la sterilità per certi tipi di radioterapia, o un problema cardiaco per qualche chemioterapico, e possono svilupparsi negli anni, in alcuni dei giovani guariti dal tumore infantile, altri effetti collaterali negativi, ma la malattia non c'è più. I giovani guariti devono prendere la responsabilità di sottoporsi a controlli regolari per evidenziare precocemente eventuali effetti a lunga distanza. Come per tutti, a maggior ragione per un soggetto guarito da un tumore da bambino è indicato uno stile di vita "sano" (evitare fumo, alcolici, eccessi alimentari).

Come per tutte le persone, può insorgere più avanti un altro tumore. Questi tumori sono diversi dal tumore curato in infanzia, e le probabilità di avere un altro tumore più avanti nella vita sono soltanto un pò più elevate della popolazione normale. La maggiore parte dei bambini guariti sta bene in ogni senso.
mauretto58
00mercoledì 25 novembre 2009 16:58
PROGRAMMA CONCERTI 2009-10



Cari Amici,
l'Associazione di Volontariato del Gruppo Seniores ExxonMobil, nell’ambito del programma delle attività previste per l'anno in corso e per il 2010, è lieta di invitarVi a partecipare ai concerti di musica classica che avranno inizio a partire da Domenica 25 Ottobre e si concluderanno Domenica 28 Marzo 2010.

I concerti si svolgeranno alle ore 18.00 presso l'Hotel Quirinale, in Nazionale al civico 7.

L'Associazione "Orchestra da Camera Roma Classica" presenterà il Concerto di Inaugurazione Domenica 25 Ottobre, con inizio alle ore 18.00, nella sala Giuseppe Verdi. Il concerto apre la stagione musicale 2009-2010 de "I Nuovi Concerti del Gianicolo" con un concerto per violini e orchestra dedicato a brani di F. J. Haydin.

Le successive date del programma sono:
 Domenica 8 Novembre 2009 concerto realizzato da esperti solisti che eseguono brani tratti da opere di Schubert e Mendelssohn, nella sala Giuseppe Verdi.
 Domenica 15 Novembre 2009 Antonio Ballista al pianoforte esegue musiche di C. Debussy, I. Stravinskij, P. Hindemith e altri compositori, nel salone Impero.
 Domenica 29 Novembre 2009 l'Orchestra Nova Amadeus esegue musiche di Bach, Haydin e Mozart, nel salone Impero.
 Domenica 13 Dicembre 2009 il trio Bettinelli (pianoforte, violino e violoncello) eseguono musiche di Beethoven, Brahms, Haydin, nel salone Impero.
 Domenica 17 Gennaio 2010 il "Quintetto Roma Classica" esegue brani tratti da opere di Vivaldi, Haydin, Ciaikovskij, Gerswhin, "Orchestra da Camera Roma Classica"
 Domenica 24 Gennaio 2010, con un programma da definire, si svolgerà il recital del vincitore del 5° Concorso Internazionale Pianistico " La Tortora", nel salone Impero.
 Domenica 31 Gennaio 2010 il trio jazz "Guitar Mediterranean Flavour" (chitarra, batteria, basso) esegue musiche di Santana, Wonder, Jobin, Sting, Piazzolla, nella sala Giuseppe Verdi.
 Domenica 14 Febbraio 2010 il duo pianistico Sbeglia e Zamuner esegue musiche di
 Schubert, Liszt, Martucci, nel salone Impero.
 Domenica 28 Febbraio 2010 "Moon Light Big Band" (20 bravissimi esecutori) suonano brani swing, quali Sophisticaded lady, In the Mood, Moon Light Serenade, nella sala Giuseppe Verdi.
 Domenica 14 Marzo 2010 il noto pianista Pierluigi Camicia, vincitore di premi internazionali, esegue musiche di Clementi, Scarlatti, Chopin, nel salone Impero.
 Domenica 28 Marzo l' "Orchestra da Camera Roma Classica", direttore il maestro P. Zampieri, soprano Claudia Toti Lombardozzi propongono brani sacri e da salotto e alcuni brani per sola orchestra, nella sala Giuseppe Verdi.

È con vero piacere, dunque, che Vi invitiamo, insieme ad un accompagnatore, a queste straordinarie occasioni di incontro.

Associazione di Volontariato
Franca Milotti
vice presidente ali di scorta
mauretto58
00mercoledì 25 novembre 2009 17:05
ALI DI SCORTA E' STATA SCELTA DALLA FIAGOP DI ORGANIZZARE L'INCONTRO MONDIALE DI ROMA NEL 2010
Progetto Ministeriale

Facciamo insieme un pezzo di strada...
L'insorgere di una malattia potenzialmente mortale costituisce un evento stressante, inatteso e sconosciuto che determina nella famiglia un impatto disorganizzante. Il tumore in un bambino e nel giovane è percepito così contro natura che talora è perfino difficile immaginarlo. Basti pensare che a volte i pediatri di base hanno difficoltà anche ad ipotizzare una diagnosi in tal senso. I genitori dei bimbi affetti da tali patologie esprimono sovente un profondo senso di precarietà e disorientamento in un momento in cui è necessario invece organizzare la vita in modo diverso e familiarizzarsi con una realtà nuova, con nuove procedure (la domanda d'invalidità, il domicilio sanitario, i programmi scolastici alternativi, ecc.), con ambienti come l'ospedale e con un linguaggio (quello sanitario) sconosciuto. Tutto questo vale anche per i giovani pazienti che in più devono affrontare terapie e procedure spesso
1. Associazione proponente: FIAGOP – Federazione Italiana Associazioni Genitori Oncologia Pediatrica Sede legale: Via Massarenti, 11 - Bologna Sede operativa (si prega di inviare ogni comunicazione a tale indirizzo): Via del Pozzo, 71 - 41100 MODENA Telefono: 059. 422 4414 - Fax 059.422 4412 - e.mail : info@fiagop.itIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo
Tipologia giuridica: Federazione di Associazioni di volontariato - Presidente della Federazione: Emma Sarlo Postiglione
2. Informazioni sul responsabile del progetto Responsabile del progetto: D.ssa Donatella Paggetti, psicologa-psicoterapeuta Telefono e fax: 055.580030 - Cell.: 347.7298723 - e-mail: d.paggetti@meyer.itIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo 3. Titolo del progetto «FACCIAMO INSIEME UN PEZZO DI STRADA – Progetto di prevenzione e sostegno delle patologie oncologiche»
4. Durata del progetto
Un anno come prima fase sperimentale con una successiva verifica per poi portare le attività a regime. 5. Descrizione del progetto e contestualizzazione 5.a Il Problema / l’esigenza L’insorgere di una malattia potenzialmente mortale costituisce un evento stressante, inatteso e sconosciuto che determina nella famiglia un impatto disorganizzante. Il tumore in un bambino e nel giovane è percepito così contro natura che talora è perfino difficile immaginarlo. Basti pensare che a volte i pediatri di base hanno difficoltà anche ad ipotizzare una diagnosi in tal senso. I genitori dei bimbi affetti da tali patologie esprimono sovente un profondo senso di precarietà e disorientamento in un momento in cui è necessario invece organizzare la vita in modo diverso e familiarizzarsi con una realtà nuova, con nuove procedure (la domanda d’invalidità, il domicilio sanitario, i programmi scolastici alternativi, ecc.), con ambienti come l’ospedale e con un linguaggio (quello sanitario) sconosciuto. Tutto questo vale anche per i giovani pazienti che in più devono affrontare terapie e procedure spesso invasive.
La FIAGOP, ovvero la federazione che raccoglie le associazioni di genitori il cui figlio si è ammalato di tumore, da tempo attive in questo ambito, si è resa conto di queste problematiche ed ha anche avuto modo di vedere come la società sia in realtà poco informata in fatto di tumori in età pediatrica e questo rende più difficile a tutti aiutare i bambini affetti da questa patologia, ma rende anche più impreparati i genitori – che poco sanno a tal proposito – a comprendere la nuova realtà, le buone possibilità di guarigione, la tipologia delle terapie così come la possibilità di utilizzare aiuti ed ausilii per affrontare questa difficile esperienza.Inoltre in molti reparti di Oncologia al cui interno operano le associazioni della FIAGOP, giungono minori da 0 a 18 anni di età provenienti anche da altre regioni d’Italia e da paesi stranieri (con tutto quello che significa essere sradicati da casa e dal proprio territorio) per seguire percorsi terapeutici lunghi almeno 1-2 anni. 5.b L'idea Il disagio, come illustrato al punto 5.a, risiede sia nel tipo di patologia diagnosticata, sia nel difficile e lungo percorso terapeutico che i ragazzi devono affrontare, sia nelle nuove incombenze che tutto questo richiede (nuove pratiche, cambiamento di abitazione, gestione diversa dei figli, ecc), infine nella scarsa conoscenza di questo tipo di patologie da parte della società . Le Associazioni Genitori, i cui soci in prima persona hanno vissuto tali disagi, hanno pertanto pensato di costruire un progetto di intervento che potesse, almeno in parte, incidere sulla società ed alleviare sofferenze psichiche e disagi pratici al paziente ed alle famiglie realizzando un intervento di prevenzione secondaria (v . Moduli 2, 3, 4 e 5 al punto 5.c), ma che intervenisse anche a monte sull’informazione primaria (quindi una sorta di prevenzione non della malattia in sé, ma delle problematiche ad essa connesse: v. Modulo 1 al punto 5.c). I Moduli 2, 3, 4 e 5 permettono infatti di evitare una serie di disturbi somatici e psichici che altrimenti affliggono il paziente oncologico pediatrico e la sua famiglia: i disturbi somatici riguardano tutti gli effetti collaterali delle terapie che in un contesto dove non vi è un controllo dello stress emotivo aumentano in modo incisivo; i disturbi psichici riguardano i disagi psicologici ed anche vere e proprie psicopatologie che la malattia oncologica può indurre nel paziente e talora in tutta la costellazione familiare 5.c Le azioni Obiettivo 1: prevenzione tramite informazione primaria e formazione da raggiungere grazie al Modulo 1 che prevede la formazione di volontari, soprattutto giovani, che poi si occuperanno di effettuare incontri di informazione sanitaria in particolare nelle realtà scolastiche con gli insegnanti Obiettivo 2: prevenzione secondaria tramite informazione, supporto e sostegno alle famiglie ed al paziente grazie al Modulo 2 ed al Modulo 3. Il Modulo 2 prevede la Realizzazione di due opuscoli da dare alle famiglie al momento della diagnosi ed alla fine delle terapie: il primo “Ammalarsi di tumore nell’infanzia”, il secondo “Quando le terapie sono finite…” . Nel primo, oltre ad una parte di informazione, orientamento e supporto per la famiglia, ci saranno due parti bianche, una sorta di diario da scrivere durante il lungo periodo delle cure in cui la famiglia e il giovane paziente, ognuno autonomamente, potranno annotare pensieri, difficoltà, apprezzamenti e critiche e che restituiranno poi al termine delle cure in modo anonimo se lo preferiscono. Nel secondo saranno affrontati gli aspetti più importanti relativi al termine delle cure per sostenere famiglia e paziente nella delicata fase di ripresa della normale vita.Il Modulo 3 prevede il sostegno e l’aiuto per agevolare l’accesso alle prestazioni e sbrigare le pratiche (pensioni di invalidità, presidi sanitari, individuazione di un alloggio, rapporti con la scuola, accompagnamento, ecc), la presa di contatti con altre realtà ospedaliere e con strutture territoriali nonché consulenze legali laddove ce ne fosse necessità. Obiettivo 3: prevenzione secondaria tramite il supporto ed il sostegno emotivo ai giovani pazienti grazie al Modulo 4 che prevede l’incontro bambini e ragazzi in terapia (in particolare quelli nella fascia 8-20, modulando gli incontri per gruppi di età omogenei) con giovani adulti che come loro, anni prima, hanno affrontato lunghe terapie per sconfiggere una patologia tumorale e che sono ormai guariti e pienamente rientrati nella vita sociale e lavorativa.Obiettivo 4: prevenzione secondaria tramite il Modulo 5 che prevede l’utilizzo dell’arteterapia che offrirà uno spazio protetto, individuale e collettivo ai giovani pazienti, e di gruppo ai genitori, che consenta di esprimere emozioni e vissuti ansiogeni connessi alla malattia. Le ricerche hanno mostrato come specialmente in malattie come il tumore l’uso dell’espressione artistica e dell’immaginazione, canali privilegiati dell’arteterapia, risulti come forma di comunicazione privilegiata, perché consente di esprimere emozioni e pensieri non facilmente verbalizzabili. Nel medio periodo si prevede una miglior compliance rispetto alle cure ed ai sanitari ed uno sviluppo delle capacità di elaborare le emozioni. L’arteterapeuta risulta essere figura importante ed istituzionale nelle strutture ospedaliere del mondo anglosassone, poiché si è rivelata di grande utilità per il malato e indirettamente per le strutture stesse. 5.d Gli obiettivi Modulo 1 – Con questo Modulo si intende realizzare un intervento di informazione e prevenzione sanitaria. L’opinione pubblica tende infatti ad avere idee distorte sul tumore infantile (l’Associazione Noi per Voi Genitori contro le leucemie e tumori infantili – Onlus di Firenze e la Fiagop stanno portando a termine una ricerca su un campione rappresentativo proprio per verificare in modo più preciso questi aspetti) che porta anche ad atteggiamenti non adeguati quando un bambino si ammala di questa patologia. Inoltre la scelta di volontari giovani per effettuare questo programma permette di coinvolgere le nuove generazioni in un processo non soltanto di responsabilizzazione, ma anche per un “travaso naturale” di cognizioni sanitarie. I giovani, in futuro, saranno infatti a loro volta genitori, forse insegnanti e/o educatori, e l’aver avuto questa esperienza sarà per loro e per i gruppi in cui vivranno un importante “bagaglio sociale”. Infine effettuare questi incontri soprattutto nella realtà scolastica permetterà di sviluppare i contatti con una delle più importanti agenzie formative e permette di adempiere ai più recenti obiettivi della Società della Salute. Modulo 2 – Questo modulo mira, attraverso la creazione di materiale informativo, ma soprattutto di sostegno, poiché gli opuscoli saranno consegnati all’interno di un colloquio di supporto coi genitori, ad effettuare un intervento di prevenzione secondaria. Al momento della diagnosi l’intera famiglia è pervasa da sentimenti di dolore, ma anche di confusione e disorientamento, in un momento, invece, in cui è necessario anche pianificare ed organizzare nuovi ritmi di vita. Alcuni colloqui di sostegno saranno pertanto utili e l’opuscolo permetterà di fornire informazioni importanti (ad ex sull’invalidità, sugli ausilii cui si può far riferimento, ecc). Grazie al diario che sarà compilato nel corso della terapia, genitori e ragazzi potranno esprimere le proprie idee, gli apprezzamenti come le critiche e questo aiuterà il genitore ed il paziente ad uscire dalla passività che il ruolo di malato e l’ospedalizzazione tendono a produrre. L’opuscolo che verrà consegnato, sempre all’interno di un colloquio, alla fine delle terapie segnerà da una parte la conclusione di un iter difficile e fornirà utili indicazioni. Modulo 3 – Le pratiche da sbrigare allorché viene ricevuta la diagnosi sono numerose: da quella della richiesta del domicilio sanitario (molte famiglie vengono da altre regioni) alla domanda di invalidità per il bambino, alla ricerca di un alloggio, ai documenti necessari alle famiglie straniere. Il genitore, spesso, non riesce ad orientarsi o comunque queste esigenze pratiche e burocratiche sono per lui un ulteriore carico in un momento in cui le energie disponibili scarseggiano. Le Associazioni intendono offrire un aiuto in tal senso sollevando il genitore da alcune incombenze e svolgendone altre insieme a lui. Modulo 4 – Il presente modulo intende intervenire al livello della prevenzione secondaria, più specificatamente con il giovane paziente, offrendo come modello un giovane adulto che da bambino e/o ragazzo ha affrontato cure similari e, ormai guarito, è ritornato a pieno titolo nella vita attiva. Questi incontri permetteranno di dare fiducia al paziente che si trova ad affrontare in prima persona questo difficile e lungo percorso. Modulo 5 – Il presente modulo permetterà di lavorare al livello emotivo sui pazienti e sui familiari realizzando così un intervento di prevenzione secondaria rispetto ai disturbi somatici e soprattutto ai disturbi psichici connessi alle patologie oncologiche. Le ricerche hanno infatti mostrato come specialmente in malattie come il tumore l’arteterapia porti ad una miglior compliance rispetto alle cure ed ai sanitari e determini un miglioramento globale dello stato del paziente. 5.e Le fasi

1. Corso di formazione volontari e presa contatti con le scuole per programmare incontri



2. Realizzazione opuscoli e utilizzo immediato dopo la stampa



3. Attivazione Modulo 3 grazie anche al contributo delle Misericordie e del Patronato Acli



4. Attivazione Modulo 4: incontri preliminari fra psicologo e giovani adulti e successiva programmazione degli incontri con i pazienti



5. Attivazione gruppi di arteterapia

5.f Le metodologie utilizzate Modulo1 – Sarà utilizzato, come strumento, un corso di formazione per i volontari per migliorare le loro capacità di comunicazione e le loro conoscenze in merito alle patologie oncologiche pediatriche ed agli iter di cura (utilizzo di formatori esperti) e per fornire nozioni di counseling Modulo 2 – Per elaborare i contenuti degli opuscoli si utilizzerà lo strumento della riunione di staff multidisciplinare (associazione genitori, psicologo, medico, rappresentante scolastico, ecc) e per la loro realizzazione grafica si ricorrerà a grafici esperti in comunicazione. Il loro utilizzo sarà all’interno di colloqui di accoglienza svolti dallo psicologo o da operatori dell’associazione formati al counseling.Modulo 3 – Sarà utilizzato personale dell’associazione che sarà formato da esperti con alcuni incontri (lezioni) rispetto alle varie procedure. Modulo 4 – Lo psicologo si incaricherà di effettuare degli incontri preliminari con i giovani adulti guariti per formare un gruppo (si utilizzeranno metodologie interattive) e per fornire conoscenze rispetto all’attuale funzionamento dei reparti (tramite lezioni). Lo psicologo organizzerà quindi degli incontri con i giovani pazienti (individuali e di gruppo) e supervisionerà i giovani adulti in itinere incontrandoli individualmente ed in gruppo. Modulo 5 – Lo psicologo programmerà ed avvierà le varie attività di arteterapia interfacciandosi con l’arteterapeuta (che sarà formato alle tematiche riguardanti l’oncologia pediatrica) ed elaborando programmi specifici, individuali e di gruppo. 5.g I principali risultati attesi
Con il Modulo 1 ci attendiamo:
di informare e di formare i cittadini, realizzando un intervento di prevenzione, passando attraverso una delle realtà più importanti e con ricadute capillari, la scuola , rispetto alle patologie oncologiche pediatriche, la cui conoscenza è scarsa e spesso fuorviante.
Con i Moduli 2 e 3, connotati da parametri di accoglienza e sostegno al momento dell'evento stressante così come durante il percorso terapeutico, ci attendiamo di effettuare un intervento di prevenzione secondaria al fine:

a. di contenere il senso di paralisi, di confusione e di disorientamento della famiglia
b. di diminuire il senso di isolamento
c. di rinforzare le capacità di ricorrere alle risorse personali e conseguentemente meglio gestire lo stress
d. di facilitare i rapporti con sanitari e parasanitari favorendo la compliance alle cure

5. di orientare e sollevare la famiglia rispetto ai servizi ed alle procedure

Con il Modulo 4 ci attendiamo:

1. di supportare i giovani pazienti che, potendo condividere parte del loro percorso con chi, prima di loro lo ha affrontato e superato, potranno utilizzare questi ultimi come dei modelli. I giovani guariti, del resto, potranno utilizzare in modo fruttuoso la loro difficile esperienza dando un aiuto concreto.
2. di diminuire il loro senso di isolamento

Con il Modulo 5 ci attendiamo: a. di diminuire i disagi somatici del paziente e psichici del paziente e della famiglia b. di ottenere una migliore compliance alle cure
6. Aspetti innovativi
Gli aspetti più francamente innovativi risiedono nel Modulo 1, 4 e 5, parzialmente nel Modulo 2, mentre rispetto al Modulo 3 esistono già altre esperienze.L’aspetto innovativo del Modulo 1 è rappresentato dalla tipologia di informazione che si intende dare (in genere non viene effettuata educazione sanitaria rispetto all’oncologia pediatrica, tantomeno agli insegnanti) ed anche dall’utilizzo di giovani volontari per tale finalità.Rispetto al Modulo 4 l’innovatività è marcata. Anche se in altri ambiti la testimonianza di “chi c’è la fatta” è stata in qualche modo utilizzata (v. gruppi di alcoolisti ad ex.), questo non è mai avvenuto in ambito pediatrico e per simili patologie.Il Modulo 5 è innovativo per la realtà italiana: sebbene l’arteterapia sia ormai riconosciuta come particolarmente utile a sostenere il malato ed abitualmente utilizzata nella realtà inglese ed americana (ricordiamo in particolar modo il New York Memorial Sloan Kettering Cancer Center), nella nostra realtà è ancora scarsamente conosciuta e pochissimo utilizzata, tantomeno in ambito ospedaliero.Il Modulo 2 è parzialmente innovativo, perché l’opuscolo è uno strumento ampiamente utilizzato anche in ambito sanitario, ma in questo contesto vuol essere molto di più di un mezzo cartaceo informativo: lo si intende come uno strumento di comunicazione paritaria ed interattiva sia perché viene utilizzato all’interno della dimensione del colloquio, sia perché contiene i diari. Infine un ulteriore aspetto innovativo è la compresenza, in un unico progetto, di più moduli, anche assai differenti fra loro, ma che intendono dare unità ad un intervento che non vuole essere settoriale o limitato, ma di ampio respiro e che va dalla prevenzione al sostegno.
7. Caratteristiche sperimentali e trasferibilità del modello
Il modello del progetto, articolato nei vari moduli, è utilizzabile in qualsiasi Centro che si occupa di minori affetti da patologie tumorali e, parzialmente modificato, anche nell’ambito di altre patologie importanti. Gli aspetti innovativo-sperimentali risiedono soprattutto nei Moduli 1, 4 e 5, parzialmente nel Modulo 2 come illustrato al Punto 6. Tutti i moduli sono trasferibili anche singolarmente, sebbene in tal modo il progetto ne risulterebbe impoverito 8. Coerenza del percorso progettuale che verrà realizzato Si ritiene che il progetto sia coerente, perché ogni modulo contribuisce, con la sua specificità, ad effettuare interventi di prevenzione e di prevenzione secondaria fornendo un supporto al paziente pediatrico oncologico ed alla sua famiglia. I 5 Moduli sono perfettamente integrabili fra loro ed anzi si arricchiscono vicendevolmente. Inoltre vengono privilegiate modalità interattive in tutti e 5 i Moduli e questo era una delle intenzioni delle associazioni proponenti, poiché nel tempo è stato verificato come modalità a senso unico o addirittura calate dall’alto contengano in sé rischi maggiori di fallimento.
9. Informazioni relative ai destinatari dell’intervento
Per il Modulo 2, 3, 4 e 5 tutti i pazienti afferenti al Reparto di Oncologia ed ai loro familiari; una parte è proveniente da altre regioni (prevalenza del Sud d’Italia) ed una parte è costituita da stranieri. Per il Modulo 1 i destinatari sono gli insegnanti di ogni ordine e grado delle scuole, inizialmente quelle situate nel comune dove si trova il Reparto ospedaliero, successivamente nella Provincia e nella Regione.
10. Aree di intervento
a - Prevenzione sanitariab - Promozione di forme di volontariato, soprattutto giovanile, che favorirà esperienze educative, di coinvolgimento sociale e di integrazionec - Contrasto di forme di disagio di minori e delle loro famiglie 11. Verifiche intermedie e finali Modulo 1: Questionari ai volontari ed agli insegnanti (in itinere e finale)Modulo 2: Colloqui con famiglie e pazienti (in itinere) e riscontro nella lettura dei diari (finale) Modulo 3: Questionari alle famiglie (intermedi e finali)Modulo 4: Colloqui individuali e riunioni di gruppi con gli ex pazienti, colloqui con i pazienti, riunioni con il personale del reparto (in itinere e finale)Modulo 5: Osservazione durante i laboratori, valutazione dello psicologo, questionari alle famiglie, riunioni multidisciplinari
12. Reti di collegamento con altre organizzazioni di volontariato
• Confraternita delle Misericordie d’Italia - Sede legale: V. dello Steccato - Firenze Motivi dell’adesione al progetto: La Confraternità condivide le finalità del progetto ed è da tempo impegnata nel settore sociosanitario con varie attività • Patronato Acli - Sede legale: Via Marcora, 18-20 - 00153 Roma - Tel. 06.5840427 - Fax 06.5840655 Motivi dell’adesione al progetto: Il Patronato Acli condivide le finalità del progetto e darà il proprio contributo soprattutto rispetto al Modulo 3

13. Collaborazioni con enti pubblici
Centri di oncoematologia pediatrica presso gli ospedali di riferimento delle associazioni federate FIAGOP coinvolte.Le Aziende condividono le finalità del progetto, offriranno consulenza medica anche perché il progetto ha come obiettivo la promozione della prevenzione e dell’informazione/formazione sanitaria ed alcune hanno un dipartimento specifico attivo per la promozione della salute, l’HPH ovvero Health Promotion Hospital.Valore aggiunto derivante al progetto dalla propria adesione : Avere come partner le Aziende Ospedaliere rende sicuramente il progetto più completo, inserito in una rete coerente e consente di avere una consulenza medica e di politica sanitaria di qualità.Le Aziende offriranno consulenza medica e sanitaria in itinere per impostare e verificare i vari programmi; consentono di utilizzare i locali interni all’ospedale, forniscono il patrocinio alle iniziative.
14. Personale coinvolto
PsicologiArteterapeutiCollaboratori arteterapeutiFormatori per il corso di formazioneOperatoriPersonale segreteria

15. Materiale a. Tutto quello che occorre per l’arteterapia: materiale cartaceo, colori (matite, acrilici, ad olio, pastelli, ecc), tele, creta, stoffe, corde, legno, forbici, cole varie, materiali decorativi varib. Fotocamere digitalic. PC portatilid. Opuscoli
mauretto58
00mercoledì 25 novembre 2009 17:23
Avvisi



LOTTERIA 2009 - SI REPLICA!!
Tutti coloro che desiderano aiutare l'associazione acquistando e promuovendo la vendita di biglietti, possono contattare la segreteria ai seguenti numeri telefonici:
333.7335732 e 333.6584795
mauretto58
00venerdì 27 novembre 2009 10:37
Mi chiamo Mauro e sono il referente per lo sport di “Ali di Scorta”.
Ho voluto portare la voce dei nostri bambini malati e dei loro genitori a chi in salute corre per i campi senza sapere che ci sono altre persone che soffrono e che stanno… in partita ogni giorno .
Tutto questo è stato possibile anche grazie all’ aiuto dell’emittente televisiva “ROMA UNO” e precisamente della redazione sportiva di “FUORIAREA”, una trasmissione domenicale di informazione legata al calcio giovanile e dilettante della nostra regione, condotta in studio dal duo composto da Luca Lo Iacono ed Andrea Dirix (nostri inseparabili paladini) e del forum del portale internet oiclac.it, dove c’e’ sempre una finestra aperta, dedicata ad avvenimenti , discussioni , pareri , informazioni e quant’altro sulle malattie in età pediatrica ed i risvolti sportivi da me curata.

"UN MIRACOLO"

Amici miei,
da quel vicino eppur lontano 23 aprile 2008 in cui mi sono avvicinato a questa organizzazione ONLUS ed ho iniziato a parlare sui siti sportivi di Ali di Scorta , di passi ne sono stati fatti tantissimi .
Si e' mosso qualcosa di grande in questo, dai più nominato gretto e incivile, mondo dello sport ed in particolare del gioco del calcio. Si sono aggiunti tanti altri amici; si sono attivate tante altre iniziative.
E' questo il miracolo cui accennavo prima; e' una bella ventata di aria fresca e pulita contro tutte le pessime abitudini del nostro sport preferito, che pure ha funzionato e funziona come catalizzatore .
Leggere tutte le notizie e le iniziative realizzate,fa solo bene al cuore e mi auguro
che portino sempre più serenità e futuro ai nostri piccoli amici .


UN CALCIO ALL’INDIFFERENZA

E' stato un grande successo il torneo effettuato al savio calcio in onore di ALI DI SCORTA il 25.04.2009.
Grandi organizzatori sono stati il duo del savio Prof. Guerra e il resp. scuola calcio Puro ; tutto si è svolto nel miglior modo possibile ed i bambini e le squadre si sono divertiti un mondo .
Gran risalto e' stato dedicato a noi di ali di scorta ed i volantini e i bollettini sono stati presi d'assalto dalle persone presenti .
Bella mostra di sé facevano i nostri striscioni nei campi da gioco .
Le squadre partecipanti alla fine sono state le seguenti :
-savio
-pro roma
-calcio federale
-de rossi
-villa gordiani antel
-tanas casalotti
-kolbe
-tibur
Alla premiazione , che vedeva premiati alla pari tutte le società partecipanti,erano presenti il presidente del 6 municipio,due assessori comunali,un assessore regionale ed altri personaggi di spessore .
ALI DI SCORTA in questa occasione , con la presenza dei suoi paladini , Agostino, Mauro, Enzo, Marco, Pina, ha avuto una visibilità ed un interesse della gente enorme e specialmente in una zona di Roma , quella Sud,dove sicuramente i più non sapevano della propria esistenza
Un grazie al Savio calcio per averci annoverato fra le ONLUS amiche e di averci fatto questo grande,grande regalo .
Un grazie alle società partecipati ed ai loro tesserati , nonché genitori e parenti presenti .
Grazie anche da parte dei ns/vs bambini malati e dei loro genitori , che ancora oggi vedono in pericolo la propria esistenza , ma che con questo affetto si sentono più protetti ed amati .

Mauro
mauretto58
00sabato 28 novembre 2009 15:14
BOMBONIERE SOLIDALI

> siamo Iulca e Riccardo, promessi sposi. Per il nostro matrimonio (il 17 di
> ottobre 2009) ci piacerebbe dare ai nostri invitati una bomboniera un
> pò speciale, e abbiamo pensato a voi. Per noi è anche un modo per ricordare
> una persona cara che tempo fa ha ricevuto aiuto propro da voi...(GRAZIE!)
> Sappiamo che molte associazioni benefiche in queste occasioni rilasciano una
> sorta di pergamena da dare ai propri invitati, vorremmo sapere se anche voi
> avete qualcosa del genere!
>
> Vi ringraziamo sin d'ora e rimaniamo in attesa della vostra gentile risposta
> Cordialmente
> Iulca e Riccardo

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>><<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<

DETTO E FATTO..........
QUELLO CHE CI HANNO PROMESSO,
HANNO POI FATTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!

GRAZIE.
mauretto58
00martedì 1 dicembre 2009 09:18
LA DISTRIBUZIONE DEGLI STRANIERI RESIDENTI SUL TERRITORIO DEL COMUNE DI ROMA
Workshop
Comune di Roma: un focus sul V Municipio
Lunedì 14 Dicembre ore 16:30
Sala Consiliare del V Municipio di Roma
via Tiburtina 1163
Con la collaborazione dell'Assessorato alle Politiche sociali e servizi alla persona. Politiche sanitarie
Sede legale via Arsia 58, Fiumicino (RM) e-mail medioraggio@gmail.com
Ore 16:30
Apertura del workshop ed iscrizione dei partecipanti
Ore 16:50
Saluti: Ivano Caradonna, Presidente del V Municipio
Massimiliano Marcucci, Assessore alle Politiche sociali e servizi
alla persona. Politiche sanitarie
Emiliano Sciascia, Presidente I Commissione Consiliare Politiche
servizi alla persona; Piano di Zona Sociale; Politiche Sanitarie
Saluti: Dott. Alessio Esposito, vice Presidente MedioRaggio
Ore 17:15
Relazione: Le potenzialità della ricerca sociale nell’implementazione delle
politiche sociali: l’analisi spaziale dei fenomeni sociali.
Dott.ssa Annalisa Di Benedetto
Ore 17:30
Relazione: La distribuzione degli stranieri residenti sul territorio del Comune
di Roma: un focus sul V Municipio
A cura del dott. Andrea Amico, dott. Giampiero D'Alessandro,
dott.ssa Annalisa Di Benedetto, dott. Enrico Nerli Ballati
Ore 18:00
Interventi degli iscritti al workshop
mauretto58
00martedì 1 dicembre 2009 13:01
BIBLIOGRAFIA SULLE PRINCIPALI TEMATICHE CHE RIGUARDANO I DIRITTI DEI BAMBINI IN OSPEDALE
Ufficio del pubblico tutore dei minori

Diritto alla salute, ai servizi medici e a ricevere il miglior livello di cura e di assistenza

ATKIN A, AHMAD W. Living a “normal” life: yaung people coping with thalassemia major or sickle cell
disorder. Social Science and Medicine, 2001, vol:53, 615-626
BASTIN T., L'enfant et sa maladie: aspects psycologiques del'hospetilisation. Archives de Pediatrie.
200, vol.7, 405-409
BLACK MM, Society of pediatric psycology presidential adress: opportunities for health promotion in
primary care. Journal of pediatric psycology. 2002, VOL. 27, 7, 637-646
KELLY A., HAWSON P., Factors associated with recurrent hospitalisation in chronically ill children.
Journal of paediatrics and child health. 200, vol.36 (1) 13-18
LACROIX A, Le processus d'acceptation de la maladie chronique. Praxis, Revue suisse de madicine.
1993, vol 48, 1370-1372
LAU B., Stress in children: can nurses help? Pediatric nursing: 2002, vol. 28 (1), 13-19
WHO. Ottawa charter for health promotion. First international Conference on healt promotion,
ottawa, 21 November 1986
ZIMMERMAN TANSELLA C, Psychosocial factors and chronic illness in childhood. Eur Psychiatry,
1995, vol.10, 297-305
AA. VV. Lasciati prendere per mano, Città di Torino - Assessorato al Sistema Educativo, Torino, 2001
Il testo, curato dalle insegnanti del "Gruppo Gioco Ospedale" del Comune di Torino, è una guida da
loro usata per preparare il bambino all'inervento chirurgico e alla anestesia. Il libro spiega così le
varie fasi di preparazione all'evento guidando il bambino con disegni ed immagini che ne favoriscono
la comprensione. L'opera è stata realizzata con finanziamenti della legge 285/97.
ANTONUCCI, F., CECCHINI, M.G., DIGILIO G. Il bambino leucemico, Bulzoni editore, Roma, 1984
Il testo presenta una ricerca svolta all'interno della Clinica Pediatrica del Policlinico Umberto I di
Roma, nel reparto e negli ambulatori di Ematologia. Scopo della ricerca era approfondire l'incidenza
dell'ospedalizzazione sullo sviluppo psico-affettivo del bambino, anche al fine di raccogliere elementi
per delineare nuovi assetti organizzativi.
COLOMBO G., Psicologia, psicopatologia, e psicologia medica per operatori sanitari. Cooperativa
Libraria Editrice Università di Padova 1988
Il testo si rivolge a quanti operano nel settore sanitario e si trovano a gestire una relazione con un
paziente. Vi sono contenuti argomenti fondamentali di psicologia generale, psicologia medica e
psicopatologia. Particolare spazio viene dato alla presentazione dei diversi meccanismi di difesa.
DARTINGTON T., LYTH M.T., POLACCO W.G., Bambini in ospedale. Liguori, Napoli, 1992Il testo
presenta una ricerca della Tavistock Clinic di Londra, che dimostra come sotto lo stress emozionale
connesso con la sofferenza si "ammali" anche l'istituzione ed i suoi operatori. Il testo analizza anche i
disturbi emotivi dei bambini sottoposti a lunghe ospedalizzazioni.
DELL'ANTONIO A., PONZO E., Bambini che vivono in ospedale. Borla, Milano 1982. Il testo
presenta l'analisi del tradizionale modello di intervento fornito dalle strutture ospedaliere attraverso il
ricovero, evidenziandone carenze e limiti. Propone poi un modello di ristrutturazione dei servizi più
aderente ai bisogni dell'infanzia. Una serie di osservazioni del comportamento dei bambini in
ospedale in diverse situazioni arricchiscono la ricerca e ne verificano alcune ipotesi.
2
FABRE N., Le ferite dell'infanzia, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001
Le ferite dell'infanzia, talvolta conosciute ed evidenti, altre volte nascoste o incomprese, fanno parte
della vita di molti bambini. Lutti, separazioni, partenze, malattie, rapporti difficili, conflittuali o
ossessivamente protettivi causano contusioni, lividi, ammaccatture e ferite di tanti tipi. Spesso sono
gli adulti, a casa o a scuola, a fare del male ai bambini, non comprendendo le loro angosce. Spesso è
il bambino stesso a soffrire di "mal di genitori". Spesso è il corpo che difetta, la malattia che ha effetti
negativi sulla quotidianità.
L'autrice illustra l'importante ruolo della psicoterapia che, durante il processo di cura, riesce a
trasformare le ferite in cicatrici preziose, costitutive di personalità, aiutando il bambino a crescere in
modo equilibrato.
FARNE' M., SEBELLICO A., Psicologia per l'operatore sanitario, Casa Editrice Ambrosiana, Milano
1987
FILIPPAZZI G. Un ospedale a misura di bambino, Franco Angeli, Milano, 1997
Il bambino malato è prima di tutto un bambino, che va considerato quindi nella sua globalità e non
solo per la sua patologia. Un ambiente ospedaliero rispettoso delle esigenze psicosociali del bambino
riduce il trauma del ricovero e può costituire addirittura un'occasione di crescita e maturazione. Nel
libro vengono presentate esperienze in atto in vari Paesi europei e negli Stati Uniti e proposti
interventi (sulle strutture, la formazione del personale, la preparazione dei bambini e dei genitori,
l'organizzazione del ricovero, ecc.) che consentono di fare di un reparto pediatrico un reparto "a
misura di bambino".
FORNARI F., FRONTORI L., RIVA CRUGNOLA C., Psicoanalisi in ospedale, Raffaelo Cortina
Editore, Milano 1985.
Il testo presenta una ricerca svolta nei reparti di ostetricia e neonatologia di un ospedale milanese.
Obiettivo della ricerca era sperimentare, a partire dalla teoria dei codici affettivi, la possibilità di
trasferire nell'istituzione di lavoro strumenti e tecniche mutuati dalla psicoanalisi, con lo scopo di
avviare un processo per trasformare l'ospedale in "comunità terapeutica".
FREUD A, Bambini malati: Un contributo psicoanalitico alla loro comprensione, Boringhieri, Torino,
1974.
KANISZA S., DOSSO B., La paura del lupo cattivo Meltemi, Roma 1998. Quando i lupi cattivi - la
“malattia” e la “morte” - manifestano a un bambino tutta la loro paurosa potenza, è necessario
elaborare strategie per tenere sotto controllo le angosce che si scatenano. Questo testo suggerisce
una metodologia di lavoro che abbia al centro del processo terapeutico il bambino come individuo,
così da aiutarlo a trovare un suo spazio di crescita e di vita autonoma anche in una situazione
traumatizzante come quella dell’ospedalizzazione.
NUCCHI M., Aspetti psicologici del bambino in ospedale, ed. Sorbona, Milano, 1995.
Il libro, scritto da una infermiera, presenta "gli aspetti psicologici del bambino ospedalizzato e, dopo
averli descritti, individua modalità oggettive per esplicare una ricerca e trarne deduzioni importanti in
funzione dell'assistenza infermieristica" (dalla presentazione del libro). Particolare importanza è data
all'analisi del gioco e del disegno e ai risvolti psicologici che può provocare la presenza-assenza della
madre in ospedale.
LUCIANI, R., Che ci Faccio in Ospedale?, Giunti progetti educativi, Firenze, 2002
Un libretto operativo per bambini fino a 10 anni d'età, che li aiuta ad orientarsi e comprendere
cosa avviene quando sono ricoverati in ospedale. Attraverso questo strumento si tenta di dare
una rispsta alle domande dei piccoli pazienti a proposito di persone e cose nuove che li
circondano, offrendogli uno strumento gradevole e amichevole che li aiuti a trascorrere più
serenamente il tempo del ricovero.
PETRILLO M., SANGER S., Assistenza psicologica al bambino ospedalizzato, Casa editrice
Ambrosiana, Milano, 1980
Il testo illustra un programma di assistenza globale al bambino ospedalizato, realizzato fin dal 1960 in
alcuni ospedali americani. Benchè sia un contributo datato, la lettura è raccomandabile per la serie di
indicazioni pratiche sul come entrare correttamente in relazione con il bambino, sul come fornire un
adeguato sostegno ai genitori. Sono particolarmente sviluppati i capitoli dedicati al gioco (tecniche,
uso diagnostico, programmi di gioco organizzato), alla preparazione di bambini e genitori alla
metodiche diagnostiche e chirurgiche, all'assistenza al bambino terminale.
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ROBERTSON J., Bambini in ospedale, Feltrinelli, Milano 1973
SACCOMANI, R. (A cura di), AIEOP, Tutti Bravi - psicologia e clinica del bambino portatore di
tumore, Raffaello Cortina Editore, 1988
In Italia, ogni anno circa mille bambini vengono colpiti da un tumore maligno: oltre settecentoquaranta
guariscono. Nei prossimi anni, un giovane adulto su mille sarà un “lungo sopravvivente” di un tumore
infantile. La qualità della sua vita dipenderà molto dal sostegno psicologico che avrà ricevuto non
solo durante la malattia, ma anche successivamente. Per questa ragione, nell’ambito dell’oncologia
pediatrica, un grande rilievo sta assumendo la gestione psicologica dei piccoli malati e delle loro
famiglie, i cui problemi sono esposti e discussi in questo libro da operatori di grande esperienza e
impegno. L’opera propone anche una sintesi delle risorse diagnostiche e terapeutiche messe a punto
da pediatri oncologi e i risultati ottenuti, senza trascurare gli effetti collaterali, ancora molto rilevanti,
delle cure praticate.
SENATORE PILLERI R. OLIVERIO FERRARIS A., Il bambino malato cronico - Aspetti psicologici,
Raffaello Cortina Editore, Milano, 1989
Un contributo all'indagine sul vissuto del bambino e dell'adolescente rispetto alla malattia cronica.
Uno studio psicologico a tutto campo che si sofferma sul rapporto tra stato di malattia e sviluppo
psicologico, toccando importanti aspetti relativi a malattie croniche , quali: l'ospedalizzazione, il ruolo
della famiglia, l'incidenza della malattia cronica sull' immagine del sé.
SOURKES. B.M., Il tempo tra le braccia - L'esperienza psicologica del bambino affetto da tumore,
Raffaello Cortina Editore, 1999
"Spero solo di avere ancora tanto tempo tra le mie braccia". Con queste semplici parole un bambino
di quattro anni ci rimanda alla consapevolezza della fragilità della vita umana e nello stesso tempo
esprime tutta la saggezza e il coraggio dei piccoli pazienti affetti da una malattia potenzialmente
mortale. Il tempo fra le braccia propone un ritratto toccante e molto significativo dell'esperienza di
questi bambini che, dal momento della diagnosi, hanno subito nel corpo e nello spirito un
cambiamento irreversibile. Barbara M. Sourkes ci introduce all'ascolto dei racconti di questi piccoli
pazienti, alle loro conversazioni e all'osservazione dei loro disegni: l'analisi e l'interpretazione del
materiale clinico guida il lettore in un mondo di sfide straordinarie e di eccezionali capacità di
recupero. - L'autrice. Barbara M. Sourkes è psicologa e psicoterapeuta presso l'ospedale pediatrico
di Montreal e assistente di pediatria presso la McGill University.
Diritto alla presenza dei genitori
BANNER LM, MACKIE EJ, HILL JW, Family relationship in survivors of childhood cancer: resource
or restraint? Patient Education and Counseling. 1996, vol. 28, 191-199
BOUREGA A., Les troubles de la parentalitè: approche clinique et socio-educative. Dunid, Paris,
2002, 184 p.
CALLERY P., Caring for parents of hospitalised children: a hidden area of nursing work. Journal of
advanced nursing. 1997, vol. 26, 992-998
CANAM C, Common adaptative tasks facing parentse of children with chronic conditions.Journal of
advanced nursing. 1993, vol. 18, 46-53
MACNAB AJ., RICHARDS J, GREEN G, Family-oriented care during pediatric interhospital transport.
Patient Education and Counseling. 1999, vol. 36, 247-257
NOTARAS E, Parents perspectives of healthcare delivery to their chronically ill children. International
Journal of nursing practice. 2002, vol.8 (6), 297-304
CAPURSO M., PRATTICO M. Se tuo figlio...Guida per genitori di bambini sottoposti a lunghe terapie
e ricoveri ospedalieri, distribuito dal "Comitato Chianelli", Perugia 1997
Si tratta di una specie di "manuale" per genitori di bambini ammalati, nato dall'esperienza di operatori
del settore e famiglie che hanno vissuto questa prova. Il libro esamina il percorso che ciascuna
famiglia compie dalla prima comunicazione della diagnosi fino alla fine della malattia. Il testo analizza
sia gli aspetti più "pratici", legati alla vita quotidiana, sia i sentimenti e le paure di genitori e figli.
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FALORNI M.L., SMORTI A., Madri in ospedale, Il pensiero scientifico Editore, Roma 1984
LEWIS D. Mamma ho paura!, Franco Angeli, Milano 1995
Questo testo può essere utile, nelle sue differenti sezioni, alle varie persone che vivono e lavorano
accanto ad un bambino malato. La prima e la seconda parte, dedicata alla comprensione a al
riconoscimento dei segnali d'ansia, può risultare d'aiuto ad insegnanti e psicologi che lavorano in
ospedale; La terza e quarta parte, che presenta alcune tecniche di rilassamento, può essere utile
anche ai genitori e ai parenti di un bambino malato.
Diritto all'informazione e al consenso informato
AUJOULAT I, Communication difficulties of healthcare professionals and family caregivers of HUV
infected patients. Patient Education end Counseling, 2002, vol.7, 213-222
BREWSTER A. Chronically ill children's concepts of their illness. Pediatrics. 1982, vol.69, 355-362
DORN LD,SUSMAN EJ, FLETCHER JC, INFormed consent in children and adolescents: age,
maturation, end psycological state. Journal of adolescent helth. 1995, vol. 25 (1), 15-23
GELLER G e al., Informed consent for enrolling minors in genetic susceptibility research: a qualitative
study of at-risk children's and parens' wiews about children's role in decision-making. journal of
adolescent helth. 2003, vol. 32 (1), 260-271
PURSSEL E., LIstening to children: medical treatment and consent. Journal of advanced nursing.
1995, vol. 21, 623-624
RUNESON I e al., Children's partecipation in the decision making process during hospitalisation: an
observational study. Nursing ethics. 2002. vol. 9, 583-598
SPENCER GE, Chidren's competency to consent: an ethical dilemma. J Child healthcare. 2000,
vol.4, 117-122
ARÈNES J, Dimmi, un giorno morirò anch'io?, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001
Sin dalla più tenera età, il bambino sperimenta una serie di piccoli o grandi "lutti", provocati dagli
eventi e dal corso della naturale della vita, che gli fanno apprendere il concetto di perdita. Il volume
affronta l'universo del lutto come fenomeno inseparabile della vita e fonte di maturazione e
autonomia.
Il problema della sofferenza, il dolore psicologico legato alla perdita, le metamorfosi dell'adolescenza
e il lutto dell'infanzia sono i temi principali del libro.
AUTTON N., Parlare non basta, L' importanza del contatto fisico e della vicinanza nelle relazioni di
cura, Ed. E.D.T., Torino, 1992
Un testo che si rivolge a medici ed infermieri, ma anche ad operatori educativi e sociali, a volontari,
mettendo a fuoco la necessità del contatto fisico ormai riconosciuta dal mondo della medicina.
Vengono riportati studi e testimonianze sull'importanza ed insostituibilità della "relazione tattile" nelle
situazioni di stress e di crisi.
CANEVARO A., CHIEREGATTI, A., La relazione di aiuto, Carocci Editore, Roma, 1999
Il libro affronta il tema del sostegno portato a un altro essere umano in termini di relazioni di aiuto: ad
esempio, all'interno della coppia, tra il medico e il proprio paziente, entrambi impegnati nella gestione
della malattia in vista della guarigione, tea l'insegnante e lo scolaro, nei termini di una relazione
paritetica tra persone, ecc. Alla relazione di aiuto siamo ormai obbligati, e forse ci troviamo
particolarmente impreparati.
MAMBRIANI S., La comunicazione nelle relazioni di aiuto. Guida pratica ad uso di familiari e
operatori sanitari e sociali, Cittadella, Assisi 1992
Si tratta di una guida pratica per tutti coloro che operano nell'ambito di relazioni di aiuto: familiari,
medici, insegnanti, assistenti, volontari, ecc. Il libro offre una serie di accorti suggerimenti, indicando il
significato di comportamenti e di azioni semplici, quotidiane, e la loro possibile funzione nelle relazioni
di aiuto.
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MASERA G., TONUCCI F . Cari Genitori..., HOEPLI, Milano, 1998. Un testo ricco di consigli e
proposte per quei genitori che improvvisamente si sentono comunicare che il loro figlio è affetto da
una leucemia. E' un libro con pochissime parole: contenuti e messaggi sono affidati quasi
interamente alle vignette di Francesco Tonucci. Le vignette di "FRATO" ci guidano, attraverso gli
occhi del bambino, lungo il percorso che la famiglia vive dalla prima comunicazione della diagnosi
fino alla guarigione finale.
RAIMBAULT G., Il bambino e la morte, La Nuova Italia, Firenze 1978
Il libro è scritto sulle testimonianze rese da bambini prossimi alla morte. I bambini "descrivono" il loro
vissuto di malattia e il cambiamento della loro immagine corporea, attraverso parole, sogni, racconti,
disegni, che Rainbault commenta seguendo un approccio di tipo psicoanalitico.
SPINETTA J.J., SPINETTA P.D., Comunicare con i bambini affetti da una grave malattia cronica ,
Fondazione Tettamanti, Milano 1987.
Si tratta della traduzione di un libretto originariamente pubblicato dal National cancer institute. Il testo
affronta il tema della comunicazione sulla malattia e sulla morte con i bambini malati e con i suoi
coetanei. Vengono riportate prospettive e punti di vista di chi ritiene che la comunicazione su questi
temi debba essere, anche con i bambini, diretta e piuttosto esplicita.
VARI., L'ascolto che guarisce, Cittadella, Assisi, 1995
Gli operatori sanitari più sensibili avvertono che il malessere denunciato dal paziente ha dimensioni
più profonde, spesso sconosciute allo stesso malato, di quelle puramente fisiche ed organiche.
Quando si è colpiti da una malattia è l'intera persona ad andare in crisi. In questa situazione è
importante per l'operatore saper ascoltare la persona malata, attraverso la creazione di un rapporto
interpersonale aperto ad una benefica reciprocità.
VARI., Ti voglio dire che..., TELECOM Italia, 1997
Il testo, ricco di esempi e documentazione, analizza la comunicazione nel bambino ospedalizzato con
particolare riferimento al disegno ed ad altre tecniche proiettive. Un capitolo riguarda la percezione
dell'ospedale e dei suoi personaggi da parte dei bambini.
VARI, C'era una volta un piccolo cervo... Arterapia infantile: tre anni di teatro in corsia, Laterza, Bari,
1998. Il libro è diviso in trte sezioni: la prima contiene alcuni saggi sull'arterapia; la seconda
narra e documenta alcune esperienze concrete, la terza propone i risultati di un progetto
sperimentale sulla gestione della paura prima di un intervento chirurgico attraverso la preparazione
guidata con un burattino.
Diritto alla riservatezza e al rispetto
PILPED D. e al., Ethical and cross cultural questions concerning pediatric clinical trials.
Controlledclinical trials. 1996, vol. 17, 201-208
REED P, e al., Promoting the dignity of the child in hospital. Nursing ethics. 2003, vol.10, 67-76
KORCZAK J.., Il diritto del bambino al rispetto, Luni Editrice, Milano 1995
LEONE S., Il malato terminale, San Paolo, Milano 1996
Il testo descrive situazioni, atteggiamenti e comportamenti del personale medico e sanitario nei
confronti di un malato in fase terminale, analizzando possibili alternative attraverso una prospettiva
bioetica e cristiana.
PERICCHI C., Il Bambino malato, La Cittadella, Assisi (PG), 1984
Il libro si rivolge a tutti coloro che, con diversi ruoli e mansioni, vengono a contatto con bambini
malati: medici, infermieri, insegnanti di scuole in ospedale, volontari, e naturalmente, genitori.
L'autrice insiste sul fatto che la malattia non è soltanto fisica, ma è anche psicologica, in quanto
esprime anche una richiesta di cure, di attenzioni, di calore, che non devono essere ignorate.
Diritto all'educazione, al gioco e ad ambienti idonei
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LAHTEENMAKI PM e al., childhood cancer patients at scholl. European journal of cancer. 2002,
vol.38, 1227-1240
MURPHY j. e al., the efficacy of intensive individual play therapy for chronically ill children. Journal of
play therapy. 2002, vol. 11, 117-140
SPENCE LJ, KAISER L, Companion animals end adaptation in chronically children. West j Nurs Res.
2002, vol. 24 639-56
AA. VV., Bambini in Ospedale - Servizio Educativo Scolastico, Associazione Gioco e Studio in
Ospedale, Genova,
l testo raccoglie gli atti di un convegno commemorativo di Armida Carla Capelli, tenutosi a Milano nel
1991. Oltre ad esperienze di scuola e gioco in ospedali italiani, sono presentati, attraverso due
articoli, la realtà delle scuole ospedaliere in Germania e Francia. La redazione degli atti è stata curata
da Daniela Gugliada, Maria Grazia Melegari, Jolanda Vacchini.
BREGANI P., DAMASCELLI A.R., VELICOGNA V., Il gioco in ospedale, Emme edizioni, Milano
1984
Il testo analizza le condizioni fisiche e psicologiche del bambino in ospedale e la metodologia del
gioco come aiuto per superare i traumi dell'ospedalizzazione. Particolari riferimenti vengono fatti alla
realta' inglese e ai modelli organizzativi di alcuni ospedali.
CAMPANA A., Educazione e salute del bambino, - L'ospedalizzazione pediatrica - Lo sviluppo
integrale del bambino in situazione di malattia - Centro editoriale Carroccio, Padova, 1992
Il testo esamina le problematiche legate allo sviluppo integrale del bambino malato. In particolare
vengono analizzati i comportamenti professionali, l'assistenza scolastica, sociale e psicologica, la
legislazione.
CAPELLI A.C., Il bambino, l'ospedale, il gioco, CIGI, Ivrea 1981
CAPURSO M. (a cura di), Gioco e studio in ospedale - Creare e gestire un servizio ludico-educativo
in un reparto pediatrico, Erickson, Trento, 2001
Il libro nasce dall'esperienza dei corsi di formazione "Bambini in Ospedale", creati e gestiti dalla
Associazione "Armida Carla Capelli - Gioco e Studio in ospedale" e frequentati ogni anno da
operatori di tutta Italia
Sotto forma di percorso di formazione il testo esamina le caratteristiche della "scuola-gioco in
ospedale", tenendo sempre presente il legame tra l'aspetto didattico e quello ludico-ricreativo della
relazione d'aiuto al bambino malato.Ogni capitolo è corredato da preziose indicazioni operative, sotto
forma di esercitazioni e questionari.
CAPURSO M. TRAPPA M., Le paure dell'ospedale in bambini di età scolare: una ricerca basata su
sistemi proiettivi, Difficoltà di Apprendimento, Vol. 2 n. 8, Ott, 2002.
Questa ricerca ha avuto lo scopo di indagare, utilizzando un metodo proiettivo, le paure dei bambini
relative a un ipotetico vissuto di ospedalizzazione. Conoscere gli oggetti delle loro paure permette
infatti di intervenire, in una prospettiva pedagogica, nella relazione che intercorre tra il soggetto che
ha paura e gli oggetti che la determinano, evidenziando le variabili individuali, ambientali, cliniche e
relazionali che possono essere base del lavorod'equipe. Sono quindi fornite alcune linee di lavoro per
strutturare un progetto e creare un ambiente in grado di aiutare i bambini a superare le paure legate
all’ospedalizzazione.
COSTANTINI, A., GRASSI L., BIONDI M, Psicologia e tumori: una guida per reagire, Il pensiero
scientifico editore, 1999 Questo testo è stato scritto con il chiaro intento di rispondere a alle
domande più tipiche dei malati e dei loro parenti. Nessun problema è sottovalutato (i rapporti del
malato coi parenti, la disperazione, il dolore fisico e psichico, l'uso dei farmaci, l'esperienza anche
psichica del guarire) ed informa anche sui metodi psicoterapeutici più adatti in presenza di malattia
oncologica. Il libro riporta anche l'elenco dei reparti dove si fa psiconcologia e quello delle
associazioni di aiuto.
FANTONE G., CRESPINA M. (a cura di) Scuola ed ospedale, UNICEF - ANICIA, Roma, 1993
Il testo presenta, attraverso una serie di brevi interventi, i diversi problemi che coinvolgono un
bambino in ospedale (dimensione psicologica, la scuola in ospedale, assistenza sociale, il dolore,
esperienze di gioco.) e come questi vengono affrontati in diverse realtà italiane ed europee.
mauretto58
00martedì 1 dicembre 2009 13:07
SOLIDARIETà
Al Teatro Sociale per sostenere il progetto di Spazio Prevenzione Onlus
ALE&FRANZ SCENDONO IN CAMPO PER AIUTARE I BAMBINI MALATI DI TUMORE
Como - Spazio Prevenzione onlus per l'iniziativa Zelig Ethic, presenta una delle coppie comiche più esilaranti del panorama teatrale italiano: Ale e Franz , che scendono in campo per un sostegno concreto ai bambini ammalati di tumore. «Ridere per bene» è il titolo della serata che andrà in scena al teatro Sociale di Como mercoledì 25 novembre. Il ricavato della serata benefica sarà destinato al progetto «Dalla parte dei bambini», curato da Spazio Prevenzione Onlus. «Siamo molto felici di poter avere ancora una volta Ale e Franz come promotori dei nostri innumerevoli progetti e siamo orgogliosi di dar vita a una serata straordinaria all'insegna della solidarietà , della salute e della comicità - spiega Gabriella Maggioni fondatrice e presidente di Spazio Prevenzione - "Dalla parte dei bambini" è un progetto che ci sta molto a cuore e realizzarlo ci permetterà di dare assistenza psicologica al paziente e ai suoi familiari». Per rendere ancora più colorata e divertente la serata, i due comici saranno presentati da Paoletta , conduttrice radiofonica di RTL102.5, e accompagnati dal trio Ale, Ussi e Alfredo .
Il ricavato dello spettacolo sarà destinato interamente al progetto «Dalla parte dei bambini», che ha l'obiettivo di offrire gratuitamente un servizio di psicoterapia personalizzata ai bambini ammalati di tumore e ai loro familiari. Si tratterà di una vera e propria rete di psico-oncologi, che verranno appositamente formati in ambito pediatrico. L'intero progetto sarà coordinato e supervisionato dall'associazione, in modo tale da poter dare un aiuto concreto ai bambini residenti in diverse città italiane, soprattutto nel periodo di post ospedalizzazione, quando cioè i piccoli pazienti ritornano a casa e non possono più usufruire di un'assistenza medica diretta.
mauretto58
00martedì 1 dicembre 2009 13:12
La psiconcologia

La maggior parte delle persone diventa ansiosa al solo sentir nominare la parola cancro: un effetto che ha ricadute importanti anche sulla prevenzione della malattia se è vero ciò che segnalano gli studi in materia, ovvero che una delle ragioni per cui molti evitano di sottoporsi ai controlli consigliati, o fanno orecchie da mercante alla comparsa dei primi sintomi, è proprio la paura di scoprirsi malati.

Un atteggiamento che spesso è foriero di guai e che oggi può essere superato con l’aiuto di uno psicologo specializzato.

La maggior parte dei centri oncologici è infatti dotata di un servizio di psiconcologia, che fornisce assistenza alle persone che sentono di averne bisogno attraverso una serie di colloqui, individuali o di gruppo, che hanno lo scopo di alleviare la sofferenza emotiva del paziente e dei suoi familiari.

La psiconcologia si occupa anche di assistere i medici che lavorano nei reparti ad alto tasso di stress. Obiettivo: impedire che l’eccesso di stimoli dolorosi si traduca col tempo in insensibilità, e consentire al medico di mantenere la necessaria empatia con le sofferenze del paziente senza farsene sommergere.

Ovviamente il lavoro dello psiconcologo assume un’importanza particolare per chi è già malato e deve affrontare l’intervento o le terapie. In questo caso si inizia valutando, con appositi questionari, il livello di stress e disagio emotivo e si prosegue poi con un’analisi della situazione psicologica, ma anche pratica: talvolta è più facile accettare un momento critico della vita se qualcuno fornisce un aiuto nella riorganizzazione della routine quotidiana e uno sfogo per i pensieri ossessivi.

Lo psicologo può lavorare sulla personalità del paziente, per far affiorare le risorse nascoste, per esorcizzare paure e per aiutarlo a cambiare gli aspetti insoddisfacenti della sua vita. In Italia esiste una Società di psiconcologia (SIPO - www.siponazionale.it) che organizza corsi di formazione per medici e psicologi desiderosi di esercitare il loro lavoro con i malati di tumore e i loro familiari. È infatti difficile anche per il partner o per i figli accettare che il loro caro sia malato di cancro. Talvolta la preoccupazione si manifesta con comportamenti iperprotettivi o, viceversa, di rifiuto, in particolare negli adolescenti.

Perchè dirlo

Quando una persona viene a sapere che ha un tumore, tra i tanti pensieri che gli affiorano alla mente c’è anche quello di come ‘dirlo agli altri’. Molti pazienti si chiedono perché devono essere loro a creare preoccupazione tra familiari e amici.

Alcuni valutano anche la possibilità di ‘non dirlo’, ma si può ben immaginare quanto una posizione simile sia difficile da sostenere quando si vive a stretto contatto. Certo pensieri come questi sollevano almeno in parte dall’ansia di una diagnosi in sé difficile, ma il problema non è da poco, soprattutto se si hanno figli piccoli.

Si pensa sempre che i bambini vadano protetti dal dolore e dalla sofferenza e si vorrebbe tenerli lontano da tutto ciò che non sono in grado di capire e sopportare. Eppure i bambini capiscono. Sentono che è successo qualcosa, che mamma o papà hanno ‘qualcosa che non va’, ma non possono capire se nessuno glielo spiega. E questo senso di incertezza genera anche in loro ansia e frustrazione: le stesse da cui si voleva proteggerli. La scelta di non dirlo si rivela quindi ingestibile, ma soprattutto controproducente.

La maggior parte degli adulti ritiene che i bambini non abbiano alcuna idea di cosa siano la malattia e la morte. Tuttavia è ormai noto che a partire dai due o tre anni di età i bambini si pongono il problema della scomparsa delle creature viventi e costruiscono le loro idee in proposito. A tre anni già capiscono che la morte può colpire anche i propri amici e parenti o addirittura se stessi, anche se non la vivono come un fatto irreversibile. Dai quattro anni in avanti i bambini comprendono che non si muore solo di vecchiaia, ma anche di incidente o di malattia. Oggi i bambini sono esposti a una quantità di informazioni enorme sul cancro: campagne di prevenzione, pubblicità, film o telefilm, Internet.

In uno studio pubblicato nel 2006 sulla rivista medica British Medical Journal alcuni ricercatori dell’università di Oxford hanno valutato le conoscenze e le emozioni di un gruppo di bambini alla cui madre era stato diagnosticato un tumore al seno, confrontadole poi con le convinzioni che le madri avevano sui propri figli. Ne è emerso che tutti i bambini sapevano qualcosa del cancro anche prima che alla loro madre fosse fatta la diagnosi. La cosa più importante, però, era che i bambini vivevano più o meno positivamente la notizia della malattia alla luce delle conoscenze pregresse. Molti piccoli erano convinti che il cancro fosse sempre mortale, altri credevano che fumare facesse venire qualsiasi tipo di cancro e infatti erano molto angosciati se i loro genitori o parenti continuavano a farlo. I piccoli che avevano avuto esperienza diretta di persone sopravvissute alla malattia erano molto più ottimisti sulle possibilità di guarigione. Le informazioni ricevute a scuola erano invece sentite come più ‘tecniche’, ma a basso impatto emotivo.

Le madri non avevano idea della quantità e qualità di informazioni che avevano i loro bambini. Alcune se ne sono rese conto solo in seguito e molte ricordavano di essere state raggelate da domande dirette, tipo ‘mamma, quando muori?’. Da notare che molti bambini avevano già capito che la loro mamma ‘aveva qualcosa che non andava’ per i suoi cambiamenti di umore, per averlo sentito di nascosto da conversazioni tra adulti e persino per aver sbirciato i certificati medici ritrovati per casa. Le emozioni provate al momento della notizia erano indipendenti dall’età: ansia, paura di abbandono e senso di perdita (ma qualcuno ammetteva anche rabbia verso Dio e verso la stessa mamma). Viceversa alcune mamme non avevano percepito queste emozioni nei figli, anzi ricordavano reazioni ‘tutto sommato buone’ e di ‘quasi indifferenza’. Infine, mentre le mamme ritenevano di aver dato la giusta quantità di informazioni ai loro bambini, i figli sentivano di voler sapere dell’altro, in particolare sulle cause: per esempio quelli che sapevano di possibili cause genetiche del cancro si chiedevano giustamente se un giorno si sarebbero ammalati anche loro o altri familiari. I più grandi avrebbero voluto anche un contatto più diretto con il medico che si occupava della mamma.

Per saperne di più, ma soprattutto per capire come affrontare al meglio la malattia anche dal punto di vista della famiglia, ne abbiamo parlato con Nadia Crotti, psicologa e psicoterapeuta dell’Istituto nazionale dei tumori di Genova (ISTGE).

“Tenere i figli all’oscuro di tutto ciò che concerne il tumore crea una sorta di ‘buio comunicativo’, una sensazione di profondo vuoto che contribuisce ad alimentare l’angoscia nel bambino, anziché evitargliela. I bambini percepiscono i messaggi non verbali dei genitori molto meglio di quanto crediamo: la tensione, le preoccupazioni, magari anche la rabbia dovute alla malattia. Ma proprio perché sono bambini tendono a vedersi, nel bene e nel male, al centro della vita familiare: pensano che se mamma e papà sono tesi o preoccupati è per qualcosa che loro hanno fatto o detto. Questo tipo di sensi di colpa alimenta anche la paura dell’abbandono fisico e affettivo (‘mamma e papà non mi vogliono più bene’) da parte dei genitori che nella loro testa può trovare conferma anche nelle assenze ingiustificate, dovute per esempio a terapie o ricoveri”.

Chi ha figli sa che i bambini hanno una fantasia molto vivace. In questo caso con le loro associazioni cercano di riempire il vuoto comunicativo, ma anziché colmare l’angoscia, la amplificano. Ne possono derivare tutte quelle manifestazioni di sofferenza nella sfera emotiva (ansia generalizzata, ricerca di solitudine), nell’ambito comportamentale (aggressività verso i compagni di gioco o i genitori stessi, disturbi nell’alimentazione), nella sfera cognitiva (problemi scolastici) o dello sviluppo (regressioni), che vanno intese come un tentativo del bambino di esprimere la propria sofferenza e paura.

“Quello che gli adulti possono fare è evitare il non detto, identificare le associazioni negative e sostituirle con la verità: mamma è preoccupata per le cure che dovrà affrontare per guarire, papà non può giocare a calcio perché la malattia lo stanca molto, ma gli piacerebbe farlo” spiega Crotti.

Le parole per dirlo

Probabilmente non esiste un modo giusto in assoluto per dire ai figli che i genitori sono malati. A volte si tratta di essere creativi e usare gli strumenti comunicativi tipici dei bambini, ma gli esperti hanno realizzato materiali che possono venire in aiuto.

L’AIMaC (Associazione italiana malati di cancro) ha realizzato un piccolo opuscolo “Cosa dico ai miei figli”, scaricabile gratuitamente dal sito dell’associazione (www.aimac.it) in cui trovare i motivi per dirlo, come farlo in base all’età del bambino e come affrontare il dopo.

Nell’ambito del progetto ‘Condividere’ dell’ISTGE sono nati due piccoli libri di racconti: “Una famiglia come la tua” e “La malattia in famiglia”. Nel primo la mamma si ammala di tumore al seno e l’intera famiglia cambia in seguito a questo avvenimento, mobilitandosi in suo aiuto. Ai bimbi viene spiegato tutto, con parole semplici: i due piccoli protagonisti si faranno forza l’un l’altro, rendendosi utili in tanti modi, cosa che li aiuterà a sentirsi importanti. Nel secondo racconto ad ammalarsi è un padre, a cui viene diagnosticato un tumore all’intestino. In questa storia vengono inseriti anche gli aspetti del vissuto familiare e di ereditarietà della patologia. Per i più tecnologici esiste anche una storia su CD-rom.

“Tutto il materiale (richiedibile al numero dell’Istituto 010/5600-606 o 603) può essere utilizzato innanzitutto dai genitori, ma anche dagli educatori e dalle maestre, creando un argomento di discussione all’interno delle classi” spiega Nadia Crotti. “Qualche volta può sembrare che i bambini reagiscano con indifferenza a queste proposte, ma poi, quando meno te lo aspetti, ti fanno una domanda che ti dimostra quanto la cosa in realtà li abbia coinvolti”.

Affrontare i cambiamenti

La forza del gruppo offre un valido sostegno al paziente e aiuta i familiari a vivere con serenità un momento difficile.

Per la psicologia, la famiglia non è infatti semplicemente la somma degli individui che la compongono, ma un organismo con un funzionamento proprio e particolare: un corpo unico, in cui ciascuna parte risente di tutto ciò che succede alle altre. Questo corpo unico, come tutti gli organismi viventi, ha una propria omeostasi, ossia tende a mantenere il proprio equilibrio e a conservare le proprie caratteristiche contro gli squilibri che possono essere determinati da variazioni interne o esterne. Ciò significa che ogni cambiamento del sistema-famiglia rappresenta una minaccia per il nucleo intero e quindi tutti i membri cercano come possono di ristabilire un equilibrio. La ‘famiglia che funziona’, quindi, non è tanto quella che riesce a mantenere un equilibrio costante, quanto piuttosto quella sufficientemente flessibile da sapersi adattare ai cambiamenti, creando, se necessario, un nuovo ordine.

Proprio come nell’organismo, anche nella famiglia la malattia, soprattutto se grave, rappresenta un evento stressante. La persona malata diventa più dipendente; le regole, le priorità e i ritmi della vita quotidiana vengono sconvolti; possono subentrare difficoltà economiche dovute ai costi delle cure o all’impossibilità di lavorare come prima e, infine, ci può essere un sovvertimento dei ruoli sia all’interno della famiglia (se la persona malata ha in essa un ruolo dominante) sia all’esterno (se il paziente perde il suo ruolo sociale o professionale, e la famiglia perde i privilegi legati ad essi). È per far fronte a queste novità che i singoli membri cercano una soluzione possibile.

È probabile che i familiari debbano riorganizzare la propria vita per stare vicini a chi è in cura, ma non per questo devono dimenticare di riservare uno spazio per se stessi. Il supporto dello psiconcologo può inoltre aiutarli sia a elaborare una strategia di sostegno rispettosa delle caratteristiche psicologiche del paziente sia a comunicare la diagnosi ai bambini quando è uno dei genitori a essere malato.

Una volta comunicata la malattia ai figli, non resta che ascoltare, per capire cosa provano e per aiutarli ad affrontare i cambiamenti che la malattia porterà nella vita di tutti, giocando però a carte scoperte. Secondo gli esperti, l’ideale sarebbe riuscire a mantenere, almeno dove possibile, le abitudini e i rituali di famiglia e non trascurare la disciplina: comprendere le difficoltà dei figli è importante, ma queste non devono diventare la scusa per comportarsi male.

Se non si riesce a fare tutto, non bisogna esitare a delegare ad altri (familiari, collaboratori): in primo luogo, però, l’aiuto deve venire proprio dai figli. Si tratta di trovare qualcosa da far fare a ciascuno. “Dal fare la spesa per i più grandicelli al portare le pantofole per il papà malato per i più piccoli, ogni membro della famiglia deve sapere di avere un suo ruolo nella nuova situazione” spiega ancora Crotti. “Molti dei bambini o ragazzi di cui ci siamo occupati nel servizio di psiconcologia e che avevano un problema comportamentale proprio perché sentivano un vuoto di informazioni, hanno abbandonato i loro atteggiamenti aggressivi e disturbanti nel momento in cui è stato loro spiegato il problema, chiedendo che si assumessero qualche responsabilità”.

Proprio per andare incontro ai bisogni dei bambini e delle famiglie che vengono colpite dall’arrivo della malattia, all’ISTGE è nato il progetto ‘Condividere’ con lo scopo di rendere la malattia un periodo affrontabile. Tra le iniziative, anche la creazione di uno spazio di accoglienza per i bambini dei pazienti ricoverati, una sala giochi dove figli e genitori possono incontrarsi in un ambiente sereno e comunicare con l’assistenza di volontari. Iniziative analoghe, che prevedono supporti psicologici, sono disponibili nei maggiori istituti oncologici d’Italia.

Molti malati di cancro sperimentano anche un certo grado di esclusione sociale, dovuto spesso alla difficoltà, da parte degli amici, di affrontare la realtà della malattia. Anche in questo caso l’esperto può aiutare il malato a riallacciare in modo attivo i rapporti interrotti e a parlare apertamente della propria situazione, in modo da sollevare gli altri dall’imbarazzo. Una volta rotto il ghiaccio, gli amici si sentiranno più liberi di esprimere i propri sentimenti, l’affetto e il sostegno.




mauretto58
00mercoledì 2 dicembre 2009 17:47
Bimbi e tumori, raccolti per loro disegni e poesie

di Laura Cappozzo
BAMBINI che soffrono, piccoli ammalati di tumore. A loro è dedicato il Iibro "Tutti bravi", curato dall’Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatria (Aieop) che nel 1996 ha deciso, insieme alla Glaxo Wellcome Italia, di mettere in opera un’iniziativa che " da una parte potesse contribuire al miglioramento della qualità della vita dei bambini ricoverati mediante una forma particolare di intrattenimento e dall’altra consentire di approfondire la conoscenza dei sentimenti e dei pensieri del piccoli nel loro rapporto con la malattia, l’ospedale, i medici, le infermiere, la terapia ", dice Andrea Pession, presidente dell’Aieop. Un libro nato grazie all’adesione degli stessi piccoli pazienti che hanno partecipato al "concorso d’arte" con 800 elaborati, tra disegni, acquerelli, poesie, racconti, testimonianze diverse dei vissuti di vita e di malattia. Negli ultimi 10 anni l’importanza dell’intervento psicosociale in oncologia pediatrica é stato oggetto di particolare attenzione nel mondo scientifico internazionale. Il supporto psicologico al bambino e ai suoi genitori al momento della diagnosi e durante il decorso della malattia, cosi come il lavoro in corsia degli insegnanti e dei tanti e anonimi Patch Adams italiani, hanno contribuito a colorare il tempo di degenza negli ospedali. Ogni anno in Italia si ammalano di una forma di tumore circa 1.300 bambini tra 0 e 15 anni. Ma il dato più importante é però un altro: oggi il 75 per cento di questi pazienti guarisce. E le statistiche dicono che abitualmente un giovane adulto ogni 1.000 sopravvive a un tumore o alla leucemia infantile. Nel 2010, addirittura uno su 250. La stragrande maggioranza dei bambini che si ammala di tumore torna dunque a una vita normale. Un risultato enorme, la cui portata storica si può misurare ancora di più oggi che si sta scoprendo la clownterapia e l’importanza di un sorriso nella cura dei malati, soprattutto quando sono bambini " II bambino ha assoluto diritto ad esprimere il proprio consenso ad interventi drastici, come per esempio un’amputazione, conseguenti alla patologia di cui soffre ", afferma Giuseppe Masera, direttore della Clinica pediatrica dell’Ospedale "S.Gerardo" di Monza.
mauretto58
00mercoledì 2 dicembre 2009 17:50

Il bambino veramente curato. Processi di reinserimento scolastico dei bambini affetti da malattie oncologiche. L'esperienza di Bergamo


Titolo Rivista: PSICOLOGIA DELLA SALUTE
Autori o Curatori: Ilaria Cattaneo, Walter Fornasa


Presentazione:
I miglioramenti della pratica medica e della qualità della cura hanno prodotto un aumento considerevole di successi nel trattamento delle malattie oncologiche infantili. Durante tutte le fasi della terapia, che possono protrarsi anche per lungo tempo, garantire al piccolo paziente la migliore qualità di vita significa promuovere tutte le condizioni che possono favorire esperienze cognitive, affettive e relazionali per lo sviluppo di ogni singolo bambino: la partecipazione alla vita scolastica rappresenta una parte importante della vita dei bambini, luo-go di sperimentazione di abilità sociali e di conoscenza. La scuola, la famiglia e l’ospedale, con le proprie specificità e potenzialità, devono concre-tizzare attorno al bambino paziente un contesto che si proponga la cura globale del piccolo. In questo lavoro si è preso in considerazione in modo particolare il reinserimento scolastico del paziente e gli elementi che entrano in gioco in questo processo: il rapporto tra la scuola e l’alunno paziente, le reazioni degli insegnanti, la capacità di comprensione e accoglienza dei compagni di classe. La necessità di un intervento consapevole e continuo delle scuole che ri-accolgono i bam-bini viene a costituirsi pertanto come elemento fondamentale all’interno di un percorso di cura globale così inteso.
mauretto58
00giovedì 3 dicembre 2009 20:01
MEDICINA ONCOLOGICA IN GENERALE

01. SCREENING DI MASSA IN TUTTA EUROPA
02. FDA SOSPENDE STUDIO FASE III VACCINO COLON RETTO
03. USA, CASI STABILI DA FINE ANNI '90
04. PER LE INSEGNANTI DI EDUCAZIONE FISICA MENO RISCHI AL SENO
05. POLMONI, TUMORI FREQUENTI SE C'E' DIFETTO RIPARAZIONE DNA
06. DONNE TRASCURANO MUTAMENTI SENO, RISCHIO CURE TARDIVE
07. SENO, SCOPERTA SOSTANZA CHE FAVORISCE METASTASI


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01. SCREENING DI MASSA IN TUTTA EUROPA
Mammografia, pap test ed esame del sangue occulto delle feci per la diagnosi precoce del cancro al colon-retto. Sono questi i tre screening che l'Unione europea indica come “fondamentali” per un'attività efficace di prevenzione oncologica. Per l'avvio dell'operazione in tutti gli stati membri ci vorrà ancora qualche mese ma il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, ne ha già discusso con il ministro dell'economia Giulio Tremonti con il quale, ha spiegato, “c'è stata una piena intesa”. Non è escluso che i fondi possano essere trovati anche nella prossima legge finanziaria. L'operazione sarà impegnativa per le casse dello stato: 300 milioni di euro. Non servirà infatti solo trovare i soldi per sottoporre gli italiani a questi controlli ma anche organizzare le strutture in modo che chi dovrà approfondire ulteriormente le indagini mediche, nel caso soprattutto del tumore del colon, possa trovare tutto a disposizione in tempi brevi. “Una campagna di screening contro il cancro del colon-retto, che si rivolgerebbe agli uomini e alle donne tra i 50 e i 74 anni, potrebbe essere avviata anche subito - ha sottolineato Sirchia - ma una campagna ha un senso solo se raggiunge tutti, se i cittadini ne capiscono il valore e se vanno nei posti giusti, se i dati vengono raccolti con opportuni controlli e confluiscono in database collegati ai registri tumori. È questo che dobbiamo costruire”.


02. FDA SOSPENDE STUDIO FASE III VACCINO COLON RETTO
Semaforo rosso per la sperimentazione di fase III di un candidato vaccino contro i tumori. L'americana Food and Drug Administration (Fda) ha sospeso i trial del vaccino messo a punto dall'azienda newyorkese Antigenics, e ha chiesto maggiori informazioni sul prodotto prima di un nuovo via libera ai test. La notizia ha fatto scendere immediatamente le azioni di Antigenics dai 14,05 dollari di chiusura di ieri al Nasdaq a 11,49 dollari. L'azienda replica che la decisione della Fda non mette in discussione la sicurezza del vaccino. Appena due settimane fa aveva annunciato che il prodotto aumenta la sopravvivenza nel 52% dei pazienti con cancro del colon retto in fase avanzata, che rispondevano bene al vaccino. La specialità, derivata dalle stesse cellule tumorali del malato e che dunque contiene il suo codice genetico, dovrebbe essere per questo più efficace nel riprogrammare il sistema immunitario ordinandogli di attaccare il cancro senza effetti collaterali.


03. USA, CASI STABILI DA FINE ANNI '90
Negli Stati Uniti il numero di casi dei tumori più comuni si è stabilizzato a partire dalla fine degli anni '90. Lo rivela un rapporto del Dipartimento di sanità pubblica statunitense, secondo il quale il numero totale di malati colpiti ai polmoni, al seno, alla prostata e al colon retto e' aumentato dalla metà degli anni '70 fino al '92, prima di abbassarsi nel '95 e cominciare la fase di stabilizzazione. Negli ultimi cinque anni, però, la diffusione del cancro al seno e alla prostata negli uomini è aumentato, mentre sono diminuiti i maschi colpiti da tumore polmonare. Per gli esperti dei Centri di controllo delle malattie (Cdc) di Atlanta, “il rapporto dimostra che sono stati fatti molti progressi per prevenire le patologie tumorali. Ma molto resta ancora da fare”. Nel 2003 più di 1,3 milioni di nuovi casi di cancro saranno diagnosticati nella popolazione americana e ci saranno oltre 550.000 morti, secondo le previsioni statistiche dell'American Society of Clinical Oncology.


04. PER LE INSEGNANTI DI EDUCAZIONE FISICA MENO RISCHI AL SENO
Insegnare educazione fisica proteggerebbe dal cancro del seno. Lo rivela uno studio finlandese, pubblicato sulla rivista 'International Journal of Cancer', che ha seguito le professoresse per 34 anni, confrontandole con quelle che insegnano lingue. Secondo i ricercatori, questi risultati confermano quanto suggerito da precedenti studi: il mantenimento di una buona forma fisica e l'attività sportiva moderata, ma continuativa abbassano il rischio di ammalarsi di questo tumore. Pirjo Rintala, del Likes Research Center for Sport and Health Sciences di Jyvaskyla, in collaborazione con l'University of Oulu e l'Institute for Statistical and Epidemiological Cancer Research di Helsinki, ha seguito 10 mila professoresse dal 1967: 1.500 insegnanti di ginnastica e 8.500 di lingue. Il profilo dei due gruppi era simile per livello socio-economico e stile di vita, ma solo le insegnanti di educazione fisica avevano continuato a praticare attività sportive con costanza, anche dopo aver terminato l'università. Durante lo studio, si sono verificati 61 casi di tumore al seno fra le professoresse di ginnastica e 404 fra le docenti di lingue, per un totale, rispettivamente, di 33 e 177 casi ogni anno. Infine, l'equipe ha analizzato i dati in maniera da escludere altre variabili come età, momento di insorgenza dei tumori, numero di figli ed età del primo parto. I risultati hanno indicato che la probabilità di cancro del seno per le insegnanti di educazione fisica e' minore del 21% sotto i 50 anni, e del 14% una volta superati i 50 anni.


05. POLMONI, TUMORI FREQUENTI SE C'E' DIFETTO RIPARAZIONE DNA
C'e' una predisposizione genetica al cancro ai polmoni, cosa che spiegherebbe perché la malattia non colpisce tutti i fumatori. Si tratta di geni che controllano l'efficienza con cui vengono riparati i danni al Dna, che sono il primo passo verso lo sviluppo della malattia. Ricercatori del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele, hanno visto che in certi soggetti i meccanismi di riparazione molecolare sono indeboliti per differenze genetiche. Secondo la ricerca, pubblicata sul Journal of the National Cancer Institute, risulta che i soggetti privi del meccanismo di riparazione cellulare sono più inclini a sviluppare il cancro, fumatori o non fumatori che siano. Da queste evidenze e' emersa anche la possibilità di un test semplice, un esame del sangue, per stabilire la predisposizione al tumore, il quale è 120 volte più frequente nei fumatori con meccanismi di riparazione difettosi rispetto ai non fumatori con normali meccanismi. Come riferito dal capo della ricerca, Zvi Livneh, gli scienziati si sono concentrati sullo studio di uno dei tanti enzimi di riparazione dei danni al Dna, in media 20 mila eventi di questo tipo avvengono ogni giorno solo per l'esposizione al sole o inquinanti ambientali e naturalmente per il fumo. L'enzima si chiama 8-ossoguanina DNA glicosilasi 1 (OGG1) e come una forbice taglia il Dna a livello del danno e ripristina il pezzo mancante con Dna sano. Esaminando 68 individui col tumore ed altrettanti sani si è visto che la funzionalità di OGG1 non e' uguale per tutti e dipende da differenze nel gene che produce OGG1. Inoltre è emerso che il 40% dei malati ha funzionalità ridotta di OGG1 rispetto al 4% della popolazione sana. I ricercatori concludono che c'è un rischio genetico di contrarre il tumore e che questo rischio aumenta se sommato ai danni indotti dal fumo. Somministrando il test ai fumatori questi potranno sapere quanto è elevato il loro rischio che comunque non è mai nullo anche se il loro enzima risulta perfettamente funzionale.


06. DONNE TRASCURANO MUTAMENTI SENO, RISCHIO CURE TARDIVE
Le donne prendono sottogamba certi cambiamenti del seno che potrebbero essere forieri di brutte notizie ma che al tempo stesso sono utili per diagnosi precoci e cure più tempestive ed efficaci contro il cancro. Lo rivelano le risposte date a un questionario somministrato da specialisti dei Guy’s, King’s e St Thomas’ Medical School di Londra. Sono state intervistate 546 donne e solo poco più della metà di esse ha dichiarato che al minimo cambiamento sospetto andrebbe di corsa dal medico. Come riferito sulla rivista British Journal of Health Psychology le donne perdono del tempo prezioso perché in realtà non sanno quali sono i veri sintomi che preannunciano il male.
Come ricordato da Amanda Ramirez, che ha coordinato gli studi, le prime avvisaglie del tumore al seno possono essere modifiche della forma, increspamenti della pelle, noduli del seno o delle ascelle, secrezioni dal capezzolo, o desquamazioni e dolore.
Dal questionario e’ emerso che solo il 58% andrebbe subito dal medico alla prima avvisaglia di un cambiamento del proprio seno, mentre il 30% aspetterebbe almeno una settimana. Il 9% aspetterebbe un mese ed il 3% si muoverebbe dai due mesi successivi alla scoperta in poi. Questo e’ un tempo eccessivo, affermano i ricercatori, per intervenire tempestivamente ed abbassa in maniera sostanziale le probabilità di cura.
L’80% dei tumori al seno è scoperto per autodiagnosi, cioè dalle stesse donne con gesti semplici, spiegano gli esperti invitando ciascuna a osservare il proprio seno nella maniera che la mette più a suo agio, perché l’autodiagnosi è semplice.
“Potrebbe essere che la mancata conoscenza dei primi sintomi della malattia - sostiene Ramirez in conclusione - porti ad una erronea attribuzione di questi sintomi ad un processo benigno, che alla fine determina un tardivo ricorso al controllo medico”.


07. SENO, SCOPERTA SOSTANZA CHE FAVORISCE METASTASI
Cancro al seno: c’e’ un nuovo potenziale bersaglio farmacologico dal nome uPA. E’ una sostanza che attira le cellule cancerose a muoversi ed invadere altre zone del corpo provocando le pericolose metastasi. Come riferito sulla rivista Journal of Cell Biology l’hanno scoperta Clare Isacke e i suoi colleghi presso il Breakthrough Breast Cancer Research Centre di Londra trovando anche un’altra molecola che, prodotta dalle cellule malate, fa venire loro le ‘antenne’ per seguire le tracce di uPA nell’organismo.
La molecola prodotta dalle cellule malate si chiama Endo180 e gi scienziati al momento stanno conducendo un ulteriore studio per vedere quale percentuale di cellule cancerose produce Endo180. Sembra che questa sia responsabile della crescita alla superficie delle cellule di microscopici filamenti, come tanti piedini con cui la cellula si muove seguendo le tracce di uPA.
Gli scienziati hanno visto, a riprova della loro tesi, che quando mancano sia uPA che Endo180 le metastasi non si formano perche’ le cellule non possono migrare.
Inoltre hanno notato che usando antibiotici contro uPA si ottiene lo stesso risultato, cioe’ le cellule diventano incapaci di migrare. Ora rimane da capire quale impatto ha sull’organismo l’eliminazione di uPA, concludono gli scienziati, ma l’aver svelato questi meccanismi molecolari da’ una nuova possibilita’ di cura per un tumore che risulta fatale proprio quando da’ le metastasi e che, invece, e’ piu’ controllabile quando rimane circoscritto al seno.


Parte domani a Torino il primo dei 45 corsi di formazione organizzati da Aiom e Simg
MEDICI E ONCOLOGI, ‘SANTA ALLEANZA’ CONTRO IL CANCRO
OBIETTIVO: MIGLIORARE ASSISTENZA E QUALITA’ DI VITA
Quarantacinque corsi di formazione in altrettante città italiane, oltre cento docenti tra oncologi e medici animatori, quasi 2000 medici di famiglia coinvolti, da Cuneo a Palermo, in rappresentanza di 3 milioni di cittadini. Per la prima volta in Italia, e caso unico in Europa, specialisti e medici del territorio danno vita ad un grande progetto di collaborazione: una ‘santa alleanza’ che ha come obiettivo il miglioramento della qualità di vita dei pazienti con cancro, patologia che colpisce ogni anno 270 mila persone nel nostro Paese, provocando 160 mila decessi. L’iniziativa - organizzata da AIOM e SIMG, le due principali società scientifiche italiane dell’oncologia e della medicina generale parte domani a Torino e si protrarrà fino a buona parte del 2004, toccando tutte le Regioni della Penisola.
“Il programma – spiega il prof. Francesco Cognetti, presidente Aiom - prevede la realizzazione di 45 corsi tematici, tutti con crediti ECM, tenuti in ogni città dall’oncologo di riferimento e dal medico di famiglia, precedentemente formato in un corso master. Il filo conduttore di questa prima esperienza sarà la fatigue, la principale patologia correlata al cancro che affligge sino al 96% dei malati con tumori avanzati sottoposti a chemio e radioterapia”. Il progetto gode dell’appoggio anche del Ministero della Salute. “L’avvio dei corsi sulla qualità di vita dei malati oncologici – sostiene il sottosegretario, sen. Cesare Cursi - rappresenta una tappa fondamentale nel processo di evoluzione del sistema sanitario nazionale, improntato sempre più alla collaborazione e all’interdisciplinarietà. I corsi, infatti, s’inseriscono a pieno titolo nell’ambito delle iniziative programmate con il Piano Sanitario Nazionale per il biennio 2002-2004 che indica tra le priorità fondamentali il rafforzamento del network di collaborazione tra i diversi attori della lotta ai tumori”.
“La grande novità di questi corsi, che a mio avviso può veramente rappresentare il punto di svolta nell’assistenza al malato di cancro – afferma il dott. Claudio Cricelli, presidente SIMG - è il rapporto che andremo a strutturare in ogni città tra la medicina del territorio e lo specialista. Sono infatti convinto che la conoscenza diretta e l’interscambio culturale tra il medico di famiglia e l’oncologo di riferimento non potranno che migliorare il sostegno clinico e psicologico al paziente. Il cancro non è quasi mai una malattia acuta ed è proprio la sua ‘cronicità’ che impone agli attori chiamati a curarlo di condividere il percorso stabilito, in una sorta di grande alleanza, e non solo terapeutica, che veda sempre al centro il paziente”.
Per contrastare nel modo più efficace il cancro è necessario dunque aumentare le conoscenze. E’ scontato che siano gli oncologi ad interessarsi per primi e a effettuare ricerche, ma anche il medico di famiglia, a cui per primo il paziente si affida, deve essere informato per aiutare al meglio i propri assistiti. “I medici di medicina generale rivestono in questi casi un ruolo fondamentale – afferma il dott. Ovidio Brignoli, vice presidente SIMG -: più la patologia è complessa, più il paziente è alla ricerca di risposte. Un’indagine condotta in un grande reparto di oncologia statunitense, effettuata su medici e pazienti, rivela una dicotomia sconcertante tra la percezione dello specialista e quella del malato. Se si chiede all’oncologo quale secondo lui sia il sintomo più invalidante per il proprio paziente la risposta prevalente è il dolore. Se però la stessa domanda viene fatta al malato, questi non ha dubbi e mette al primo posto la fatigue. Da qui si deduce come ci sia ancora molto da fare per correggere la comunicazione tra medico e paziente. Ma ciò che più conta è che il malato esca allo scoperto, parli dei suoi disturbi, perché – dice ancora Brignoli - oggi abbiamo la possibilità di curare al meglio queste manifestazioni collaterali e non ha più senso che il malato sopporti in silenzio”. Nonostante il raggiungimento di importanti obiettivi nella terapia e la crescita costante delle guarigioni i pazienti con tumore – oggi in Italia una persona su due guarisce - non esiste ancora una vera cultura della qualità di vita. “Secondo un recente studio dell’Istituto di Sanità americano – conferma il prof. Francesco Di Costanzo, segretario AIOM - risulta che più della metà dei malati è costretta ad abbandonare il lavoro, mentre il 35% deve ridurre le proprie responsabilità per lo stress emotivo e la mancanza di energie. Con questo progetto le due Società scientifiche si sono assunte l’onere di educare lo specialista e il medico di famiglia all’importanza della malattia e a combatterla con tutti gli strumenti oggi a disposizione, implementare i rapporti tra gli oncologi e i medici di famiglia, soprattutto a livello locale, far emergere la qualità di vita come fattore fondamentale per un migliore decorso delle cure”.

mauretto58
00giovedì 3 dicembre 2009 20:04
Bai Ling nuda a una raccolta di fondi per i bambini malati di cancro

Attrici e modelle | 26/11/2009

L'attrice cinese Bai Ling, meglio nota come la Paris Hilton d'oriente, si è presentata mezza nuda a una raccolta di fondi per i bambini malati di cancro. Non serve dire che è stata coperta di critiche per essersi messa in mostra approfittando dei bimbi morenti.Come se non bastasse si è tinta i capelli di nerazzurro! Nuda a una raccolta di fondi per i bambini malati e con i capelli...
mauretto58
00giovedì 3 dicembre 2009 20:06




16/09/2009 -
Addio a Swayze, eroe sexy del cinema
E’ morto a 57 anni, tra i film di successo «Ghost» e «Point Break». Aveva detto: spero in un miracolo - Il divo di «Dirty Dancing» da oltre 20 mesi lottava contro il cancro

da Corriere della Sera

E’ morto a 57 anni, tra i film di successo «Ghost» e «Point Break». Aveva detto: spero in un miracolo

Addio a Swayze, eroe sexy del cinema

Il divo di «Dirty Dancing» da oltre 20 mesi lottava contro il cancro



MILANO — È morto ieri a Los Angeles, dopo una lotta contro il cancro durata 20 mesi, Patrick Swayze, l’attore 57enne di Dirty dancing e Ghost , eletto nel ’91 l’uomo più sexy del mondo. È stata una battaglia iniziata nel gennaio 2008 e proseguita a fasi alterne con le cure di chemioterapia mentre il tumore si andava diffondendo e ci furono momenti di abbandono. Ma riuscì a sperare ancora: «Ho deciso di tenere aperti il mio cuore e la mia anima ai miracoli». Niente da fare. Amatissimo dalle ragazze, star anche della tv (serial come Nord e Sud e The beast dove fu Charlie Naker, agente Fbi), divenuto simbolo del nuovo macho, s’è spento tra il dolore della moglie Lisa Niemi con cui stava scrivendo un libro biografico.

Quasi un controsenso questa morte, ricordando il fisico di roccia con cui il texano classe 1952, Leone, conquistò i fan. Figlio d’arte palestrato (madre coreografa, papà ingegnere cowboy), fa i primi passi nel mondo dello spettacolo a suon di danza sfruttando le sue doti technicolor, capelli biondi ed occhi azzurri. Anche se aveva iniziato con film di nicchia ( Alba rossa di Milius e I ragazzi della 56ma strada di Coppola), nel solco della new Hollywood, l’adozione presso i teen agers avvenne nell’87 con Dirty dancing- Balli proibiti in cui è Johnny Castle, aitante ballerino che di struscio e di striscio, con pose plastiche da modello e un ricordino del Travolta trash, inizia ai piaceri del sesso una ragazzina borghese anni 60, Jennifer Grey. Fu un successo di tendenza e tendenzioso: annunciava l’edonismo maschile in un modo platealmente muscoloso, all’americana, con la furberia del marketing.

Swayze, tentato il raddoppio col Duro del Road House , come insostenibile buttafuori di night filosofo, sfrutta il romanticismo con la furba commedia sentimentale Ghost di Zucker, in cui è un bancario che, defunto, diventa angelo custode della sua bella Demi Moore, complice una medium cialtrona (una Whoopi Goldberg da Oscar).

Segue il suo titolo d’autore, adrenalinico, quel Point break della Bigelow in cui Swayze è bravo come leader carismatico dei surfisti che rapinano banche con la maschera dei presidenti Usa. La nuova linfa del cinema civile e non omologato al pop corn spinge nobilmente Swayze anche al flop d’autore firmato Joffè della Città della gioia (’92) dove è il medico americano in crisi personale che coglie e raccoglie umiliati e offesi dalle bindonville di Calcutta. E per sfidare il comune senso del pudore, Patrick sceglie di vendicarsi del suo essere macho e si traveste da drag queen nella commedia trans A Wong Foo, grazie di tutto Julie Newmar . La carriera top qui è già finita, con altre apparizioni curiose - Donnie Darko , il condannato a morte di Letters from a killer - e concedendosi il cameo di un maestro di danza in Dirty dancing 2 , arrivato fuori tempo massimo, come Havan nights . Da ballerino provetto (iniziò nella «Disney Parade» sul ghiaccio) è star anche nel musical: Grease, poi Chicago e Bulli e pupe , tre cult.

Il resto appartiene alla storia degli attori che hanno ballato una sola estate. Ma accade che le carriere fulminanti, legate alla cotta per un personaggio che sfonda, come fu per Swayze macho romantico, cow boy dal cuore tenero, resistano poi a lungo nel tempo pur associate a pochi titoli.

E che rimangano quindi nell’immaginario collettivo, legate a un ruolo, a un ballo, a un bacio per ragioni quasi oscure, avendo a che fare, come nel caso di quest’attore, con la fisicità di un corpo che le luci del cinema hanno sfruttato al limite delle capacità di comunicazione gestuale, plastica ed erotica.

Maurizio Porro

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Su Twitter

Demi Moore: la tua luce splende

LOS ANGELES — Il loro amore (cinematografico) ha fatto sognare milioni di romantici in tutto il mondo.

Tanto che ieri Demi Moore, per salutare il co-protagonista di Ghost, ha scelto di riportare su Twitter proprio la frase che, nel film, il fantasma di Swayze diceva alla sua adorata Molly (Demi Moore, appunto), allontanandosi per sempre da lei: «È incredibile, Molly. L’amore è dentro e lo porti con te». L’attrice ha poi aggiunto: «Patrick, la tua luce splenderà per sempre nelle nostre vite. Ti amiamo e ci mancherai moltissimo». Nel film del 1990, Swayze interpretava uno spirito che tentava disperatamente di comunicare con la fidanzata attraverso l’aiuto della medium Whoopi Goldberg. La pellicola aveva consacrato Swayze come sex symbol.

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da Il Manifesto

Patrick Swayze, amato «ghost» e surfista ribelle

Giulia D'Agnolo Vallan

NEW YORK
Reso famosissimo dal personaggio dell'insegnante di ballo blue collar e troppo osé di un centro villeggiatura middle class delle Catskills, in Dirty Dancing, consacrato a sex symbol nel ruolo del marito fantasma di Demi Moore in Ghost (mitica la scena del tornio, con l'abbraccio mentre lei scolpisce il vaso, poi ripresa anche in un infinito numero di sketch comici), surfista rapinatore per Kathryn Bigelow (Point Break), guerrigliero improvvisato che combatte l'occupazione sovietica per John Milius (Red Dawn), protagonista, all'inizio di quest'anno (quando era già malato) delle serie televisiva The Beast (in cui interpretava un anomalo agente dell'Fbi), Patrick Swayze è morto lunedì, dopo una lunga battaglia contro un cancro al pancreas. L'attore/ballerino texano aveva cinquantasette anni.
Figlio di un'insegnante di danza e coreografa (tra gli altri credits, Urban Cowboy), dalla nativa Huston Swayze si era trasferito a New York nel 1972, dopo aver abbandonato l'università per vestire i panni del principe azzurro in uno spettacolo su ghiaccio prodotto dalla Disney.
Membro del Joffrey Ballett e poi della troupe di Eliot Feld, dovette abbandonare il sogno di una carriera nella danza grazie alle ripercussioni di un incidente di football al ginocchio. È del 1976 la sua apparizione su Broadway in Grease, il musical che aveva già lanciato John Travolta. Il suo debutto al cinema è stato Skatetown Usa (su una gang di pattinatori a rotelle), il primo film importante l'adattamento coppoliano dal romanzo di Susan Hinton, The Outsiders.
Nel 1984, la sua performance fu praticamente l'unica cosa salvata dal coro di stroncature che accolse lo strepitoso film fantapolitico di Milius. Piuttosto snobbato dalla critica anche il musical inconsueto di Emile Ardolino che Swayze interpretò tre anni dopo. Sfoggiava il titolo astutissimo di Dirty Dancing e, dietro alla vernice sentimentale e ai cliché, aveva in sé un'anima piuttosto sovversiva. Il suo Johnny Castle, provocante maestro di ballo in una pigra estate montana del 1963, fece sterminio tra i cuori di minorenni, e non. She is Like the Wind, una delle canzoni del film, è sua.
Amato dal pubblico femminile per la sua tenerezza un po' ruvida, la curiosa riservatezza che rendeva così eleganti i suoi passi di danza e, non da ultimo, perché si è sempre detto innamorato tutta la vita della stessa donna, Lisa Niemi, conosciuta da ragazzo in una scuola di danza del Texas e sposata poco dopo, Swayze non ha mai «vissuto» l'allure importante e vistoso di una star.
La sua carriera, dopo il successo enorme riscosso con Ghost, è stata punteggiata da scelte stravaganti e anche un po' incoerenti come City of Joy di Roland Joffe, To Wong Foo Thanks For Everything Julie Newmar diretto da Beeban Kidron (in cui era un fiammegggiante travestito, al fianco di Wesley Snipes) e nel 2001 il cult indipendente Donnie Darko di Richard Kelly (quello di Swayze era un ruolo che ammiccava alla pedofilia). Quando non lavorava viveva in una grossa tenuta fuori Los Angeles, battezzata Rancho Bizzarro, dove allevava pavoni e purosangue arabi, insieme con sua moglie. Sempre con lei, nel 2003, interpretò un film musicale che può considerarsi come il suo testamento, One Last Dance.
Quando gli è stato diagnosticato un cancro incurabile nel bel mezzo della produzione di The Beast, Swayze decise comunque di portare a termine la serie tv, sottoponendosi a cure sperimentali durante la lavorazione. Ma ha dovuto patire moltissimo l'attenzione spietata che i tabloid hanno riservato agli ultimi mesi della sua malattia, lamentandosene anche pubblicamente.

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da L'Unità

Patrick Schwayze, il ballerino-apache che sapeva danzare sporco

L’addio L’attore è scomparso a soli 57 anni: cancro al pancreas
Il successo Dopo «Dirty Dancing», ha commosso tutti con «Ghost»

Un tumore al pancreas ce l’ha toplto a soli 57 anni: così se n’è andato Patrick Schwayze, il bello di «Dirty Dancing»: un attore in realtà capace di molte sottilgiezze, come in «Ghost» e il mitico «Point Break».

«Come si può coltivare l’ottimismo quando le statistiche dicono che sei morto? Andando a lavorare». Era il vero motivo per cui, nel 2009, aveva accettato un ruolo in una serie tv (The Beast) che richiedeva un impegno a lungo termine. Era un’assicurazione sulla vita – un modo di sentirsi vivo e anche, sicuramente, di aiutare la moglie Lisa Niemi, conosciuta quando lui aveva 19 anni e lei 15, e insieme alla quale ha scritto in questi ultimi mesi un’autobiografia intitolata Patrick Swayze: One Last Dance. Sì, per Patrick l’ultimo ballo è purtroppo arrivato: questo bravo attore, che per anni era sembrato il ritratto della salute, è morto l’altro ieri a Los Angeles stroncato da un tumore al pancreas diagnosticato all’inizio del 2008. Aveva solo 57 anni: era nato a Houston, Texas, il 18 agosto del 1952. Per molti spettatori, e soprattutto per molte spettatrici, Patrick Swayze rimarrà per sempre Johnny Castle, l’atletico istruttore di danza di Dirty Dancing. Il film, uscito nel 1987, non era un capolavoro, ma divenne un successo «dal basso», grazie al passaparola. Patrick giocava in casa: pur avendo già ottenuto piccoli ruoli in film importanti (I ragazzi della 56esima strada di Coppola, Fratelli nella notte di Kotcheff, Alba rossa di Milius) era, per formazione, un ballerino più che un attore. Nato in Texas da una famiglia con ascendenze Apaches, era praticamente cresciuto in una scuola di danza: la dirigeva sua madre Patsy, e proprio lì aveva conosciuto la futura moglie Lisa. Il suo esordio fu nel musical: interpretò il principe della Bella Addormentata nello spettacolo Disney On Parade, e fu Danny Zuko (ruolo che al cinema sarebbe stato di John Travolta) in Grease, a Broadway.
SUL VELLUTO
Quandosi trattava di ballare,Swayze andava sul velluto,ma dopo l’immenso successo di Dirty Dancing si rivelò un attore con sfumature insospettabili. Il fisicaccio lo rendeva perfetto per ruoli d’azione, che non sarebbero mancati (il più memorabile rimane Point Break, di Kathryn Bigelow), ma il secondo trionfo arrivò con una commedia alla Frank Capra. Ghost, del 1990, era una scommessa difficilissima: Jerry Zucker, il re della comicità demenziale (un terzo della premiata ditta ZAZ, Zucker Abrahams & Zucker, quelli dell’Aereo più pazzo del mondo e di Una pallottola spuntata), si metteva in proprio dirigendo una storia di morti innamorati che non vogliono morire, una love-story tenerissima che solo l’intervento della medium Whoopi Goldberg virava, di tanto in tanto, sulla farsa. Patrick era l’ostinatissimo amore di Demi Moore, ucciso per errore ma deciso a non abbandonare il mondo prima di aver dato un ultimo bacio all’amata. Il ridicolo era in agguato, ma il miracolo si compì. I tre attori erano magnificamente in parte (Demi Moore non è mai più stata così desiderabile) e il film fece piangere mezzo mondo.
Due anni dopo (1992) Swayze ottenne il ruolo drammatico che forse gli ha dato più soddisfazione in La città della gioia, che Roland Joffé trasse dal best-seller di Dominique LaPierre. Ma certo, chi oggi vorrà rendere omaggio alla memoria di questo divo sfortunato vorrà rivedere le sue evoluzioni in Dirty Dancing, o commuoversi di nuovo con Ghost. Quanti attori rimangono indimenticabili per un film: Swayze, almeno, lo è rimasto per due.

Parlano i fans: www.patrickswayze.net

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da La Repubblica

Addio a Patrick Swayze divo romantico e rude della Hollywood anni 80

Una vita di successi da "Ghost" a "Point Break"

Nonostante la malattia ha continuato a lavorare fino alla scorsa primavera

AIDA ANTONELLI
ROMA
C´è chi si è innamorato di lui sulle note di "Unchained Melody" e le immagini di Ghost, chi lo preferiva ballerino in Dirty Dancing, chi lo ha amato rude e combattivo in Roadhouse, o chi lo apprezzato spericolato e affascinante in Point Break. In tanti piangeranno la scomparsa di Patrick Wayne Swayze, vittima di un cancro al pancreas. L´attore, ballerino e cantante statunitense, nato a Houston (Texas) il 18 agosto 1952, era malato da poco più di un anno: nel gennaio del 2008 infatti gli avevano diagnosticato il tumore. I medici all´epoca gli prospettarono poche settimane di vita. All´inizio di quest´anno le sue condizioni erano peggiorate sensibilmente, dopo che il cancro si era esteso anche al fegato. Swayze si è spento ieri in California.
Nato come ballerino, Swayze sceglie di diventare attore all´inizio degli anni Ottanta. Nel 1983 è con Coppola in I ragazzi della 56° strada, e con Kotcheff in Fratelli nella notte. Dopo aver recitato anche in Alba rossa di John Milius, trova la popolarità nel 1987 con Dirty Dancing - Balli proibiti, recitando la parte di un maestro di ballo, Johnny Castle. Al suo fianco nel film Jennifer Grey, che su People on line lo ha ricordato così: «Era un vero cowboy dal cuore tenero». Le sue doti di ballerino lo consacrano come uno dei sex symbol del panorama americano degli anni Ottanta, facendogli guadagnare una nomination ai Golden Globe come miglior attore protagonista, ma non sarà l´unica. Anche per Ghost (1990) e A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar (1995) l´attore texano è tra i candidati per l´assegnazione della statuetta.
Ma è con Ghost, il film campione di incassi con Demi Moore che Swayze regala al pubblico indimenticabili scene d´amore, commuovendo le platee di tutto il mondo. Ed è proprio l´attrice a dedicargli un ricordo commosso, come si legge dalla sua pagina di Twitter: «Patrick, la tua luce splenderà per sempre nelle nostre vite».
Abbandonati i panni del seduttore romantico, altro film importante della sua carriera è Point Break - Punto di rottura (1991) di Catherine Bigelow, girato al fianco di un giovanissimo Keanu Reeves.
Attore versatile, passa da interpretazioni drammatiche, come in La città della gioia (1992) tratto dall´omonimo romanzo di Dominique Lapierre, a Donnie Darko (2001). Nel mezzo Swayze non ha disdegnato il mondo della televisione: il suo esordio in Italia avviene infatti con una mini-serie tv nel 1986, La banda dei sette, ma è con Nord e Sud che diventa popolarissimo sui nostri schermi.
Una carriera costellata di alti e bassi, caratterizzata comunque dal costante affetto dei fan, che hanno seguito con apprensione il drammatico evolversi della malattia. Swayze ha continuato a frequentare i set, nonostante il progressivo aggravarsi delle sue condizioni. La sua voglia di non arrendersi lo ha infatti portato a rispettare gli impegni professionali presi. Stava infatti recitando un ruolo di primo piano nella mini-serie tv The Beast. L´ultima puntata, la tredicesima, è andata in onda il 23 aprile scorso. L´attore lascia la moglie Lisa Niemi, attrice anche lei, con cui era sposato dal 1975.

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da Il Giornale

L’ultimo ballo di Patrick Swayze sex symbol di «Dirty Dancing»

di Maurizio Cabona

Proprio mentre si «scopre» che in Italia e nei grossi festival troppo cinema è a sinistra e all’estrema sinistra, è morto a cinquantasette anni uno dei rari attori celebri ad aver recitato in film a destra e all’estrema destra: Patrick Swayze, serio professionista nonostante droghe e alcol che forse hanno contribuito ad abbreviargli l’esistenza.
L'esordio, ballando e cantando a Broadway in Grease, avvenne trentadue anni fa, nella parte che poi, a Hollywood, sarebbe stata di John Travolta. Ma il seguito fu diverso e Swayze sarebbe probabilmente subentrato a Charlton Heston come icona virile, se il clima post ’68 non avesse precluso il rango di divo a chi, dalla sua, aveva soprattutto spalle larghe e fianchi stretti.
Così Swayze è sì diventato celebre, ma è rimasto a metà del guado che porta al divismo. Certi tg italiani l’hanno identificato ieri col personaggio, apolitico e manierato, stile anni Cinquanta, del ballerino seduttore con ciuffo alla Presley in Dirty Dancing di Emile Ardolino del 1987; e Italia 1 ha colto l’occasione al volo per programmare quel film in base al noto principio «Attore crepa? Ascolto sale».
Altri tg hanno evocato Swayze in chiave di morto che parla, accostando al decesso vero per malattia quello simulato per arma da fuoco in Ghost (Fantasma) di Jerry Zucker (1990). Il ghost era appunto Swayze, hanno ricordato gli uni e gli altri, ma nessuno ha rilevato che il suo ruolo, lo spirito di un giovane assassinato su ordine del miglior amico, mimetizzava la complicità di lui con l’amata (Demi Moore): più curioso che affranto, il fantasma l'osserva intrattenersi col suo consolatore. Tre anni dopo, in Proposta indecente di Adrian Lyne la Moore sarà complice, ormai senza imbarazzi, di un mercato carnale fra il marito indebitato (Woody Harrelson) e l'amante in età (Robert Redford). Ma questa è un’altra storia. Ma i personaggi di Swayze sono stati anche virili e combattenti. È stato partigiano americano antisovietico negli Stati Uniti invasi da russi, cubani e nicaraguensi sandinisti, grazie al fatto che i Verdi hanno vinto le elezioni in Germania, che la Nato s'è sciolta e solo la Gran Bretagna s'è schierata con gli Stati Uniti (ma è stata debellata). E l’inizio dell’invasione è stato subdolo, grazie agli immigrati clandestini… È Alba rossa di John Milius (1984), dove la Resistenza americana, in netta inferiorità strategica, pratica contro gli occupanti gli stessi metodi oggi condannati nei film, sempre americani, che evocano altre, opposte Resistenze.
Sempre Milius produrrà Fratelli nella notte di Ted Kotcheff (1983), il film sui prigionieri americani rimasti in Indocina dopo la guerra segnata fra il 1962 e il 1975 dal fallito intervento americano(Kotcheff era stato regista di Rambo). Ma il personaggio di Swayze non era un «proscritto», alla maniera di quello di Sylvester Stallone: era il figlio di un caduto. Impersonava - sebbene la classe 1952 fosse finita eccome nel carnaio vietnamita e cambogiano - un’altra generazione, quella che voleva riscattare la disfatta.
Tutto molto americano in epoca Reagan. Ma una destra governativa se ne stava affiancando una antigovernativa. Point Break - Punto di rottura di Katryn Bigelow (1991), prodotto dall’allora marito James Cameron, restituiva al cinema hollywoodiano una figura assente mancava da Nodo alla gola di Alfred Hitchcock (1948): quella del nicciano che preferisce morire da criminale che vivere da borghese. È per irrisione che i surfisti-terroristi, guidati da Swayze, portano durante le rapine, il loro modo per finanziare le migrazioni in cerca delle migliori onde da cavalcare, maschere con i volti degli ultimi presidenti americani; non è dunque per avidità che il personaggio di Swayze ruba, risultando così lontano dall’archetipo di tanto cinema hollywoodiano.
Il destino di Swayze è stato avere personaggi eretici. Nobili o ignobili, ma mai comuni. In un film fin troppo favoleggiato, come Donnie Darko di Richard Kelly (2001), gli è toccato perfino quello del pedofilo... Della sua iniziale carriera di ballerino, rovinata da un infortunio, s’è avuta un’ultima traccia in Dirty Dancing 2 - Havana Nights di Guy Ferland(2004), prologo cubano di Dirty Dancing, dove Swayze si vede appena nel ruolo di un insegnante di danza.
Poi era emersa la malattia: la stampa aveva cominciato a parlare di quella, mentre Swayze insisteva a lavorare con una determinazione degna di quella di certi suoi personaggi. Se si guardano ciò che si dice di lui su Internet, si trovano pettegolezzi fino all’ultimo. L’uomo che nel 1991 era stato proclamato il più sexy del mondo aveva cominciato a bere nel 1982, alla morte del padre cinquantasettenne, ingegnere chimico che concorreva nei rodei. Doveva essere un bel tipo, quel padre. Sembra quasi un modo per rendergli l’estremo omaggio che Patrick s'è spento esattamente alla stessa età.

mauretto58
00venerdì 11 dicembre 2009 10:30
BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO
ALI DI SCORTA-ONLUS (www.alidiscorta.it)
CON INFINITO AFFETTO AUGURO A TUTTI UN BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO E CHE POSSIATE VEDERE REALIZZATE TUTTI I VS SOGNI E QUANTO ALTRO .
COME CONSIGLIERE DI ALI DI SCORTA ED A NOME DI TUTTO IL DIRETTIVO , VI RINGRAZIO DI QUANTO FATTO FINORA PER I NS/VS BAMBINI E LORO GENITORI .
COME RESPONSABILE DELLO SPORT DI ALI DI SCORTA , UNITAMENTE AL MIO COLLABORATORE,SIG. MARCO DI CESARE , RINGRAZIO TUTTI GLI SPORTIVI DI TUTTE LE SOCIETA' DEL LAZIO CHE SI SONO LEGATE A QUESTA ORGANIZZAZIONE ONLUS .
GRAZIE AL VOSTRO CONTRIBUTO SIA MORALE CHE DI SOLIDARIETA', AVETE PORTATO LO SPORT IN GENERALE (ED IL CALCIO IN PARTICOLARE) AD ESSERE IN SENO AL DIRETTIVO DI ALI DI SCORTA , UNO DEI CAPITOLI DI PRIMISSIMA FASCIA ; INFATTI SIA PER VISIBILITA', SIA PER SOLIDARIETA' E SIA PER CONTRIBUTI VARI (VEDI FESTE SCUOLE CALCIO , TORNEI , QUADRANGOLARI , LOTTERIE ,BOLLETTINI POSTALI E BANCARI , 5x100 , ETC.)IL GETTITO DA PARTE VS E' STATO DI ENORME ENTITA'ED ENTUSIASMO TALE DA PORTARE IL SOTTOSCRITTO AD ESSERE CANDIDATO E POI ELETTO CONSIGLIERE E DI PORTARE QUESTO ELEMENTO DELLA VITA , CHE E' LO SPORT , AD AVERE UNA CONSIDERAZIONE GRANDE ANCHE DAI "CAPI" DI ALI DI SCORTA , CHE FINO A QUALCHE TEMPO FA' NON ERA NEMMENO PREVISTO NEI PROGRAMMI .
MA QUESTO DEVE ESSERE SOLO L'INIZIO............... ANCHE PERCHE' CON IL NUOVO ANNO RIPRENDERANNO I LAVORI DI SISTEMAZIONE DELLA NS/VS CASA FAMIGLIA DI VIA ALDOBRANDESCHI , DONATACI DAL COMUNE DI ROMA ,MA DI NS SPESA PER QUANTO RIGUARDA IL RESTO . A QUESTO BISOGNA UNIRE LA RICERCA , I DUE REPARTI DI NEUROCHIRURGIA E ONCOLOGIA DI ETA' PEDRIATRICA E TUTTE LE COMPONENTI INERENTI A TALE ORGANIZZAZIONE .
CE LA STIAMO METTENDO TUTTA .................. MA CI SERVE LA VS CONTINUA SOLIDARIETA', CHE INSIEME ALLE ALTRE FORZE (SPETTACOLO , DONATORI , ETC.)FA' SI CHE UNA SINGOLA GOCCIA UNITA ALLE ALTRE GOCCIE DIVENTI UN RUSCELLO E POI UN FIUME CHE VADA A FINIRE LA SUA CORSA NEL MARE DI SPERANZA E VOGLIA DI VITA DI QUESTI NS/VS BAMBINI E LORO GENITORI .
ALI DI SCORTA VI RAPPRESENTA LA PROPRIA GRATITUDINE UNITAMENTE A QUELLA PIU' SILENZIOSA DEI PICCOLI MALATI,CHE ANCORA OGGI VEDONO SERIAMENTE COMPROMESSA LA LORO ASPETTATIVA DI VITA ED A QUELLA DEI LORO GENITORI.......................
E VI AUGURA UN BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO .
mauro cicchinelli
consigliere di ali di scorta
responsabile dello sport ali di scorta
mauretto58
00sabato 12 dicembre 2009 09:36
UN ARCOBALENO DI POESIE PER SFIDARE IL TUMORE

Un libro scritto dai bambini malati di cancro nell'ospedale di Managua e curato dal poeta Ernesto Cardenal, sarà presentato alla Fiera del Libro di Torino a maggio. Un volume voluto dal Comitato Maria Letizia Verga e dal San Gerardo



«La capacità di osservazione di questi bambini è incredibile: si trovano in un angolo di un ospedale a scrivere o a dettare e ci descrivono gli animali come se li avessero davanti agli occhi. Guadalupe, 10 anni, dice che la rana si gonfia tutta, stira la lingua e mangia insetti disgustosi, mentre in un'altra occasione, Kevin, 8 anni, descrive le rane dicendo che hanno una coda verde e le zampe posteriori molto grandi, e che i loro musi somigliano a quelli di persone brutte che ridono. Yorling Imara, 13 anni, ricorda che i conigli corrono e saltellano con le loro lunghe orecchie e le piccole code, ed Abel, 11 anni li presenta più dettagliatamente affermando che saltano perché hanno le zampe posteriori lunghe, che si lavano da soli leccandosi le zampe anteriori più corte». Sono parole di Ernesto Cardenal, uno dei maggiori poeti ispanoamericani che illustra il libro, di cui è curatore, di poesie di bambini malati di cancro dell'ospedale "La Mascota" di Managua. Il libro nasce dall'esperienza dei laboratori di poesia creati all'interno dell'ospedale su sollecitazione del direttore Fernando Silva, pediatra, poeta, scrittore e amico di Cardenal e del professor Giuseppe Masera primario della Clinica Pediatrica del San Gerardo che, con un gemellaggio, da alcuni anni sostiene il nosocomio in Nicaragua. Il libro, che sarà presentato alla Fiera del libro di Torino dall'8 all1 maggio, si intitola "Sarebbe triste se non ci fosse l'arcobaleno" ed è acquistabile tramite il Comitato Maria Letizia Verga. I ricavi sono destinati al centro oncologico dell'ospedale "La Mascota" intitolato da un bambino, Mascotte, ucciso da un carro armato.

Il volume raccoglie poesie scritte dai bambini durante le lezioni di Cardenal scaturite dall'esperienza degli anni '80 dei "Talleres de poesia", i laboratori di poesia, ideati dal poeta quando era Ministro della Cultura nel periodo post-rivoluzionario degli anni '80 dopo la caduta del dittatore Somoza. Ora quell'esperienza è stata trasferita ai piccoli malati. Funziona? Lascio al grande poeta convincere il lettore. «Io non aspetto il giorno del Giudizio con particolare ottimismo - scrive Cardenal nel prologo - ma prevedo che una delle poche cose positive che mi verrà detta sarà "Io ero un bambino malato di cancro e tu mi hai insegnato a fare poesia". Non so quanto grande sarà il beneficio terapeutico prodotto dalla poesia, ma vedo la grande allegria che crea quando la ascoltano, ancora di più, quando la scrivono loro stessi. A mio parere, più importante del beneficio terapeutico è il fatto che stiamo cantando la creazione. Tutte queste poesie riunite sono come un inno alla bellezza della creazione, e non è questo il senso dell'universo e il motivo per cui è stato creato?».

Questo libro rivela che la stagione dell'utopia, che rese possibile la rivoluzione sandinista, non è ancora finita. E che dalle due parti dell'Oceano ci sono uomini che credono nella possibilità di trattare umanamente il dolore delle creature più indifese e che credono che la poesia rappresenti un bisogno primario e proprio per questo possa assumere anche un valore terapeutico.
mauretto58
00sabato 12 dicembre 2009 09:42
Sarebbe triste se non ci fosse l’arcobaleno. Poesie di bambini malati di cancro
di Ernesto Cardenal
Circa due anni fa, durante un viaggio in Italia ho incontrato il Dr. Giuseppe Masera, primario di un ospedale pediatrico vicino a Milano. Il dottore mi aveva voluto incontrare per propormi un progetto che prevedeva l’insegnamento della poesia ai bambini malati di leucemia in Nicaragua. Da vari anni questo illustre medico visitava periodicamente il Nicaragua, portando consulenze tecniche ed aiuti finanziari per questi bambini ricoverati nell’ospedale pediatrico La Mascota, il cui primario, era il nostro grande poeta e medico Fernando Silva. Immagino che il Dr. Masera fosse informato dell’ampio programma di laboratori di poesia che avevamo sviluppato durante la rivoluzione, quando ero Ministro della Cultura. Durante il nostro incontro in Italia, mi spiegò che i bambini malati di leucemia sviluppavano una grande creatività e facilità di espressione, quindi riteneva che potessimo provare ad insegnare loro a fare poesia, un esperimento che poteva avere un alto valore terapeutico, oltre a rappresentare una sorta di piano-pilota, che avremmo, in seguito, potuto estendere ad altri paesi dell’America Centrale.
Per questo laboratorio mi sono stati molto utili tre libri scritti dal poeta nordamericano Kenneth Koch. Uno di essi, I Never Told Anybody, parla proprio di un laboratorio poetico che il poeta ha curato in un ospizio di New York, in cui insegnava a scrivere poesia (e, molto spesso, buona poesia) a persone che non solo avevano un’età avanzata, ma, in molti casi, anche vari acciacchi e dolori: alcuni erano costretti su una sedia a rotelle, altri si lamentavano per l’artrite o per i reumatismi, altri ancora erano sordi o di cattivo umore, oppure si addormentavano improvvisamente. Altri due libri di Kenneth Koch, Rose, Where Did XXVI You Get That Red? e Wishes, Lies, And Dreams, parlano di numerosi laboratori di poesia (anch’essi con risultati eccellenti), che l’autore aveva proposto ai bambini nelle scuole. In questi libri, Koch presenta vari metodi che ha utilizzato per far sì che bambini o anziani scrivessero buona poesia. Uno di essi, ad esempio, consiste nel mostrare una poesia dedicata ad un animale, come la famosa poesia di William Blake a una tigre, e poi chiedere ad ognuno di scrivere una cosa qualsiasi su un altro animale (allora, i bambini creavano con grande entusiasmo poesie su un cane, un coniglio, un gatto, una farfalla). Un altro metodo consiste nello scegliere un tema particolare come, ad esempio, il Mare, o, altre volte, dire agli alunni di iniziare una poesia con le parole: Vorrei… oppure Ricordo… oppure Ho sognato… (cui seguiva tutto quello che l’alunno voleva scrivere). Altrimenti, si può suggerire loro di creare una poesia divisa in due parti: la prima che inizia con la parola Prima, e la seconda, in contrapposizione, con la parola Adesso. Un’altra possibilità, è, invece, suggerire di scrivere una similitudine, una qualsiasi che venga loro in mente, anche se è folle. Nel caso in cui gli alunni si rifiutino di scrivere, Koch propone di fare una poesia collettiva, in cui ogni verso venga dettato da una persona diversa, ed il risultato finale può essere molto suggestivo o divertente, e normalmente serve a stimolare tutti a scrivere individualmente. Comunque, devo dire che, benché questi metodi siano molto validi, nel nostro laboratorio poetico ne abbiamo avuto bisogno solo raramente. Generalmente, infatti, è sufficiente leggere vari esempi di poesia, scritti da bravi poeti nicaraguensi o provenienti da molte altre parti del mondo, e poi distribuire carta e matita e dire agli alunni di scrivere ciò che vogliono.
Normalmente, all’inizio delle sessioni dico ai ragazzi che parteciperanno ad una lezione per imparare a scrivere poesia, che, in sé, scrivere poesia è facile e si accorgeranno che riescono a farlo. Dico anche che la poesia è una cosa divertente come i giochi o gli indovinelli, che può parlare di qualsiasi cosa, che possono scrivere tutto quello che viene loro in mente, e che non importa la lunghezza, perché la poesia può essere sia corta che lunga. Inizialmente, dicevo di non tentare di scrivere poesie in rima, con parole che terminano con lo stesso suono, ma, in seguito, ho visto che non era necessario, perché bastava leggere esempi di poesie in verso libero, o che, fondamentalmente, non dipendevano dalla ripetizione del ritmo e della rima.
Inoltre, sin dall’inizio li avverto che non devono preoccuparsi della punteggiatura o dell’ortografia, perché nella poesia non è importante e, allo stesso modo, che non importa se non sanno scrivere o non vogliono farlo, perché possono dettare la poesia. Infatti, queste sono cose che, a volte, succedono nel laboratorio: alcuni bambini non sanno scrivere o non vogliono farlo. Una volta terminate le poesie, li invitiamo a leggerle e, se non sanno leggere o se, in alcuni casi, si vergognano a recitare quello che hanno scritto, lo faccio io o qualcuna delle persone che mi accompagnano che le legge a voce alta; l’autore della poesia dettata, o quello che l’ha scritta ma non ha voluto leggere, normalmente è molto contento quando sente declamare la sua poesia a voce alta, con una buona intonazione da un’altra persona.
Le nostre lezioni di poesia si tengono una volta a settimana e durano una o due ore (approssimativamente, un’ora e mezzo). Nella prima parte, leggiamo ai ragazzi diversi tipi di poesie e nella seconda, che può occupare la maggior parte del tempo, facciamo scrivere loro (o dettare) una poesia, mentre nella terza parte, che spesso per loro è la più eccitante, le poesie vengono lette ad alta voce.
Normalmente, ai ragazzi piacciono molto i diversi esempi di poesia che leggiamo loro, ma ho notato che la maggioranza preferisce iniziare già a scrivere le proprie poesie, invece di continuare ad ascoltare. Dobbiamo, quindi, distribuire quaderni e matite al termine della dose di poesia che gli abbiamo portato, altrimenti, prima di concludere l’ascolto, alcuni di loro iniziano già a scrivere la propria poesia con carta e matita, ispirati o stimolati da quello che stanno ascoltando. Per questo motivo non è stato necessario utilizzare gli utili metodi raccomandati da Kenneth Koch che ho elencato (e molti altri che egli ugualmente raccomanda).
Non ho mai diretto da solo questo laboratorio. Sono stato sempre accompagnato da altri poeti: Fernando Silva, che precedentemente era primario di questo ospedale, Julio Valle-Castillo, William Agudelo, Daysi Zamora, Luz Marina Acosta, Claribel Alegría… e, insieme a noi, il poeta Marvin Ríos, come insegnante permanente, che già in passato ha diretto laboratori di poesia e che non manca mai alle sessioni, benché noi altri, per una ragione o per un’altra, a volte ci assentiamo. Anche altre persone importanti hanno frequentato il nostro laboratorio e, fra di loro, persino l’Ambasciatrice tedesca e pittrice Christa Unzner- Koebel, che è stata così coinvolta nel laboratorio da essere l’illustratrice del nostro libro.
C’è, però, uno problema nel nostro laboratorio: la maggior parte dei bambini e delle bambine che lo frequentano normalmente non sono sempre gli stessi e, quindi, non possiamo continuare a seguirli e fare in modo che proseguano la loro produzione. I bambini malati vengono da tutte le parti del paese e seguono trattamenti differenti; i calendari delle visite nell’ospedale di Managua sono molto diversi e difficilmente coincidono con il giorno a settimana in cui teniamo il nostro laboratorio. Dobbiamo, quindi, rassegnarci al fatto che, molto spesso, abbiamo alunni nuovi. Questa, però, è una ragione in più per ammirare la poesia che presentiamo qui, perché ci sono alcuni bambini che hanno assistito più volte al laboratorio, ma una grande maggioranza di loro sono principianti. Ci consoliamo pensando che l’obiettivo principale di questo programma non era la bellezza della poesia, benché essa sia auspicabile, ma il bene che permette di fare a questi bambini.
Non è necessario dire che non tutte le poesie che abbiamo ottenuto sono belle; molte sono scadenti e neanche possono definirsi poesie, ma io seguo un consiglio di Kenneth Koch: non bisogna mai dire qualcosa di totalmente negativo su quello che è stato creato. Senza falsi elogi, dobbiamo evitare che i bambini si vergognino e, in ogni caso, possiamo dire loro che ci sono aspetti che si potrebbero migliorare, che è necessario scrivere qualcosa in più, che si potrebbe cambiare questo o quello, oppure che si tratta di un racconto e non di una poesia.
Mi rallegrano l’abbondanza e la qualità della poesia che è stata prodotta in così poco tempo in questo laboratorio e ammiro le idee che, molto spesso, hanno avuto i bambini e le bambine. Vi confesso che invidio l’immagine del pulcino che insegue un vermiciattolo che cammina «stirandosi e restringendosi», o quella delle oche che, quando stirano le ali, somigliano ad una fisarmonica «che si apre e si chiude», oppure la descrizione dei cervi con il muso sottile e il naso a punta.
La capacità di osservazione di questi bambini è incredibile: si trovano in un angolo di un ospedale a scrivere o a dettare e ci descrivono gli animali come se li avessero davanti agli occhi. Guadalupe, di 10 anni, dice che la rana si gonfia tutta, stira la lingua e mangia insetti disgustosi, mentre, in un’altra occasione, Kevin, 8 anni, descrive le rane dicendo che hanno una coda verde e le zampe posteriori molto grandi, e che i loro musi somigliano a quelli di persone brutte che ridono. Yorling Imara, 13 anni, ricorda i conigli che corrono e saltellano con le loro lunghe orecchie e le piccole code, ed Abel, 11 anni, in un’altra sessione ancora, li presenta più dettagliatamente affermando che saltano tanto perché hanno le zampe posteriori lunghe, che si lavano da soli leccandosi le zampe anteriori più corte e, poi, passandosele sul muso, e che hanno orecchie grandi e ferme.
E come non invidiare la descrizione dei serpenti, così semplice e precisa, quando si afferma che sono «lunghi» e, poi, segue il sorprendente paragone per cui, quando strisciano in terra «sembrano del fil di ferro piegato». Edwin, 13 anni, afferma di conoscere le are, o guacamayas e ci regala il buffo dettaglio dei loro piccoli pelati e quasi ciechi. Ma ancora più ammirevole è la ricchezza di particolari che ci fornisce lo stesso bambino parlando dei pinguini che, naturalmente, non ha mai visto veramente se non in televisione, ma è incredibile che si ricordi con tanta precisione quello che ha visto chissà quanto tempo prima sullo schermo.
A volte, leggendo loro esempi di poesie ho mostrato loro quanto sia divertente includere rumori o suoni e sicuramente è per questo che hanno cercato di farlo anche loro, inserendo il qua qua qua delle papere e delle oche ed il «continuo» hu hu hu del vento all’alba. Inoltre, spesso, faccio notare l’importanza dei colori nelle poesie, ed è questa la ragione dell’abbondanza e persino dell’esagerazione con cui compaiono nei loro componimenti. Non deve stupire che almeno in due poesie appaiano i colori dell’arcobaleno, senza che i bambini si siano influenzati reciprocamente, e che entrambi abbiano messo gli stessi cinque colori, benché in ordine diverso. E neanche io, che non sono un buon osservatore quanto lo sono i bambini, sono sicuro che questi siano tutti i colori che si vedono nell’arcobaleno o se ne manchi uno. Inoltre, mi pare molto indovinata la riflessione, presente in una di queste due brevi poesie, secondo cui senza questi colori «sarebbe triste e noioso».
Mi piace molto l’immagine delle colombe bianche e caffè latte che escono (probabilmente da un albero) «come foglie che si alzano in aria». Mi sembra anche molto positivo che, a volte, i bambini non si fermino alla semplice enumerazione dei colori, ma che cerchino di farne una descrizione complessa, come quando dicono che la luna piena è «una splendente lampada azzurra», o quando una bambina dice che le stelle sono «di color argento» (aggiungendo che danno molta allegria), mentre per un’altra le stelle «sono di color trasparente», il sole è giallo e la luna argentata come l’acqua. Guadalupe osserva che le nuvole «colorano il cielo», anche se avverte che a volte sono allegre ed altre tristi. La stessa Guadalupe,. poi, nomina i bei colori delle rose, aggiungendo, con un lieve tocco di malinconia: quando le tocca, i petali cadono a terra.
Questi bambini e bambine provengono da parti molto diverse del paese, molto spesso da angoli remoti. Frequentemente, le loro poesie parlano della nostalgia per i loro villaggi (molto spesso villaggi poveri), come quel bambino che ricorda «gli alberi in fiore», le strade dissestate e i bambini che giocano, o quell’altro, che viene da un paesino sulle montagne chiamato Río Blanco, che ricorda lo splendore delle notti senza la luce elettrica, perché la luna brilla di più, ci sono molte stelle, il cielo è più bello e il mondo si rischiara. Molto dolorosa è la poesia di Felipe Haziel, 10 anni, che descrive quanto è allegra la sua scuola e quanto sia bello studiare lì, ma termina dicendo che quando superano la quarta i bambini non possono continuare a studiare.
Medardo Rafael, 11 anni, che viene da un piccolo paesino portuale dei Caraibi, ci ha commosso tutti quando ha dettato la sua poesia «Anan», in cui parla di una bambina di cui si era innamorato che lasciò il villaggio senza che lui potesse dirle addio; quando ha finito di dettarla, il bambino ha affondato la testa fra le mani ed ha iniziato a piangere disperatamente e a lungo, e noi abbiamo dovuto dargli molte pacche sulle spalle per riuscire a calmarlo.
Anche la poesia «La mia malattia» di Tony José, 6 anni, che viene da quel paesino sulle montagne chiamato Rio Blanco, è stata dettata con grande fluidità e senza un momento di esitazione: Tony racconta la malattia di cui soffriva da un anno, non con linguaggio da bambino, ma da medico. Ci sembrò un genio e pensammo che potevamo aspettarci molto da lui. Nel finale della sua straordinaria poesia, poi, ci dà una speranza ancora maggiore, perché afferma che, secondo il suo dottore, ormai è guarito e lui se ne va in vacanza fuori dal paese.
Io non aspetto il Giorno del Giudizio Finale con particolare ottimismo, ma prevedo che una delle poche cose positive che mi verrà detta sarà: «Io ero un bambino malato di cancro e tu mi hai insegnato a fare poesia». Non so quanto grande sarà il beneficio terapeutico prodotto dalla poesia, ma vedo la grande allegria che crea quando la ascoltano e, ancora di più, quando la scrivono loro stessi. A mio parere, più importante del beneficio terapeutico è il fatto che stiano cantando la creazione. Tutte queste poesie riunite sono come un inno alla bellezza della creazione, e non è questo il senso dell’universo ed il motivo per cui è stato creato? Perché celebriamo questa creazione di Dio in cui ci sono arcobaleni, tartarughe, rane, conigli, anatre, luna, serpenti, pappagalli, bambini, ed anche bambini malati di cancro. Ma non solo perché la celebriamo semplicemente e poi moriamo, ma perché, soprattutto, risuscitiamo insieme ad essa, a qualsiasi età si muoia. Cristo lo ha giurato.
Ernesto Cardenal è nato il 20 gennaio 1925 a Granada, antica capitale del Nicaragua. Ha studiato letteratura all’Università di New Yok, in Messico e in Spagna. Tornato in patria ha partecipato alla ribellione contro Somoza. Dopo anni dedicati agli studi sacri, ha ricevuto gli ordini sacerdotali nel 1965 e ha fondato la comunità religiosa di Solentiname, in un’isola del Lago di Nicaragua, diventata un punto di riferimento per il cattolicesimo progressista latino americano e per i sostenitori della “teologia della liberazione”. Ernesto Cardenal scrive la maggior parte della sua poesia in uno stile composito che unisce l’ideologia politica rivoluzionaria con la Teologia della Chiesa Romana. Cardenal focalizza i suoi scritti sull’oppressione nella società contemporanea e cerca di motivare i suoi lettori a agire per il cambiamento sociale. I critici spesso sottolineano che Cardenal sia stato fortemente influenzato dalla poesia di Ezra Pound. L’accostamento di immagini diverse, il suo contrasto tra passaggi poetici lirici e prosastici, e il suo enfatizzare la relazione fra socioeconomia e spiritualità sono mezzi impiegati da Pound nella sua opera più importante, Cantos. L’abilità tecnica e la rilevanza sociopolitica della sua opera hanno contribuito a farlo considerare come, probabilmente, il più importante poeta dell’America Latina emerso dal 1950: nel maggio del 2005 è stato candidato al Premio Nobel per la Letteratura.
mauretto58
00sabato 12 dicembre 2009 09:46
POESIA DI UNA BAMBINA MALATA DI CANCRO TERMINALE
> cicognani è il direttore del dipartimento di pediatria del
> sant'orsola di bologna.
>
> questa poesia è stata scritta da una adolescente malata
> terminale di cancro. vuole vedere quante persone la leggeranno. la
> poesia dice abbastanza.
>
> per favore falla girare. ve la giro così
> come me l'hanno inviata....
>
> e' stata spedita da un medico.
> accertati di leggere anche cio'
che e' scritto nelle frasi finali dopo la poesia>


>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>><<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<
<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>


> "danza lenta"
>
> hai mai guardato i bambini in un
> girotondo?
>
> o ascoltato il rumore della pioggia
>
> quando cade a
> terra?
>
> o seguito mai lo svolazzare
>
> irregolare di una farfalla?
>
> o
> osservato il sole allo
>
> svanire della notte?
>
> faresti meglio a
> rallentare.
>
> non danzare così veloce.
>
> il tempo è breve.
>
> la
> musica non durerà.
>
> percorri ogni giorno in volo?
>
> quando dici
> "come stai?"
>
> ascolti la risposta?
>
> quando la giornata è finita
>
> ti
> stendi sul tuo letto
>
> con centinaia di questioni successive
>
> che ti
> passano per la testa?
>
> faresti meglio a rallentare.
>
> non danzare così
> veloce
>
> il tempo è breve.
>
> la musica non durerà.
>
> hai mai detto a
> tuo figlio,
> "lo faremo domani?"
>
> senza notare nella fretta,
>
> il suo
> dispiacere?
>
> mai perso il contatto,
>
> con una buona amicizia
>
> che poi
> finita perché
>
> tu non avevi mai avuto tempo
>
> di chiamare e dire
> "ciao"?
>
> faresti meglio a rallentare.
>
> non danzare così veloce
>
> il
> tempo è breve.
>
> la musica non durerà.
>
> quando corri cosi veloce
>
> per
> giungere da qualche parte
>
> ti perdi la metà del piacere di andarci.
>
> quando ti preoccupi e corri tutto
>
> il giorno, come un regalo mai
> aperto . . .
>
> gettato via.
>
> la vita non è una corsa.
>
> prendila
> piano.
mauretto58
00sabato 12 dicembre 2009 09:51
MATERNITA' DOPO UN TUMORE
Diventare genitori dopo un tumore è possibile, la maternità non è necessariamente impedita anche se il tumore si è avuto da bambini o primi dei vent’anni. Al giorno d’oggi esistono varie terapie atte a mantenere la fertilità e nei casi limite si possono sempre congelare embrioni, ovociti o spermatozoi, anche se in Italia la questione è ancora controversa per via della legge 40 sulla procreazione assistita.



Un tumore mette a dura prova la vita di una persona, di una giovane donna che sogna una famiglia, ma non è nè una sentenza di morte, nè di solitudine. Allo stato attuale è possibile seguire terapie che preservino la fertilità sia per le donne che per gli uomini, l’unico dato diverso tra le donne sana e quelle che sono guarite da un tumore è che i bambini nascono un pò prematuri e dal peso che si aggira sui 2,5 chili.


Le nuove terapie neonatali e i controlli durante la gravidanza però fanno ben sperare e devo dire che sono incoraggianti, per i piccolini non c’è nessun rischio di nascere con tumori o con malformazioni, questo anche grazie alle terapie via via più efficaci e meno tossiche.


Ovviamente ogni tumore va trattato in modo diverso e diversi sono i disagi che provoca a breve e a lungo termine, per esempio il rischio maggiore di nascita prematura si ha nei casi di mamme guarite da leucemie, linfomi, neoplasie ossee e sarcomi dei tessuti molli e per le terapie la chemio è quella che pare abbia un peso maggiore.


Anche per i papà guariti dai tumori la situazione è simile, nella donna non si ha nessun disturbo correlato, l’unica cosa è sempre questo rischio, un pò più alto rispetto alla media, del parto prematuro.


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