CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA

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mauretto58
00giovedì 6 agosto 2009 13:48
IL TUMORE BENIGNO - RISCHIO DELLA TRASFORMAZIONE IN TUMORE MALIGNO


COSA È IL TUMORE BENIGNO


Il tumore benigno in quanto tale è meno rischioso del tumore maligno. In particolare il tumore benigno tende a restare nella zona e nell'organo in cui si è sviluppato senza espandersi e senza formare metastasi.

Ciò non significa che il tumore benigno non crea problemi in quanto può svilupparsi e ingrandirsi rovinando l'organo.

Inoltre il tumore benigno purtroppo può trasformarsi in tumore maligno. I tumori benigni più frequenti sono: adenoma, angioma, fibroma, leiomioma, lipoma, pamilloma polipo.

Non ci sono effetti diretti del fumo per la differenza di un tumore benigno da quello maligno tuttavia si consiglia sempre di smettere di fumare.
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:: Ultimo Aggiornamento
:: 6 agosto 2009







Il Tumore Benigno - angioma - adenoma - fibroma

Smettere di fumare


mauretto58
00giovedì 6 agosto 2009 13:50

CONOSCERE LA MALATTIA
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Nuova luce sui meccanismi responsabili delle metastasi
Come si muove la cellula: un nuovo ruolo per una proteinaCura
FAQ: le domande più frequenti sulle metastasi
D:Cosa sono le metastasi?
R:Le metastasi sono cellule maligne che si staccano dal tumore originario e si diffondono in altri organi dove possono riprodursi e generare nuovi tumori. Le metastasi, nella maggior parte dei casi, sono tipiche delle fasi più avanzate della progressione del tumore che inizialmente è localizzato, cioè limitato all’organo dove si è formato, e solo in seguito cresce e colonizza altri distretti dell’organismo.
D:Tutti i tumori possono dare metastasi?
R:In genere la capacità di dare metastasi è la caratteristica che contraddistingue un tumore maligno rispetto a uno benigno. Lo sviluppo di metastasi dipende però da molte variabili che vanno dalle caratteristiche genetiche della malattia, al tipo di organo coinvolto fino alla disponibilità o vicinanza di vie per la disseminazione. Di conseguenza, la capacità di colonizzare altri organi varia notevolmente da tumore a tumore.
D:Come fanno le cellule del tumore a raggiungere organi distanti?
R:Il tumore può raggiungere organi lontani utilizzando diverse vie, ma le più comuni sono sicuramente il circolo linfatico e quello sanguigno. Le cellule del tumore in un primo tempo si moltiplicano nell’organo di origine e in seguito cominciano a farsi largo attraverso il tessuto fino ad arrivare ai linfonodi più vicini, che fungono da vere e proprie “stazioni di controllo” con il compito di bloccare il passaggio di molecole estranee o pericolose. Se le cellule maligne riescono a superare il filtro dei linfonodi si immettono nel circolo linfatico e possono arrivare anche in aree molto distanti dal loro organo di origine.
Dal circolo linfatico, inoltre, queste cellule possono anche passare in quello sanguigno grazie alle numerose vie di comunicazione tra i due sistemi. A volte le cellule tumorali possono entrare direttamente nei vasi sanguigni attraversandone le pareti. Sopravvivere all’attacco del sistema immunitario attivo nei vasi sanguigni è un’impresa difficile ma non impossibile e, di conseguenza, alcune cellule riescono a raggiungere la loro sede definitiva di colonizzazione dove cominciano a riprodursi e danno origine a un nuovo tumore.
In altri casi le metastasi raggiungono l’organo bersaglio “per sgocciolamento”. Ciò si verifica in cavità come l’addome: il peritoneo, per esempio, la sottile membrana che riveste la cavità addominale e i visceri, è sede frequente di metastasi che provengono dall’ovaio.
D:È possibile prevenire le metastasi?
R:In linea di massima non esistono sistemi di prevenzione attiva o particolari comportamenti che il paziente affetto da tumore può attuare per evitare che le metastasi si diffondano nell’organismo. Restano validi tutti i suggerimenti per un corretto stile di vita consigliati per la prevenzione del tumore ed è inoltre importante sottoporsi periodicamente a esami di controllo per cogliere subito i segnali di una ripresa della malattia. La colonizzazione di altri organi da parte delle cellule malate dipende da fattori genetici e molecolari e su questo fronte si stanno muovendo i ricercatori nel tentativo di individuare, per esempio, molecole responsabili della metastatizzazione: bloccare tali molecole significa infatti bloccare il processo di diffusione.
D:Quali sono le terapie contro le metastasi?
R:Le terapie scelte per curare un tumore metastatico dipendono dal tipo di tumore di origine, ma anche dalla sede e dal tipo di metastasi, oltre che dalle condizioni generali del paziente. In genere il trattamento del tumore metastatico ha lo scopo di mantenere sotto controllo la malattia o di ridurne i sintomi. A seconda dei casi è possibile dunque ricorrere a terapie sistemiche come la chemioterapia classica, l’immunoterapia, la terapia ormonale o gli anticorpi monoclonali. Anche la radioterepia e la chirurgia possono essere impiegate nel trattamento delle metastasi. In particolare, la radioterapia è utile al fine di bloccare la malattia che si diffonde in sedi critiche quali il cervello, il polmone o le ossa oppure di controllare i sintomi che influiscono sulla qualità della vita del paziente, come, per esempio, il dolore derivato da metastasi ossee.
La chirurgia può essere attuata solo nei casi di metastasi localizzate in un’unica sede circoscritta, anche nel caso in cui generano dolore o problemi per compressione di particolari organi.
D:Le metastasi rispondono alle stesse cure usate contro il tumore originale?
R:Purtroppo non sempre. In alcuni casi le cellule sopravvissute al primo trattamento chemioterapico o radioterapico subiscono ulteriori mutazioni genetiche che conferiscono loro una resistenza nei confronti del trattamento stesso.
In generale si considera che se la ripresa metastatica avviene più di un anno dopo il trattamento della malattia nella sua prima fase (trattamento adiuvante) il tumore può essere ritrattato con gli stessi farmaci; mentre se la ripresa è più precoce, è bene combinare farmaci in quanto il tumore potrebbe essere resistente ai primi farmaci utilizzati.
È sempre possibile, però, utilizzare nuove strategie e nuove combinazioni di sostanze.
D:Quali organi sono interessati dalle metastasi?
R:Sono molti gli organi che possono diventare sede di metastasi. Fegato e polmone sono sedi molto comuni soprattutto a causa del fatto che sono molto vascolarizzate (cioè che hanno un gran numero di vasi sanguigni in entrata e in uscita) e che hanno una funzione di “filtro”. Dal momento che una delle vie per la diffusione delle metastasi passa proprio dal circolo sanguigno, è ovvio che organi attraversati da un gran numero di vasi hanno maggiori possibilità di essere raggiunti dalle cellule tumorali circolanti. Anche nel caso di fegato e polmoni, come per tutti gli altri organi sede di metastasi, l’attecchimento della cellula tumorale dipende da una grande varietà di fattori (caratteristiche specifiche delle cellule stesse, presenza ed efficacia di meccanismi di difesa immunitaria eccetera).
D:Perché è difficile eliminare le metastasi?
R:Uno dei principali ostacoli alla eliminazione delle metastasi è la loro resistenza ai farmaci o ai trattamenti radioterapici. Inoltre, spesso le metastasi non sono accessibili e non sono localizzate in unico punto, ma disseminate in diversi focolai e quindi non possono essere asportate chirurgicamente.
Infine, quando la metastasi è presente nelle fasi avanzate o terminali della malattia l’utilizzo dei trattamenti di chemio e radioterapia è limitato dalle cattive condizioni generali del paziente.
D:È possibile stabilire a priori se un tumore darà metastasi?
R:Non è possibile avere la certezza matematica che un tumore darà metastasi. La diagnosi precoce del tumore originale è una delle principali armi per impedire al tumore di diffondersi: spesso infatti la malattia che viene individuata nelle sue fasi iniziali può essere asportata completamente in modo da non lasciare nemmeno una cellula malata in grado di riprodursi e dare origine a nuove masse.
In presenza di un tumore, comunque, l’esame istologico permette di avere una prima indicazione sull’aggressività della malattia: una volta identificato con precisione il tipo di cancro che si ha di fronte, è possibile stabilirne il grado di aggressività, soprattutto in base alle osservazioni cliniche accumulate negli anni. Inoltre anche le caratteristiche molecolari (cioè genetiche) della malattia sono importanti nel determinare la capacità della stessa di diffondersi e dare origine a metastasi.
D:Sono noti i geni coinvolti nelle metastasi?
R:Nonostante gli sforzi dei ricercatori, attualmente non è ancora del tutto chiaro quali siano i geni responsabili della formazione di metastasi. I meccanismi molecolari che determinano la capacità di metastatizzazione sono molto complessi e, di conseguenza, non è semplice individuare i geni coinvolti e le interazioni che determinano il comportamento aggressivo di un tumore.
I ricercatori stanno focalizzando la loro attenzione su particolari classi di geni per riuscire a comprendere e a bloccare il fenomeno della metastasi. Un esempio è rappresentato dai geni coinvolti nell’angiogenesi, ovvero nella formazione di nuovi vasi sanguigni necessari al tumore per crescere e diffondersi nell’organismo, primo tra tutti il gene VEGF (fattore di crescita vascolare endoteliale).
Un’altra classe coinvolta nel processo di metastatizzazione è quella delle “molecole di adesione”, cioè quelle molecole che consentono alle cellule di rimanere unite nel tessuto sano. La cellula tumorale perde questo legame con le cellule vicine e può muoversi verso altre sedi. Spesso presenta alterazioni nell’espressione delle molecole di adesione, tra le quali le più note sono “caderine” e le “integrine”.
Infine, per crearsi dei varchi attraverso i quali passare, il tumore utilizza diverse strategie una delle quali utilizza molecole chiamate metallo proteasi, capaci di degradare la matrice extracellulare che riempie gli spazi tra cellule e tessuti.
Queste sono solo alcune delle classi di geni e di sostanze che i ricercatori che si occupano di metastasi studiano, con lo scopo di capire il fenomeno ma anche di mettere a punto farmaci intelligenti capaci di interferire con la loro funzione.
D:Quali esami permettono di diagnosticare la presenza di metastasi?
R:In linea di massima, gli esami utilizzati per diagnosticare le metastasi sono gli stessi impiegati anche per la diagnosi dei tumori primitivi e, anche in questo caso, variano a seconda dell’organo che si sta valutando e delle dimensioni della metastasi. Ecografia e radiografia, per esempio, possono essere utilizzate per individuare metastasi rispettivamente al fegato e al polmone, ma la TC (tomografia computerizzata) e la PET (tomografia a emissione di positroni) costituiscono strumenti diagnostici più precisi, in grado di esplorare anche ampie aree corporee o addirittura l’intero organismo. In particolare la PET valuta l’attività metabolica delle cellule e riesce a individuare anche metastasi molto piccole, non visibili con l’uso delle tradizionali tecniche di diagnostica per immagini. Valutare l’attività metabolica significa determinare quanto una cellula è attiva: le cellule tumorali hanno in genere un’attività superiore, cioè un metabolismo più rapido, rispetto a quelle normali dalle quali possono dunque essere distinte.
D:È possibile bloccare la disseminazione delle cellule tumorali?
R:Le prime barriere contro la diffusione delle cellule tumorali sono quelle poste dall’organismo stesso: le pareti degli organi e le capsule che a volte li ricoprono rappresentano già degli ostacoli che bloccano la strada alla diffusione delle metastasi. Anche il sistema immunitario, che riconosce le cellule metastatiche come “estranee” si attiva e contribuisce alla loro eliminazione. Nonostante questi e altri accorgimenti attuati dal nostro corpo, alcune cellule riescono a sfuggire ai blocchi e cominciano il loro viaggio verso la nuova sede, a volte anche molto distante.
I ricercatori stanno mettendo a punto nuove strategie per bloccare la diffusione delle metastasi come per esempio vaccini e terapie che “guidano” il sistema immunitario contro le cellule tumorali. Le metastasi, cellule diverse da quelle sane, dovrebbero essere facilmente riconosciute dal sistema immunitario, ma in realtà sono in grado di ingannare le nostre difese grazie a particolari trucchi che le rendono irriconoscibili.
Altri studi sono infine orientati verso strategie che bloccano la formazione di nuovi vasi, indispensabili per la crescita del tumore, che costituiscono all’interno del tumore una fitta rete di capillari attraverso la quale le cellule tumorali possono passare nel circolo sanguigno.
D:Perché ogni tumore sceglie un organo specifico in cui dare metastasi?
R:Fino a pochi anni fa, prima dell’oncologia molecolare, il fatto che tumori diversi dessero metastasi in organi diversi veniva spiegato solo con la vicinanza di due organi oppure con la presenza di collegamenti sanguigni o linfatici attaverso i quali le cellule del tumore possono raggiungere altre sedi. Tutto queste teorie rimangono valide, ma oggi è evidente che esiste anche una ragione genetica che determina la scelta della sede di metastasi. In pratica, le cellule metastatiche esprimono sulla loro sperficie delle proteine che stabiliscono delle particolari affinità “molecolari” con quelle espresse sulla superficie di un determinato organo.
La speranza per il futuro è di imparare a identificare precocemente queste affinità e proteggere in qualche modo l’organo bersaglio.






» Ultimo aggiornamento gennaio 2009



mauretto58
00domenica 9 agosto 2009 21:41
OICLAC ,il calcio al contrario in favore di ali di scorta .
Oiclac con ali di scorta .

E' stato stabilito che i proventi della pubblicita'di questo web , saranno devoluti in beneficenza alla ns/vs ONLUS .

Ringraziando anticipatamente tutti coloro che hanno voluto e potuto questo , va anche un ringraziamento a tutti i visitatori di queste pagine di sport dilettantistico e giovanile , che con la loro presenza , hanno fatto si che cio' accadesse .

Ali di scorta , a nome di tutti i consiglieri e presidente , vi ringrazia e vi aspetta nel ns sito www.alidiscorta.it .
mauretto58
00domenica 9 agosto 2009 23:12
DONAZIONE


Oggetto: I: DONAZIONE FORUM Ricevuto il: 09/08/09 16:41


----Messaggio originale----


con riferimento alla telefonata di Mauro ed ai contatti con amministratori OICLAC .........., si informa che:

--il gruppo che amministra il FORUM,ha deciso di donare ad ali di scorta il contributo conseguente ai contatti del forum

--i dati previsti per tale donazione sono :

ALI DI SCORTA ONLUS - ASSOCIAZIONE PER LA LOTTA AI TUMORI IN ETA' PEDIATRICA ,policlinico A. Gemelli , l.go A. Gemelli n. 8 - 00168 Roma.

bonifico banca BARCLAYS IBAN IT55 B030 5103 2360 0003 0120 019

Presidente Silvia Riccardi

--per informazioni /contatti :

tesoriere Agostino Mazza

IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELL' ASSOCIAZIONE RINGRAZIA SENTITAMENTE... PER LA SENSIBILITA' DIMOSTRATA E L'IMPEGNO CONNESSO ALLA DONAZIONE.

agostino





mauretto58
00mercoledì 12 agosto 2009 16:33
PERICOLO INFRADITO
ConnectPiedi: pericolo infradito
Pubblicato da Martina Cecco in Benessere, Malattie.
Domenica, 15 Giugno 2008.

Una notizia che a inizio estate fa riflettere e anche preoccupare e’ quella arrivata dall’Inghilterra nella giornata di ieri, secondo la quale sarebbe per colpa degli infradito, o delle havaianas, come si vogliono chiamare, che il tumore al piede ha avuto una incidenza cosi’ alta negli ultimi anni.


I sandaletti che in estate spaccano, vendendo paia su paia in colori e fantasie multiple, materiali che vanno dalla pelle alla pastica, dalla stoffa al cuoio, sarebbero una delle cause delle malattie dei piedi: primo fra tutti il cancro.


A dirlo e’ stato il quotidiano britannico “Daily Mail”, che ha riportato il parere degli esperti, che hanno denunciato la popolarita’ della scarpetta da spiaggia, elencandola tra le cause dell’aumento del cancro alla pelle del piede di chi lo indossa quotidianamente.


Prima di tutto questo sandalo non protegge il piede, per cui e’ come uscire senza scarpa, espone al sole anche nelle ore piu’ calde della giornata un piede abituato a stare protetto, quindi puo’ scottarsi. Inoltre, nel caso di sviluppo del tumore alla pelle del piede, difficilmente si riesce a diagnosticare, per cui si rischia di non guarire.


Solo la meta’ dei pazienti che si ammalano di tumore al piede riescono a guarire, per questo la British Skin Foundation ha consigliato alle persone di proteggere il piede, e di stare molto attenti alla sua cura, facendo anche attenzione a come sono esposti al sole e a metterci la cremina anti scottatura.

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Tag: Piedi, Skin Cancer Test, Tumore Della Pelle
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6 Agosto 2009Sottoscrivi questi commenti
Commenti (2)

Bambo
18 Giugno 2008 11:56
Sta notizia mi sà tanto di burla….

Rispondi Segnala abuso

Martina
20 Giugno 2008 21:55
Buondi’
la notizia e’ vera e ne hanno parlato un po’ tutti, perche’ fa pensare, ma in effetti anche con la logica si arriva a capire che se la pelle e’ delicata, e quella dei piedi lo e’, ed ha le caratteristiche della pelle europea, abituata al clima europeo, deve fare i conti con mode che non sono tipiche.
Anche se farne un allarme per delle scarpe che si portano in spiaggia e’ eccessivo. C’e’ la crema solare che protegge.
Del resto nessuno porterebbe gli infradito per tanto tempo. Mi pare ovvio.
Buona giornata.
Martina


mauretto58
00mercoledì 12 agosto 2009 16:36
INCREDIBILE......MA VERO .


DENVER (Stati Uniti) - Dagli Stati Uniti arriva una storia che, per certi aspetti, sembra tratta dalle pagine del romanzo 'La meta' oscura' di Stephen King. Un neonato di tre giorni, Sam Esquibiel, e' stato operato per un tumore al cervello in un ospedale vicino a Denver, nel Colorado. Ma durante il delicato intervento il chirurgo ha trovato all'interno del cranio del bimbo un piede perfettamente formato, oltre all'abbozzo di una mano, di una coscia e di un altro piede. La notizia e' stata resa nota dal quotidiano 'Denver Post', precisando che l'operazione e' avvenuta lo scorso ottobre e che si tratterebbe di un caso senza precedenti. L'ipotesi piu' probabile e' che si tratti di un feto gemellare in cui uno dei due si stava sviluppando all'interno dell'altro. Il piccolo Sam ora sta bene ed e' tornato a casa con i genitori, ma le sue condizioni sono costantemente monitorate dai medici.

www.corriere.it
mauretto58
00mercoledì 12 agosto 2009 20:01
L'ONCOLOGIA PEDIATRICA




Esegui una ricerca



Il rapido evolversi delle conoscenze biologiche e cliniche generali, unitamente al rinnovo delle acquisizioni specifiche in tema di oncologia pediatrica nel corso degli ultimi 30 anni, ha determinato un miglioramento diagnostico/terapeutico significativamente superiore a quello registrato in altri ambiti dell'oncologia. Il progressivo aumento del numero dei pazienti guariti e il naturale reinserimento nel mondo scolastico e lavorativo, testimoniano chiaramente come la guarigione biologica, sociale e psicologica del paziente oncologico non sia più un remoto traguardo di pochi, ma una concreta realtà per molti bambini. Questo importante successo, ottenuto dalla medicina pediatrica, è da attribuirsi all'impegno di un gran numero di ricercatori e al coinvolgimento attivo degli organi istituzionali deputati all'organizzazione della ricerca scientifica. Da una collaborazione fattiva tra pediatra oncologo e specialisti di altre discipline (chirurgo, radioterapista, radiologo, anatomo-patologo, immunologo, citogenista, biologo molecolare, psicologo) con una particolare esperienza in campo pediatrico è nato e si è perfezionato l'approccio multidisciplinare, che ha determinato il reale salto di qualità nella diagnosi e nelle cure delle neoplasie dell'infanzia verificatosi nell'ultimo decennio.
Il rapporto con la famiglia del piccolo paziente.
Ogni settimana, in un pomeriggio prefissato, la dottoressa Franca Fossati Bellani riunisce per un'ora i genitori dei pazienti ospiti del suo reparto. Durante l'incontro non si parla di casi singoli ma dei problemi generali inerenti la gestione della malattia. Quali sono gli effetti collaterali della chemioterapia ? E' vero che i bambini malati non vanno mai sgridati (è sbagliato, il figlio diventa più ansioso se nota una insolita indulgenza da parte degli adulti...) ? Perché e cosa fare se gli amici del figlio non si fanno più vedere ? Eccetera. A volte i temi vengono proposti dai genitori, a volte dai medici.
"Io considero i genitori", spiega la dottoressa Fossati, "come parte integrante dell'équipe terapeutica e, per quanto è possibile, corresponsabili con i medici della gestione della malattia: ma quando il bambino è a casa, i genitori "sono" l'équipe terapeutica principale. Il nostro compito nei loro confronti è di fornire tutte le informazioni utili sull'andamento della malattia e sulle cure. In questa prospettiva le riunioni comuni sono importanti perché servono a conoscerci meglio e a stabilire un rapporto più stretto di collaborazione
Stadiazione National Wilm's Tumor Study
E' molto importante l'accuratezza nella definizione dello stadio, perché implica scelte terapeutiche ben precise. La classificazione in stadi utilizzata è quella del NWTS benché, sostanzialmente sovrapponibile, a quella della SIOP.
Stadio I - Tumore limitato al rene ed asportato totalmente. La capsula renale è intatta. Non è avvenuta la rottura intraoperatoria e non vi sono apparenti residui neoplastici.
Stadio II - Tumore esteso oltre il rene, ma totalmente asportato. La capsula renale ed il tessuto perirenale sono infiltrati. I vasi extrarenali sono infiltrati o contengono trombi neoplastici.
Stadio III - Residui non ematogeni confinati in addome conseguenti a: 1. interessamento dei linfonodi dell'ilo, della catena periaortica ed oltre; 2. si è verificata la rottura introperatoria del tumore o la crescita neoplastica è penetrata attraverso il peritoneo; 3. metastasi peritoneali; 4. il tumore si estende oltre i margini chirurgici micro o macroscopicamente; 5. il tumore non è asportabile a causa dell'infiltrazione di strutture vitali.
Stadio IV - Metastasi ematogene al polmone, fegato, ossa, encefalo.
Stadio V - Tumore bilaterale al momento della diagnosi.

Incidenze tumori bambini

Incidenza nelle diverse fasce di età
0 - 5 anni 5 - 10 anni 10 - 15 anni (50% di tutti i tumori pediatrici) (25% di tutti i tumori pediatrici) (25% di tutti i tumori pediatrici
Sarcomi delle parti molli Linfomi maligni Sarcomi delle parti molli
Retinoblastoma Leucemie Malattie di Hodgkin
Neuroblastoma Tumori del sistema nervoso centrale Tumori dell'osso (osteosarcoma e sarcoma di Ewing)
Nefroblastoma - Forme rare
Tumori delle gonadi - Tumori delle gonadi
La tabella elenca i tumori più frequenti nelle diverse fasce di età: dall'alto in basso i diversi tipi di cancro sono elencati in ordine decrescente

L'esperienza del reparto di pediatria dell'Istituto dei Tumori di Milano
L'esperienza del reparto di pediatria dell'Istituto dei Tumori di Milano
www.istitutotumori.mi.it/dossier/pediatria

Per comprendere che cos'è il tumore e come incide nella storia personale di ognuno, le diagnosi mediche e i piani terapeutici, che sono assolutamente necessari per guarirlo, non bastano. Sono più efficaci, a volte, le parole dei malati: come quelle di Anna, 9 anni, una bambina affetta da osteosarcoma. "Voglio sapere tutto", ha detto al medico durante la prima visita in ospedale, "Anche se questa malattia può farmi morire". Una frase sufficiente a far capire, da sola, l'insospettata consapevolezza con cui i bambini vivono il tumore.
Il dossier di Informazioni INT è dedicato questa volta all'attività del reparto dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano specializzato nella diagnosi e nella cura dei tumori pediatrici, quelli che compaiono nei primi 15 anni di vita. Si tratta di una esperienza di grande rilievo perché a un ottimo livello terapeutico e della ricerca clinica l'Unità di pediatria unisce, tradizionalmente, una costante attenzione alla qualità del rapporto quotidiano con bambini, adolescenti, genitori e pediatri di base che seguono a casa i malati. "Nessuna malattia importante", sostiene la dottoressa Franca Fossati Bellani, direttore del Dipartimento di oncologia medica e responsabile dell'Unità operativa di pediatria dell'Istituto, "può essere affrontata soltanto attraverso cure mediche e chirurgiche: anche quando sono, come è giusto che siano, le cure più rigorose e aggiornate del mondo. Ma questo è particolarmente vero nel caso dei tumori pediatrici, una patologia che esige dall'ospedale che la prende in carico di programmare una serie di interventi che vanno oltre le prestazioni esclusivamente tecniche".Questo è il punto di vista che permette di capire meglio l'attività pediatrica dell'Istituto dei Tumori di Milano.
Ogni cento tumori uno soltanto compare tra la nascita e i 15 anni di età; in questo periodo della vita il cancro rappresenta nei paesi occidentali, dopo la sconfitta delle malattie infettive, la principale causa di morte per malattia preceduta solo dagli incidenti. Come risulta dagli studi epidemiologici dei registri-tumori, in tutti i paesi occidentali l'incidenza della patologia tumorale è praticamente identica: in Italia bambini e adolescenti colpiti da tumore maligno sono circa 1300. Per questi tipi di tumore non sono possibili per ora strategie di prevenzione.
Per quanto riguarda la diversa incidenza delle neoplasie in età pediatrica le leucemie acute costituiscono il gruppo più rilevante seguite dai tumori del sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale), dai linfomi maligni (linfoma non Hodgkin e malattia di Hodgkin) e dai sarcomi delle parti molli, un gruppo eterogeneo di tumori maligni che possono avere origine dai tessuti muscolari, fibroconnettivali e vascolari. Altre neoplasie caratteristiche dell'infanzia sono il neuroblastoma (ha origine dalle strutture del sistema nervoso simpatico) e il nefroblastoma, tumore renale tipico dell'infanzia: entrambe queste neoplasie insorgono prevalentemente nei primi 3 anni di vita. Nell'età adolescenziale si osservano con discreta frequenza i tumori primitivi dell'osso. Neoplasie rare, infine, sono il retinoblastoma, l'epatoblastoma e i tumori germinali (testicoli e ovaie) che colpiscono prevalentemente i maschi in tenera età e le femmine in età adolescenziale.
"E' importante sottolineare", spiega la dottoressa Fossati, "che nel loro insieme i tumori pediatrici costituiscono da sempre un modello particolare sia per la ricerca di base sia per gli studi sulle cause della malattia. I tumori dell'età pediatrica hanno caratteristiche diverse da quelle dell'adulto per sede di insorgenza, velocità di accrehirurgia mantiene un ruolo cardine anche se non rappresenta sempre il primo passo terapeutico. L'utilizzo dei farmaci antineoplastici in fase pre -operatoria, infatti, riducendo il volume del tumore consente interventi meno demolitivi: questo si verifica, per esempio, nei sarcomi delle parti molli e nei tumori dell'osso. Nell'ultimo decennio sono stati ottimizzati gli schemi di associazione dei farmaci con un miglioramento significativo dell'entità della remissioni e del tasso di guarigione: per linfomi e leucemie questo è attualmente superiore al 70%. Sempre nell'ambito della chemioterapia, infine, sono in corso studi clinici che - per neoplasie con prognosi severa o quando si verifica una ricaduta della malattia - utilizzano il trattamento con farmaci ad alte dosi. Le procedure di questo tipo implicano anche l'utilizzo dell'autotrapianto e di cellule staminali circolanti reclutate per "aferesi" dal sangue periferico
Il ruolo della radioterapia, sebbene questa metodica conservi ancora estrema importanza nei tumori pediatrici, è stato riconsiderato rispetto al passato. Si è constatato infatti che in un certo numero di pazienti guariti dal tumore la terapia radiante può provocare a distanza non è la regola.
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mauretto58
00mercoledì 12 agosto 2009 20:03

LA RICERCA

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Ricercatori impegnati sui tumori cerebrali

Centri di cura in Italia

Ricerca sul Neuroblastoma


LA RICERCA
Pathways Diversi Coinvolti in Tumori Pediatrici del SNC: Basi Molecolari e Studi Applicativi

Progetto di ricerca di base

Negli ultimi anni notevoli progressi sono stati compiuti nella individuazione dei meccanismi molecolari che portano alla trasformazione e progressione neoplastica. La recente teoria che i tumori cerebrali pediatrici originino da una piccola popolazione di cellule, chiamate Cellule Staminali Tumorali, responsabili del mantenimento e metastatizzazione del tumore, ha aperto una nuova frontiera sia per la conoscenza dei meccanismi patogenetici di questi tumori sia per l’innovazione terapeutica.

Nella visione postgenomica della scoperta di nuovi farmaci, l’approccio del ricercatore, condiviso a livello internazionale, è di identificare agenti terapeutici in grado di eliminare in modo selettivo le cellule tumorali, risultando al contempo meno dannosi alle cellule normali.

Alcuni di questi farmaci sono attualmente in sperimentazione nell’adulto, mentre il potenziale terapeutico nei tumori pediatrici non è noto.

I tumori del sistema nervoso centrale (SNC) sono frequenti in età pediatrica; tra questi, che mostrano vari aspetti all’esame microscopico, sono particolarmente rilevanti i tumori cosiddetti “embrionali”; si tratta di neoplasie maligne biologicamente molto aggressive. I moderni protocolli di cura ottengono percentuali di guarigione non trascurabili mediante l’associazione dell’asportazione neurochirurgica (ampia o radicale) seguita dalla radioterapia e dalla chemioterapia. Questi risultati sono però gravati in percentuale non trascurabile da conseguenze post-terapeutiche di rilievo.

Lo studio delle caratteristiche molecolari di queste neoplasie fornisce indicazioni per individuare strategie terapeutiche innovative che sfruttino il meccanismo naturale dell’apoptosi (ovvero processo che porta alla morte cellulare), frequentemente bloccato, o quello dell’azione di farmaci diretti verso i recettori cellulari del tumore.

I tumori cerebrali sono molti e tutti fra loro diversificati: occorre, in una prima fase, prendere in considerazione solo quelli più rilevanti dal punto di vista epidemiologico (ovvero che abbiano una casistica tale da condurre a studi statistici clinicamente rilevanti).
Il Medulloblastoma (MDB) è un tumore che origina dalle cellule nervose primitive; ha una rapida crescita, è invasivo, e può anche infiltrare le meningi.

Il picco di incidenza è otto anni; la maggior parte compare nei primi 20 anni di vita, e circa il 30% si manifesta negli adulti. Il trattamento del medulloblastoma ha beneficiato dei progressi della neurochirurgia, radioterapia e chemioterapia; correntemente la sopravvivenza è di circa 5 anni per il 70% dei casi di pazienti a rischio standard trattati con chirurgia combinata alla radioterapia e chemioterapia, mentre per pazienti ad alto rischio si registra il 25% di possibilità di sopravvivere 5 anni.

Gli Ependimomi rappresentano il 10% dei tumori del sistema nervoso centrale dei bambini e originano dagli spazi ventricolari o da cellule ependimali (cioè dalle cellule che ricoprono i ventricoli cerebrali ed il canale centrale del midollo spinale).
Sono tumori rari. I sintomi dipendono dalla sede della malattia e possono essere: cefalea (80%), nausea e vomito (75%), difficoltà nell'equilibrio, vertigini e crisi epilettiche.

Il progetto di ricerca “Pathways diversi coinvolti in tumori pediatrici del SNC: basi molecolari e studi applicativi” è articolato in tre fasi fondamentali secondo lo schema accluso (fig.1): studio molecolare, in cui si studia l’assetto genomico e proteomico dei tumori;
studio di biologia tumorale in cui si prendono in considerazione la preparazione e la caratterizzazione delle cellule staminali provenienti dal tumore;
sviluppo traslazionale per l’analisi di farmaci con possibile target molecolare sia in vitro che in animale.
epidemiologico (ovvero che abbiano una casistica tale da condurre a studi statistici clinicamente rilevanti).

Il Medulloblastoma (MDB) è un tumore che origina dalle cellule nervose primitive; ha una rapida crescita, è invasivo, e può anche infiltrare le meningi.

Il picco di incidenza è otto anni; la maggior parte compare nei primi 20 anni di vita, e circa il 30% si manifesta negli adulti. Il trattamento del medulloblastoma ha beneficiato dei progressi della neurochirurgia, radioterapia e chemioterapia; correntemente la sopravvivenza è di circa 5 anni per il 70% dei casi di pazienti a rischio standard trattati con chirurgia combinata alla radioterapia e chemioterapia, mentre per pazienti ad alto rischio si registra il 25% di possibilità di sopravvivere 5 anni.

Gli Ependimomi rappresentano il 10% dei tumori del sistema nervoso centrale dei bambini e originano dagli spazi ventricolari o da cellule ependimali (cioè dalle cellule che ricoprono i ventricoli cerebrali ed il canale centrale del midollo spinale).

Sono tumori rari. I sintomi dipendono dalla sede della malattia e possono essere: cefalea (80%), nausea e vomito (75%), difficoltà nell'equilibrio, vertigini e crisi epilettiche.

Il progetto di ricerca “Pathways diversi coinvolti in tumori pediatrici del SNC: basi molecolari e studi applicativi” è articolato in tre fasi fondamentali secondo lo schema accluso (fig.1): studio molecolare, in cui si studia l’assetto genomico e proteomico dei tumori;
studio di biologia tumorale in cui si prendono in considerazione la preparazione e la caratterizzazione delle cellule staminali provenienti dal tumore;
sviluppo traslazionale per l’analisi di farmaci con possibile target molecolare sia in vitro che in animale.


Neoplasie Pediatriche del Sistema Nervoso Centrale: Centralizzazione Isto-Patologica, Banche Biologiche e Sviluppo dell’Attivita’ Clinica

I tumori del sistema nervoso centrale (SNC) rappresentano, dopo le leucemie, le neoplasie più frequenti in età pediatrica e sono circa il 20% di tutti i tumori al di sotto dei 18 anni di età. I successi ottenuti nel trattamento delle leucemie, hanno reso, oggigiorno, i tumori cerebrali la principale causa di morte di bambini affetti da cancro. A differenza di quanto si osserva nell’adulto, i tumori del SNC pediatrici sono eterogenei e numerosi, comprendendo fino a più di 17 tipi istologici diversi. Nell’ambito di ciascuna categoria vi sono ulteriori eterogeneità di comportamento clinico e biologico in rapporto a caratteristiche non ancora del tutto note. Inoltre, i tumori cerebrali del bambino, con una frequenza non ben conosciuta, possono essere associati a sindromi tumorali ereditarie quali la Neurofibromatosi 1, la Sindrome di Gorlin, la Sindrome di Turcot per citare le più note.

Progetto di ricerca clinica

Le strategie terapeutiche sono complesse e le scelte si basano su numerosi fattori quali: l’età (inferiore o maggiore dei 3 anni), la sede del tumore, il tipo istologico ed il grado di malignità istologica valutati secondo la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’entità dell’asportazione chirurgica. Occorre inoltre sottolineare che nel bambino, rispetto all’adulto, vi sono fattori quali il maggiore rischio di danni da radioterapia o da chirurgia in sedi che limitano l’impiego di tali terapie rendendo ancora più complesse le scelte terapeutiche. Tuttavia le nuove conoscenze in campo molecolare e la comparsa di nuovi trattamenti stanno portando ad una profonda revisione dei fattori prognostici e conseguentemente delle condotte terapeutiche.

La strategia terapeutica nei tumori cerebrali pediatrci prevede un iter in cui neuro-radiologo, neurochirurgo, neuro-patologo e oncologo pediatra collaborano nel prendere decisioni atte a ottenere il miglior risultato nel rispetto della qualità di vita cercando di evitare il più possibile danni neurologici causati da interventi in sedi delicate. Con un’approfondita correlazione dei dati clinico-chirurgici e di diagnostica per immagine, i patologici e i bio-molecolari forniscono le informazioni necessarie ad individuare l’approccio terapeutico migliore.
Oggi più che mai è necessario implementare le conoscenze sui tumori pediatrici del Sistema Nervoso Centrale con studi biomolecolari che permettono di identificare i possibili bersagli di farmaci “mirati” e superarare gli oggettivi limiti delle attuali terapie convenzionali.

Nell’attesa di individuare i nuovi approcci terapeutici, le ricerche “biologiche” non possono prescindere dalla conoscenza delle caratteristiche cliniche, radiologiche, patologiche, cioè del profilo “fenotipico”, nel senso più ampio del termine, che si possa fare del bambino affetto da tumore cerebrale.

La metodologia della ricerca clinica oncologica richiede, come conditio sine qua non, la revisione del materiale istologico. Questa si impone con particolare necessità per le neoplasie cerebrali infantili, oggetto ancora di non completa sistematizzazione. La mancanza di un sistema consolidato di centralizzazione del materiale istologico relativo ai pazienti con una neoplasia primitiva del Sistema Nervoso Centrale rappresenta al momento un ostacolo alla crescita della ricerca clinica in Italia ed alla cooperazione internazionale.

Così come per tutti gli altri campi della medicina i progressi futuri e soprattutto le innovazioni terapeutiche passeranno per la ricerca di base ed in particolare per un serrato dialogo tra ricercatori clinici e di base, ossia per quella che viene definita la ricerca traslazionale. La disponibilità di materiale biologico rappresenta il maggior ostacolo allo sviluppo di questo tipo di ricerca in campo neuro-oncologico pediatrico a causa della rarità della patologia e della difficoltà oggettiva di disporre di materiale chirurgico sufficiente unito alle informazioni cliniche ad esso correlate al fine di disporre di una banca biologica e di una banca di dati clinici.
In sintesi il programma di ricerca clinica si prefigge di rendere possibile un elemento cardine per la conduzione della moderna ricerca clinica - la centralizzazione del materiale istologico - e di promuovere l’implementazione di una banca nazionale di materiale biologico.





mauretto58
00mercoledì 12 agosto 2009 20:06


Tumore pediatrico, 175 nuovi casi
ogni anno. I bimbi italiani i più colpiti

I bambini italiani si ammalano di più. Aumentano in Italia i tumori pediatrici, che fanno registrare dati ben al di sopra delle medie europee e americane. A rivelarlo sono le statistiche dell’Associazione Italiana registri dei tumori, che ha messo in evidenza il primato negativo tutto italiano. L’unica speranza arriva dalla percentuale di guarigioni, maggiori che negli anni precedenti. Rispetto a qualche anno fa, quindi, i bambini italiani si ammalano di più, ma guariscono più spesso.

Sono 175,4 i nuovi casi di tumori pediatrici che si registrano ogni anno in Italia, contro i 141 della Germania, i 138 della Francia e i 158 degli Stati Uniti. La ricerca fornisce dati raccolti tra il 1998 e il 2002, e dà una misura aggiornata dell’incidenza e della sopravvivenza dei soggetti malati di tumore in età pediatrica (0-14 anni) e adolescenziale (15-19 anni).

Tre i tumori in particolare che nei bambini sono in aumento: le leucemie, con un incremento dell’ 1,6% all’anno; i linfomi, cresciuti del 4,6%; i tumori del sistema nervoso centrale, che in un solo anno hanno subito un aumento del 2%.

Anche altri Paesi europei hanno subito un incremento dei tumori pediatrici negli ultimi anni, ma in Italia il cambiamento percentuale risulta comunque più alto. Le leucemie, infatti, in Europa sono aumentate dello 0,6% contro l’1,6%; i linfomi hanno subito un incremento dello 0,9% contro il 4,6% tutto “italiano”, e i tumori del sistema nervoso centrale sono arrivati in Europa a toccare quota più 1,7% contro il 2% raggiunto in Italia.




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mauretto58
00mercoledì 12 agosto 2009 20:08
Tumori Rari in Età Pediatrica.TREP: Tumori Rari in Età Pediatrica
Global
Basic Info
Type: Organizations - Academic Organizations
Description: Il Gruppo TREP è costituito da una rete di Esperti e di Centri di Oncoematologia e Chirurgia Pediatrica Italiani dedicato alla ricerca e al trattamento di pazienti pediatrici affetti da Tumore raro.
Per tumori rari pediatrici intendiamo quelle neoplasie che hanno un’incidenza inferiore ai 2 casi/1.000.000 di bambini e non inseriti in studi già attivi.
Si tratta quindi di tumori di tipo diverso e di inusuale osservazione anche in Centri Oncologici specializzati. Alcuni di essi sono rari ad ogni età, altri possono essere tipici dell'adulto, ma rari nel bambino. Spesso per queste neoplasie mancano criteri univoci di inquadramento diagnostico e di trattamento. Inoltre la rarità di queste neoplasie ha finora comportato un minor interesse nei loro confronti e quindi una maggiore difficoltà nel descrivere la storia naturale e nel progettare ricerche cliniche e biologiche. Da non dimenticare che il numero limitato di pazienti affetti comporta un minor “mercato” capace di ammortizzare i costi di una ricerca farmacologica specifica ed una scarsa diffusione delle conoscenze comunque disponibili nella pratica corrente. I tumori rari in età pediatrica sono in questo senso da considerasi una patologia “orfana”.
Per cercare di promuovere la ricerca e il trattamento dei bambini affetti da questi tumori nasce nel 2000 il Progetto TREP, primariamente all’interno e in collaborazione con l’AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica www.aieop.org/) e la SICP (Società Italiana di Chirurgia Pediatrica, www.chped.it/)

Le principali neoplasie incluse nel progetto sono:
- carcinomi nasofaringei
- carcinomi della tiroide
- carcinomi adrenocorticali
- tumori gonadici (testicolari e ovarici) non germinali
- feocromocitomi e paragangliomi
- tumori salivari
- tumori del timo
- neoplasie polmonari
- tumori della mammella
- neoplasie pancreatiche
- carcinomi gastrointestinali
- carcinoidi
- tumori della cute

Il Progetto TREP include diverse iniziative:
- la registrazione sistematica dei dati di bambini affetti da queste neoplasie per meglio capirne la storia naturale e l’eventuale trattamento;
- l’ideazione e diffusione ai centri aderenti alla rete TREP, di moderne linee guida per la diagnosi e la terapia;
- la promozione di progetti di ricerca specifici;
- la creazione di una rete di Esperti che lavorano in vari ospedali italiani in grado di fornire supporto ai medici che si trovano ad avere in cura un bambino con tumore raro nelle diverse regioni d’Italia;
- la promozione di una ricerca internazionale sui tumori rari pediatrici in collegamento con i maggiori centri Europei.
- migliorare le conoscenze sui tumori rari a favore delle persone coinvolte da un punto di vista professionale, familiare o istituzionale

Questo Gruppo è stato creato per favorire la diffusione dell’attività del progetto TREP a favore dei bambini affetti da Tumore Raro.

Per ulteriori informazioni vi invitiamo a visitare il sito del Progetto all’indirizzo: www.trepproject.org

Recent NewsStiamo preparando anche il sito internet ufficiale di progetto TREP!! Se volete avere qualche informazione o avete suggerimenti fatemi sapere

Attenzione: solamente i gruppi che hanno un collegamento
che parte sia dal sito ufficiale della Pediatria di Padova
www.pediatria.unipd.it/on-line/Home/Ricerca/GruppidiRicerca/scheda6003... o bit.ly/treped

oppure che parte dalla pagina facebook
www.facebook.com/pages/Pediatria-di-Padova/68770343681 o bit.ly/pedpd

sono gestiti da specialisti della Pediatria di Padova e solo le risposte di coloro che sono indicati come responsabili sono ufficiali
MembersDisplaying 8 of 302 membersRobertoMartaGiordanaManuelaErmesDavideAngelaPierangelo
Discussion BoardDisplaying 1 discussion topicSee AllPrevenire è meglio che curare?1 post by 1 person. Updated on May 21, 2009 at 2:48pm
The WallDisplaying 5 of 12 wall posts.See All Progetto wrote at 3:46am on August 4th, 2009
Ciao a tutti i nuovi amici del progetto TREP.... mi raccomando diffondete la voce e grazie a tutti...


Alessio wrote at 4:12am on June 10th, 2009
complimenti.. siamo tutti con voi!!

Progetto wrote at 3:15am on May 29th, 2009
a tutti i nuovi iscritti... Grazie di esserci!! Continuate ad inviare gli inviti ai vostri amici!
Ed un bacione grandissimo a tutti i piccoli pazienti!!

Carlotta wrote at 2:40pm on May 21st, 2009
Scusa se ho dubitato di voi ma sui giornali si parla spesso di mala sanità e di speculazioni ai danni del malato. Purtroppo so bene quanto l'errore di un medico, troppo sicuro di se, può danneggiare per sempre una persona quindi è bene non perdere tempo con ciarlatani saccenti.

Questo argomento mi interessa molto... quasi quasi apro un apposita discussione.

Carlotta wrote at 1:59am on May 20th, 2009
Cara Carlotta, ti posso assicurare che l'interesse del malato è al primo posto per quanto riguarda i medici iscritti a questo gruppo.
Non tutti i centri sono attrezzati e preparati per poter affrontare patologie rare e poter indirizzare i pazienti verso i centri specializzati è decisamente la cosa migliore per il paziente e per il centro stesso. Che interesse potremmo infatti avere a indirizzare un paziente dove non può essere curato adeguatamente?
Grazie e se hai altri dubbi sono a disposizione.

mauretto58
00mercoledì 12 agosto 2009 20:10


Introduzione
Il carcinoma della tiroide è una patologia tumorale piuttosto rara nei bambini. La sua incidenza annuale in età pediatrica è di circa 0,5 casi/100.000 della popolazione mondiale rispetto ad una percentuale variabile da 0,5 a 10 casi/100.000 al di fuori dell'infanzia. Nella patogenesi di tale affezione un ruolo importante è giocato da fattori genetici (circa il 5-10% dei carcinomi papillari sono familiari) e dall'esposizione a radiazioni ionizzanti come documentato dall'esperienza di Cernobyl e dalla maggiore incidenza di neoplasie tiroidee nei bambini irradiati nell'area del collo per malattie neoplastiche (1). Altro fattore di rischio è il sesso essendo tale patologia più frequente nel sesso femminile con una frequenza doppia rispetto a quello maschile. Un altro potenziale fattore di rischio è il contenuto in iodio della dieta. Lo iodio, qualunque sia la forma chimica assunta, raggiunge la tiroide come ioduro e viene concentrato all'interno delle cellule follicolari per la sintesi degli ormoni tiroidei. Una carenza di iodio nella dieta sta alla base del gozzo endemico che può essere eutiroideo o ipotiroideo in rapporto all'entità del deficit e alla capacità di compenso funzionale della ghiandola. Nel determinismo di un gozzo da carenza iodica concorrono in genere altri fattori quali l'assunzione dall'ambiente di fattori gozzigeni (tiocianati e flavonoidi) ed un'alimentazione ricca di cibi gozzigeni (cavolo, soia, rapa, manioca). E' ben noto il ruolo dell'aumentata increzione del TSH quale fattore di rischio per l'insorgenza di una neoplasia maligna tiroidea. Anche un' eccessiva introduzione di ioduri, per lo più contenuti nei medicinali per la tosse ed in specialità per il trattamento dell'asma, può determinare una ipertrofia della ghiandola da ipericrezione di TSH. Infatti l'eccessiva introduzione di ioduri blocca la sintesi degli ormoni tiroidei attraverso l'inibizione della organificazione dello iodio e riduce la conversione del T4 in T3 attraverso l'inibizione della 5'-deiodinasi. Lo iodio è contenuto nelle acque e in numerosi alimenti (es. latte e pane) e la sua concentrazione è molto variabile in rapporto all'area geografica presa in esame (2-4). Questa ampia variabilità può rendere conto dell'eventuale comparsa di un deficit introduttivo in condizioni di aumentata richiesta (pubertà, gravidanza). Nei casi di carenza iodica i tumori più frequentemente riscontrati sono il carcinoma follicolare e midollare. Nei casi di eccessiva introduzione di ioduri si ha, invece, una maggiore incidenza di neoplasie papillari (5-7).
Nell'ambito pediatrico l'età più colpita dal carcinoma della tiroide è quella adolescenziale e la forma istologica più frequente è la papillare (CPT), circa l'80% di tutti i carcinomi tiroidei. E' caratterizzato da una crescita lenta e da assenza di sintomi talvolta per lunghi anni. Esso presenta nell'età infanzia una maggiore aggressività rispetto all'età adulta, tuttavia la prognosi è in genere buona (8). Si presenta per lo più come un nodulo isolato della tiroide, spesso singolo, fisso, asintomatico, mobile durante la deglutizione e non distinguibile all'esame clinico da un nodulo benigno. Il quadro scintigrafico con I131 o Tc pertecnetato mostra un nodulo freddo, ipocaptante che si differenzia da una tiroidite di Hashimoto con interessamento nodulare della ghiandola (1/3 dei casi) per l'aumento degli anticorpi antitireoglobulina (60% dei casi) ma, soprattutto, degli anticorpi anti frazione microsomale (95% dei casi). In una percentuale elevata di casi (60-80%) sono palpabili linfonodi al collo. L'adenopatia laterocervicale anteriore è in genere il sintomo d'esordio più tipico, altre volte il sintomo d'esordio è la comparsa di un nodulo tiroideo. Nella metà dei casi, all'esordio, sono ben evidenti sia il nodulo tiroideo che l'adenopatia laterocervicale.
Per questa forma di neoplasia tiroidea la presenza di metastasi linfonodali all'esordio non sembra aumentare il rischio di mortalità ma di recidiva. Può dare metastasi ai polmoni, meno frequentemente al mediastino, alle ossa del cranio e alle ossa lunghe. Il rischio di mortalità aumenta con il diminuire dell'età, con la presenza di metastasi a distanza e con la maggiore estensione del tumore. La sopravvivenza per un CPT intratiroideo con dimensione inferiore ai 2 cm è, a 25 anni dall'intervento, intorno al 95% (9). Talvolta il CPT può essere ormonosecernente e dare un quadro di ipertiroidismo. La terapia di elezione è rappresentata dalla tiroidectomia totale o subtotale seguita, se necessario, dalla terapia radiometabolica con I131 allo scopo di eliminare il tessuto tiroideo residuo e di identificare e trattare eventuali metastasi a distanza, e dalla terapia soppressiva del TSH con T4.
Descriviamo un caso di carcinoma papillare della tiroide in una bambina di 7 anni e 6/12.
inizio


Caso clinico
A.R. di anni 7 e 6/12, di sesso femminile e gemella omozigote, viene alla nostra osservazione per una linfoadenopatia del collo. Nulla all'anamnesi familiare e fisiologica. All'anamnesi patologica remota vengono segnalati negli ultimi 8 mesi alcuni episodi di disfonia serale, di breve durata riferibili a surmenage e malmenage vocale. L'esame obiettivo mostra in sede laterocervicale sin., davanti allo sternocleidomastoideo, la presenza di un linfonodo del diametro di circa 2 cm, di consistenza duro-elastica, mobile rispetto ai piani superficiali, meno rispetto a quelli profondi, lievemente dolente alla palpazione. Presenza di altri piccoli linfonodi, mobili, di aspetto e consistenza normali in sede sottomandibolare e laterocervicale bilateralmente. Presente anche un'iperemia faringea. Nella norma il restante apparato linfoghiandolare esplorabile. Non epatosplenomegalia. L'ispezione e la palpazione della tiroide risultano apparentemente nella norma.
Nel sospetto di una linfoadenopatia reattiva ad una flogosi delle alte vie, dopo aver eseguito un tampone faringeo risultato negativo per SBEA, inizia, in maniera empirica, terapia antibiotica con cefalosporina orale che assume per 10 giorni senza risposta sul quadro clinico. Una nuova valutazione clinica conferma la già nota linfoadenopatia ed una attenta rivalutazione della tiroide evidenzia una modesta pastosità del lobo sin.. Esegue esami ematochimici, compresi gli ormoni tiroidei e la ricerca di anticorpi per infezioni virali, che risultano nella norma. L'ecografia del collo e della tiroide evidenzia un lobo tiroideo sin. quasi interamente occupato da un'estesa formazione di circa 21 mm di diametro (Figura 1 e Figura 2), a profili arrotondati e sfumati, ad ecostruttura solida iperriflettente ed irregolarmente vascolarizzata e la presenza di un linfonodo in sede istmica di circa 8 mm di diametro ed uno in sede laterocervicale sin. di circa 20 mm entrambi ad ecostruttura analoga a quella della formazione presente nel lobo tiroideo di sin.. Esegue agoaspirato con ago sottile che conferma il sospetto diagnostico di neoplasia maligna (CPT).
La piccola viene sottoposta ad intervento di tiroidectomia totale e linfonodectomia. L'esame istologico permette di porre diagnosi di carcinoma papillare del lobo sin. e dell'istmo della tiroide, variante follicolare di tipo solido, multifocale, con metastasi ai linfonodi sottoistmici, giugulo-carotidei sin., al linfonodo del rafe mediano inferiore e al linfonodo giugulare inferiore. Negativa per metastasi a distanza la scintigrafia total body. Dopo l'intervento è stata instaurata terapia sostitutiva con ormoni tiroidei e con calcio per un ipoparatiroidismo concomitante. Ad 1 mese dall'intervento esegue scintigrafia con I131 che evidenzia una piccola formazione captante al 3° medio del collo identificata come residualità tissutale tumorale e viene sottoposta a terapia radiometabolica. A distanza di circa 4 mesi dall'intervento la bambina sta bene.
inizio

Conclusioni
La nostra paziente ha presentato un carcinoma papillare della tiroide con un quadro clinico tiroideo molto modesto (una lieve pastosità del lobo sin). E' stato il riscontro di un linfonodo laterocervicale sin. a richiamare l'attenzione della famiglia ed a condurre la piccola dal medico. La presenza di un faringe rosso e di una modesta dolenzia alla palpazione del linfonodo ci ha inizialmente portati fuori strada orientandoci verso una linfoadenopatia reattiva di natura infettiva. L'ecografia della tiroide e del collo è stata fondamentale per formulare il sospetto diagnostico. La conferma è stata data dall'agoaspirato e la tipizzazione della neoplasia dal successivo esame istologico.
Dalla rivisitazione della letteratura degli ultimi anni sul carcinoma papillare della tiroide in età pediatrica (1,7-9) si possono trarre le seguenti conclusioni:
1. In tutti i casi di ipofonia o disfonia anche se apparentemente banali e facilmente attribuibili a surmenage vocale è opportuno eseguire un'attenta valutazione clinica del collo.
2. Qualsiasi inspiegato aumento di volume delle linfoghiandole cervicali richiede sempre l'esame della tiroide.
3. Indagare sempre un nodulo o un aumento asimmetrico della ghiandola con un agoaspirato ad ago sottile.
4. Escludere attraverso la determinazione degli autoanticorpi antitireoglobulina e antiperossidasi una tiroidite di Hashimoto nella sua variante nodulare (nei 2/3 dei casi la malattia si manifesta con un ingrossamento diffuso e disomogeneo di tutta la ghiandola).
5. Valutare sempre la situazione ormonale tiroidea di fronte ad un nodulo o un ingrossamento della ghiandola.
6. Il carcinoma papillare della tiroide ha una crescita molto lenta e la sopravvivenza per le forme intratiroidee senza metastasi a distanza è buona, nonostante questo tumore si riveli più aggressivo in età pediatrica rispetto all'età adulta.
7. Il follow-up, dopo l'intervento ablativo, con esame clinico, indagini ecografiche, dosaggio della tireoglobulina (importante marker di recidiva) ed eventuale scintigrafia con iodio marcato deve durare tutta la vita .


mauretto58
00mercoledì 19 agosto 2009 22:26
RACCONTO DI UN PAPA'




E' difficile affidare ad una penna e ad un foglio bianco l'esperienza vissuta dalla mia famiglia a causa della malattia di Erika, la mia figlia minore, che all'epoca aveva 6 anni e mezzo circa ...
Da più di un anno ero separato da mia moglie, che mi aveva lasciato i figli in affidamento. Stavo vivendo una situazione già difficile, ma quando mi fu diagnosticata la malattia della piccola, mi sentii sprofondare nel buoi più nero, cosciente che di leucemia si poteva morire.

Ho pianto tantissimo, da solo, nascondendomi dai miei figli per non far capire quanto mi faceva paura la gravità della malattia, sentendomi impotente e incapace di difendere la mia bambina da questo male.

Sono stato immediatamente indirizzato a Trieste al reparto Emato-Oncologico del Burlo e quando sono entrato sono rimasto sorpreso dal numero di bambini ricoverati, troppi. Lì è cominciato il "calvario" di Erica.

Durante le prime settimane di ricovero ho assistito giorno e notte mia figlia, familiarizzando con i termini medici più strani, una vera cultura della quale avrei fatto volentieri a meno.

In mezzo a tanto dolore, ciò che mi rimarrà per sempre impresso è la solidarietà che si era venuta a creare tra i genitori ed il personale medico e infermieristico. Mi sono sentito accolto in una grande famiglia e mi sono sentito capito e aiutato nel mio dolore.

Per assistere mia figlia ho usufruito di tutti i giorni di ferie disponibili e sono stato aiutato dai miei colleghi di lavoro che si sono resi disponibili a coprire il mio turno nei periodi in cui sono stato in ospedale con Erika.

Incominciavano tuttavia a sorgere anche altri problemi: mio figlio Daniele, di 11 anni, rimaneva, in un certo senso, abbandonato a se stesso. Nonostante potessi contare sull'aiuto dei miei genitori e dei miei suoceri, mi accorgevo di quanto al ragazzo veniva a mancare la mia presenza. Notavo i suoi sbalzi di umore, il suo bisogno di affetto e di "coccole", la sua insicurezza che cercava di nascondere con la spavalderia.

Mi trovavo come tra due fuochi: da una parte ero completamente assorbito dall'assistenza di Erika e dall'altra pensavo continuamente a cosa fare per farmi sentire vicino da mio figlio Daniele, partecipe dei suoi problemi adolescenziali.

Dopo il ricovero ospedaliero siamo potuti rientrare a casa, in isolamento e sempre pronti a ripartire per Trieste in caso di necessità. Nessun contatto con il mondo esterno. Era quasi un "seppellire" mia figlia, impedendole di vedere le sue amiche, di giocare da bambina di 6 anni ...

Sono stati i mesi più bui della mia vita. Ho superato tantissimi ostacoli, ma questo mi sembrava davvero insormontabile. Non riuscivo più neppure a lavorare, avevo sempre il pensiero lì, su quei maledetti globuli bianchi. Uscivo al mattino portando con me lo sguardo impaurito e dolce di Erika, che con gli occhi mi chiedeva quando sarebbe finita questa "tortura" ...

Una sera di aprile ho scritto alcune righe, spontaneamente, uno sfogo diretto verso il Signore, chiedendo con insistenza il perché di quanto mi stava accadendo. Mi sono accorto che è proprio nel momento del dolore che ci si avvicina di più a Dio e in quella sera ho pregato così: "Se c'è una luce di speranza, Signore, illuminaci la via della guarigione, affinché possiamo finalmente sederci dopo questo lungo cammino".

Però, intanto, il tempo passava. La bambina rispondeva abbastanza bene alle terapie e in occasione del suo settimo compleanno abbiamo potuto finalmente rompere l'isolamento, invitando le sue amiche più care per festeggiarla. E' stata una giornata indimenticabile: ho visto, dopo tanto tempo, il sorriso spensierato sul viso di Erika.

La terapia era diventata più leggera e poteva essere seguita dalla Dott.ssa Canale, presso il reparto di Oncologia Pediatrica dell'Ospedale Civile di Pordenone. Anche in questo caso mi sono trovato davanti a personale specializzato, disponibile e paziente, soprattutto con me che faticavo a volte a capire tutte le prescrizioni dei vari medicinali.

E' bello poter contare su qualcuno. La dottoressa è molto paziente, allegra al momento giusto, precisa e meticolosa, doti che danno sicurezza e tranquillità. Devo ringraziarla perché ha saputo aiutare Erika a superare le sue paure, a capire che un prelievo di sangue non è così tragico. Mi ha aiutato con consigli di ogni tipo, disponibile in qualsiasi momento. Devo proprio affermare che il suo lavoro è una vocazione.

Non posso dimenticare la sua assistente, Roberta, che con molta pazienza ha saputo prendere Erika, incoraggiarla e aiutarla.

Piano piano Erika ha ripresa una vita abbastanza normale. L'ho inserita in una scuola a tempo pieno per aiutarla a superare le sue paure, a ritrovare la serenità e la gioia dei suoi 7 anni e ogni giorno vedo i suoi occhi sempre meno tristi.

Spero di poter tra qualche tempo scrivere l'epilogo di questa storia triste, ma venata da una speranza che non morirà mai.



mauretto58
00mercoledì 19 agosto 2009 22:29
RACCONTO



Andrew arriva all'appuntamento con "Countdown"
di sua madre, Caran Fenwick

che racconta della battaglia di suo figlio contro la linfoma di Hodgkin. Nota: "Countdown" è un programma quiz della BBC per ragazzi basata sulla conoscenza di parole e numeri

Era l'estate di 2004 e Andrew aveva 11 anni. Era nell'ultimo anno di scuola media, un bambino felice e pieno di risate che amava la musica, i quiz televisivi e il nuoto . Andrew ha iniziato a dormire tantissimo e ho notato alcuni noduli sul suo collo. Mi sono poi preoccupata quando hanno iniziato a crescere e ne ho trovato degli altri. Andrew è un ragazzo già grande e non avevo notato quelli che crescevano sotto le ascelle.
Il suo medico gli ha mandato in ospedale per fare alcuni esami. Hanno rimosso i noduli del collo, e dopo una settimana mi hanno chiamato per dirmi che aveva un cancro dei linfonodi (malattia di Hodgkin). Sentire questo era già insopportabile per me, ma come dirlo al mio figlio? Andrei non aveva mai veramente pianto, ma ha pianto il giorno che io e suo padre abbiamo spiegato lui la situazione.

La settimana dopo siamo andati al Mancester Pendlebury Hospital e abbiamo conosciuto il Dr. John Grainger, che ci ha spiegato ogni cosa. Durante la settimana seguente, hanno messo un catetere venosa centrale e fatto un puntura lombare, e per un anno c'erano viaggi senza fine all'ospedale. Ha avuto la chemioterapia e moltissima medicazione. La cosa più difficile era perdere i capelli. Quando è successo, mi ha spezzato il cuore. Ma lui si è abituato rapidamente - non aveva scelta.

Dopo 12 mesi di malattia, di notti senza fine di dolori alla schiena, di chemio e di medicazioni, la PET ha mostrato che era in remissione. Che notizia fantastica! Abbiamo condiviso un bel pianto ed abbiamo celebrato. Quella notte ci siamo addormentati con sorrisi sulle faccia.

Questo sfortunatamente è durato poco. Dopo solo 3 mesi, il cancro è ritornato. Andrew era inconsolabile, ma ha mostrato a tutti la sua forza per affrontare da capo ogni cosa. Le probabilità di successo non erano così buone come prima. Hanno messo un linea Hickman sull'altro lato del torace. Il mio ragazzo così felice era ora sconsolato, molto malato e con tanto dolore. Il suo peso è calato drammaticamente. Era dentro e fuori dall'ospedale. Per essere onesto, non pensavo che ce l'avrebbe fatto. Ma Andrew è sempre stato molto determinato.

Dopo 12 mesi era di nuovo in remissione, ma dopo soltanto alcune settimane una nuova PET ha mostrato che i suoi tumori erano ancora attivi. Questa volta Andrew è impazzito. Le uniche opzioni erano chemioterapia aggressiva, poi radioterapia, poi un trapianto. E' stato in ospedale per settimane, durante Natale e Capodanno, proprio il periodo dell'anno che ama di più. Ringrazio che in questo momento Andrew sta bene.

Andrew è sempre stato molto bravo in matematica e in inglese e negli anni prima della malattia era diventato molto competitivo. Guardava "Countdown" quasi ogni giorno a casa, e anche all'ospedale, e rispondeva molto bene alle domande. Durante il soggiorno nell'Unità di Trapianto di Midollo Osseo, gli infermieri dicevano sempre: "Sei bravo, dovresti partecipare anche tu."

Ha fatto domanda e, nonostante una infezione bronchiale e il non stare proprio bene, era determinato a partecipare alle audizioni. Quattro giorni dopo ha appreso di essere stato selezionato.

Quello era in aprile, e ha avuto una giornata fantastica. E' andato con il suo padre a conoscere personalmente i conduttori del famoso quiz. Era nervoso, ma ha gradito molto la giornata. Non ha vinto ma ha dato buona battaglia.

Per me Andrei è sempre stato un vincitore. Ha passato l'inferno ed è ritornato. Ora spero che potrà iniziare a vivere di nuovo, andare a scuola e godere della vita. Dobbiamo aspettare e vedere. Vuole diventare un commercialista o un avvocato, ma prima io voglio che goda della sua adolescenza - ha perso così tante cose.



mauretto58
00mercoledì 19 agosto 2009 22:30
FRANCESCO , UN GIORNO TI DIRO'...........




lettera aperta di un padre al proprio figlio ... in lotta per la vita sin dalla nascita a motivo di una grave immunodeficienza congenita, e salvato grazie ad un intervento di trapianto di midollo osseo


L'immenso gioia della tua nascita è durata lo spazio di pochi momenti, sopraffatta dalla grave immunodeficienza, ad esordio neonatale, che ti ha portato a lottare per la vita fin dai primi istanti e ci ha crudelmente spinti, noi genitori al settimo cielo per un figlio tanto desiderato, in uno stato di incredulità per tutto quello di apparentemente irreale ci stava accadendo intorno, incredulità che ben presto lasciava il posto ad un'angoscia cupa e terribile, un'infinita paura nel chiederci quale sarà il futuro che ci aspetta.
Dopo qualche mese di ricerche per identificare esattamente la malattia (una rara forma di immunodeficienza congenita) ecco il terribile verdetto: necessità del trapianto di midollo osseo, con tutto il calvario e tutte le incognite che questo comporta.

Eppure già da allora emergeva in te, come penso in tutti i bambini piccoli ma già adulti nel dover lottare per la vita, un inconsapevole coraggio e serenità nell'affrontare estenuanti terapie e continui ricoveri.

Francesco, un giorno ti dirò di come ci sei stato maestro di vita, tu così piccolo ed apparentemente indifeso, nell'indicarci quel cammino fatto di immenso coraggio e tanta serenità, percorso obbligato per poter guardare ad un futuro migliore, per poter sperare in una vita libera dalla malattia, una vita che se per gli altri è semplicemente normale per noi è assolutamente meravigliosa.

Ti racconterò dell'intima sofferenza nel provare ad accarezzarti oltre il vetro della stanza sterile, in un'apoteosi di emozioni fatte di speranze, sconforti, paure e trepidazioni, senza poter essere in prima linea lì con te, anche se combattere la battaglia per la vita avevi accanto la tua stupenda madre, colei che ti ha aperto la porte di questo mondo.

Dal momento della tua seconda nascita, il giorno del trapianto, sono passati più di tre anni, anni vissuti con ansia ed anche timore per il futuro, ma allo stesso tempo assaporati in ogni attimo di immensa felicità che il tuo sorridere, io tuo crescere, semplicemente il tuo vivere quotidiano, ha portato e porta con sé.

Nel vivere d'oggi a volte capita di scontrarci con i mille piccoli problemi e le banalità di ogni giorno, dando loro una valenza che non meritano: ecco allora il momento di elevarci al di sopra di tutto questo, di cambiare ottica nella vita quotidiana, noi genitori ai quali il destino ha riservato ben altre preoccupazioni e paure nel cammino della vita.

Oggi che ti vedo coccolare ed abbracciare teneramente la tua piccola sorellina Sofia, uniti in una famiglia felice, sono certo che saprai essere un fratello meraviglioso e ringrazio qualcuno lassù, che pur nella tragedia che il destino ci ha portato, ci permette di godere nel vivere queste piccole grandi gioie di ogni giorno, consapevoli che avrebbero potuto lasciare il posto ad una immensa tristezza se tu non fossi qui con noi.

Quando sarai più grande e leggerai questa lettera, caro Francesco, sono sicuro che capirai quanto amore ti abbiamo dato, e quanta felicità tu ci doni ogni giorno, uniti da un amore filiale così forte e potente, che ci ha permesso di superare questa terribile prova che il destino ha posto sulla tua e sulla nostra strada della vita.


Papà.

mauretto58
00mercoledì 19 agosto 2009 22:32
TOMMY



Testimonianza di una madre...

A vent’anni da quando Tommi ci ha lasciato, la voglia di scrivere una testimonianza è forte. Lui stesso era una testimonianza, come lo sono quasi tutti i nostri figli. Guardateli. Quale testimonianza alla vita essi sono, quando si sentono bene, e anche quando si sentono male! La storia della vita e della malattia di Tommi è lunga, e tanti anni fa era mia intenzione scrivere un libro sulla nostra esperienza, ma dopo tanti anni, può essere riassunta. Scrivo una piccola storia perché tutti possono capire cosa significa vivere questa esperienza. Scrivo una piccola storia che forse soltanto altri genitori come noi possano veramente capire. La nostra storia è la storia di tanti. Forse la mia esperienza può essere utile a chi ha iniziato questo cammino. Tommi era un bellissimo neonato. L’ostetrica, quando abbiamo lasciato l’ospedale, ci disse: ho visto nascere tanti bambini, ma questo bambino è speciale, e voglio sapere come cresce. Se avete la possibilità, ditemi qualcosa ogni tanto, mandatemi delle fotografie.Tip tap … Tip tap … A 10 mesi Tommi inizia a camminare, e a due anni cammina in punto di piedi, cosa che farà per tutta la sua vita nei momenti adatti, prima perché è il suo modo di fare, e più tarde, probabilmente, perché ha il cervello leso dalle terapie e questo lo aiuto a mantenere l’equilibrio. Forse, crescendo, avrebbe affrontato il mondo in punto di piedi.Inizia a parlare prestissimo, e diventa un piccolo oratore: a due anni fa dei discorsi tanto complessi per la sua età attorno alle cose semplici della vita, che un giorno davanti al fruttivendolo, una signora commenta alla sua amica, “Sentite il professore!”Non voglio dire che Tommi era un genio. Non sapremo mai. Penso piuttosto ad una crescita precoce. Ma era il suo modo di fare davanti al mondo che era particolare. Ci girava intorno in punto di piede, osservava e parlava di tutto. A quattro anni è colpito da una leucemia linfoblastica acuta. Diagnosticata basso rischio. In questi anni, siamo all’inizio degli anni 80, soltanto il 45% dei bambini con questo diagnosi sopravvive, ma le sue probabilità sono superiori alla norma. Ci sentiamo in colpa – che strano sentirsi in colpa - davanti agli altri genitori con i figli “media rischio” o “alto rischio”. Ma fortunatamente, siamo classificati così. La fortuna nella sfortuna …Abbiamo tanta speranza, e affrontiamo la chemioterapia con un certo coraggio (noi genitori). Tommi, invece, protesta vivamente per ogni ingerenza medica (urla come un dannato per ogni prelievo di sangue dal dito, figuràtevi gli altri interventi), ma finito la manovra, rimbalza allegramente nella sua vita da bambino. Una volta, addirittura, riduce una infermiera, che lo aveva tenuto ferma con moltissima fatica, a lacrime, perché torna da lei a chiedere dolcemente scusa per la scenata di poco prima. Tanti urli di paura e rabbia, ma poi sorride e va a casa con il regalo che gli abbiamo fatto per il suo coraggio, che sempre coraggio è. Sorride perché ci sono i suoi amici che lo aspettano. E il giorno dopo c’è la scuola. Comunque posso dire, per chi mi legge, che i bambini hanno il diritto di urlare, se è così che vogliono affrontare le cure. Che il personale non deve mai dire – “non ti farò del male”. Questo gli veniva detto – e credo che i suoi urli erano più per la rabbia del tradimento che per il dolore che effettivamente c’era. Con i bambini è necessario affrontare la verità. Penso che la verità faccia più male a noi adulti che a loro; siamo noi che non riusciamo ad affrontarlo. Anche noi abbiamo bisogno di una dose di coraggio. La sua storia va avanti così, per un anno e mezzo. Le terapie vanno bene. Noi abbiamo paura, comunque, di perderlo, e i medici non ci possono dare sicurezza. Decidiamo di fare un secondo figlio, che mai era stato in programma. Rimango incinta. E poco dopo Tommi ha una ricaduta nel sistema nervoso centrale (ci dissero nel momento del diagnosi iniziale “speriamo che non sentirete mai dire la parola “ricaduta””). Ora è classificato “alto rischio” e terapie diventano molto forti. Per la prima volta vomita per ore dopo un intervento di chemio. Un giorno si sveglia e non riesce ad alzarsi in piede e poi non riesce a camminare diritto. Lo portiamo d’urgenza in ospedale, e dopo il viaggio di meno di un ora, arriviamo che è in stato confusionale e quasi senza coscienza. Ora sì che è un incubo. Ha un’encefalite da metotrexate, effetto collaterale rarissimo che, quando si risolverà, lascerà delle lesioni permanenti al cervello. Non possono più somministrare il farmaco miracolo; non ci sono più speranze di guarigione. Ora sì che le giornate diventano pesantissime e “vivere alla giornata” non è più possibile per noi genitori. Ora sì che facciamo le domande: “Cosa ha fatto questo bellissimo e vivissimo bambino per meritare questo tormento?” O, “E’ colpa nostra?, Cosa abbiamo fatto noi perché questo è ricaduto su lui?” Domande che tutti noi genitori ci chiediamo. Domanda per cui non esiste risposta, perché nessuno ha fatto niente. E semplicemente accaduto. E deve essere affrontato. Ora una nuova paura ci scuote: come sarà la fine … Vivere la malattia non è una prova di Dio per farci diventare persone migliori. I miei amici mi dicevano quando parlavano della malattia: “Quanto sei brava come mamma.” Ma non ero brava. Come tanti genitori, ho soltanto fatto quello che c’era da fare. Non ero diventata una persona “migliore”. Questo dicono di chi soffre. Non ho imparato nulla di trascendentale sulla vita. Guardate attorno, guardate gli altri genitori, non diventiamo migliori – la malattia fa semplicemente affiorare il meglio ed anche il peggio che è già in noi. Impariamo molto sulle priorità della vita. Questo sì. Impariamo ad apprezzare le piccole cose. Impariamo quanto siano insignificante le cose superficiali della vita che una volta ci turbavano tanto. Questo sembra positiva … ma impariamo anche che l’orrore può colpire qualsiasi persona, buona ed innocente che sia, e quindi impariamo la rabbia e il risentimento – la rabbia contro questo “destino”, l’invidia fino ad una specie di odio contro le tranquille famiglie “normali” e contro gli stessi bambini sani che vediamo correre nei giardini, spensierati. Impariamo la solitudine e cosa significa chiudersi in un guscio. Diventiamo più generosi verso il nostro figlio, e verso noi stessi, forse. Alcuni lo diventano verso tutti e verso tutto, ma molti diventano estremamente egoisti verso tutto ciò che non ha a che fare con il proprio figlio e la propria sofferenza. Noi li vediamo in ospedale, le famiglie così. Forse siamo così noi stessi, ma, a mio parere, se l’arrabbia e l’egoismo aiutano a sopravvivere a questo periodo, sono giusti anche essi. Mai giudicare quello che non provi. Alcuni matrimoni si rafforzano. Troppi matrimoni si disfanno. Semplicemente, questa esperienza tira fuori tutto quello che già abbiamo dentro, di positivo e di negativo, e lo esagera. Tutto sommato, ognuno di noi genitori cerca di andare avanti. Ma non i bambini. I bambini semplicemente continuano a vivere. Piangono o si lamentano quando stanno male, ed i nostri figli devono supportare più mali, e in più momenti, dei bambini sani. Più male di noi grandi. A noi genitori non ci è dato la possibilità di provare questi dolori, e di capirli. Ma quando i bambini si sentono bene, la vita li riprende, forse più che mai. E se noi lasciamo andare avanti la vita, la loro vita, e non ci fermiamo sulla loro sofferenza, non fermiamo loro, essi rinascono sorridenti ogni volta, ogni volta che finisce il stare male, con la voglia di giocare, di esplorare, dai fare programmi, di studiare. Da loro prendiamo il nostro coraggio. Noi genitori tendiamo a chiudere fuori il mondo che non ha a che fare con il nostro bambino e con la malattia. Gli altri non capiscono quello che stiamo vivendo. Gli altri non riescono veramente ad aiutarci. Tutte le belle parole di parenti e amici non possono contare quasi nulla, tranne per l’amore e la solidarietà che esprimono. Noi ci sentiamo soli davanti a questa sofferenza. Soltanto gli altri genitori della clinica possono, forse, consigliarci. E i bambini. I nostri figli che cercano comunque di vivere la vita, e richiedono il diritto di farlo. Quanto possiamo imparare noi dalla loro voglia di vivere e di sorridere, e di ridere a squarciagola! Mi affiora alla memoria Tommi con i suoi scherzi, comprati a carnevale e utilizzati tutto l’anno. Li portava in clinica per spaventare medici ed infermieri! Il barattolo di arachidi offerto all’infermiera con un sorriso malizioso, e le urle di lei quando, aprendolo, saltava fuori il serpente molleggiato. E le risate di Tommi per lo scherzo riuscito. Tommi ha vissuto quasi tre anni dopo l’encefalite, riprendendosi piano piano, continuando come poteva la sua vita, e poi, verso la fine, accumulando i periodi di sofferenza fino a lasciarsi. Tommi ha vissuto veramente questo periodo… Ha visto nascere una sorellina che adorava e che adorava lui. Lui non era più solo. Quanti giochi e quante normalissime litigate tra fratelli! E’ andato a scuola quando poteva, e ogni suo arrivo era una festa per la sua classe e per lui. Con la mano tremolante per gli esiti dell’encefalite ha imparato orgogliosamente a scrivere. Fece, a modo suo, disegni bellissimi, e disegnava quello che disegnano tutti gli altri bambini della sua età, la guerra tra i robot, la casa con l’arcobaleno, cani e gatti, leoni e giraffe. Era tanto indietro con i lavori della scuola, e la scuola aveva assegnato un’insegnante speciale che lavorava con lui, quando c’era, per qualche ora nella giornata. Quando non poteva andare a scuola per qualche malattia infettiva che girava (e girano sempre), andavamo in giro, piccole gite di qualche giorno, al mare, in montagna, e riempivamo le giornate di avventure nella natura, di città piene di storie da raccontare. A casa aveva sua sorella, bambina precoce che dopo poco tempo già giocava con lui, e un babisitter “pazzerellona”, giovanissima, che mi dava un riposo nell’arco della giornata per qualche ore, e lo faceva giocare e ridere sulle tante scemenze che lei sapeva inventare. Questa ragazza portava il sole nella nostra vita buio. Maria. Che è ancora figlia ed amica mia. La nostra vita è continuata. Perché Tommi lo meritava. Perché Tommi lo esigeva. Perché Tommi era rimasto nel pieno corrente della vita. Perché i bambini sono così, se li lasciamo vivere. Se non mettiamo davanti a loro la nostra compassione per la loro sofferenza. Se sappiamo seppellire la nostra sofferenza in un angolo della mente. Questa è la lezione della vita di un bambino con una malattia cronica, per quanto tremendo essa sia. Che vivere la vita che c’è, è tutto. Che vivere, vivere veramente, non è soltanto possibile ma è naturale. I bambini non sperano come speriamo noi. Non hanno lo stesso senso del futuro che abbiamo noi, né lo stesso senso della morte. I bambini semplicemente fanno quello che la loro natura li dice di fare. Vanno avanti, non giorno per giorno, ma vivendo e basta. Durante la malattia di mio figlio, non avevo le capacità di riflettere su quanto stava accadendo alla nostra famiglia. Non avevo informazioni. Allora, non c’erano psicologi specializzati per sostenere le famiglie. Non c’erano spazi in clinica per i genitori, e parlavamo poco tra noi. Ho vissuto questa esperienza con il mio intuito. Soltanto alla fine della nostra esperienza è stata fondata una associazioni di genitori in clinica, troppo tarde per me. Anni dopo avere perso Tommi, ho servito da Presidente della nostra Associazione Genitori per alcuni anni. Mi sono informata, mi sono formata per il ruolo che dovevo assolvere. Soltanto allora ho capito i problemi che ho affrontato e le mie reazioni. Voglio condividere qualcosa che ho appreso, ma che allora non mi era evidente. Ora capisco che i genitori, per quanto cerchino di non far vedere ai bambini i loro sentimenti, non possono nascondere ai figli che mamma e papà stanno male e hanno paura: le nostre faccie, i nostri corpi, parlano. Capita, quindi, che i nostri figli, intuendo quanto soffriamo, si sentono in colpa per questo, non vogliono vederci stare male, e cercano da parte loro di pretendere che tutto va bene, per proteggere i loro stessi genitori. Questa è una situazione pesante per i bambini. In questo modo, hanno tante domande che non possono fare e tante paure che non possono esprimere per non causare altre sofferenze ai loro genitori. C’è come una porta chiusa alle domande e ai sentimenti, e dobbiamo essere noi genitori ad aprire questa porta. E’ necessario parlare ai figli di quanto sta accadendo a loro e a noi stessi. Paradossalmente, l’evento che ci ha tolta ogni speranza ci ha regalato qualcosa per consolarci. Tommi, dopo l’encefalite, aveva una lesione cerebrale estesa - lesione che non ha tolto il suo brio, ma gli ha staccato un po’ dal mondo. Lui non sapeva cosa gli stava succedendo, e non voleva neanche sapere. Non chiedeva, andava avanti con insistenza con la sua vita che noi sapevamo non poteva essere tanto lunga. Un’altra “fortuna” nella sfortuna …non dovere affrontare con lui la sua malattia e, più tarde, i discorsi su com’è morire. Dover un giorno rispondere a queste domande mi terrorizzava, ma questo momento non è mai arrivato. Tommi starà malissimo, poi con i farmaci starà un po’ meglio, e penserà con alcuni dei suoi ultimi frasi che dopo starà ancora meglio e potrà tornare a casa. Alla fine, quando il problema di continue ospedalizzazioni incombe su di noi, arriva nella nostra famiglia la dolce Carmen, una filippina che viene a vivere con noi per aiutarci a sopravvivere dall’esaurimento e, soprattutto, per stare con la nostra piccola quando siamo assenti per ricovero in ospedale. Carmen era piena di amore per Tommi e per tutti noi, e ne avevamo bisogno. Allora nessuno aiutava le famiglie, che si dovevano arrangiare in tutto. Non c’erano associazioni di genitori in ospedale, e la società non aveva elaborato strumenti di assistenza. Per fortuna potevamo permetterci questo aiuto economicamente, sacrificando altre cose. Quanto dobbiamo a Maria e Carmen, due estranei che sono diventati parte della famiglia. Tommi ha sofferto. Tommi ha urlato la sua rabbia al mondo quando gli hanno fatto male. Tommi ha avuto paura. Ma poi Tommi ha chiesto scusa, si è calmato, è tornato a ridere. Portava in clinica sempre una scatola di robot. Dopo le aspirata midollari doveva stare fermo a letto, supino, per due ore. Queste due ore per lui erano un tormento. Un bambino deve dormire di notte, non di giorno! E quindi un immagine che rimane fissa nella mia mente è quello di Tommi, a cui avevamo avvicinato il letto di un altro bambino anche lui costretto a stare fermo. I due bambini, diventati amici per queste due ore, con i robot in mano, facevano feroci battaglie in aria, urlavano e ridevano. Quanto sconquasso portavamo in Day Hospital e durante i ricoveri! Io ricordo queste battaglie di fantasia, e non la battaglia di poco prima con l’infermiera che gli costringeva a restare fermo e gli pregava di supportare il dolore con coraggio. Ricordo le risate.. Tommi ci ha lasciato all’età di otto anni, dopo quattro anni di malattia. Quattro anni punterellati di momenti di sofferenza ma, soprattutto, riempiti di “joie di vivre” - della gioia della vita. La sua testimonianza, e la nostra di genitori per gli altri genitori, è proprio quello di immergersi nella vita che c’è, di lasciare esprimere ai bambini questa vitalità e di trovare voi stesso la dolce-amara consolazione che questo ci dà. Sia quando il bambino dovrebbe “farcela”, e oggi negli anni 2000 le speranze sono tante, sia quando sappiamo che la vita del nostro figlio sarà breve. La malattia non ci aiuta a diventare persone migliore, ma i nostri figli, sì. Noi genitori cerchiamo di vivere la vita, come ci consigliano, giorno per giorno. Quando riusciamo. I nostri figli vivono, e basta. Quando è morto Tommi, tutti i bambini della sua classe hanno contribuito ad un libro di testimonianze. Scrivano: “Tommi era il bambino più intelligente della classe” (chissà con che strumenti lui, con la mano che tremava, tanto indietro con gli studi, dava questa impressione – sarà stata la sua chiacchiera da “professore” che lo ha sempre accompagnato). Ma soprattutto: “Tommi ci faceva sempre ridere”. Quando è morto non c’era Carmen, che lo amava come fosse un fratellino suo, ma stava a casa per badare alla sorellina piccolisima. Quando, alcune ore dopo, siamo arrivati a casa e ho comunicato la notizia, Carmen, filippina spiritualista, ha detto tra le lacrime: lo sapevo, proprio in quel momento c’era odore di fiori in camera sua. Quando è morto Tommi, dopo un po’, abbiamo deciso di fare un altro bambino – anche se eravamo un po’ troppo vecchi. Volevamo un altro maschio per rimpiazzare Tommi? Non lo so, credo di sì. Ma, soprattutto, la piccola Virginia si sentiva sola e a noi mancavano i rumori che fanno due bambini in famiglia. Naturalmente è nata una femmina – ma che femmina! Ilaria, non potevi sostituire Tommaso, ma grazie di aver riempito un vuoto. Un'altra cosa che ho imparato informandomi più obiettivamente sulla situazione delle famiglie è l’importanza della solidarietà che ci offre chi veramente capisce quello che stiamo vivendo. Possono essere gli altri genitori della clinica. Parlate tra di voi. Condividere le vostre esperienze. Servirà per sentirvi meno soli. Servirà, forse, per dare o ricevere qualche consiglio prezioso. Nota: a chi leggerà queste righe, scritte tanti anni dopo, il messaggio non deve essere di disperazione. Quando è stato in cura Tommi molti bambini guarivano rispetto a soltanto pochi decenni prima quando queste erano malattie senza speranza. Il 45% dei bambini con leucemia guarivano. Ma troppi non ce la facevano. Ora di leucemia guariscono la maggiore parte dei bambini. Forse Tommi, oggi, sarebbe tra di loro. Oggi i genitori colpiti dalla diagnosi devono credere nella guarigione. E mentre fanno la dura lotta insieme ai loro figli, devono vivere in pieno la vita, questo dono meraviglioso che tutti noi abbiamo, per quanto sia lunga o breve.
mauretto58
00mercoledì 19 agosto 2009 22:36
LE PATOLOGIE

Le tipologie di tumori e leucemie dell'età pediatrica



I tumori infantili sono molto diversi dai tumori degli adulti per tipo, per velocità di accrescimento e per prognosi. Nel bambino, in generale, il tumore più frequente è il gruppo delle leucemie (33%), seguito dai tumori del sistema nervosa centrale (SNC) (22%), i linfomi (12%), il neuroblastoma (7%), i sarcomi dei tessuti molli (7%) e i tumori ossei (6,4%). Le percentuali variano secondo la fascia d’età. Altri tumori più rari ancora sono il retinoblastoma, l’epatoblastoma, il Sarcoma di Ewing, i tumori delle cellule germinali e altri tipi estremamente rari.
Le patologie in dettaglio:
Leucemia linfoblastica acuta
Leucemia mieloblastica acuta
Leucemia mieloide cronica
Linfomi: Linfoma di Hodgkin e Linfomi non Hodgkin
Tumori cerebrali
Neuroblastoma
Tumore di Wilms (Nefroblastoma):
Rabdomiosarcoma
Tumori ossei: Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing
Retinoblastoma
Epatoblastoma

Leucemia linfoblastica acuta (torna su)
Le leucemie costituiscono il 33% dei tumori infantili. Tra le leucemie infantili, la Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) costituisce il 75%, e il resto è costituito da vari tipi di Leucemia Mieloblastica Acuta (LMA). Sono rarissimi i casi di leucemia cronica, una forma che colpisce soprattutto gli adulti. Le leucemie sono un gruppo di malattie caratterizzate da una crescita rapida e incontrollata a livello del midollo osseo dove si fabbricano le cellule del sangue, di cellule immature tumorali (blasti). Nelle forme di LLA, i blasti provengono dalla serie dei linfociti. Le cellule tumorali infarciscono il midollo osseo inibendo la crescita delle cellule midollari normali che danno origine alle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine). Il sangue stesso, quindi, si impoverisce, riempiendosi di blasti, causando i classici sintomi dovuti a carenza di globuli rossi (anemia), di globuli bianchi (leucopenia) e di piastrine (piastrinopenia).
Epidemiologia
25-35 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni.
Picco di incidenza a 3-5 anni di età.
Rappresenta il 75-80% di tutte le leucemie pediatriche.

Segni clinici
Anoressia, astenia e pallore cutaneo dovuto all’anemia , febbre per infezioni varie per la carenza di cellule bianche immunocompetenti, lividi e petecchie (piccole emorragie cutanee) per la carenza di piastrine. Sintomi vari per la sovrapproduzione di blasti nei sedi di produzione di cellule ematiche quali dolori osteoarticolari, epatosplenomegalia (ingrossamento di milza e fegato), linfoadenomegalia (ingrossamento diffuso di ghiandole linfatiche).

Diagnosi
All'esame emocromocitometrico si evidenzia: aumento del numero dei globuli bianchi, con presenza di blasti linfoidi (cellule immature della serie linfatica), diminuzione del numero delle piastrine, anemia per diminuzione del numero dei globuli rossi. Va eseguito un prelievo di midollo osseo che evidenzia: presenza di cellule blastiche (cellule immature) in percentuale superiore al 25% rispetto alle restanti cellule. Analisi molto specialistiche delle cellule tumorali permetteranno di classificare la malattia come appartenente ad un sottogruppo molto specifico di LLA, dando indicazioni sul protocollo terapeutico da seguire.

Terapia
Viene seguito un protocollo, della durata di 2-3 anni, distinto in varie fasi:

Induzione: vengono somministrati chemioterapici in modo da determinare la scomparsa dei blasti da sangue circolante e ridurre a meno del 5% quelli nel midollo osseo (remissione). Questa fase dura 4-6 settimane, dopo di che si passa alla prossima fase di terapia
Profilassi del SNC: Per prevenire una infiltrazione di cellule tumorali a livello cerebrale, vengono somministrati chemioterapici direttamente all'interno del liquido cerebrospinale(il liquido che bagna l’intero sistema nervosa centrale); questa terapia può essere associata a radioterapia del cranio.
Reinduzione forzata: alcuni mesi dopo la fase di induzione vengono somministrati nuovamente chemioterapici per distruggere cellule leucemiche residue che stanno nuovamente proliferando.
Terapia di mantenimento: la somministrazione di chemioterapici a dosaggio più basso per mantenere la remissione completa. Dura alcuni anni, fino alla fase “fuori terapia”. Dopo 5 anni fuori terapia senza una ricaduta (la ricomparsa di blasti nel midollo osseo), si presume la guarigione definitiva.
Altre terapie: Trapianto di midollo osseo (TMO) - soltanto per le leucemie ad alto rischio o per una ricaduta dopo la fine della terapia standard; radioterapia testicolare - nel maschio, in alcuni casi, per evitare metastasi testicolare; Radioterapia craniale – quando si trova una infiltrazione di blasti nel sistema nervosa centrale SNC alla diagnosi.
Prognosi
Ricadute in pazienti fuori terapia nei 2 anni successivi allo stop terapeutico: 15-25% . Sopravvivenza globale a 5 anni: 80% Dopo i 5 anni, i casi di ricaduta sono rarissimi e si presume guarito il paziente.


Leucemia mieloblastica acuta (torna su)
Le leucemie costituiscono il 33% dei tumori infantili. Tra le leucemie infantili, la Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) costituisce il 75%, e il resto è costituito da vari tipi di Leucemia Mieloblastica Acuta (LMA). Sono rarissimi i casi di leucemia cronica, una forma che colpisce soprattutto gli adulti. Le leucemie sono un gruppo di malattie caratterizzate da una crescita rapida e incontrollata a livello del midollo osseo dove si fabbricano le cellule del sangue, di cellule immature tumorali (blasti). Nelle forme di LMA, i blasti provengono dalla serie delle cellule mieloidi che danno origine ai granulociti. Le cellule tumorali infarciscono il midollo osseo inibendo la crescita delle cellule midollari normali che danno origine alle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine). Il sangue stesso, quindi, si impoverisce, riempiendosi di blasti, causando i classici sintomi dovuti a carenza di globuli rossi (anemia), di globuli bianchi (leucopenia) e di piastrine (piastrinopenia). La LMA ha prognosi peggiore della LLA.
Epidemiologia
5-10 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni.
Rappresenta il 20% di tutte le leucemie pediatriche.

Segni clinici
Pallore cutaneo, astenia, anoressia, perdita di peso, febbre, epatosplenomegalia (ingrossamento di milza e fegato), emorragie cutanee e mucose, linfoadenomegalia (ingrossamento diffuso di ghiandole linfatiche), ipertrofia gengivale.

Diagnosi
All'esame emocromocitometrico si evidenzia: aumento del numero dei globuli bianchi, con presenza di blasti e granulociti senza precursori intermedi ("hiatus leucemico"), diminuzione del numero delle piastrine, anemia per diminuzione del numero dei globuli rossi. Va eseguito un prelievo di midollo osseo che evidenzia: presenza di cellule blastiche (cellule immature) in percentuale superiore al 25% rispetto alle restanti cellule. I blasti possono mostrare caratteristiche delle cellule mieloide (“differenziati”) oppure non mostrare questa differenziazione (“non differenziati”). Ci sono 9 sottogruppi di LMA (M0-M9) distinti secondo il tipo di cellula leucemica, il suo livello di maturazione e il grado di differenziazione. Il sottogruppo determina la scelta di terapia.

Terapia
Viene seguito un protocollo distinto in varie fasi:

Chemioterapia di induzione: vengono somministrati chemioterapici in modo da determinare la scomparsa dei blasti da sangue circolante e ridurre a meno del 5% quelli nel midollo osseo.
Chemioterapia post-remissione: ha lo scopo di mantenere la remissione completa mediante somministrazione di chemioterapici.
Profilassi del Sistema Nervoso Centrale (SNC) per evitare infiltrazione di blasti nel SNC: infusione di chemioterapia direttamente nel liquido cerebrospinale per puntura lombare, radioterapia al cranio.
Trapianto di midollo osseo: per i sottogruppi di LMA che solitamente non rispondono alle terapie standard e in caso di ricaduta dopo la sospensione delle terapie standard
Prognosi
Sopravvivenza globale libera da malattia a 5 anni di pazienti sottoposti a chemioterapia tradizionale: 40-50%. Sopravvivenza globale libera da malattia a 3 anni di pazienti sottoposti a chemioterapia e trapianto di midollo osseo: 55%

Leucemia mieloide cronica (torna su)
Due forme:
tipo adulto: malattia a decorso cronico, caratterizzata da una crescita, a livello del midollo osseo, di leucociti (globuli bianchi) del gruppo dei granulociti, che esita costantemente in un quadro acuto (crisi blastica);
tipo giovanile: malattia rara, simile alla forma tipo adulto ma con la differenza che nelle cellule non si riscontra una anomalia cromosomica tipica della prima.
Epidemiologia
Leucemia mieloide cronica tipo adulto: 1-2 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Picco di incidenza l'adolescenza.
Leucemia mieloide cronica tipo giovanile: Qualche centinaio di casi in totale. Picco di incidenza sotto i 2 anni di età. Prevalenza nel sesso maschile con un rapporto maschi/femmine di 2/3 : 1.
Segni clinici
tipo adulto: Malessere generale, astenia, pallore cutaneo, irritabilità, vaghi dolori ossei diffusi, epatosplenomegalia (ingrossamento di milza e fegato), disturbi intestinali, febbre.
tipo giovanile: linfoadenomegalia (ingrossamento diffuso di ghiandole linfatiche), manifestazioni emorragiche, reazione cutanea eritemato-desquamativa, epatosplenomegalia (ingrossamento di milza e fegato), broncospasmo, dispnea (difficoltà respiratoria).
Diagnosi
tipo adulto: All'esame emocromocitometrico si evidenzia: aumento del numero dei globuli bianchi, con scarsa presenza di blasti (meno dell'1%) e precursori dei granulociti, aumento del numero delle piastrine, lieve anemia per diminuzione del numero dei globuli rossi. Va eseguito un prelievo di midollo osseo che evidenzia: presenza di metaplasia granulocitica. Caratteristica di questa forma è la presenza di una anomalia cromosomica denominata cromosoma Philadelphia.
tipo giovanile:
Terapia
tipo adulto: trapianto di midollo osseo da donatore compatibile; in alternativa chemioterapia ed autotrapianto di midollo osseo nei pazienti cromosoma Philadelphia negativi.
tipo giovanile: trapianto di midollo osseo da donatore compatibile.
Prognosi
tipo adulto: sopravvivenza media 30 mesi.
tipo giovanile: sopravvivenza media 9 mesi. Con Trapianto di Midollo Osseo (TMO): sopravvivenza media 55%

Linfoma di Hodgkin (LH) (torna su)
Tumore delle ghiandole linfatiche (linfonodi) di origine linfoide o monocitico-macrofagica con presenza di cellule caratteristiche: cellule di Reed-Sternberg.
Epidemiologia
3-8 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di bambini di età inferiore a 15 anni. Le linfome, di Hodgkin e Non Hodgkin, costituiscono il 15% delle patologie oncologiche infantili. Picco di incidenza: in adolescenza. Prevalenza nel sesso femminile con un rapporto maschi/femmine di 1:2. E’ possibile che alcune infezioni stimolano l’insorgenza di questo tumore.

Segni clinici
Linfoadenomegalia (ingrossamento di ghiandole linfatiche) più frequentamente a livello del collo e delle clavicole, con febbre, sudorazione notturna, perdita di peso, prurito severo. Se sono colpite le ghiandole linfatiche del torace, si possono presentare sintomi di tosse o dispnea (difficoltà respiratoria). Possono essere colpite anche le ghiandole delle ascelle e dell’inguine.

Diagnosi
Deve essere effettuata la biopsia di uno o più linfonodi colpiti.

Terapia
Chemioterapia + radioterapia.

Prognosi
Sopravvivenza globale a 5 anni: 91%


Linfomi non Hodgkin (LNH) (torna su)
Tumori delle ghiandole linfatiche (linfonodi) costituiti da un gruppo eterogeneo di neoplasie che originano dal tessuto linfatico. Possono essere colpiti linfonodi di testa, collo, gola, torace o addome, e i linfomi sono generalmente classificabili in LNH a cellule B, tipo Burkitt e non-Burkitt, che hanno origine in linfociti Be LNH a cellule T che hanno origine in linfociti T. Ci sono molti sottogruppi.
Epidemiologia
4-10 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di bambini di età inferiore a 15 anni. Picco di incidenza a 7-11 anni. Nell’età 15-19 anni, predomina la forma Linfoma a cellule grandi. Prevalenza nel sesso maschile con un rapporto maschi/femmine di 3:1.

Segni clinici
Gonfiore indolore di linfonodi colpiti. La sintomatologia varia a seconda del distretto linfonodale interessato:

torace: tosse, febbricola, dispnea ingravescente (difficoltà respiratoria), versamento pleurico (presenza di liquido nella cavità pleurica.
addome: dolori addominali, vomito, presenza di massa addominale.
collo o inguine: presenza di linfonodi ingrossati e duri del diametro superiore a 2-3 cm.
Diagnosi
Deve essere effettuata la biopsia di uno o più linfonodi colpiti; va eseguito inoltre l'aspirato midollare (midollo osseo), per evidenziare eventuale infiltrazione ed occupazione degli spazi midollari (leucemizzazione) e un esame del liquido cerebrospinale per evidenziare eventuale infiltrazione del sistema nervoso centrale; inoltre altri esami strumentali utili per la diagnosi sono: TAC, ecografia, RMN.

Terapia
Chirurgica nelle forme localizzate. Chemioterapia nelle forme più diffuse associata a Radioterapia. Trapianto di midollo nelle forme resistenti alla terapia tradizionale.

Prognosi
Sopravvivenza globale libera da malattia a 5 anni: 72% Sopravvivenza nei linfomi di I-II grado 85-100%.


Tumori Cerebrali (torna su)
Sono il tumore solido più comune nei bambini e, quindi, la secondo patologia oncologica più comune dopo le leucemie. Sono un gruppo eterogeneo di neoplasie che colpiscono il sistema nervoso centrale (SNC) formato dal cervello, cervelletto, tronco cerebrale. Vi sono vari tipi istologici (a seconda del tipo di cellula interessata) di cui i più frequenti sono: medulloblastomi (25%), craniofaringiomi (13%), astrocitomi (30%), ependimomi (9%).
A seconda della localizzazione all’interno del cervello, vengono inoltre classificati in: sottotentoriali e sopratentoriali (il tentorio è una formazione che separa il cervello dal cervelletto e tronco cerebrale). (Per motivo della localizzazione, possono essere importanti anche i tumori benigni se sono di dimensioni sufficienti da comprimere un parte importante del cervello richiedendo l’estirpazione, e se la loro estirpazione possa causare danni cerebrali importanti. Questi tumori non sono un problema oncologico, ma neurochirurgico.)
Epidemiologia
20-30 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Costituiscono il17% delle patologie oncologiche pediatriche. Picco di incidenza a 5-10 anni di età. Prevalenza nel sesso maschile. Rappresentano il 22% di tutti i tumori maligni dell'età età pediatrica.

Segni clinici
Vi sono sintomi generali per tutti i tipi e quelli specifici a seconda della sede.

Sintomi generali:
cefalea, vomito "a getto" di solito al mattino, strabismo, diplopia (il bambino riferisce di vedere "doppio"). Nei bambini inferiori a 2 anni di età si ha aumento eccessivo della circonferenza cranica, allargamento della fontanella cranica, posizione degli occhi a "sole calante".
Sintomi in base alla localizzazione:
-Cervelletto: atassia (incoordinazione nei movimenti), nistagmo (movimenti ritmici e involontari degli occhi), rigidità nucale.
-Tronco cerebrale: paralisi progressive multiple e bilaterali a carico dei muscoli del capo, atassia.
-Cervello: paresi e convulsioni.
-Ipofisi: ritardo di crescita progressivo, perdita del visus (percezione visiva).
Diagnosi
Per individuare la localizzazione si esegue la tomografia assiale computerizzata (TAC) e/o la risonanza magnetica nucleare (RMN); inoltre per stabilire il tipo istologico si esegue quando è possibile (secondo la sede) il prelievo bioptico.

Terapia
Neurochirurgia quando possibile; radioterapia e chemioterapia pre-operatoria, per ridurre la massa, e post-operatoria, per distruggere cellule tumorali residue.

Prognosi
La sopravvivenza è correlata alla possibilità di un intervento chirurgico radicale; vi possono essere molti effetti collaterali dovuti al intervento chirurgico e alla radioterapia. La prognosi non è favorevole come, invece, per altre neoplasie pediatriche. Varia secondo il tipo tumorale e alla presenza di eventuali metastasi. La sopravvivenza a 5 anni per tutti i tipi insieme è del 65%.


Neuroblastoma (NB) (torna su)
Neoplasia maligna che origina dalle cellule primitive della cresta neurale, formazione embrionale precoce che dà origine al midollare delle ghiandole surrenali e i gangli del sistema nervoso simpatico . E’ il tumore più comune in prima infanzia (sotto 1 anno d’età). Costituisce il 97% dei tumori del sistema nervoso simpatico.
Epidemiologia
6-10 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Costituisce il 7-10% di tutti i tumori solidi nei bambini. Picco di incidenza 55% meno di 2 anni di età. 88% dei bambini colpiti hanno meno di 5 anni. Lieve prevalenza nel sesso maschile con un rapporto maschi/femmine di 1,2:1.

Segni clinici
La sintomatologia varia a seconda della sede interessata.
Localizzazione addominale: dolori addominali, anoressia (perdita di appetito), vomito, presenza di una tumefazione di grosse dimensioni.
Localizzazione toracica: tosse, dispnea (difficoltà respiratoria), disfagia (difficoltà nella deglutizione).
Segni a carattere generale: dolori osteo-articolari, astenia, perdita di peso, pallore, febbre ricorrente.

Diagnosi
Si esegue l'aspirato midollare (midollo osseo) o la biopsia ossea e il dosaggio di due sostanze che si riscontrano in quantità elevata in questa patologia: l'acido vanilmandelico (VMA) e l'acido omovanilico (HVA). Si definiscono i gruppi di rischio (basso, medio, alto) secondo la stadiazione del tumore, l’età del paziente e l’istologia del tumore.

Terapia
La terapia è principalmente chirurgica nelle forme al I-II stadio completamente asportabili; radioterapia nelle forme non completamente asportate; monochemioterapia nelle forme al I stadio o in stadio IVs; polichemioterapia nelle forme al II-IV stadio. Trapianto di midollo.

Prognosi
Il Neuroblastoma a basso e a medio rischio ha una buona prognosi: la sopravvivenza a 5 anni va dal 70 al 90%. A volte va incontro a spontanea regressione. Il Neuroblastoma ad alto rischio è difficile da curare. Il Neuroblastoma ha un diverso comportamento clinico secondo l’età del paziente. Globalmente, la sopravvivenza a 5 anni, secondo l’età alla diagnosi, è: sotto 1 anno – 83%; 1-4 anni – 55%; oltre 5 anni – 40%


Tumore di Wilms (Nefroblastoma) (torna su)
Neoplasia maligna di origine embrionaria che colpisce il rene. Costituisce il più frequente tumore maligno del tratto genitourinario in età pediatrica. Esistono due forme: una forma ereditaria (1-2% dei casi), che si manifesta bilateralmente, spesso associata ad altre anomalie congenite; una forma sporadica, non ereditaria. La forma ereditaria si manifesta più precocemente.
Epidemiologia
5-7 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Picco di incidenza a 1-5 anni di età. Prevalenza nel sesso femminile con un rapporto maschi/femmine di 1:2. Rappresenta il 5-10% di tutti i tumori solidi dell'età pediatrica.

Segni clinici
Si apprezza una tumefazione addominale di grosse dimensioni associata a ematuria (emissione di sangue con le urine), ipertensione arteriosa, stipsi, anoressia (perdita dell'appetito), febbre, dolori addominali.

Diagnosi
Va eseguito prelievo bioptico per effettuare la diagnosi istologica. Esistono diversi tipi istologici che hanno prognosi differente:

prognosi favorevole: epiteliale, blastematoso e misto senza anaplasia.
prognosi sfavorevole: epiteliale, blastematoso e misto con anaplasia.
Terapia
Chirurgica: per tumori Stadi I e II con esame istologica favorevole - asportazione di più tumore possibile, con chemioterapia e radioterapia preoperatoria per ridurre le dimensioni del tumore. Per tumori più difficili da curare - nefrectomia (rimozione del rene intero) Per Stadio I, questo può essere sufficiente. Stadi II-IV: dopo l’intervento chirurgico, polichemioterapia, radioterapia ad alti dosi e radioterapia metabolica (MIBG). In alcuni casi: polichemioterapia aggressiva con Trapianto di Midollo Osseo.

Prognosi
Sopravvivenza globale a 5 anni pari al 80%. Stadi I e II: 90%. Stadio III: 80%. Stadio IV: 70% I tumori anaplastici hanno una prognosi infausta (4%).


Sarcomi dei Tessuti Molle - Rabdomiosarcoma (torna su)
Neoplasie maligne che prendono origine dai tessuti connettivali (muscoli, tendini, tessuno fibroconettivali e vascolari). Rabdomiosarcoma insorge dal tessuto embrionale mesenchimale che dà origine ai muscoli striati. 50% di questi sarcomi sono del tipo Rabdomiosarcoma (RMS). Le altre forme sono rare (fibrosarcoma, liposarcoma, leiomiosarcoma ed altri). Caratteristica comune, oltre alla provenienza, sono l’infiltrazione diffusa del tessuto circostante e la tendenza alla recidiva locale.

Epidemiologia
6-9 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Dopo i tumori cerebrali e il neuroblastoma, i sarcomi dei tessuti molle rappresentano il tumore solido più frequenti in età pediatrica, costituendo il 7.4%. Il rabdomiosarcoma presenta 4-5 nuovi casi all’anno ogni 1.000.000 soggetti pediatrici. Picco di incidenza: RMS: 2-5 anni. Le forme non-RMS sono rare, con picco nel primo anno di vita e in adolescenza.

Segni clinici
Un nodo o una massa. Quando è nell’area della testa, può provocare un blocco con uno scarico dal naso o dalla gola o, a volte, un occhio gonfio o estruso. Nell’addome provoca dolore e difficoltà nell’andare di corpo. Nella vescica, può provocare ematuria (sangue nelle urine) e difficoltà nell’urinare.

Diagnosi
Biopsia della massa per identificare il tipo istologico del tumore. Per controllare le dimensioni ed eventuali metastasi, e, quindi lo Stadio del tumore, RMI o TAC, radiografia del torace, esami del sangue e biopsia midollo osseo.

Terapia
Chirurgica: è essenziale la risezione completa del tumore, se possibile, con chemioterapia e/o radioterapia pre-operatoria per ridurre le dimensioni della massa. Chemioterapia e radioterapia sull’area del tumore, per curare il tumore se non può essere rimosso o per eliminare residui di cellule tumorali.

Prognosi
Sopravvivenza globale a 5 anni: 71%
Rabdomiosarcoma – 64%.
Fibrosarcoma – 82%
Altri non specificati - 74%.


mauretto58
00mercoledì 19 agosto 2009 22:39



Alcuni numeri per capire meglio la malattia
Di seguito un po' di statistiche che spiegano la malattia e la sua incidenza, particolarmente in Italia.

Foto by lonebluelady con licenza Creative Commons
Il cancro nel bambino (leucemie, linfomi e tumori solidi) colpisce 1 bambino ogni 650 entro i 15 anni di età. Sebbene sia un evento raro e le percentuali di guarigione siano alte nei paesi sviluppati, rimane la prima causa di mortalità da malattia nei bambini.

Ogni anno ci sono 120-140 nuovi casi per milione di bambini sotto i 15 anni. Questo significa che ogni anno in Italia si ammalano di tumore o leucemia circa 1700 bambini, circa 5 bambini ogni giorno. Questi numeri sono, purtroppo, in leggera crescita, anno dopo anno.

I tumori infantili sono molto diversi dai tumori degli adulti per tipo, per velocità di accrescimento e per prognosi. Nel bambino, in generale, il tumore più frequente è il gruppo delle leucemie (33%), seguito dai tumori del sistema nervosa centrale (SNC) (22%), i linfomi (12%), il neuroblastoma (7%), i sarcomi dei tessuti molli (7%) e i tumori ossei (6,4%). Le percentuali variano secondo la fascia d’età. Altri tumori più rari ancora sono il retinoblastoma, l’epatoblastoma, il Sarcoma di Ewing, i tumori delle cellule germinali e altri tipi estremamente rari.

Alcune valutazioni ci permettono di affermare che i meccanismi dietro alla formazione di tumori nei bambini (alterazioni geniche casuali e non controllabili in organi e tessuti in rapida crescita) siano diversi dei meccanismi dietro alla formazione di tumori negli adulti (più influenzato da fattori ambientali). Infatti, i tumori sono diversi, e altrettanto diverse sono le terapie praticate ed i risultati ottenuti. Relativamente ai tumori dell’età adulta, i tumori infantili dimostrano di dare una risposta migliore alle terapie, risultati che sono in continuo miglioramento grazie ad una intensa attività di ricerca. Mentre la percentuale globale di guarigioni da cancro in Italia è, negli adulti, del 55%, questa percentuale nei bambini sale al 72%.



mauretto58
00mercoledì 19 agosto 2009 22:41



La malattia: diagnosi, terapie, guarigione
Alcune informazioni mediche sul cancro sulle cure.

Foto by Henriquezoviske con licenza Creative Commons

Diagnosi

Una precoce e accurata diagnosi è fondamentale per scegliere ed iniziare la terapia, che è specifica per ogni tipo tumorale. La sensibilizzazione e l'aggiornamento dei medici di base nel riconoscere da determinati sintomi la possibilità che ci possa essere una patologia oncologica in atto, e nel sapere dove riferire il piccolo paziente, è necessario per anticipare la diagnosi ed iniziare presto la terapia.

Alcuni strumenti moderni come l'ecotomografia, la risonanza magnetica nucleare (RMN) e la Tomografia assiale computerizzata (TAC) si sono dimostrati essenziali per l'iter diagnostico. Le nuove tecniche di valutazione istopatologica delle cellule del tumore, con l'impiego di indagini citogenetiche e biomolecolari, permettono di identificare, nell'ambito di uno stesso tipo di tumore, dei sottogruppi a diverso comportamento biologico, la cui identificazione consente di attuare una terapia sempre più mirata ed efficace.

Le Terapie


Le terapie sono combinazioni, secondo il tipo tumorale, di chemioterapia, chirurgia e radioterapia, a cui è stata aggiunta negli ultimi anni la possibilità di trapianto di midollo osseo. Tutte queste terapie sono raggruppate in un disegno terapeutico specifico per ogni bambino chiamato "protocollo".

La chemioterapia.

I farmaci chemioterapici interferiscono con le capacità delle cellule tumorali di dividere e riprodursi. La chemioterapia è, di solito, una "multichemioterapia" cioè non si utilizza un unico farmaco antitumorale ma una combinazione di farmaci, pratica che si è dimostrata essenziale per debellare le cellule tumorali e distruggere il tumore. Questi farmaci colpiscono cellule in rapida crescita, quindi colpiscono in particolare le cellule tumorali, caratterizzate da una crescita rapidissima e incontrollata, ma colpiscono, seppure in misura minore, anche le cellule del corpo che si moltiplicano con un certo ritmo (mucose di bocca e vie digestive, midollo osseo, follicoli piliferi). Questa spiega certi effetti collaterali, ad esempio la caduta dei capelli e l'abbassamento dei valori del sangue (diminuzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) con susseguente anemia, leucopenia (tendenza ad infezione) e piastrinopenia (minor coagulazione del sangue) durante la terapia. Tuttavia le cellule normali sono in grado di difendersi dal danno, a differenza delle cellule tumorali, e gli effetti collaterali immediati o a breve distanza scompaiono dopo la sospensione della terapia. Alcuni composti hanno anche potenziali effetti tossici sugli organi, e causano, in alcuni casi, effetti collaterali a lungo termine che si sviluppano anche molto tempo dopo la sospensione delle terapie e richiedono controlli regolari dei pazienti anche quando sono fuori terapia o guariti. Alcuni di questi controlli devono continuare nell'età adulta, per evidenziare tempestivamente gli effetti tardivi della terapia ed intervenire in tempi rapidi. La moderna ricerca, oltre a valutare gli effetti di molecole nuove, mira a modificare la combinazione, il dosaggio e i tempi di somministrazione dei farmaci in uso per ottenere l'effetto migliore con minori effetti negativi immediati e a distanza.

La radioterapia

E' di fondamentale importanza nella cura dei tumori pediatrici, anche se è stata riconsiderata rispetto al passato. Infatti, in alcuni pazienti guariti dal tumore può provocare, a distanza di anni, in rapporto all'area irradiata, danni somatici, danni alla crescita e allo sviluppo psico-intellettiva o danni alle funzioni endocrine. E' quindi impiegata con cautela e con tecniche più sofisticate che mirano a ridurre il rischio di effetti collaterali e di un secondo tumore radio-indotto.

La chirurgia

Mantiene un ruolo fondamentale nella terapia dei tumori pediatrici, anche se oggi è inserita in protocolli di cura in cui è associata alla chemioterapia e, a seconda del caso, alla radioterapia. Ciò consente al paziente di arrivare all'intervento quando il volume del tumore è già stato ridotto per effetto della chemioterapia +/- radioterapia, con maggiori possibilità di una asportazione completa e minore necessità di interventi demolitivi su organi e tessuti vitali. Nei sarcomi ossei, ad esempio, interventi di amputazione di arti sono sempre più rari, ed è spesso possibile la ricostruzione della parte mancante e la ripresa della funzionalità dell'arto.

Il trapianto di midollo osseo (TMO)

Il midollo osseo, cioè la sostanza gelatinosa all'interno delle ossa, è la sede dove vengono prodotte, da "cellule staminali" immature, le cellule mature del sangue, che non hanno vita infinita ma sono costantemente ricambiate con cellule nuove. Il "tumore" delle cellule del midollo osseo (Leucemia) non è solido, ma colpisce lo spazio midollare delle ossa, da cui le cellule malate sono rilasciate nel sangue. L'intervento di trapianto di midollo osseo consiste nella distruzione completa del midollo osseo del paziente, infarcito di cellule leucemiche malate e incapace quindi di funzionare, e la sua sostituzione con cellule staminali di midollo osseo da donatore compatibile. Le cellule midollari sane vengono aspirate dalle ossa del bacino del donatore e infuse nel paziente per trasfusione, e vanno a collocarsi naturalmente nella propria sede, costruendo nuovo materiale midollare, sano. Il midollo osseo tolto al donatore si ricostruisce entro pochi giorni.

Una nuova tecnica sviluppata in Italia a Perugia permette il trapianto di midollo osseo prelevato da un genitore, perfettamente compatibile per il 50% del corredo genetico.

E' anche possibile prelevare le cellule staminali dal sangue circolante del donatore. In questo caso, bisogna che il donatore esegua per qualche giorno un trattamento con un farmaco (Fattore di crescita granulocitario, G-CSF) che stimola la liberazione delle cellule staminali dal midollo nel sangue. Il donatore viene poi sottoposto ad "aferesi di cellule staminali", che è un prelievo simile ad una donazione di plasma o di piastrine, nel quale però sono raccolte cellule staminali che verranno poi infuse al paziente come avviene per il midollo.

La tecnica del trapianto di midollo osseo non è utilizzata soltanto per le leucemie, ma fornisce uno strumento per poter utilizzare, per i tumori solidi, terapie ad alte dosi che tendono a distruggere non soltanto il tumore ma il midollo osseo stesso del paziente (anche le cellule staminali sono cellule in rapida crescita). Il prelievo e la conservazione, prima dell'inizio della chemioterapia, di midollo osseo dal paziente , o di cellule staminali che circolano anche nel suo sangue periferico (aferesi), permette più tardi una reinfusione di queste cellule e il ripristino della funzione del midollo osseo del paziente, svuotato dalla chemioterapia (trapianto autologo o autotrapianto).

Il trapianto di midollo osseo da donatore ( trapianto allogenico ) è possibile soltanto se vi è un donatore "compatibile", cioè con le stesse caratteristiche genetiche del paziente.

Statisticamente, un fratello su 4 è compatibile. Mancando un fratello compatibile, è possibile ricercare un donatore non-familiare idoneo nella banca dati mondiale dei donatori volontari di midollo osseo. Attualmente la banca comprende oltre 10 milioni di potenziali donatori nel mondo. In Italia, grazie al lavoro di ADMO (Associazione Donatori di Midollo Osseo), nel Registro donatori (Italian Bone Marrow Donor Registry, IBMDR) vi sono oltre 300.000 iscritti tipizzati. . Inoltre, vi è oggi la possibilità di utilizzare per il trapianto le cellule staminali molto immature che si trovano nel sangue placentare di neonati e che possono essere raccolte dal cordone ombelicale dopo il parto e crioconservate. Queste cellule sono una alternativa alle cellule del midollo osseo maturo o alle cellule staminali circolanti e possono essere utilizzate per il trapianto soprattutto in bambini, perché sono in quantità limitata. L'iscrizione nelle liste di donatori di midollo osseo e la donazione di cordone e placenta da parte di nuove mamme sono atti altruistici essenziali per salvare la vita di tante persone, spesso bambini.

Tuttavia, è bene tenere presente che il trapianto non può ottenere dei risultati miracolosi. In realtà è una terapia molto pesante con molti rischi e potenziali effetti collaterali gravi, per cui va intrapreso soltanto in casi selezionati, nei quali la terapia convenzionale non offre possibilità di guarigione

Le nuove terapie: le Terapie Biomolecolari

Si tratta dello sviluppo di farmaci "intelligenti", in grado di colpire e distruggere le cellule cancerose senza danneggiare le cellule sane e, quindi, senza tossicità collaterale. Per questa nuova categoria di farmaci non è stato trovato casualmente l'effetto antitumorale, come per molti farmaci antitumorali di vecchia generazione, ma è il risultato di una progettazione razionale di nuove specifiche molecole. Le cellule tumorali possiedono sulla superficie molecole proteiche che non sono presenti in nessuna cellula sana del corpo. Sono proteine tumorali. Le proteine sono prodotte dai geni che costituiscono il DNA della cellula, e quindi queste proteine anomale esprimono la presenza di un gene alterato che ha causato la trasformazione della cellula normale in una cellula che, moltiplicandosi rapidamente e senza fine, è causa del tumore e della sua capacità di infiltrare il corpo. I nuovi farmaci sono molecole capaci di identificare una determinata proteina sulla superficie delle cellule malate; si legano quindi a queste cellule e agiscono sul gene mutato del DNA cellulare, bloccando la sua funzione. Prendono a bersaglio soltanto le cellule malate. Non danneggiano le cellule sane che non possiedono queste proteine. In molti laboratori di biologia molecolare in tutto il mondo, incluso l'Italia, sono in corso di sviluppo e di sperimentazione queste nuove molecole, in particolare per i tumori resistenti alle terapie tradizionali. Qualche molecola per qualche tipo tumorale specifico è già in sperimentazione anche nei bambini. Queste terapie saranno il futuro per la cura del cancro.

Le nuove terapie: Le Immunoterapie

L'immunoterapia funziona utilizzando il sistema immunitario del paziente, cioè quel sistema composto di linfonodi, milza, tonsille, midollo osseo e cellule bianche del sangue che proteggono contro infezioni e malattie. Come la chemioterapia, può essere utilizzata per combattere il cancro. Mentre la chemioterapia aggredisce le cellule tumorali direttamente, l'immunoterapia agisce stimolando o facilitando il sistema immunitario che viene così ingaggiato nella lotta contro le cellule tumorali.

Gli scienziati non capiscono del tutto in che modo l'immunoterapia assiste il sistema immunitario, ma pensano che

ferma o rallenta la crescita delle cellule tumorali
potenzia il sistema immunitario nella distruzione o nell'eliminazione delle cellule tumorali
ferma la diffusione del tumore in altre parti del corpo.
Il sistema immunitario lavora distinguendo cellule "buone" che fanno parte della salute del corpo e cellule "cattive" che portano malattie, distruggendo queste ultime cellule e difendendo l'organismo. Ma a volte questo meccanismo non funziona. Gli scienziati fanno ricerche per capire perché il sistema immunitario, che fa sì che molte cellule mutate, che potrebbero col tempo trasformarsi in cellule tumorali, vengono distrutte subito, non riesce ad impedire lo sviluppo delle cellule che causano il tumore. I farmaci utilizzati in immunoterapia si sono mostrati capaci di aiutare il sistema immunitario a fare questo lavoro. L'immunoterapia può essere utilizzata da sola, per alcuni tumori, o, più spesso, insieme alla chemioterapia per distruggere il tumore o alleviare certi effetti collaterali dei farmaci antitumorali come, ad esempio, la tendenza a contrarre infezioni.



Le sperimentazioni cliniche

Nell'affrontare il problema delle sperimentazioni cliniche in oncologia pediatrica, è importante realizzare che nei Paesi dove c'è un buon accesso dei bambini alle sperimentazioni, aumenta la percentuale di guarigioni per tutti i bambini nell'insieme relativamente a tutte le patologie oncologiche. L'AIEOP, attraverso la sua rete di Centri, è attivamente coinvolto in moltissime sperimentazioni cliniche sia a livello nazionale che internazionale.

Le sperimentazioni possono riguardare nuovi farmaci, in particolare la nuova generazione di farmaci che operano a livello molecolare, o farmaci già in uso, sperimentando nuove combinazioni, diversi dosaggi e diversi tempi di somministrazione alla ricerca di protocolli di cura sempre più efficaci e meno tossici.

I farmaci nuovi sono sperimentati prima in laboratorio, per studiare gli effetti sui vari tipi di tumore in vitro ed in animali da laboratorio. Le prime sperimentazioni a livello clinico (sulle persone) avvengono sugli adulti, e una volta confermata l'efficacia e controllata l'eventuale tossicità possono essere messi a disposizione dei bambini per determinare efficacia e dosaggio minimo. Queste prime sperimentazioni (fase I) reclutano malati che non hanno altre possibilità di cura. Ulteriori livelli di sperimentazione (fasi II e III) mettono a confronto protocolli sperimentali con protocolli standard, per affinare l'uso dei farmaci relativamente a dosaggio e tempo di somministrazione e determinare quale protocollo da migliori effetti di efficacia e più bassa tossicità. I bambini non sono quasi mai inseriti in studi di fase I, e le sperimentazioni in pediatria vengono effettuate sulla base dei risultati di studi di fase I e II condotti su adulti.

Un Comitato Etico autorizza l'esecuzione di ogni protocollo sperimentale e ne controlla l'andamento . E' essenziale che i genitori siano correttamente informati sul protocollo di sperimentazione a cui il proprio figlio è sottoposto e che esprimano il loro consenso (consenso informato). I genitori possono temere, nel firmare il consenso, di perdere il controllo sulle cure del proprio figlio, dando un permesso illimitato ai medici: in realtà la partecipazione ad un protocollo sperimentale può offrire ai bambini delle possibilità in più, e, d'altra parte, il consenso può essere revocato in qualsiasi momento da parte dei genitori. La firma del consenso informato avviene al termine di un colloquio con i medici, durante il quale sono spiegate le modalità del trattamento, i possibili rischi, i risultati attesi. I genitori devono sentirsi liberi di porre domande e di chiedere chiarimenti se non hanno compreso qualcosa.

La Guarigione

Le percentuali di guarigione dei tumori nei bambini , nel mondo progredito, variano secondo la patologia, arrivando al 90 % per alcune forme, mentre per altre le percentuali sono molto più basse. Una intensa attività di ricerca per queste forme resistenti alle terapie è in atto in tutto il mondo, e l'Italia partecipa in pieno a questa attività.

COSA SIGNIFICA GUARIRE? Una percentuale molto elevata di bambini sopravviventi a 5 anni dalla diagnosi, e ancora più elevata tra i bambini sopravviventi a 10 anni, non si ammala più del tumore che è stato curato e questi bambini possono essere dichiarati "guariti". "Guarito" significa che si ha la stessa probabilità di riammalarsi della malattia di quella della popolazione normale (cioè quasi nessuno, essendo queste malattie rare). Significa che la malattia pregressa è andata via, e il bambino può riprendere la sua vita normale.

Possono rimanere degli esiti delle terapie, come, ad esempio, una amputazione per la terapia chirurgica, o la sterilità per certi tipi di radioterapia, o un problema cardiaco per qualche chemioterapico, e possono svilupparsi negli anni, in alcuni dei giovani guariti dal tumore infantile, altri effetti collaterali negativi, ma la malattia non c'è più. I giovani guariti devono prendere la responsabilità di sottoporsi a controlli regolari per evidenziare precocemente eventuali effetti a lunga distanza. Come per tutti, a maggior ragione per un soggetto guarito da un tumore da bambino è indicato uno stile di vita "sano" (evitare fumo, alcolici, eccessi alimentari).


Come per tutte le persone, può insorgere più avanti un altro tumore. Questi tumori sono diversi dal tumore curato in infanzia, e le probabilità di avere un altro tumore più avanti nella vita sono soltanto un pò più elevate della popolazione normale. La maggiore parte dei bambini guariti sta bene in ogni senso.

mauretto58
00mercoledì 19 agosto 2009 22:42



FAQ: Le domande più frequenti che si pongono i genitori
Il Dr. Richard O’Reilly, Direttore di Pediatria e del Servizio di Trapianto di Midollo Osseo della Sloan-Kettering Institute (USA), risponde alle domande che i genitori dei bambini malati si pongono più spesso.

Foto by oberazzi con licenza Creative Commons

1. Perché è successo questo a nostro figlio? E’ colpa nostra?

Non sappiamo ancora tutto sulle cause del cancro in età pediatrica, ma oggigiorno sappiamo moltissimo. Un fatto da tenere a mente è che sono rarissime le forme tumorali genetiche, che passano dai genitori ai figli. I genitori spesso si sentono responsabili per la malattia che ha colpito il loro bambino. Per quasi tutte le forme di cancro infantile, non hanno nessuna responsabilità.

2. Gli altri nostri figli possono prendere il cancro?

Di nuovo, i tumori geneticamente determinati nei bambini sono rarissimi. Le probabilità che si sviluppi un tumore in un altro bambino della famiglia è molto raro. Per la grande maggioranza dei tumori nei bambini, non esiste evidenza di una particolare predisposizione genetica.

3. Cosa possiamo aspettarci dalle terapie?

I genitori devono sapere che l’approccio alle terapie e molto migliorato negli ultimi anni. Ora, con le terapie moderne, più di 70% dei bambini guariranno. Le percentuali di guarigione specifiche per ogni tumore possono essere di più o di meno secondo il tipo di tumore e lo stadio alla diagnosi. Una priorità dei medici è di mantenere il più possibile la qualità di vita del bambino durante le terapie. Ad esempio, molte terapie possono essere somministrati in Day Hospital, evitando il ricovero. Molti nuovi metodi sono stati sviluppati per diminuire gli effetti negativi della terapia, incluso cateteri venosi centrali per evitare di forare continuamente il bambino, e nuovi farmaci che prevengono le lesioni delle mucose della bocca e aiutano a ricuperare un adeguato livello delle cellule del sangue. In più, ora esistono nuovi farmaci che combattono la nausea e evitano il vomito. L’alimentazione totale per via parenterale evita il calo di peso,. L’uso di antibiotici riduce il problema di infezioni. Un farmaco chiamato G-CSF aumenta il conto dei globuli bianchi dei bambini sottoposti a chemioterapia. Nuovi metodi per salvare gli arti fanno una enorme differenza per i bambini con tumori ossei. Il risultato è che i chirurgi, ora, fanno molte amputazioni in meno. Tutto questo non significa che il bambino avrà vita facile durante questo periodo, perché avere un tumore non è facile. Non c’è dubbio che le terapie moderne che guariscono il cancro richiedono trattamenti intensivi, e che questi trattamenti possono essere tossici. Ma quasi tutti gli effetti negativi immediati sono reversibili, una volta finito la terapia.

4. Nostro figlio potrà vivere una vita normale alla fine delle terapie?

I bambini rispondono enormemente bene alle terapie. La risposta è sì.

5. Che effetti avranno le terapie per il tumore sulla crescita e sullo sviluppo del nostro figlio?

Alcune terapie possono incidere sulla crescita, ma si sono fatti molti aggiustamenti nelle modalità di fare le terapie per cercare di ridurre questi effetti negativi. Programmi sono in atto per i giovani guariti da tumore infantile per controllare nel tempo il loro stato di salute, dare loro i consigli per rimanere in salute e raccogliere dati che loro riportano sugli eventuali effetti negativi a lunga distanza che hanno subito. Questo continuo aggiornamento serve per studiare nuove tecniche atte ad evitare o diminuire le complicanze.

6. I bambini col cancro guariscono veramente?

La risposta è sì, sì, sì!

7.Cosa significa “guarito”?

Significa che questi bambini crescono e diventano adulti sani, e potranno avere anche loro dei figli.


mauretto58
00giovedì 27 agosto 2009 17:34
IL TUMORE DEL CERVELLO

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L'informazione fornita è un'informazione scientifica generale: soltanto il medico può, in base alla storia clinica e familiare di ogni paziente, dare informazioni e consigli per il singolo caso specifico.
L'informazione contenuta in queste pagine ha pertanto lo scopo di chiarire alcune problematiche ed alcuni concetti generali per fare in modo che nel rapporto medico-paziente possa instaurarsi più facilmente un dialogo costruttivo basato sulla fiducia reciproca.



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Introduzione
Il cervello
I tumori del cervello
Possibili cause
Tumori del cervello primari
Tumori del cervello secondari
Sintomi
Diagnosi
Trattamento
Pianificazione del trattamento
Metodi di cura
Studi clinici
Effetti collaterali
Riabilitazione
Follow up
Convivere con il cancro
Chi può essere d'aiuto
Chiedere e ottenere informazioni presso l'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro
Glossario




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INTRODUZIONE
Ogni anno numerose persone in Italia scoprono di avere un tumore al cervello. Queste pagine intendono aiutare i pazienti e i loro familiari e amici a comprendere meglio questa malattia. Ci auguriamo che anche altre persone leggano le informazioni che seguono e ne traggano un utile insegnamento.

Parleremo di screening, diagnosi precoce, sintomi e di protocolli diagnostici e terapeutici. Sappiamo che queste pagine non potranno dare una risposta ad ogni domanda sul tumore al cervello (non si sostituiscono, infatti, al colloquio con il medico o il personale infermieristico), ma speriamo che possano aiutarvi ad interagire in modo più consapevole col personale coinvolto nella cura della vostra salute. [Torna all'indice][Glossario]



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IL CERVELLO
testo originale del settembre 1999 - tradotto e validato nel gennaio 2000
Il cervello e il midollo spinale formano, nell'insieme il sistema nervoso centrale (SNC). Questo sistema complesso è coinvolto in ogni cosa che facciamo. Esso controlla le azioni volontarie, come camminare e parlare, e quelle che il nostro corpo esegue automaticamente, come respirare e digerire i cibi. Il sistema nervoso centrale regola inoltre il funzionamento degli organi di senso: vista, udito, tatto, gusto e olfatto, controlla le nostre emozioni, i nostri pensieri e la memoria.

Il cervello è una massa soffice e spugnosa di cellule nervose e di tessuto di supporto. È composto da tre parti principali: il cerebro (emisferi cerebrali), il cervelletto e il tronco encefalico, che sono strettamente connesse pur possedendo singole funzioni specifiche.

Gli emisferi cerebrali, destro e sinistro, rappresentano la parte più estesa del cervello ed occupano la quasi totalità della cavità cranica. La corteccia cerebrale (la parte più esterna degli emisferi) ed alcuni nuclei (aree interne) elaborano informazioni che provengono dai nostri sensi all'interno ed all'esterno del nostro corpo, e codificano le nostre risposte. L'emisfero di destra controlla i muscoli della parte sinistra del corpo e l'emisfero di sinistra controlla i muscoli della parte destra. Da questa zona del cervello dipendono anche la parola, le emozioni, la lettura, il pensiero, l'apprendimento.

Il cervelletto, posto sotto il cerebro nella zona posteriore del cervello, regola l'equilibrio e azioni complesse quali il camminare e il parlare.

Il tronco encefalico collega il cervello al midollo spinale. Esso controlla la fame, la sete ed alcune delle funzioni corporee di base come la temperatura, la pressione sanguigna e il respiro.

Il cervello è protetto dalle ossa del cranio, da un rivestimento formato da tre sottili membrane chiamate meningi e dal liquido cerebrospinale. Quest'ultimo è prodotto da speciali cellule in quattro spazi cavi chiamati ventricoli. Il liquido scorre attraverso i ventricoli negli spazi tra le meningi. Il liquido cerebrospinale apporta al cervello le sostanze nutritive prelevate dal sangue, rimuovendo le sostanze di rifiuto.

Il midollo spinale è formato da fasci di fibre nervose. Esso, partendo dal cervello, percorre un canale interno alla colonna vertebrale. Come il cervello, il midollo osseo e rivestito dalle meningi e protetto dal liquido cerebrospinale e dalle vertebre.

Dal midollo spinale e dal tronco encefalico originano i nervi che collegano il SNC ad ogni cellula del nostro corpo con una trasmissione a due sensi dal centro alla periferia e viceversa. [Torna all'indice][Glossario]



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I TUMORI DEL CERVELLO
Sono presenti nel nostro organismo numerosi tipi di cellule che in condizioni normali crescono e si dividono in modo ordinato per produrre altre cellule necessarie a garantire le funzioni vitali. Talvolta questo processo si trasforma in una proliferazione incontrollata, dando luogo alla formazione di una massa di tessuto aggiuntivo chiamato tumore. I tumori possono essere benigni o maligni.



I tumori cerebrali benigni non sono formati da cellule cancerose. Di solito vengono asportati e nella maggior parte dei casi non danno luogo a recidive. I margini dei tumori cerebrali benigni sono ben definiti. Benché non invadano i tessuti circostanti, questi tumori possono comprimere aree sensitive del cervello e dare luogo a specifici sintomi.
I tumori cerebrali maligni sono formati da cellule cancerose, danneggiano le funzioni vitali e mettono in pericolo la sopravvivenza del paziente. In genere crescono molto rapidamente e invadono i tessuti circostanti. Come le piante, questi tumori possono formare radici che si addentrano nel tessuto cerebrale sano. Se un tumore maligno rimane compatto e non produce radici, si definisce incapsulato. Quando un tumore benigno è localizzato in un'area vitale del cervello e interferisce con le funzioni vitali, viene considerato maligno (anche se non è formato da cellule cancerose).
I medici classificano alcuni tumori del cervello a seconda del grado, che può essere compreso tra basso (grado I) ad elevato (grado IV). Il grado del tumore è stabilito in base all'esame microscopico delle cellule tumorali. Le cellule di un tumore di grado elevato presentano un aspetto anomalo e in genere crescono più velocemente rispetto alle cellule appartenenti a tumori di basso grado; i tumori di grado elevato hanno caratteristiche di malignità più marcate di quelli di grado inferiore. [Torna all'indice][Glossario]



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POSSIBILI CAUSE
Le cause dei tumori cerebrali sono sconosciute. I ricercatori stanno studiando a fondo il problema, in quanto una maggiore conoscenza delle cause condurrà alla scoperta di adeguati mezzi di prevenzione. I medici non sono ancora in grado di spiegare perché una persona e non un'altra si ammala di cancro al cervello, ma si sa con sicurezza che questo tipo di tumore non è contagioso.

Benché i tumori cerebrali possano colpire soggetti di ogni età, alcuni studi mostrano che sono più frequenti in due fasce d'età: nei bambini dai 3 ai 12 anni e negli adulti dai 40 ai 70 anni.

Studiando un gran numero di pazienti, i ricercatori hanno individuato alcuni fattori di rischio che aumentano le probabilità di ammalarsi di cancro al cervello. Le persone che presentano questi fattori mostrano un rischio più elevato rispetto alla media di sviluppare un tumore cerebrale. Per esempio, alcuni studi dimostrano che alcuni tipi di tumore del cervello insorgono con maggiore frequenza nei lavoratori di alcune industrie, come le raffinerie, le industrie di lavorazione della gomma e le industrie farmaceutiche. Altri studi hanno mostrato che l'incidenza dei tumori cerebrali è più elevata tra chimici e imbalsamatori. Alcuni ricercatori stanno anche prendendo in considerazione come possibile causa l'esposizione a determinati virus. Inoltre, dal momento che i tumori al cervello colpiscono talvolta più membri di una stessa famiglia, si stanno esaminando le famiglie con storia di tumori cerebrali per determinare se una delle possibili cause sia l'ereditarietà. Attualmente i ricercatori non credono che lesioni craniche possano indurre lo sviluppo di un tumore.

Molto spesso, alcuni pazienti colpiti da tumori cerebrali non sono soggetti a fattori di rischio evidenti. In questo caso, l'insorgere della malattia è probabilmente determinato da più fattori concomitanti. [Torna all'indice][Glossario]



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TUMORI DEL CERVELLO PRIMARI
I tumori che originano nel tessuto cerebrale sono conosciuti come tumori cerebrali primari. (I tumori secondari, che si sviluppano quando cellule cancerose provenienti da un altro tumore si diffondono al cervello, sono discussi nel capitolo "Tumori al cervello secondari"). I tumori primari sono classificati in base al tessuto nel quale hanno origine. I più comuni sono i gliomi, che si sviluppano nel tessuto gliale (di supporto). Esistono diversi tipi di gliomi:



Astrocitomi: originano da piccole cellule stellate chiamate astrociti. Essi possono crescere ovunque nel cervello e nel midollo osseo. Negli adulti, gli astrocitomi si sviluppano più frequentemente nel cerebro, nei bambini, invece, nel tronco encefalico, nel cerebro e nel cervelletto. Un astrocitoma di grado III è talvolta chiamato astrocitoma anaplastico. Un astrocitoma di grado IV è generalmente definito glioblastoma multiforme.
Gliomi del tronco encefalico: originano nella parte inferiore del cervello nel tronco encefalico che regola molte funzioni vitali. Questi tumori generalmente non possono essere rimossi. La maggior parte dei gliomi del tronco encefalico sono astrocitomi di grado elevato.
Ependimomi: normalmente si sviluppano nel tessuto di rivestimento dei ventricoli, ma possono originare anche nel midollo osseo. Sebbene questi tumori possano svilupparsi a qualsiasi età, sono però più comuni nei bambini e negli adolescenti.
Oligodendrogliomi: si sviluppano dalle cellule che producono la mielina, il rivestimento protettivo dei nervi. Questi tumori generalmente originano nel cerebro, crescono lentamente e di solito non si diffondono nei tessuti circostanti. Gli oligodendrogliomi sono rari e compaiono più spesso in adulti di media età, benché anche soggetti appartenenti ad altre fasce d'età ne siano stati colpiti.
Altri tipi di tumori cerebrali non originano dai tessuti gliali. Ecco una descrizione dei più comuni:



Medulloblastomi: si riteneva in precedenza che questi tumori si sviluppassero nelle cellule gliali, invece recenti ricerche suggeriscono che originano da cellule nervose primitive (in fase di sviluppo) che normalmente scompaiono dall'organismo dopo la nascita. Per questa ragione i medulloblastomi sono chiamati talvolta tumori neuroectodermici primitivi. La maggior parte dei medulloblastomi si forma nel cervelletto, ma possono svilupparsi anche in altre zone. Sono tumori molto più diffusi nei bambini, in particolar modo nei soggetti di sesso maschile.
Meningiomi: si formano nelle meningi e generalmente sono benigni. Poiché sono tumori che si sviluppano molto lentamente, il cervello può adattarsi alla loro presenza; i meningiomi di solito raggiungono notevoli dimensioni prima di causare sintomi. Compaiono con più frequenza nelle donne di età compresa tra i 30 e i 50 anni.
Schwannomi: sono tumori benigni che originano dalle cellule di Schwann che producono la mielina che protegge il nervo acustico, il nervo dell'udito. I neuromi acustici sono una varietà di Schwannoma. Sono tumori dell'età adulta e colpiscono le donne con una frequenza due volte superiore rispetto agli uomini.
Craniofaringiomi: si sviluppano nella regione della ghiandola pituitaria, situata nei pressi dell'ipotalamo. Generalmente di carattere benigno, sono talvolta considerati maligni in quanto possono comprimere e danneggiare l'ipotalamo compromettendo funzioni vitali. Questi tumori sono più frequenti in bambini e adolescenti.
Tumori delle cellule germinali: originano da cellule sessuali primitive (in fase di sviluppo) o da cellule germinali. I più frequenti sono i germinomi.
Tumori della regione pineale: si sviluppano nelle regioni circostanti la ghiandola pineale, un minuscolo organo situato al centro del cervello. Questo tumore può essere a crescita lenta e allora si chiama pineocitoma, oppure può svilupparsi velocemente, e in tal caso si definisce pineoblastoma. Dato che la regione pineale è molto difficile da raggiungere, è spesso impossibile asportare questo tipo di tumori.
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TUMORI DEL CERVELLO SECONDARI
Il cancro si diffonde nell'organismo per mezzo delle metastasi. Un tumore sviluppatosi in un'altra zona può diffondersi al cervello e generare un tumore secondario. Questi tumori non sono uguali ai tumori cerebrali primari: si tratta infatti della stessa malattia, che assume lo stesso nome del tumore primario. Ad esempio, se un cancro al polmone si diffonde al cervello, la malattia viene chiamata cancro al polmone metastatico perché le cellule del tumore secondario hanno l'aspetto di cellule polmonari anomale e non di cellule cerebrali.

Il trattamento per i tumori cerebrali secondari dipende dalla zona in cui essi hanno avuto origine, dall'estensione della malattia e da altri fattori come l'età del paziente, lo stato di salute generale e la reazione a precedenti trattamenti. [Torna all'indice][Glossario]



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SINTOMI
I sintomi del tumore al cervello dipendono in gran parte dalle dimensioni e dalla localizzazione e sono causati dai danni prodotti al tessuto vitale e dalla pressione esercitata sul cervello in seguito alla crescita del tumore nello spazio limitato del cranio.
Possono anche essere provocati da un rigonfiamento e da un ristagno di fluido intorno al tumore, una condizione chiamata edema. I sintomi possono inoltre derivare dall'idrocefalo, che si sviluppa quando il tumore blocca il flusso del fluido cerebrospinale che viene così ritenuto nei ventricoli.
In caso di crescita molto lenta del tumore, i sintomi possono presentarsi molto gradualmente, tanto da passare inosservati per lungo tempo.

I sintomi più frequenti del tumore al cervello sono:



mal di testa pronunciato al mattino che tende ad attenuarsi nel corso della giornata,
accessi epilettici (convulsioni),
nausea o vomito,
senso di debolezza o ridotta sensibilità delle braccia o delle gambe,
balbuzie o mancanza di coordinazione nella deambulazione (passo atassico),
movimenti oculari anomali o modificazioni della vista,
sonnolenza,
cambiamenti di personalità o disturbi della memoria,
disturbi del linguaggio.
Questi sintomi possono essere causati da tumori cerebrali o da altri problemi. Solo un medico sarà in grado di stabilire una diagnosi corretta. [Torna all'indice][Glossario]



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DIAGNOSI
Al fine di risalire alle origini dei sintomi, il medico interrogherà il paziente sulla sua anamnesi e sulla storia familiare, oltre ad eseguire un esame fisico completo ed un esame neurologico. Ciò include una valutazione dello stato di vigilanza, dell'energia muscolare, della coordinazione, dei riflessi, e della risposta al dolore. Il medico esamina inoltre gli occhi per individuare l'eventuale presenza di un rigonfiamento causato dalla compressione da parte del tumore del nervo ottico che connette gli occhi al cervello.

In base ai risultati dell'esame fisico e neurologico, il medico può richiedere uno dei seguenti esami o entrambi:



TAC : si tratta di una serie di immagini dettagliate del cervello create da un computer collegato ad un apparecchio a raggi X. In alcuni casi, prima di effettuare la scansione viene iniettato in vena uno speciale colorante che evidenzia le anomalie nel tessuto cerebrale.
IRM (immagine a risonanza magnetica): produce immagini dettagliate del cervello, grazie ad un potente magnete collegato ad un computer. È ritenuta particolarmente utile nella diagnosi dei tumori cerebrali poiché permette di "vedere" attraverso le ossa del cranio fino ai tessuti sottostanti. Si può usare uno specifico colorante per aumentare le possibilità di evidenziare un tumore cerebrale.
Il medico potrà inoltre prescrivere altri esami, come i seguenti:



Radiografia del cranio, per scoprire se un eventuale tumore abbia provocato modificazioni alle ossa del cranio. Questo esame può anche rivelare depositi di calcio tipici di alcuni tumori cerebrali.
Una scansione del cervello rivelerà zone di crescita anormale registrandole su una speciale pellicola. Una sostanza moderatamente radioattiva viene somministrata al paziente per via endovenosa. Questo materiale è assorbito dal tumore, che viene evidenziato nella pellicola. (Le radiazioni, che non sono dannose per il paziente, scompariranno dall'organismo dopo circa sei ore.
Un angiogramma o arteriogramma consiste in una serie di esami radiografici effettuati dopo aver iniettato in un'arteria uno speciale colorante (generalmente nell'area che collega le gambe all'addome), il cui scorrimento attraverso i vasi sanguigni della zona cerebrale può essere osservato tramite radiografia, evidenziando il tumore e i vasi sanguigni ad esso diretti.
Un mielogramma è una radiografia della colonna vertebrale. Uno speciale colorante viene iniettato nel liquido cerebrospinale, mentre il paziente viene collocato in posizione inclinata in modo da permettere al colorante di mescolarsi con il liquido. Questo esame viene prescritto quando si sospetta la presenza di un tumore al midollo spinale.
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TRATTAMENTO
Il trattamento dei tumori al cervello dipende da diversi fattori. Tra questi, troviamo il tipo, la localizzazione e le dimensioni del tumore, l'età e le condizioni generali del paziente. I metodi e le strategie di trattamento variano a seconda che il paziente sia un bambino o un adulto. Il medico pianifica il trattamento adattandolo ad ogni necessità del paziente.

Il medico curante potrebbe voler discutere il caso con medici specializzati nella cura dei tumori cerebrali. Anche il paziente potrebbe voler parlare con il medico dell'opportunità di prendere parte ad una sperimentazione su nuovi metodi di trattamento. Questi studi vengono chiamati studi clinici e verranno trattati nel capitolo dedicato agli "Studi clinici".

Molti pazienti desiderano conoscere il maggior numero possibile di informazioni sulla loro malattia e sulle possibilità di cura, in modo da poter scegliere consapevolmente il trattamento più adatto al loro caso. Una persona colpita da tumore al cervello avrà molte domande da porre e il medico è la persona più adatta per dare risposte corrette. La maggior parte dei pazienti desidererà sapere da quale tipo di tumore è affetto, quali tipi di trattamento sono disponibili, quanto efficace potrà essere il trattamento e quali costi dovrà sostenere.

Ecco alcune domande importanti da rivolgere al medico:



Quale tipo di trattamento riceverò?
Quali sono i potenziali benefici del trattamento?
Quali sono i rischi e i possibili effetti collaterali del trattamento?
Che cosa si può fare per contrastare gli effetti collaterali?
Esiste uno studio clinico appropriato per il mio caso?
Le mie normali attività cambieranno? Se sì, per quanto tempo?
Con quale frequenza dovrò sottopormi a visite di controllo?
Molte persone trovano utile preparare una lista delle domande da porre prima di incontrare il medico. Prendere appunti durante il colloquio potrà aiutare a ricordare le informazioni fornite dal medico. Alcuni preferiscono farsi accompagnare da un familiare o un amico che possa prendere parte alla discussione o anche soltanto ascoltare.

I pazienti e i loro familiari hanno molto da imparare sul tumore del cervello e sulle varie terapie applicabili: non dovranno stupirsi pertanto se non comprenderanno tutte le risposte immediatamente. Capiteranno numerose altre occasioni per chiedere spiegazioni al medico sui vari dubbi che potranno sorgere. [Torna all'indice][Glossario]



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Pianificazione del trattamento
Le decisioni da prendere sulla cura più appropriata per il tumore al cervello sono complesse. Prima di cominciare il trattamento il paziente desidererà probabilmente consultare un altro medico in merito alla diagnosi espressa e alle modalità di trattamento. Ecco alcuni modi per trovare un medico a cui chiedere un secondo parere:



Il medico curante potrà suggerire uno o più specialisti che trattano i tumori al cervello.
I nominativi di specialisti sono reperibili anche presso un ospedale, un centro oncologico o presso la facoltà di medicina dell'Università.
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Metodi di cura
I trattamenti impiegati per la cura dei tumori cerebrali sono: chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Questi metodi possono essere utilizzati anche in combinazione in base alle necessità del paziente. Il paziente durante il trattamento potrebbe essere seguito da un gruppo di specialisti formato da un neurochirurgo, un oncologo medico e un oncologo radioterapista che collaboreranno con personale di supporto come infermieri, dietisti e assistenti sociali. In alcuni casi, potrebbe essere necessario l'intervento di un fisioterapista, di un medico del lavoro e di un logopedista.

Prima dell'inizio del trattamento alla maggior parte dei pazienti affetti da edema vengono somministrati steroidi per eliminare il rigonfiamento. Possono anche essere somministrati anticonvulsivanti, farmaci che aiutano a prevenire o controllare le crisi convulsive. Se è presente un idrocefalo, si potrà decidere di effettuare uno shunt per drenare il fluido cerebrospinale. Si tratta di un tubo lungo e sottile inserito in un ventricolo del cervello e poi fatto scorrere sotto la pelle fino ad un'altra parte del corpo, generalmente l'addome. Questo dispositivo funziona come una pompa di drenaggio: il fluido in eccesso viene estratto dal cervello e assorbito dall'addome. (Alcune volte il liquido eccedente è drenato nel cuore).

Chirurgia. E' il trattamento utilizzato con maggiore frequenza in caso di tumore cerebrale. Per rimuovere un tumore al cervello il neurochirurgo pratica un'apertura nel cranio. Questa operazione è chiamata craniotomia.

Quando possibile, il chirurgo tenterà di rimuovere l'intero tumore; tuttavia, se l'asportazione del tumore potrebbe danneggiare tessuti vitali, ne rimuoverà soltanto una porzione.
Una rimozione parziale contribuirà ad alleviare i sintomi riducendo la pressione esercitata sul cervello e riducendo la quantità di cellule tumorali da trattare con la radioterapia o con la chemioterapia.

Alcuni tumori non possono essere rimossi. In questi casi, il medico può effettuare solo una biopsia asportando una piccola porzione del tumore in modo che un patologo possa esaminarlo al microscopio per determinare da quale tipo di cellule è formato. Questa analisi aiuterà il medico nella scelta del trattamento.

In alcuni casi, viene praticata un'agobiopsia. Il medico effettua una TAC o una risonanza magnetica per determinare con esattezza la localizzazione del tumore. Il chirurgo pratica un piccolo foro nel cranio e quindi dirige un ago verso il tumore. (L'uso di questa tecnica per la biopsia o per il trattamento è chiamato stereotassi).

Radioterapia (chiamata anche terapia radiante) consiste nell'utilizzo di radiazioni ad alta energia per danneggiare le cellule tumorali e fermarne la proliferazione. Spesso viene utilizzata anche per distruggere il tessuto tumorale che non può essere rimosso chirurgicamente o per distruggere le cellule cancerose residue dopo un'operazione. La radioterapia è utilizzata inoltre quando nessun intervento chirurgico è possibile.

La radioterapia può essere somministrata in due modi differenti: come radiazioni esterne o interne. Le radiazioni esterne sono prodotte da un apparecchio di grandi dimensioni; generalmente le sedute si svolgono 5 giorni alla settimana per diverse settimane. Il piano di trattamento dipende dal tipo e dalle dimensioni del tumore e dall'età del paziente. Somministrare una dose totale di radiazioni per un periodo prolungato aiuta a proteggere i tessuti sani adiacenti all'area tumorale.

Le radiazioni possono anche provenire da materiale radioattivo posto direttamente nel tumore (impianto per radioterapia). L'impianto può essere inserito nel cervello per un breve periodo o permanentemente, a seconda del materiale da cui è costituito. I pazienti sottoposti a questo tipo di terapia restano ricoverati in ospedale per tutto il periodo in cui le radiazioni sono maggiormente attive.

Le radiazioni esterne possono essere dirette sul tumore e sui tessuti circostanti, oppure, meno frequentemente, sull'intero cervello. A volte le radiazioni sono dirette anche al midollo spinale. Quando è irradiato l'intero cervello, il paziente spesso riceve una dose extra di radiazioni nell'area del tumore che può provenire dall'esterno o da un impianto.

La radiochirurgia stereotattica è un altro tipo di terapia impiegata per la cura dei tumori cerebrali. I medici usano una tecnica (descritta nella sezione "Chirurgia") per determinare con esattezza la localizzazione del tumore. In una sola sessione di trattamento il tumore è irradiato da diverse angolazioni con radiazioni ad alta energia. In questo modo, dosi elevate di radiazioni raggiungono il tumore senza danneggiare il tessuto cerebrale circostante. (Un simile impiego della terapia radiante è chiamato radiochirurgia a raggi gamma - gamma knife).

La chemioterapia è basata sull'utilizzo di farmaci che distruggono le cellule tumorali. Il medico può utilizzare un farmaco o una combinazione di farmaci somministrati per via orale o endovenosa nel circolo sanguigno o nel muscolo. La chemioterapia intratecale è effettuata mediante iniezione del farmaco nel liquido cerebrospinale.

Generalmente la chemioterapia è somministrata in cicli: un periodo di trattamento è seguito da un periodo di riposo, poi da un altro periodo di trattamento e così via. Spesso non è necessario il ricovero per sottoporsi a chemioterapia: infatti la maggior parte dei farmaci può essere somministrata nello studio del medico o nei reparti di day hospital. Altre volte invece, in relazione al farmaco usato, al metodo di somministrazione, alle condizioni generali del paziente, può essere necessario un breve periodo di ricovero. [Torna all'indice][Glossario]



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Studi clinici
I ricercatori stanno conducendo studi allo scopo di trovare metodi di cura per i tumori cerebrali più efficaci e con minori effetti collaterali. Quando studi di laboratorio dimostrano che un metodo è promettente, i medici cominciano ad utilizzarlo per curare i pazienti inseriti negli studi clinici. Questi studi sono condotti per trovare risposte a questioni scientifiche ancora insolute e per scoprire nuovi approcci più efficaci e con minori effetti collaterali. I pazienti che partecipano a studi clinici danno un importante contributo alla scienza medica e possono avere l'opportunità di beneficiare di un trattamento più efficace rispetto a quelli usualmente in vigore.

Attualmente sono in corso numerosi studi clinici per predisporre nuovi trattamenti per i tumori del cervello. I medici stanno studiando nuovi protocolli di somministrazione per la terapia radiante, nuovi farmaci antitumorali, nuove combinazioni di farmaci e combinazioni di radioterapia e chemioterapia.

I ricercatori cercano di aumentare l'efficacia della radioterapia somministrando il trattamento due volte al giorno anziché una volta sola. Si stanno inoltre studiando farmaci chiamati radiosensibilizzanti che rendono le cellule cancerogene più sensibili alle radiazioni. Un altro metodo di terapia attualmente in corso di sperimentazione è l'ipertermia: il tumore viene riscaldato per potenziare gli effetti della terapia radiante.

Molti farmaci non riescono a raggiungere le cellule cerebrali per la presenza di una barriera nel flusso sanguigno; si tratta di una rete formata da vasi sanguigni e cellule che filtrano il sangue diretto al cervello. I ricercatori stanno sperimentando nuovi farmaci che possano attraversare questa barriera. Sono inoltre in corso alcuni studi miranti alla ricerca di tecniche in grado di interrompere temporaneamente la barriera affinché il farmaco possa raggiungere il tumore.

Nel corso di altri studi si stanno testando nuovi metodi di somministrazione dei farmaci, che in alcuni casi possono essere iniettati nelle arterie che raggiungono il cervello o introdotti direttamente nei ventricoli. I medici stanno sperimentando la possibile efficacia di una sottile ostia per medicamenti contenente antitumorali inserita direttamente nel tumore. (L'ostia si dissolve con il tempo).

È allo studio inoltre l'impiego di farmaci antitumorali ad altissime dosi. Tuttavia, dal momento che dosi di chemioterapia più elevate rispetto a quelle comunemente usate possono danneggiare il midollo osseo, questo tipo di trattamento è applicato in combinazione con un trapianto di midollo osseo per sostituire il midollo distrutto.

La terapia biologica è una nuova tecnica, attualmente in fase di sperimentazione, per la cura dei tumori cerebrali. Tale tipo di trattamento intende migliorare le capacità, proprie del sistema immunitario, di combattere la malattia.

I pazienti interessati a partecipare ad uno studio clinico dovrebbero discutere di questa opportunità col medico curante. Per maggiori informazioni, le pagine dedicate agli "Studi clinici" illustrano i possibili rischi e benefici dei trattamenti in fase di sperimentazione. [Torna all'indice][Glossario]



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EFFETTI COLLATERALI
Le terapie antitumorali spesso generano effetti collaterali dovuti ai danni provocati sulle cellule sane dal trattamento destinato a distruggere le cellule cancerose.

Gli effetti collaterali dei trattamenti anticancro sono di vario genere e dipendono dal tipo di trattamento e dall'area a cui questo viene applicato. Inoltre, ogni persona reagisce in modo differente. Il medico pianificherà la terapia in modo da ridurre al minimo gli effetti collaterali e seguirà il paziente con molta attenzione per intervenire all'insorgere di eventuali disturbi.

La craniotomia è un'operazione molto seria durante la quale i normali tessuti cerebrali possono riportare danni e può verificarsi un edema. Altri effetti dell'intervento comprendono debolezza, problemi di coordinazione, cambiamenti di personalità, difficoltà nel parlare e nel ragionamento. I pazienti potranno inoltre essere colpiti da accessi epilettici. Dopo l'intervento chirurgico, per un breve periodo i sintomi potranno aggravarsi, ma la maggior parte degli effetti collaterali dell'operazione si attenueranno o scompariranno col tempo.

La maggior parte degli effetti collaterali della radioterapia scompare subito dopo la fine del trattamento. Tuttavia alcuni di essi possono presentarsi o persistere a lungo anche dopo che il trattamento è terminato.

Alcuni pazienti avvertiranno nausea per alcune ore dopo il trattamento ed altri possono sentirsi molto affaticati nel periodo di svolgimento della cura. Il riposo è importante, ma normalmente il medico consiglia ai pazienti di mantenersi ragionevolmente attivi. La radioterapia al cranio determina spesso la caduta dei capelli, che quando ricrescono possono risultare più soffici e di colore leggermente diverso. In alcuni casi la perdita dei capelli è permanente.

Sono inoltre comuni reazioni cutanee nell'area trattata (capo e orecchie) come arrossamento, prurito o modificazioni del colore della pelle; in queste zone il paziente avvertirà le stesse sensazioni prodotte da una scottatura solare. L'area trattata dovrebbe essere esposta all'aria il più possibile, proteggendola però dal sole. I pazienti non dovrebbero indossare copricapi che possano causare irritazione e curare in modo particolare la salute della pelle. Il medico potrà consigliare l'uso di certi tipi di sapone o di unguenti: nessun'altra lozione o crema dovrà essere applicata senza che il medico ne sia al corrente.

Talvolta le cellule cerebrali distrutte dalle radiazioni formano una massa simile ad un tumore che può causare sintomi come mal di testa, perdita della memoria e convulsioni. In questo caso il medico potrebbe consigliare un intervento chirurgico o la somministrazione di steroidi per alleviare tali disturbi. Circa 4-8 settimane dopo la radioterapia i pazienti potranno essere soggetti a sonnolenza e perdita dell'appetito. Tali sintomi potranno perdurare parecchie settimane e in genere scompaiono spontaneamente; tuttavia, se si presentano, è bene avvisare il medico.

I bambini sottoposti a radioterapia per tumore cerebrale possono mostrare difficoltà di apprendimento o parziale perdita della capacità visiva. Se la ghiandola pituitaria viene danneggiata, la crescita e lo sviluppo del bambino potrebbero non avvenire normalmente.

Gli effetti collaterali della chemioterapia dipendono dai farmaci somministrati. In generale i farmaci antitumorali colpiscono le cellule a rapido accrescimento come le cellule ematiche che combattono le infezioni, le cellule che rivestono l'apparato digerente e le cellule dei follicoli piliferi. Di conseguenza i pazienti potranno mostrare una minore resistenza alle infezioni, perdita di appetito, nausea, vomito o ulcere alla bocca. Questi effetti collaterali generalmente scompaiono gradualmente alla fine del trattamento.

Alcuni farmaci anticancro possono causare sterilità. Le donne che assumono determinati farmaci antitumorali potranno avvertire i sintomi tipici della menopausa (vampate e secchezza vaginale, irregolarità o cessazione del ciclo mestruale). Gli effetti di alcuni farmaci somministrati a bambini e adolescenti potranno pregiudicare la loro futura capacità di concepire figli.

Certi farmaci utilizzati durante la cura di tumori al cervello possono causare danni ai reni. Si prescrive in genere ai pazienti ai quali vengono somministrati questi farmaci di ingerire grandi quantità di liquidi. Si potranno avvertire anche formicolio alle dita, ronzio alle orecchie o disturbi dell'udito. Questi problemi a volte non scompaiono del tutto alla fine del trattamento.

Il trattamento con steroidi per ridurre l'edema nel cervello può causare un incremento dell'appetito e quindi un aumento di peso. Rigonfiamenti facciali e dei piedi sono frequenti. Gli steroidi possono anche determinare irrequietezza, sbalzi d'umore, bruciori di stomaco e acne. Ciononostante i pazienti non dovrebbero interrompere l'assunzione di steroidi o cambiarne le dosi senza consultare il medico. L'uso degli steroidi deve essere interrotto gradualmente per permettere al corpo di adattarsi al cambiamento.

La perdita dell'appetito può rappresentare un problema per i pazienti sotto trattamento. Molte persone infatti non sentono appetito se si trovano in una situazione spiacevole o sono affaticati. Anche i più comuni effetti collaterali del trattamento come nausea e vomito possono rendere difficile l'assunzione di cibo. Alimentarsi correttamente è comunque molto importante, perché i pazienti ben nutriti generalmente reagiscono meglio e hanno più energia. Nutrirsi bene significa introdurre nell'organismo sufficienti calorie e proteine per prevenire la perdita di peso, riacquistare le forze e ricostruire i tessuti normali danneggiati. Molti pazienti trovano che mangiare spesso piccole quantità di cibo nell'arco della giornata sia meglio che consumare tre pasti abbondanti.

In alcuni soggetti trattati per tumori al cervello possono svilupparsi trombi e infiammazioni alle vene, generalmente delle gambe (tromboflebiti). Quando un paziente è affetto da edema, dolore e arrossamento alle gambe dovrebbe subito informare il medico.

Medici, infermieri e dietisti potranno fornire chiarimenti sugli effetti collaterali delle terapie antitumorali e consigliare come affrontarli al meglio. [Torna all'indice][Glossario]



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RIABILITAZIONE
La riabilitazione costituisce un'importante tappa del piano di trattamento e varierà in relazione alle diverse esigenze del paziente e alla misura in cui la malattia ne ha alterato le normali attività. L'équipe medica si impegnerà sempre a fondo per aiutare il paziente a riprendere una vita normale il più velocemente possibile.

Il paziente e la sua famiglia potrebbero aver bisogno dell'aiuto di un specialista (medico del lavoro) per superare alcune difficoltà nelle attività giornaliere come alimentarsi, vestirsi, lavarsi e usare la toilette. Se si verifica indebolimento o paralisi di un arto, o se un paziente accusa problemi di equilibrio, potrà essere necessaria una terapia fisica. L'intervento di un logopedista sarà richiesto se un paziente mostrerà difficoltà a parlare o ad esprimersi, oppure ad inghiottire.

Per i bambini in età scolare sarà opportuno agire il più presto possibile perché possano riprendere le normali attività. In alcuni casi i bambini sono seguiti da un insegnante sia in ospedale che dopo il ritorno a casa. I bambini che mostrano difficoltà nell'apprendere o nel ricordare ciò che hanno imparato potrebbero aver bisogno di un insegnante di sostegno o di frequentare corsi speciali dopo la ripresa delle attività scolastiche. [Torna all'indice][Glossario]



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FOLLOW-UP
È molto importante effettuare controlli regolari dopo il trattamento per tumore cerebrale. Il medico terrà i pazienti sotto stretta osservazione per essere sicuro che il tumore non si ripresenti. I controlli generalmente includono un esame fisico, un esame neurologico e saltuariamente una TAC o una risonanza magnetica.

I pazienti sottoposti a radioterapia in una vasta zona del cervello o pazienti trattati con determinati farmaci antitumorali, possono presentare un maggiore rischio di sviluppare una leucemia o un secondo tumore. Inoltre le radiazioni che colpiscono gli occhi possono determinare l'insorgere della cataratta. I pazienti dovrebbero seguire accuratamente i consigli del medico per quanto riguarda le cure e i controlli periodici. Qualunque problema dovrebbe essere riferito al medico il più presto possibile. [Torna all'indice][Glossario]



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CONVIVERE CON IL CANCRO
Una diagnosi di tumore cerebrale può cambiare la vita dei pazienti e dei loro familiari e amici. Questi cambiamenti possono essere difficoltosi da affrontare in quanto generano nelle persone colpite emozioni diverse e disorientamento.

Spesso i pazienti e i loro cari possono essere assaliti da paura, rabbia o depressione: si tratta di reazioni del tutto normali in chi si trova ad affrontare seri problemi di salute. Molti pazienti, compresi i bambini e gli adolescenti, trovano sollievo nel condividere i propri pensieri e sentimenti con persone care. Parlare dei propri problemi può avere un effetto tranquillizzante e offre l'opportunità alle persone vicine al malato di dare il proprio sostegno.

Molti pazienti potranno aver timore degli esami clinici, della terapia, del ricovero ospedaliero, della riabilitazione e degli eventuali costi da sostenere. I genitori vorranno sapere se i loro bambini potranno continuare a prendere parte alle normali attività scolastiche e sociali. Medici, infermieri/e, assistenti sociali e altro personale specializzato potranno tranquillizzare i pazienti e i loro parenti ed eviteranno confusioni e paure; potranno anche fornire i nominativi di alcuni esperti in grado di fornire aiuto.

I malati e i loro familiari desidereranno inoltre conoscere cosa riserverà loro il futuro, talvolta basandosi su statistiche che riportano le aspettative di vita di pazienti affetti da tumore cerebrale, ma è importante ricordare che tali statistiche esprimono dati ottenuti prendendo in esame un numero elevato di pazienti; non ci si può pertanto basare su di esse per sapere che cosa accadrà ad un paziente in particolare, perché ogni persona è un caso a sé, diverso da qualsiasi altro. Il medico curante, che conosce la storia clinica del paziente, è l'unica persona in grado di discutere sulle prospettive future (prognosi).

I pazienti e i familiari devono sentirsi liberi di chiedere informazioni sulla prognosi, ma è importante sapere che spesso nemmeno il medico potrà prevedere gli sviluppi futuri della malattia. Quando il medico parlerà di guarigione per un cancro al cervello, userà probabilmente il termine remissione. Infatti, anche se molti malati guariscono completamente da questa malattia, in molti casi di tumore al cervello potrebbe verificarsi una recidiva. [Torna all'indice][Glossario]



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CHI PUÒ ESSERE D'AIUTO
Convivere con una malattia grave non è facile: è necessario affrontare molti problemi e numerose sfide. Trovare la forza di far fronte a queste difficoltà è più facile se si dispone di informazioni adeguate e servizi di supporto.

Il medico può fornire informazioni sulla malattia e sul trattamento, sul ritorno a scuola o al lavoro e sulla possibilità di riprendere le normali attività. Il colloquio con psicologi, infermieri/e, assistenti sociali, consulenti o sacerdoti potrà essere utile per chiarire eventuali dubbi sulla vita futura, le relazioni familiari e ottenere consigli su problemi finanziari.

Amici e parenti, specie coloro che sono stati colpiti a loro volta dal cancro, possono rivelarsi di grande aiuto; inoltre, incontri e colloqui con persone che stanno vivendo la stessa esperienza potranno costituire un valido sostegno. Spesso i malati si riuniscono in gruppi di supporto e di auto-aiuto all'interno dei quali possono condividere ciò che hanno imparato sul cancro e sulle possibili terapie e su come tener testa alla malattia. Oltre ai gruppi per pazienti adulti sono presenti in alcune città gruppi di supporto per bambini o per adolescenti malati di tumore o per genitori i cui bambini sono affetti da questa malattia. È comunque molto importante ricordare che ogni paziente è un caso a sé, differente da tutti gli altri. I trattamenti antitumorali che si rivelano efficaci in un certo caso possono non essere adatti ad un altro paziente, anche se entrambi sono stati colpiti dalla stessa forma di tumore. Pertanto, sarà sempre una buona idea discutere dei consigli dati da amici e familiari con il medico curante.
Spesso un assistente sociale ospedaliero o il Servizio di Informazione Oncologica Nazionale "SOS Tumori" potranno suggerire gruppi locali e nazionali che saranno di aiuto per la riabilitazione, il supporto psicologico, i trasporti e l'assistenza domiciliare. [Torna all'indice][Glossario]



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CHIEDERE E OTTENERE INFORMAZIONI PRESSO L'ISTITUTO NAZIONALE PER LA RICERCA SUL CANCRO
L'Istituto mette a disposizione dei pazienti e dei loro familiari i seguenti servizi:

Telefono oncologico: 800 422 412
Il servizio fornisce informazioni oncologiche aggiornate ai pazienti, ai loro familiari, ai medici e al pubblico in generale.

Internet: (http://www.sostumori.org)
Il sito contiene materiale informativo per i pazienti, per i loro familiari, per i medici e per il pubblico in generale: semplici, ma esaustive descrizioni di varie patologie oncologiche, FAQ (una serie di veloci domande e risposte su svariati argomenti oncologici), elenchi di Centri Oncologici e di Associazioni, ricerche bibliografiche, riviste elettroniche, ecc.

E-mail: quesitomedico@sostumori.org
Come il telefono oncologico anche questo servizio fornisce, in formato elettronico, informazioni oncologiche aggiornate su richiesta di pazienti, familiari, medici.

Fax: 010 5600327
Chi non puo' mandare una e-mail e non desidera parlare al telefono puo' porre i propri quesiti tramite fax: ricevera' sempre una risposta veloce ed aggiornata redatta da personale esperto.

Booklets: da richiedersi alla Biblioteca dell'Istituto
Sono libretti informativi accessibili anche attraverso il sito Web www.sostumori.org, ma che la biblioteca, su richiesta, fornisce in formato cartaceo. I libretti forniscono, in un linguaggio semplice, informazioni esaustive su diversi tipi di tumore e su alcune problematiche oncologiche.



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GLOSSARIO
Acustico: riguardante il suono e l'udito.

Anaplastico: termine utilizzato per descrivere cellule tumorali che si dividono rapidamente e che non presentano similitudini con le cellule normali.

Angiogramma: radiografia dei vasi sanguigni dopo introduzione di mezzo di contrasto.

Anticonvulsivante: farmaco che previene, attenua o blocca le convulsioni o gli accessi epilettici.

Astrocitoma: forma di tumore che ha origine nel cervello o nel midollo spinale le cui cellule, chiamate astrociti, sono stellate e di piccole dimensioni. Le cellule di un tumore di grado elevato presentano un aspetto anomalo e in genere crescono più velocemente rispetto alle cellule appartenenti a tumori di basso grado.

Benigno: non canceroso; non invade i tessuti adiacenti, né si diffonde ad altri organi.

Biopsia: asportazione delle cellule di un tessuto per l'esame al microscopio. Quando viene prelevato un solo campione di tessuto si parla di biopsia incisionale, mentre se si asporta l'intero tumore la procedura si chiama biopsia escissionale. Se il campione è aspirato tramite un ago, si effettua un'agobiopsia o agoaspirato.

cerebro: la più estesa porzione del cervello. E' diviso in due metà chiamate cerebro. Il cerebro controlla le funzioni muscolari nonché il linguaggio, le emozioni, la lettura, la scrittura e l'apprendimento.

Cervelletto: porzione del cervello situata sul retro del capo tra il cerebro e il tronco encefalico. Il cervelletto regola l'equilibrio durante la deambulazione e la posizione eretta e presiede ad altre funzioni motorie complesse.

Chemioterapia: trattamento del tumore mediante farmaci antitumorali.

Chemioterapia intratecale: infusione di antiblastici all'interno del sottile rivestimento situato tra il midollo spinale e il cervello al fine di ridurre il rischio di tumore in tali organi.

Chirurgia: procedura di asportazione o restauro di un organo o di individuazione di una patologia.

Convulsioni: contrazioni improvvise e involontarie dei muscoli.

Craniofaringioma: tumore cerebrale benigno da considerare maligno in quanto può danneggiare l'ipotalamo, la zona del cervello che controlla la temperatura corporea e le sensazioni di fame e sete.

Craniotomia: intervento chirurgico che prevede l'apertura del cranio.

Edema: gonfiore causato da un eccessivo accumulo di liquido nei tessuti.

cerebro: le due metà del cerebro, la zona del cervello che controlla le funzioni muscolari nonché il linguaggio, le emozioni, la lettura, la scrittura e l'apprendimento. L'emisfero destro regola i movimenti muscolari della parte sinistra del corpo, mentre l'emisfero sinistro presiede ai movimenti muscolari della parte destra.

Ependimoma: forma di neoplasia cerebrale che ha origine nel canale centrale del midollo spinale, ma può anche svilupparsi nelle cellule di rivestimento dei ventricoli, che producono e conservano il liquido cerebrospinale che a sua volta protegge il cervello e il midollo spinale.

Fattore di rischio: condizione che accresce la possibilità di sviluppare una malattia.

Follicoli piliferi: aperture tubulari dell'epidermide da cui i peli si sviluppano.

Gamma knife (radiochirurgia a raggi gamma): tipo di radioterapia in cui le radiazioni ad alta energia raggiungono il tumore da diverse angolazioni in un'unica sessione di trattamento.

Germinoma: la forma più diffusa di tumore cerebrale delle cellule germinali.

Ghiandola pineale: piccola ghiandola situata nel cerebro che secerne melatonina. Viene chiamata anche corpo pineale.

Ghiandola pituitaria: la più importante ghiandola endocrina, che secerne ormoni che regolano il funzionamento di altre ghiandole nonché diverse funzioni corporee, in modo particolare la crescita.

Glioblastoma multiforme: forma di tumore del cervello che si sviluppa nel tessuto gliale (di supporto). Si tratta di un tumore a crescita molto rapida le cui cellule presentano un aspetto molto diverso dal normale. Viene chiamato anche astrocitoma di grado IV.

Glioma: cancro del cervello e del midollo spinale che si sviluppa nelle cellule gliali o di supporto.

Glioma del tronco encefalico: tumore localizzato nella zona di collegamento tra il cervello e il midollo spinale (tronco encefalico). Si tratta di un tumore a crescita rapida o lenta a seconda del grado.

Idrocefalo: accumulo anomalo di liquido cerebrospinale nei ventricoli.

Incapsulato: confinato ad una zona specifica e localizzata e circondato da un sottile strato di tessuto.

Ipertermia: tipo di trattamento che prevede l'esposizione del tessuto corporeo ad elevate temperature allo scopo di danneggiare e distruggere le cellule cancerose o di renderle maggiormente sensibili agli effetti delle radiazioni e di certi antiblastici.

Ipotalamo: zona del cervello che controlla la temperatura corporea e le sensazioni di fame e sete.

Liquido cerebrospinale: il liquido che scorre attorno al cervello e il midollo spinale. E' prodotto nei ventricoli.

Maligno: canceroso. Crescita tendente all'invasione e distruzione del tessuto adiacente e alla diffusione in altri organi.

Medulloblastoma: tumore cerebrale maligno che ha origine nella zona inferiore del cervello e può diffondersi alla colonna vertebrale o ad altri organi. Viene talvolta chiamato tumore neuroectodermico primitivo.

Membrana: strato sottile di tessuto che ricopre una superficie.

Meningi: le tre membrane che avvolgono e proteggono il cervello e il midollo spinale.

Meningioma: forma di tumore che si sviluppa nelle meningi, cioè le membrane che avvolgono e proteggono il cervello e il midollo spinale. Si tratta di un tumore a crescita lenta.

Menopausa: periodo della vita di una donna in cui il ciclo mestruale subisce un arresto, per un periodo non inferiore a un anno.

Metastasi: diffusione del tumore da un organo ad un altro. Le cellule del tumore metastatico (secondario) sono simili a quelle del tumore primitivo.

Midollo osseo: tessuto molle e spugnoso che si trova nella zona centrale di alcune ossa e che produce globuli bianchi, globuli rossi e piastrine.

Mielina: sostanza lipidica che ricopre e protegge i nervi.

Mielogramma: radiografia del midollo spinale dopo iniezione di un mezzo di contrasto nello spazio situato tra il rivestimento del midollo spinale e il cervello.

Neurochirurgo: chirurgo specializzato in interventi al cervello, alla colonna vertebrale e ad altri organi del sistema nervoso centrale.

Neuroma: tumore che ha origine nelle cellule nervose.

Oligodendroglioma: tumore raro a crescita lenta che ha origine negli oligodendrociti, cellule cerebrali che forniscono supporto e nutrimento alle cellule che trasmettono gli impulsi nervosi. E' chiamato anche cancro oligodendrogliale.

Oncologo: medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento dei tumori per mezzo di chemioterapia, terapia ormonale e terapia biologica. Un oncologo spesso assume il ruolo di coordinatore delle varie terapie talvolta prescritte da altri specialisti.

Oncologo radioterapista: medico specializzato nel trattamento radioterapico del cancro.

Passo atassico: mancanza di coordinamento nella deambulazione.

Patologo: medico specializzato nell'individuazione di malattie attraverso lo studio di cellule e tessuti al microscopio.

Pineoblastoma: forma di tumore cerebrale a crescita rapida che si sviluppa all'interno o in prossimità della ghiandola pineale, un minuscolo organo situato nella zona centrale del cervello.

Pineocitoma: forma di tumore cerebrale a crescita lenta che si sviluppa all'interno o in prossimità della ghiandola pineale, un minuscolo organo situato nella zona centrale del cervello.

Prognosi: previsione del probabile decorso ed esito di una malattia.

Radiografia: tecnica che impiega radiazioni ad alta energia a basse dosi per la diagnosi di situazioni patologiche. A dosi elevate, le stesse radiazioni sono utilizzate per il trattamento del cancro.

Radiosensibilizzanti: farmaci che rendono le cellule tumorali più sensibili alle radiazioni.

Radioterapia: la terapia radiante (o radioterapia) consiste nell'uso delle radiazioni ad alta energia dei raggi X, dei neutroni o di altre sorgenti radioattive per distruggere le cellule cancerose e ridurre le dimensioni di un tumore. I raggi sono erogati da una macchina (radioterapia esterna), oppure da materiali che producono radiazioni (radioisotopi) situati all'interno o a breve distanza dal tumore o nella zona dove si trovano le cellule tumorali (radioterapia interna intracavitaria o brachiterapia). La radioterapia sistemica comprende l'immissione nell'organismo di sostanze radioattive come gli anticorpi monoclonali.

Recidiva: avviene quando il cancro si ripresenta, nello stesso sito (tumore primario) oppure altrove, dopo un periodo di remissione.

Remissione: scomparsa dei segni e sintomi del cancro. Quando ciò si verifica, si dice che la malattia è "in remissione". Può essere temporanea o definitiva.

RMN (risonanza magnetica nucleare): Un potente magnete collegato ad un computer produce immagini dettagliate delle strutture interne dell'organismo.

Schwannoma: forma di tumore cerebrale benigno che origina dalle cellule di Schwann, che secernono mielina, una sostanza che protegge il nervo acustico (il nervo dell'udito).

Shunt: deviazione realizzata chirurgicamente di un liquido, ad esempio del sangue o del liquido cerebrospinale, da una zona corporea ad un'altra.

Sistema immunitario: gruppo complesso di organi e cellule in grado di difendere l'organismo da infezioni e malattie.

Sistema nervoso centrale: cervello e midollo spinale.

Stereotassi: produzione di immagini tridimensionali con l'aiuto di un computer e di dispositivi di scansione. Questo metodo può essere impiegato durante una biopsia, la radioterapia esterna o l'applicazione di impianti per la radioterapia interna.

Sterilità: incapacità di concepire un figlio.

Steroidi: farmaci che riducono il gonfiore e le infiammazioni.

Studi clinici: studi di ricerca medica svolti allo scopo di valutare l'efficacia su pazienti volontari di nuovi trattamenti. Ogni studio prende in esame nuovi metodi di screening, prevenzione, diagnosi o terapie antitumorali.

TAC: tomografia assiale computerizzata. Tramite un computer collegato ad un apparecchio a raggi X si ottiene una serie di immagini particolareggiate delle strutture interne dell'organismo.

Terapia biologica: trattamento mirante a stimolare o ripristinare la capacità del sistema immunitario di combattere le infezioni e le malattie. Viene impiegata per attenuare gli effetti collaterali derivanti da alcune terapie antitumorali. E' chiamata anche immunoterapia ed implica spesso l'uso di sostanze definite modulatori di risposta biologica (BRM).

Tessuto: aggregato o strato di cellule che svolgono insieme una particolare funzione.

Trapianto di midollo osseo: sostituzione del midollo osseo danneggiato dal trattamento in seguito all'impiego di dosi elevate di farmaci antiblastici o di radiazioni. Il trapianto può essere autologo (trapianto di cellule dello stesso paziente prelevate precedentemente), allogenetico (si impiegano le cellule di un donatore sano), o singenetico (le cellule vengono donate da un gemello monozigote).

Tronco encefalico: collega il cervello al midollo spinale.

Tromboflebite: infiammazione di una vena associata alla formazione di un trombo.

Tumore: massa anomala di tessuto risultante dalla moltiplicazione incontrollata delle cellule. Un tumore non espleta alcuna funzione utile all'organismo. I tumori si dividono in benigni (non cancerosi) e maligni (cancerosi).

Tumori delle cellule germinali: tumori che hanno origine nelle cellule che producono sperma o uova. In pratica, possono svilupparsi in qualunque organo ed essere di natura benigna o maligna.

Tumore della regione pineale: forma di tumore cerebrale che si sviluppa all'interno o in prossimità della ghiandola pineale, un minuscolo organo situato nella zona centrale del cervello.

Tumore neuroectodermico primitivo: forma di tumore osseo che si sviluppa all'interno delle ossa larghe. Viene anche chiamato sarcoma di Ewing.

Ventricoli: cavità contenenti liquido presenti nel cervello e nel cuore.

Vitale: necessario a mantenere la vita; la respirazione è una funzione vitale.


mauretto58
00giovedì 27 agosto 2009 17:37



Il cervello è il centro di controllo del corpo. Qualsiasi cosa facciamo, pensiamo o sentiamo implica l'uso del cervello. Controlla il corpo inviando dei messaggi elettrici attraverso le fibre nervose. I nervi corrono fuori dal cervello e si uniscono per creare il midollo spinale. Questi cordoni nervosi corrono nel mezzo della spina dorsale. In seguito le fibre nervose si estendono a tutte le aree del corpo. Insieme, il cervello ed il midollo spinale formano il sistema nervoso centrale. Un fluido circola intorno al cervello ed al midollo spinale. E' chiamato fluido cerebrospinale o CSF.

Il cervello è composto di cellule nervose chiamate neuroni. Ci sono bilioni di quesi neuroni. Inoltre nel cervello ci sono altri tipi di cellule che supportano i neuroni. Queste sono chiamate cellule gliali. Le cellule gliali possono diventare cellule tumorali e sviluppare un tumore al cervello.

Differenti aree del cervello controllano parti differenti del corpo così come i pensieri, la memoria ed i sentimenti. Nel cervello è presente ad esempio un centro adibito al controllo della parola, ed un altro per la vista.

I tumori al cervello possono svilupparsi ovunque nel cervello. Possono svilupparsi a partire dalle cellule che compongono il tessuto cerebrale, dai nervi che entrano nel cervello, dalle coperture del cervello (le meningi).

Può causare diversi sintomi in base alla parte del cervello colpita. Così, per capire perché i tumori al cervello causano determinati sintomi, è necessario sapere un po' come lavora il cervello.

LE MENINGI - Il cranio protegge il cervello. Al suo interno, a copertura del cervello, ci sono tre strati sottili di tessuto. Questi sono chiamati meningi ed aiutano a proteggere il cervello.

Il cervello è suddiviso in due metà - l'emisfero cerebrale destro e l'emisfero cerebrale sinistro. Gli emisferi cerebrali controllano i movimenti, il pensiero, la memoria, le emozioni, i sensi e la parola. Quando le fibre nervose lasciano il cervello, si incrociano per cambiare lato. Questo significa che i nervi che escono dalla parte destra del cervello controllano la parte sinistra del corpo. Così se un tumore causa debolezza al lato sinistro del corpo, il tumore sarà nel lato destro del cervello.
Ogni emisfero è diviso in quattro aree: il lobo frontale, il lobo temporale, il lobo parietale ed il lobo occipitale.

Il lobo frontale contiene aree che controllano la personalità, il pensiero, la memoria ed il comportamento. Verso la parte posteriore del lobo frontale ci sono aree che controllano il movimento ed i sentimenti. Un tumore in questa parte del cervello può colpire la viste o l'olfatto.

Il lobo temporale aiuta a controllare il comportamento, la memoria, l'udito, la vista e le emozioni. La memoria emozionale è in quest'area così un tumore qui può causare strane sensazioni come i déjà vu.

Il lobo perietale è implicato principalmente nel controllo del linguaggio. Un tumore quì può compromettere l'uso della parola, la capacità di lettura e di scrittura o la comprensione delle parole.

Il lobo occipitale è il centro visuale del cervello. Un tumore in quest'area del cervello può causare problemi alla vista.

IL TENTORIO - Questo è un risvolto di tessuto che è parte delle meningi. Questo separe il cervelletto ed il tronco encefalico dal resto del cervello. Può capitare di sentire i termini sopratentoriale ed infratentoriale. Sopratentoriale significa semplicemente sopra il tentorio - o ovunque oltre il cervelletto o tronco encefalico. Infratentoriale significa sotto il tentorio - nel cervelletto o nel tronco encefalico.

IL CERVELLETTO - Controlla l'equilibrio e la coordinazione. Così i tumori al cervelletto possono causare perdita dell'equilibrio o difficoltà a coordinare i movimenti. Persino qualcosa di semplice come camminare necessita molta coordinazione - bisogna fare in modo che le braccia e le gambe facciano la cosa giusta al momento giusto. Normalmente non ci curiamo affatto di questo - il cervelletto lo fa per noi.

IL TRONCO ENCEFALICO - Controlla le funzioni corporee che lavorano in modo "automatico". La pressione sanguigna, il respiro, il battito cardiaco sono tutte gestite dal tronco encefalico. Le due parti principali del tronco encefalico sono il ponte ed il midollo allungato (o bulbo). Il tronco encefalico include anche una piccola area sopra il bulbo chiamata mesencefalo.

Il tronco encefalico è anche la parte del cervello che connette il cervello anteriore (gli emisferi cerebrali) ed il cervelletto al midollo spinale. Tutti i nervi che lasciano il cervello passano attraverso di esso.

IL MIDOLLO SPINALE - E' composta di tutte le fibre nervose che partono dal cervello. C'è uno spazio nel mezzo del midollo spinale che è riempito di un fluido chiamato fluido cerebrospinale. E' possibile che un cancro parta dal midollo, ma è tuttavia piuttosto raro. Con alcuni tipi di tumori al cervello, il cancro si può estendere al midollo spinale se non trattato in tempo con la radioterapia. Un tumore che cresce nel midollo spinale può esercitare pressione sui nervi e caurare molti sintomi in base a dove si trova.

LA GHIANDOLA PITUITARIA - E' una piccola ghiandola situata nel mezzo del cervello. Genera diversi ormoni e controlla diverse funzioni del corpo. Gli ormoni pituitari controllano

* La crescita
* Il metabolismo
* La produzione di steroidi
* Il ciclo mestruale nelle donne
* La produzione di sperma negli uomini
* La produzione di latte dopo la nascita di un bambino

I VENTRICOLI - Sono spazi all'interno del cervello, riempidi ti fluido cerebrospinale. I ventricoli sono connessi con lo spazio al centro del midollo spinale ed alle meningi. Così il fluido può circolare intorno ed attraverso il cervello e nella spina. Un tumore cerebrale può bloccare la circolazione del fluido. Questo causa un aumento della pressione all'interno del cranio. Il fluido è composto principalmente d'acqua con alcune proteine, zucchero (glucosio), alcuni globoli bianchi ed alcuni ormoni. In alcuni tipi di tumori al cervello le cellule tumorali possono estendersi al fluido cerebrospinale, causando sintomi simili alla meningite - mal di testa, nausea, problemi alla vista e nei movimenti.


Negli adulti la maggior parte dei tumori al cervello crescono nel cervello anteriore, nelle meningi o nei nervi che entrano o lasciano il cervello.

Nei bambini nel 60% dei casi il tumore è nel cervello posteriore o nel tronco encefalico. Solo nell 40% è nel cervello anteriore.

Negli adulti la maggior parte dei cancri al cervello non sono formati da cellule tumorali del cervello stesso, ma da altri tipi di cancro che si sono estesi al cervello. In questo caso si parla di tumori secondari al cervello.

Nei bambini è raro che un altro tumore si estenda al cervello.

I tumori al cervello sono relativamente rari. Nel Regno Unito, in un anno vengono diagnosticati intorno ai 4200 tumori al cervello. Per quanto riguarda i tumori al midollo spinale il numero scende a 200.

I tumori al cervello sono leggermente più comuni negli uomini che nelle donne. Ma un tipo, il meningioma, è leggermente più comune nelle donne.

Il tumore al cervello può colpire persone di ogni età. In genere il rischio aumenta con l'età, come avviene per diversi tipi di canco. Ma ci sono molti tipi diversi di tumori al cervello ed alcuni sono più comuni nei giovani.

Il tumore al cervello è il tipo di tumore solido più diagnosticato nei bambini. Nel Regno Unito si contano 300 casi ogni'anno.

Il 5% dei tumori è connesso a condizioni genetiche conosciute. Alcune sindromi aumentano il rischio di essere colpiti da un tumore al cervello. Tra queste la neurofibromatosi di tipo 1 e 2, la sclerosi tuberosa, la sindrome di Li-Fraumeni o di Von Hippel Lindau. Per chi ha un genitore, un fratello o una sorella con un tumore al cervello, il rischio di sviluppare un tumore al cervello è raddoppiato.

Il solo rischio certo che conosciamo è l'esposizione a radioattività (radiazioni ionizzanti). I meningiomi ed i gliomi maligni sono più comuni nelle persone che si sono sottoposte a radioterapia alla testa nel passato. E' noto che c'è un rischio leggermente più alto di sviluppare un tumore al cervello nei bambini che sono stati sottoposti a radioterapia alla testa come trattamento per leucemia linfoblastica acuta (ALL).
Il rischio è più alto se la radioterapia è stata fatta prima dell'età di 5 anni. Le tecniche moderne di radioterapia sono meno soggette a causare tumori al cervello. Il rischio di un tumore al cervello aumenta se in concomitanza alla radioterapia alla testa vengono assunti dei medicinali per la chemioterapia chiamati "antimetaboliti". Per questo motivo la chemioterapia e la radioterapia non vengono utilizzati insieme sui bambini affetti da leucemia linfoblastica acuta.

I bambini affetti da paresi cerebrale sono leggermente più soggetti ad essere colpiti da un tumore al cervello. Alcune ricerche hanno dimostrato che le persone con allergie respiratorie o al cibo hanno un rischio di sviluppare un tumore al cervello leggermente minore, anche se non si capisce chiaramente come questo sia possibile. Lo stesso vale per le persone diabetiche.

Un tipo raro di tumore al cervello chiamato linfoma cerebrale è più soggetto a svilupparsi in persone che hanno un sistema immunitario che non lavora propriamente, come quelle affette da AIDS. Comunque anche in queste persone il linfoma cerebrale è piuttosto raro.

Esistono altre possibili cause, ma nessuna di queste è stata provata. Le persone che lavorano ad esempio in una raffineria di petrolio possono avere un rischio più elevato di avere un tumore al cervello a causa dei composti chimici a cui sono esposte.

Si pensa che gli ormoni femminili possano agire sullo sviluppo di un tumore al cervello. Tre studi hanno dimostrato che le donne il cui ciclo è iniziato prima dell'età di 12 anni hanno un rischio leggermente più basso di essere colpite da glioma delle donne il cui ciclo è iniziato dopo i 14 anni. Comunque sono necessarie altre ricerche per dimostrare il ruolo degli ormoni a riguardo.

In seguito ad uno studio si dice che uso a lungo termine di tuntura permanente ai capelli di colore marron aumenta leggermente il rischio di glioma, ma sono necessarie ulteriori ricerche per confermarlo.

Due studi cinesi hanno mostrato un aumento del rischio di tumore al cervello nei figli di donne che lavorano nell'industria tessile ed elettronica o di genitori che lavorano nell'industria agricola. Non è ancora chiaro quali fattori siano responsabili dell'aumento del rischio.

I bambini che hanno un peso più elevato e la circonferenza della testa più larga al momenteo della nascita hanno un rischio leggermente maggiore di avere un tumore al cervello in giovane età.

Sono state fatte delle ricerche per capire se l'uso dei cellulari provoca tumori al cervello. Allo stato attuale delle cose non possiamo dire che i cellulari causino problemi di salute.
Una ricerca condotta nel Regno Unito nel 2006 su 2.500 persone ha dimostrato che non ci sono collegamenti tra l'ammontare di ore di utilizzo del cellulare e lo sviluppo di un glioma.
Due altri studi europei hanno riportato che il rischio di glioma è duplicato nelle persone che hanno usato il cellulare per più di 10 anni. Tuttavia la ricerca condotta nel Regno Unito è più particolareggiata. Bisogna inoltre ricordare che i tumori al cervello sono rari, perciò anche in caso il rischio sia duplicato, resta comunque un rischio relativamente basso.
Nel dicembre del 2006 uno studio condotto in Danimarca condotto su oltre 400.000 persone che hanno utilizzato il telefonino per più di 10 anni, ha rilevato che il rischio di tumore al cervello non aumenta.

Il tumore al cervello causa sintomi per due ragioni. Primo, perché occupa spazio all'interno del cranio. Secondo, perché influisce sulla zona del cervello dove si trova.

I sintomi più comuni del tumore al cervello accusati dalle persone quando vanno dal dottore per la prima volta sono mal di testa e convulsioni. Ma ricorda, i tumori al cervello sono rari perciò se accusi questi sintomi è molto probabile che si tratti di qualcos'altro. E' consigliato comunque consultare un medico.

Poiché il cranio è fatto di ossa, c'è una quantità fissa di spazio per il cervello. La crescita del tumore aumenta perciò la pressione al suo interno. Questo fenomeno è detto "pressione intracranica aumentata" o ICP aumentata.

Una persona su tre con un tumore al cervello si reca dal dottore la prima volta perché ha mal di testa. Un mal di testa causato da un tumore al cervello tende ad essere piuttosto pesante. Tuttavia in alcune persone può essere attenuato con paracetamolo.

Il mal di testa può durare per molto tempo. Può essere più forte la mattina per andare a migliorare durante il giorno. Qualsiasi cosa che aumenta la pressione nella testa può peggiorare il mal di testa, così come piegarsi, tossire e starnutire, o persino gridare.

La sonnolenza è solitamente un sintomo più avanzato del tumore al cervello. Come il tumore cresce e la pressione nella testa aumente, si tende a dormire più del solito. Se questo sintomo non viene trattato propriamente c'è il rischio che si tenda ad avere difficoltà a stare svegli.

Se hai problemi alla vista, dovresti consultare un dottore. Questo è particolarmente importante se la tua vista sembra diminuire e gli occhiali non aiutano. Altri problemi includono visione offuscata, mosche volanti, visione a tunne, o vista che va e viene. E' possibile rilevare una pressione intracranica aumentata attraverso un esame agli occhi.

Le convulsioni sono uno dei sintomi più comuni di tumore al cervello. Una convulsione può essere anche solo uno spasmo o una contrazione muscolare della mano, del braccio o della gamba. Alcune convulsioni causano semplicemente un momento di incoscienza. Possono essere controllate con dei medicinali detti antiepilettici. E se il tumore al cervello è trattato con successo, possono cessare completamente. In alcuni casi le convulsioni continuano anche dopo un trattamento che ha avuto esito positivo a causa delle cicatrici rimaste nel cervello.

Quando un tumore al cervello cresce, eserciterà pressione nel tessuto cerebrale intorno ad esso. Così influenzerà la parte del corpo, o il processo corporeo, che è controllato da quella parte del cervello.

Seguono i sintomi più comuni classificati in base alla zona del cervello colpita dal tumore.

Lobo frontale: cambiamenti nella personalità, perdita delle inibizioni, apatia, difficoltà nel pianificare ed organizzare le cose, irritabilità ed aggressività, debolezza in una parte della faccia, o da un lato del corpo, difficoltà a camminare, perdità del senso dell'olfatto, problemi alla vista o alla capacità di parlare.

Lobo temporale: dimenticare le parole, perdita della memoria a breve termine, convulsioni associate a strane sensazioni, odori o déjà vu.

Lobo parietale: difficoltà a parlare o a capire quello che si sente, problemi con la lettura o la scrittura, perdita di sensibilità in una parte del corpo.

Lobo occipitale: problemi alla vista o perdita della vista da un lato.

Cervelletto: mancanza di coordinazione, movimento incontrollato degli occhi, nausea, insensibilità al collo.

Tronco encefalico: mancanza di coordinazione, abbassamento delle palpebre o della bocca, difficoltà ad abbassarsi, difficoltà a parlare, vista doppia.

Midollo spinale: dolore, addormentamento di una parte del corpo, debolezza alle gambe o alle braccia, perdita di controllo della vescica o dell'intestino.

Ghiandola pituitaria: ciclo irregolare, infertilità, mancanza di energia, aumento di peso, umore variabile, perssione sanguigna elevata, mani e piedi ingrossati.

Meningi: mal di testa, debolezza, problemi alla vista, problemi con i movimenti.

Nervi che controllano la vista: perdita della vista.

Nervi che controllano l'udito: perdita dell'udito.

Ricorda che questi sintomi possono essere causati da altri problemi. Se sei preoccupato, dovresti andare dal dottore.

L'unico modo per vedere un tumore al cervello è l'utilizzo di uno scanner CT o uno scanner MRI.

Un'analisi CT è un'analisi computerizzata che utilizza i raggi X.

Lo scanner MRI usa invece il magnetismo. Questa tecnica fornisce un'immagine più chiara del cervello e se è presente un tumore, sarà visibile quasi sicuramente.

In entrambi i casi prima della visita al paziente viene iniettata una tintura detta "mezzo di contrasto", che circola nel sistema circolatorio e rende le immagini del cervello più chiare.

La scelta del trattamento per un tumore al cervello dipende dal tipo di tumore, dalla posizione (quanto è vicino il tumore ad una parte vitale o delicata del cervello), la grandezza del tumore ed il grado d'avanzamento.

Può essere possibile rimuovere un tumore per mezzo di un intervento chirurgico. Ma lo stesso tumore non può essere rimosso se è situato in una zona del cervello troppo delicata. Se l'intervento chirurgico causerebbe troppi danni, il tuo specialista opterà per un altro tipo di trattamento.

L'intervento chirurgico può rimuovere tutto il tumore o comunque quasi tutto. Questo è importante perché il cranio ha una grandezza fissa ed il tumore, crescendo può aumentare la pressione all'interno della testa. Nel caso non fosse possibile rimuovere tutta la massa tumorale, è comunque importante rimuoverne il più possibile, rendendo più efficace un trattamento successivo con chemioterapia o radioterapia.





mauretto58
00giovedì 27 agosto 2009 17:39
TUMORI ALL'ORECCHIO










Un'ampia varietà di tumori benigni o maligni possono manifestarsi a carico dell'orecchio medio e l'osso temporale.

I tumori che colpiscono l'orecchio medio determinano, in un primo momento, ovattamento auricolare e ipoacusia trasmissiva, mentre i tumori dell'osso temporale, esterni all'orecchio medio, possono raggiungere grandi dimensioni senza produrre alcuna sintomatologia.

I tumori possono non essere apprezzabili finché erodono il condotto uditivo esterno (producendo un'ipoacusia trasmissiva) o emergono sulla cute della mastoide.

Se si estendono anteriormente verso i seni cavernosi possono produrre oftalmoplegia per coinvolgimento del III, del IV, e del VI nervo cranico.

Tumori maligni che si localizzano in questa regione tendono a diffondersi localmente ai linfonodi regionali; metastasi a distanza sono rare.

Nelle fasi avanzate il tumore può essere visibile nel rinofaringe, nell'orecchio medio, o nel collo.

TUMORI MALIGNI

Il carcinoma squamocellulare è il tipo istologico più frequente di tumore maligno che colpisce l'orecchio medio e la mastoide.

Origina dalle cellule epidermiche dell'orecchio, del condotto uditivo esterno, o dell'orecchio medio e della mastoide.

Questi ultimi determinano fondamentalmente disturbi uditivi che comprendono vertigine, ipoacusia, dolore, otorrea, e paralisi del faciale.

Il carcinoma squamocellulare spesso comincia nell'orecchio con un quadro otologico, soprattutto otite media cronica suppurativa.

Altri tumori, meno comuni, che originano nel condotto uditivo esterno e nell'orecchio medio comprendono il carcinoma adenoido cistico, il carcinoma a cellule basali, il carcinoma mucoepidermoide e il ceruminoma.

In generale questi tumori sono meno maligni, ma possono diventare invasivi localmente.

Il carcinoma adenoidocistico origina dal tessuto ghiandolare del condotto uditivo esterno e dell'orecchio medio.

Causa severo dolore e può metastatizzare a distanza.

In genere i carcinomi colpiscono soggetti anziani, mentre i sarcomi si manifestano nei giovani.

Sia il sarcoma osteogenico che il condrosarcoma si manifestano come tumori primitivi dell'osso temporale e hanno un decorso fulminante sia nei bambini che nei giovani adulti.

Il rabdomiosarcoma è il tumore maligno dell'orecchio medio più comune nei giovani e tipicamente colpisce bambini di età inferiore a 5 anni.

Il sintomo iniziale è spesso la paralisi del faciale che può venir scambiato erroneamente per una paralisi idiopatica di Bell.

Nelle fasi tardive il tumore si estende oltre l'orecchio medio per coinvolgere l'apice della rocca petrosa e passare in fossa cranica posteriore o media.

Il rabdomiosarcoma deve sempre essere preso in considerazione in qualsiasi bambino che lamenta una paralisi del faciale idiopatica.

Le sedi più frequenti delle metastasi a distanza sono breast, il rene, il polmone, lo stomaco, la laringe, la prostata, e la tiroide.

TUMORI GLOMICI

I tumori glomici sono i tumori più comuni dell'orecchio medio e unitamente agli schwannomi sono i tumori più comuni dell'osso temporale.

Originano nei glomeruli dei chemocettori posti in corrispondenza dei nervi vago, glossofaringeo, di Jacobson (branca timpanica del IX nervo), e di Arnold (branca post-auricolare del X nervo).

I siti tumorali più comuni sono il glomo giugulare (bulbo della giugulare), il glomo timpanico (orecchio medio), e il glomo vagale (lungo il decorso del nervo vago).

I tumori dei glomi vagali e giugulari spesso coinvolgono il labirinto e i nervi cranici, mentre i tumori del glomo timpanico di solito presentano solo sintomi locali quali ipoacusia trasmissiva, acufene pulsante, e rinorrea se il tumore fuoriesce dall'orecchio medio.

L'invasione del labirinto è rara, ma è un segno prognostico negativo perché può coinvolgere l'apice della rocca petrosa e passare in fossa cranica posteriore o media.

La sindrome del foramen giugulare consiste nel coinvolgimento dei nervi IX, X, e XI ad opera di tumori dei glomi giugulare e vagale.

Il coinvolgimento del XII nervo è un segno inconfondibile che indica la distruzione del foramen giugulare con il tumore che si è esteso nel canale dell'ipoglosso e spesso nella fossa cranica posteriore.

DIAGNOSI

I tumori dell'orecchio medio e dell'osso temporale possono spesso essere identificati da un'attenta visita medica.

Un tumore maligno può essere visibile dopo che ha eroso il condotto uditivo esterno o emerge sulla cute della mastoide.

I linfonodi regionali vengono spesso coinvolti e la loro biopsia permette una corretta diagnosi. Anche se i tumori glomici sono spesso visibili attraverso la membrana timpanica la TC e la RM rimangono due esami fondamentali.

La TC è la scelta elettiva per valutare il coinvolgimento del tessuto osseo, mentre con la RM si vede meglio l'estensione ai tessuti molli.

L'esame angiografico e la venografia giugulare possono identificare la presenza di un tumore glomico.

L'esame audiometrico evidenzia l'ipoacusia trasmissiva.

TERAPIA

I tumori maligni limitati all'orecchio e al condotto uditivo esterno possono spesso essere rimossi con minimi danni estetici e funzionali.

Procedure molto più complesse con gravi danni estetici e funzionali sono invece necessarie per tumori che coinvolgono l'orecchio medio e la mastoide.

Se non si riesce ad essere radicali nella chirurgia, il paziente verrà sottoposto a terapia radiante, ma la prognosi è scarsa.











mauretto58
00giovedì 27 agosto 2009 17:46
TUMORE AI POLMONI


Carcinoma del polmone
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Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici – Leggi le avvertenze
Carcinoma del polmone

Sezione di polmone colpito da carcinoma a cellule squamose (area solida biancastra).
La zona a valle del bronco colpito ha limiti sfrangiati ed irregolari, con aspetto cotonoso; quest'ultimo reperto identifica un'area di consolidamento pneumonico post-ostruttivo.

Sezione istologica di un carcinoma polmonare a cellule squamose. Il tessuto è composto da cellule squamose e non sono più presenti le caratteristiche della mucosa e della sottomucosa bronchiale normale.
Tipo Maligno
Cellula di origine Epitelio bronchiale
Cellule APUD
Fattori di rischio · Fumo
· Radon
· Amianto
· Inquinamento atmosferico
Incidenza 60-90/100 000
Età media alla diagnosi 60 - 80 anni
Rapporto M:F 4-5:1
ICD-9-CM (EN) 162
ICD-10 (EN) C33-C34
Con la locuzione carcinoma del polmone si fa riferimento ad una categoria diagnostica che comprende l'insieme delle neoplasie maligne che originano dai tessuti epiteliali (carcinomi) che compongono i bronchi e il parenchima polmonare.[1]

Per questo, i sarcomi e i linfomi che originano nel contesto delle strutture polmonari devono essere distinti da questa categoria.

La maggior parte (oltre il 95%) delle neoplasie polmonari maligne è rappresentato dal carcinoma del polmone, mentre i sarcomi e linfomi costituiscono meno dello 0,5% di questa casistica.[2] Meno del 5% delle neoplasie polmonari è invece rappresentato da tumori benigni (amartoma) o a basso grado di malignità (carcinoidi).[3]

Un'ulteriore distinzione deve essere operata tra neoplasie primitive e neoplasie secondarie; infatti, mentre le prime originano dalle strutture polmonari, le seconde sono rappresentate da metastasi di neoplasie che si originano in altri organi come, ad esempio, il rene, il fegato, la mammella e la prostata.

Indice [nascondi]
1 Storia
2 Epidemiologia
2.1 Nel mondo
2.2 In Europa
2.3 In Italia
3 Eziologia
3.1 Fumo di sigaretta
3.2 Radon
3.3 Amianto
3.4 Inquinamento atmosferico
3.5 Virus
3.6 Predisposizione genetica
3.7 Malattie polmonari
4 Patogenesi
4.1 Alterazioni clinico-patologiche
4.2 Eventi biologico-molecolari
4.2.1 Autosufficienza per la crescita cellulare
4.2.1.1 Recettore del fattore di crescita dell'epidermide
4.2.1.2 Ras
4.2.1.3 Myc
4.2.2 Evasione dalla apoptosi
4.2.3 Evasione dal blocco alla crescita cellulare
4.2.4 Insensibilità all'invecchiamento cellulare
4.2.5 Angiogenesi
4.2.6 Invasione e metastizzazione
5 Anatomia patologica
5.1 Classificazione istologica
5.2 Aspetto microscopico
5.2.1 Carcinoma squamocellulare
5.2.2 Adenocarcinoma
5.2.3 Carcinoma bronchioloalveolare
5.2.4 Carcinoma polmonare a grandi cellule
5.2.5 Carcinoma polmonare a piccole cellule
5.3 Aspetto macroscopico
5.3.1 Carcinoma squamocellulare
5.3.2 Adenocarcinoma
5.3.3 Carcinoma bronchioloalveolare
5.3.4 Carcinoma polmonare a grandi cellule
5.3.5 Carcinoma polmonare a piccole cellule
6 Profilo clinico
6.1 Crescita locale del tumore
6.2 Invasione ed ostruzione delle strutture adiacenti
6.3 Coinvolgimento dei linfonodi regionali
6.4 Presenza di metastasi a distanza
6.5 Sindromi paranoplastiche
7 Profilo diagnostico
8 Classificazione
8.1 Estensione e localizzazione del tumore - T
8.2 Coinvolgimento linfonodale - N
8.3 Presenza di metastasi - M
9 Terapia
9.1 Chirurgia
9.2 Chemioterapia
9.2.1 Chemioterapia adiuvante per NSCLC
9.3 Radioterapia
9.4 Radiologia interventistica
9.5 Targeted therapy
10 Prognosi
11 Prevenzione
12 Screening
12.1 Metodica TC spirale a basse dosi
12.2 Breath test
13 Note
14 Bibliografia
14.1 Oncologia
14.2 Patogenesi e genetica
14.3 Anatomia patologica
14.4 Medicina interna
14.5 Diagnostica per immagini e radioterapia
14.6 Chirurgia
14.7 Terapia farmacologica, Chemioterapia
15 Voci correlate
16 Altri progetti
17 Collegamenti esterni



Storia [modifica]
Il carcinoma del polmone era poco comune prima della diffusione dell'abitudine al fumo di tabacco e fino al 1791 non era considerato un'entità patologica con dignità propria.[4] I differenti aspetti del carcinoma del polmone vennero descritti nel 1819.[5] Nel 1878 i tumori maligni del polmone costituivano solo l'1% delle neoplasie osservate in corso di autopsia, ma la percentuale salì fino al 10-15% nella prima parte del 1900.[6] I dati riportati nella letteratura medica riferiscono solo 374 casi in tutto il mondo nel 1912,[7] ma lo studio dei dati derivati dai referti autoptici ha dimostrato che l'incidenza aumentò dallo 0,3% nel 1852 al 5,66% nel 1952.[8]

In Germania, nel 1929, il medico Fritz Lickint riconobbe la connessione tra il fumo di sigaretta e il carcinoma del polmone,[6] evento che portò ad un'imponente campagna anti-fumo nella Germania nazista.[9] Il British Doctors Study, uno studio iniziato negli anni cinquanta, costituì la prima solida evidenza epidemiologica della connessione tra il fumo e il carcinoma del polmone.[10] Come risultato, nel 1964, il Surgeon General of the United States raccomandò a tutti i fumatori di interrompere l'abitudine al fumo.[11]

La connessione con il radon venne riconosciuta per prima tra i minatori delle riserve metallifere intorno a Schneeberg, nella zona di confine tra la Baviera (Germania) e la Boemia (Repubblica Ceca). Questa regione è molto ricca in fluorite, ferro, rame, cobalto e argento, quest'ultimo raccolto fin dal 1470. La presenza di notevoli quantità di uranio e radio si tradusse in un'intensa e continuativa esposizione al radon, gas radioattivo ritenuto responsabile della carcinogenesi (vedi eziologia).

I minatori svilupparono una quantità sproporzionata di affezioni polmonari, ricondotte nel 1870 ai poliedrici quadri clinici sostenuti dalle neoplasie polmonari. È stato stimato che circa il 75% di questi minatori morirono per carcinoma del polmone.[12] Nonostante questa scoperta l'estrazione di uranio continuò anche durante gli anni cinquanta, a causa della continua richiesta da parte dell'Unione Sovietica.[13]

Il primo intervento riuscito di pneumectomia per carcinoma del polmone è stato effettuato nel 1933.[14] La radioterapia palliativa è stata usata sin dagli anni quaranta,[15] mentre la radioterapia radicale (ad alti dosaggi) cominciò ad essere presa in considerazione dagli anni cinquanta in poi come presidio terapeutico nei soggetti con carcinoma del polmone limitato, ma inadatti all'intervento chirurgico.[16] Nel 1997 la radioterapia continua accelerata iperfrazionata (CHART) soppiantò la convenzionale radioterapia radicale per la cura delle neoplasie polmonari.[17]

Per quanto riguarda il carcinoma polmonare a piccole cellule, gli iniziali approcci chirurgici nel 1960[18] e la radioterapia radicale[19] furono infruttuosi. Regimi chemioterapici soddisfacenti vennero sviluppati solo a partire dagli anni settanta.[20]


Epidemiologia [modifica]
Stime di incidenza e mortalità divise per classe di età per carcinoma del polmone negli Stati Uniti nell'anno 2006.
Nel mondo [modifica]
Il carcinoma del polmone è la neoplasia con il maggior tasso di incidenza e di mortalità nel mondo (1,35 milioni di nuovi casi all'anno e 1,18 milioni di morti), con la massima frequenza negli Stati Uniti d'America e in Europa.[21] Negli Stati Uniti, nel 2006, il carcinoma del polmone è stato diagnosticato in circa 60 persone ogni 100 000 abitanti; nello stesso periodo sono morte per questa neoplasia circa 52 persone ogni 100 000 abitanti.[2]

Vengono colpiti prevalentemente soggetti di età superiore a 50 anni che abbiano fatto uso di tabacco. Le misure di prevenzione per il fumo di sigaretta prese dal 1960 in poi hanno portato a una lenta ma costante diminuzione del tasso di mortalità negli individui di sesso maschile nella prima parte di questo secolo, benché non si sia ancora osservata una diminuzione significativa nelle donne.[22] In particolare è stato rilevato che mentre nell'Europa orientale il tasso di mortalità è maggiore negli uomini, nell'Europa settentrionale (vedi epidemiologia in Europa) e negli Stati Uniti il tasso di mortalità è maggiore nelle donne.[23]

Altri studi epidemiologici si sono concentrati nella valutazione di altri fattori di rischio per lo sviluppo di tumori polmonari, rivelando un maggiore tasso d'incidenza nelle popolazioni esposte all'inquinamento proveniente dalle emissioni di automobili, industrie e centrali termoelettriche, come nel Texas,[24] a Taiwan[25] e nelle zone limitrofe a Dublino.[26] Dai dati provenienti da questi studi è risultato evidente il ruolo delle misure preventive focalizzate sulla riduzione dell'esposizione soprattutto ai fumi provenienti dalla combustione del gasolio e dei carburanti derivati dal petrolio.[27]

Il carcinoma del polmone è meno comune nei paesi in via di sviluppo, benché sia stato rilevato un notevole aumento di incidenza e di mortalità nei paesi in cui è subentrata l'abitudine al fumo di sigaretta, in particolare in Cina[28] e in India.[29]

L'incidenza (per ogni paese) di neoplasie polmonari ha una relazione inversa con l'esposizione alla luce solare e ai raggi ultravioletti: una possibile spiegazione del fenomeno può essere connessa al ruolo anti-tumorale svolto dalla vitamina D, che si origina dalla pelle in seguito all'esposizione solare.[30]

Un dato degno di nota è un aumento dell'incidenza, dal 1950 in poi, della variante adenocarcinoma,[31] tumore che interessa soprattutto le regioni periferiche del polmone. Il fenomeno è essenzialmente dovuto all'introduzione del filtro nelle sigarette, in grado di intrappolare le particelle più grandi (che si depositerebbero nei bronchi prossimali) e di lasciar passare invece le particelle più piccole, che si depositano nei bronchi distali. La presenza del filtro, inoltre, induce il fumatore a fare inspirazioni più profonde per ricevere la stessa quota di nicotina, con maggiore deposizione delle sostanze tossiche nelle regioni polmonari più periferiche.[32] Negli Stati Uniti d'America, tuttavia, l'incidenza di adenocarcinoma sta diminuendo dal 1999: questo dato sembra essere dovuto alla diminuzione dell'inquinamento ambientale.[31]


In Europa [modifica]
Guida alla lettura dei dati
Incidenza: numero di nuovi casi (sesso specifico) di carcinoma del polmone nel 2006 rapportato alla popolazione (sesso specifica) nello stesso anno e moltiplicato per 100 000.
Mortalità: numero di morti (sesso specifico) per carcinoma del polmone nel 2006 rapportato alla popolazione (sesso specifico) nello stesso anno e moltiplicato per 100 000.

In Europa (2006) il carcinoma del polmone costituisce la più comune causa di morte per cancro.[33]

Nella tabella e nelle carte tematiche sono riportati i relativi dati di incidenza e mortalità in Europa nello stesso periodo.[33] L'incidenza nelle femmine, in assoluto, è minore di quella nei maschi, in accordo con la tendenza mondiale. In particolare, l'incidenza nei maschi risulta essere particolarmente elevata negli stati dell'Europa orientale (Ungheria, Polonia, Russia e Bielorussia), mentre negli stati scandinavi e negli stati dell'Europa settentrionale (Svezia, Finlandia, Norvegia, Gran Bretagna, Islanda e Irlanda) l'incidenza è molto minore. Per le femmine la situazione è quasi opposta: negli stati dell'Europa settentrionale l'incidenza è massima, con un sorpasso sul sesso maschile in Islanda, mentre è minima nell'Europa orientale.

Elaborando queste informazioni si ricava che l'assetto della distribuzione dell'incidenza prevede una discrepanza minima tra il sesso maschile e quello femminile negli stati del nord e massima negli stati dell'est. Allo stesso modo si può constatare che, in linea generale, a mano a mano che per ogni paese scende l'incidenza per i maschi quella per le femmine aumenta fino ad equipararsi. La mortalità segue strettamente la tendenza mostrata dall'incidenza, con picchi nei paesi dell'est per i maschi e nei paesi del nord per le femmine.

Incidenza nei maschi
Incidenza nelle femmine

Mortalità nei maschi
Mortalità nelle femmine


▼ EspandiIncidenza e mortalità per carcinoma del polmone in Europa (dati)
Nazione Incidenza nei maschi Incidenza nelle femmine Mortalità nei maschi Mortalità nelle femmine
Albania 95 26 85 23
Austria 54 22 51 18
Belgio 93 23 94 21
Bielorussia 87 7 75 5
Bosnia-Erzegovina 76 18 70 16
Bulgaria 67 12 58 9
Cipro 66 10 60 9
Croazia 69 14 81 16
Danimarca 65 49 58 42
Estonia 80 13 88 11
Finlandia 46 15 44 13
Francia 76 15 60 14
Germania 61 21 54 18
Gran Bretagna 57 35 51 30
Grecia 89 13 69 11
Irlanda 60 34 49 26
Islanda 41 46 40 35
Italia 85 16 63 14
Lettonia 83 10 79 9
Lituania 92 10 74 8
Lussemburgo 70 16 63 17
Macedonia 72 9 62 8
Moldavia 64 13 50 9
Norvegia 54 34 48 26
Olanda 63 33 67 31
Polonia 103 29 92 22
Portogallo 45 12 43 8
Repubblica Ceca 79 23 77 19
Slovacchia 72 12 65 12
Russia 93 11 75 8
Serbia e Montenegro 62 17 63 18
Slovenia 76 23 69 20
Spagna 68 14 67 9
Svezia 29 24 30 24
Svizzera 53 26 43 18
Ucraina 75 10 59 7
Ungheria 119 42 110 35



In Italia [modifica]
Incidenza e mortalità in Italia per carcinoma del polmone nel periodo 1998-2002.In Italia nel 2004 sono morte 32 840 persone per carcinoma del polmone.[34] Nel periodo compreso tra l'anno 1998 e il 2002, nell'area AIRT (località italiane analizzate nei grafici a destra) il carcinoma del polmone ha rappresentato per frequenza la 3ª neoplasia diagnosticata nel sesso maschile e la 4ª nel sesso femminile.[35] Per quanto riguarda la mortalità, il carcinoma del polmone rappresenta la prima causa di mortalità per cancro nell'uomo e la seconda nella donna (dopo il cancro della mammella).

I tassi relativi sono stati elaborati ed inseriti nel grafico a destra, dalla cui osservazione è possibile ricavare una serie di informazioni. In primo luogo, come in Europa, l'incidenza di carcinoma del polmone in Italia è caratterizzata da un rapporto maschi:femmine di circa 5-4:1, benché queste differenze si stiano completamente annullando per quanto riguarda l'incidenza in soggetti di età compresa tra i 20 e i 44 anni.[36] L'incidenza per il sesso maschile è massima a Genova, in Veneto, a Ferrara e a Napoli, mentre è minima nell'Alto Adige; nelle femmine l'incidenza è massima nel Veneto e a Parma mentre è minima in alcune città del Sud come Salerno e Ragusa. La mortalità per i maschi è massima in Veneto, Napoli e a Varese mentre è minima in Umbria, a Macerata e a Ragusa. Nelle femmine la mortalità è massima a Ferrara ed in Veneto mentre è minima a Ragusa, Salerno e Macerata.
Un'ulteriore osservazione può essere fatta confrontando i dati di incidenza con quelli di mortalità per uno stesso luogo, ricavando che, comunque sia, il carcinoma del polmone ha un bassissimo indice di sopravvivenza sia nei maschi che nelle femmine. Inoltre, per entrambi i sessi, in luoghi come Ferrara e Genova dove è massimo il tasso di incidenza vi è un indice di sopravvivenza maggiore rispetto a luoghi come l'Alto Adige in cui l'incidenza è minima. Questo significa che ad esempio a Genova, benché il tasso di mortalità sia in assoluto maggiore rispetto a quello dell'Alto Adige, vi è una maggiore possibilità di sopravvivenza nei soggetti cui viene diagnosticato il carcinoma del polmone. Nello stesso periodo gli istotipi (vedi classificazione istologica) più frequenti nel sesso maschile sono il carcinoma polmonare a cellule squamose (32%) e l'adenocarcinoma polmonare (23%), mentre il carcinoma polmonare a piccole cellule rappresenta circa l'8% di questa casistica.[35] Nelle femmine l'adenocarcinoma polmonare rappresenta l'istotipo più frequente (33%), seguito dal carcinoma polmonare a cellule squamose (16%). Come nei maschi, il carcinoma polmonare a piccole cellule è meno frequente a questi due istotipi (9%). In entrambi i sessi l'età media di incidenza in Italia è tra i 70 e gli 80 anni. La mortalità nei maschi è massima tra i 75 e i 79 anni, mentre nelle femmine è massima tra gli 80 e 84 anni. Deve inoltre essere sottolineato che a partire dalla fine degli anni ottanta fino al 2002 l'incidenza e la mortalità di carcinoma del polmone sono diminuite nel sesso maschile. Nel sesso femminile i dati indicano un aumento dell'incidenza e della mortalità. Tuttavia, per il sesso femminile, la mortalità cresce meno di quanto cresca l'incidenza; il motivo di questo fenomeno è da ricercare nella maggiore speranza di sopravvivenza offerta dai nuovi schemi di chirurgia associati a radioterapia e chemioterapia adiuvante (vedi terapia).


Eziologia [modifica]

Fumo di sigaretta [modifica]
L'incidenza del cancro ai polmoni è strettamente correlata al consumo di sigarette, come attesta il grafico comparativo. Fonte:NIHIl fumo di sigaretta è considerato il principale agente eziologico per lo sviluppo di carcinoma del polmone.[37] Secondo uno studio elaborato servendosi di proiezioni statistiche, è responsabile di circa il 90% dei tumori polmonari mortali nei paesi sviluppati.[38] In particolare, sempre secondo uno studio, negli USA il fumo di sigaretta è responsabile dello sviluppo dell'87% dei casi di neoplasia polmonare (90% negli individui di sesso maschile e 85% nelle donne),[39] con un'incidenza che aumenta considerevolmente se le prime esposizioni avvengono tra i 18 e 25 anni di età.[40] Il fumo di sigaretta contiene circa 60 cancerogeni certi,[41] inclusi i radioisotopi provenienti dal decadimento del radon, il benzopirene e alcune nitrosamine. Inoltre la nicotina presente è in grado di deprimere la risposta immunitaria, diminuendo la capacità di sorveglianza e di killing delle cellule neoplastiche da parte dei linfociti T e dei linfociti NK.[42] Il rischio percentuale di sviluppo di cancro mortale aumenta con l'aumentare del tempo di esposizione e del numero di sigarette fumate, con graduale diminuzione temporale del rischio in seguito a cessazione totale dell'esposizione.[43] Il fumo di sigaretta non rappresenta solo un fattore di rischio, ma anche un importante elemento in grado di influenzare la prognosi, dimostrato dal fatto che soggetti non fumatori ma con carcinoma del polmone hanno una maggiore percentuale di sopravvivenza a 5 anni rispetto ai fumatori.[44] Inoltre è stato ampiamente documentato che la cessazione del fumo in seguito alla diagnosi di tumore migliora notevolmente il profilo prognostico.[45]

Del fumo di sigaretta si deve considerare una componente mainstream e una sidestream; la prima, ad alte temperature, è quella generata da processi di inspirazione attiva. La seconda, a basse temperature, è il risultato della combustione spontanea tra le dita o nel posacenere. Ultimamente questa distinzione ha assunto un notevole peso epidemiologico, poiché recenti studi[46] hanno dimostrato come la componente sidestream, che rappresenta per larga parte il fumo passivo (85%), sia potenzialmente più nociva rispetto alla componente mainstream (fumo attivo). Naturalmente all'atto pratico, data la notevole diluizione nell'aria che il fumo passivo subisce prima di essere eventualmente inalato, l'aumento percentuale di rischio di contrarre patologie a cui è esposto chi lo assume resta notevolmente inferiore rispetto a quello del fumatore attivo. La connessione tra esposizione passiva e aumento del rischio è stata ulteriormente dimostrata da studi condotti negli USA,[47][48][49][50][51][22] in Europa,[52] in Gran Bretagna[53] e in Australia[54] che hanno documentato un aumento del rischio relativo nei soggetti esposti al fumo passivo (soggetti che vivono o che lavorano con un fumatore attivo).


Radon [modifica]
Media della distribuzione di radon nell'atmosfera terrestre (Bq/m³).Il radon è un gas inodore ed incolore, generato dai processi di decadimento del radio, esso stesso prodotto del decadimento dell'uranio, presente diffusamente nella crosta terrestre (granito e minerali usati per la costruzione delle abitazioni). Il radon rappresenta un elemento volatile e radioattivo, in grado di indurre mutazioni a carico del DNA e di rappresentare quindi un rischio concreto di neoplasia; in merito a quest'ultimo punto, ricerche recenti (2006) hanno promosso il radon come secondo fattore di rischio per lo sviluppo di cancro mortale al polmone.[55] I livelli di radon variano in base alla località e in base alla composizione relativa della crosta terrestre; per esempio in Cornovaglia l'elevata presenza di granito ed altri minerali aumenta a tal punto i livelli di radon da rendere consigliato l'uso di ventilatori ed estrusori per diminuire la concentrazione del gas all'interno degli edifici.[56][57] La United States Environmental Protection Agency (EPA) ha stimato che negli USA almeno in una 1 casa su 15 sono presenti livelli di radon che superano di almeno 4 picocurie per litro (pCi/L, o 148 Bq/m³) i limiti di sicurezza stabiliti.[58] L'Iowa è lo stato degli USA con la più elevata concentrazione di radon nell'aria (superiore di 4 pCi/L rispetto al controllo), con un aumento del rischio di sviluppo di cancro mortale del polmone superiore del 50% rispetto alla popolazione non esposta.[59][60] L'esposizione media italiana al radon all'interno degli edifici è mediamente di 77 Bq/m³; in relazione alla mortalità assoluta per cancro al polmone è stato stimato che dal 5 al 20% di insorgenza di tumore mortale è dovuta all'esposizione di radon indoor.[61] In base a questi dati e a successivi esperimenti, una buona ventilazione degli edifici si è dimostrata essere un provvedimento in grado di diminuire considerevolmente l'esposizione al radon.[62] I decreti legislativi n. 230/1995 e n. 241/2000 impongono inoltre la misurazione dei livelli di radiazione assunta da radon negli individui che lavorano nel sottosuolo.[63]


Amianto [modifica]
Fibre di asbesto (corpo aghiforme circondato da inclusioni rotondeggianti marroni) in aspirato citologico svolto per la diagnosi di tumore polmonare.L'amianto, oltre ad essere implicato nella patogenesi della asbestosi e del mesotelioma pleurico, mostra un ruolo sinergico con il fumo di tabacco per lo sviluppo di carcinoma del polmone.[64] In Gran Bretagna è stato stimato che il 2-3% dei casi di cancro mortale è causato dall'amianto.[65] In Italia, la correlazione tra l'esposizione all'amianto e il carcinoma del polmone è stata documentata per la prima volta del 1995:[66] lo stesso studio ha dimostrato che mentre la sola esposizione all'amianto è in grado di aumentare il rischio di 5 volte, l'esposizione combinata di amianto e fumo di tabacco è in grado di aumentare il rischio di 95 volte.


Inquinamento atmosferico [modifica]
Benché non siano presenti ancora dati definitivi, l'esposizione allo smog e all'inquinamento atmosferico (prodotti della combustione dei derivati del petrolio e prodotti delle lavorazioni che comportano l'uso di metalli particolari come nichel e cromo) è chiamata in causa nella patogenesi di cancro mortale del polmone.[66]


Virus [modifica]
Ricostruzione tridimensionale del simian virus 40, ritenuto essere coinvolto nella patogenesi di alcune forme tumorali.La capacità oncogena dei virus è stata ampiamente dimostrata nel modello animale,[67][68] benché recenti evidenze suggeriscono il ruolo potenziale del papillomavirus,[69] del poliomavirus JC,[70] del simian virus 40 (SV40), del virus BK e del citomegalovirus[71] nella patogenesi del carcinoma del polmone nell'uomo. Questi virus possono alterare il ciclo cellulare e bloccare i processi di apoptosi, promuovendo un anomalo controllo della replicazione cellulare e lo sviluppo successivo di neoplasia.


Predisposizione genetica [modifica]
La presenza di mutazioni ereditarie a carico di p53 (come la sindrome di Li-Fraumeni) e di Rb predispongono al carcinoma del polmone.[72] Un ulteriore gene coinvolto sembra essere il gene che codifica per il citocromo CYP1A1, della famiglia del sistema enzimatico P450,[73] responsabile del metabolismo di alcuni farmaci, di composti aromatici e del benzopirene.[74] Polimorfismi a carico di questo gene comportano un alterato metabolismo dei composti cancerogeni presenti nel fumo di sigaretta, con maggiore suscettibilità al cancro per i soggetti che hanno ereditato la variante enzimatica del CYP1A1.[3]


Malattie polmonari [modifica]
La presenza di enfisema o di bronchite cronica testimonia l'esposizione massiva al fumo di sigaretta;[75] conseguentemente, questi soggetti hanno una probabilità maggiore di sviluppo di cancro mortale del polmone.[37] Una pregressa tubercolosi rappresenta un rischio a sé stante per lo sviluppo di cancro mortale del polmone; tale evento prende il nome di carcinoma su cicatrice,[76] che descrive l'innesco del processo neoplasico nel sito polmonare nel quale è avvenuto (ed in seguito risolto con cicatrizzazione) il processo tubercolare.


Patogenesi [modifica]
Gli elementi eziologici analizzati portano a mutazioni del DNA che innescano un insieme di modificazioni che hanno come risultato finale un'intensa proliferazione dell'epitelio, con aberrazioni dell'architettura del tessuto polmonare. Con il tempo e con il prolungarsi dell'esposizione, l'insieme di queste modificazioni costituisce il terreno sul quale origina e si muove la neoplasia. Da queste considerazioni si deduce che al disordine neoplastico si associano alterazioni microscopiche, macroscopiche e molecolari, che evolvono in coerenza nel tempo e nello spazio.

Mentre queste ultime verranno discusse nelle sezione Eventi biologico-molecolari, le prime due corrispondono ad alterazioni visibili che sostengono il quadro clinico-patologico. Occorre quindi considerare sempre che simultaneamente al disordine neoplastico visibile, si muove un substrato molecolare sincrono ed evolutivo in grado di condizionare la storia clinica e la prognosi del tumore, conferendo proprietà di invasività, metastatizzazione o resistenza alla chemio-radioterapia.


Alterazioni clinico-patologiche [modifica]
Alterazioni istologiche nel carcinoma del polmone[3]
Tappe anatomo-patogenetiche
Stimolo oncogeno
↓ Stimolo oncogeno
I
I
I

Iperplasia adenomatosa atipica
I
I
I
I

Alterazioni reversibili
Iperplasia epiteliale

Epitelio metaplastico

Alterazioni irreversibili
Displasia

Carcinoma in situ

Carcinoma polmonare a cellule squamose Adenocarcinoma polmonare
Carcinoma bronchioloalveolare

Come illustra lo schema, un tumore non insorge in un epitelio sano. Occorrono infatti molti anni affinché che lo stimolo cancerogeno rappresentato dal contatto con uno dei fattori di rischio possa promuovere alterazioni tali da innescare lo sviluppo di tumore. Nell'epitelio bronchiale, l'esposizione ripetitiva al fumo porta ad un'intensa proliferazione (iperplasia) che tuttavia non possiede le alterazioni genetiche tipiche del tumore. Con il tempo ed il perdurare dello stimolo, le cellule che costituiscono il tessuto iperplastico possono andare incontro ad un processo definito metaplasia, un particolare evento caratterizzato dalla trasformazione di un tipo cellulare in un altro. Nel caso del polmone, le cellule che compongono l'epitelio si trasformano da cilindriche a fusate, assumendo un aspetto che nell'insieme viene definito pavimentoso stratificato.[77] Il passo successivo è rappresentato dalla displasia, una situazione nella quale viene ad essere alterata la normale architettura tissutale. Questo significa che le cellule andranno incontro ad una proliferazione non più ordinata in base alla fisiologica anatomia del tessuto, ma verranno a svilupparsi, ad esempio, in contesti di pertinenza di altri tessuti. Nel polmone questo è visibile poiché le cellule pavimentose non si disporranno più verso il lume del bronco, ma tenderanno ad accumularsi negli strati medi ed inferiori della mucosa, testimoniando che le cellule alterate sono svincolate dalla polarizzazione imposta dall'epitelio stesso. Differentemente dalla metaplasia, che può essere risolta eliminando lo stimolo nocivo, la displasia è un processo irreversibile e rappresenta il seme dal quale si genera il carcinoma in situ, definito come una lesione neoplastica che non ha ancora oltrepassato il limite imposto dalla lamina propria. Questi eventi descrivono le tappe patogenetiche che caratterizzano la genesi del carcinoma polmonare a cellule squamose; tuttavia è stato messo in evidenza[78] che, differentemente da questo tipo, l'adenocarcinoma polmonare e il carcinoma bronchioloalveolare originano da un'alterazione prenoplastica denominata iperplasia adenomatosa atipica, caratterizzata da un'intensa proliferazione di strutture ghiandolari nel contesto del tessuto polmonare.


Eventi biologico-molecolari [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Carcinogenesi.

Il terreno attraverso il quale si snoda il disordine neoplastico è caratterizzato da alterazioni molecolari che possono essere riassunte in sei grandi gruppi patogenetici.[79]


Autosufficienza per la crescita cellulare [modifica]
Una cellula privata di fattori di crescita va rapidamente incontro ad apoptosi. Per questo, acquisire autosufficienza per i fattori di crescita rappresenta un meccanismo fondamentale per innescare e sostenere la carcinogenesi. Diverse alterazioni, su diverse componenti, possono realizzare e promuovere l'autosufficienza: per il carcinoma del polmone assumono particolarmente importanza le vie di segnalazione cellulare che riguardano tre sistemi proteici: EGFR, Ras e Myc.

Segnalazione intracellullare innescata dal legame tra EGFR e il suo agonista. L'iperespressione di EGFR o la sua mutazione attivante è un importante fattore patogenetico per il carcinoma del polmone.
Recettore del fattore di crescita dell'epidermide [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Recettore del fattore di crescita dell'epidermide.

Nel tessuto polmonare uno dei recettori per i fattori di crescita è rappresentato dal recettore del fattore di crescita dell'epidermide o EGFR (anche detto ErbB-1), proteina posta sulla membrana cellulare di molte cellule bronchiali.[80]
Essenzialmente, sono 3 i meccanismi attraverso i quali alterazioni di EGFR possono contribuire allo sviluppo e al mantenimento del carcinoma del polmone.[80]
Iperespressione dei ligandi di EGFR
La continua presenza di molecole in grado di stimolare EGFR, benché non sia sufficiente ad innescare il processo di carcinogenesi,[81] è estremamente importante poiché porta ad una condizione perpetua di stimolo proliferativo, promuovendo la proliferazione di cellule precedentemente mutate.
Amplificazione di EGFR
Se il numero di recettori per unità di superficie cellulare aumenta, aumenta di conseguenza la responsività della cellula ad un dato stimolo esterno.[81] Quindi, una cellula che esprime un maggior numero di recettori è una cellula con una maggiore capacità proliferativa, condizione che avvantaggia le cellule neoplastiche, che possiedono più copie del gene di EGFR o un gene costituitavamente espresso.
Mutazioni attivanti di EGFR
Le mutazioni del gene di EGFR possono portare all'indipendenza funzionale del recettore, rendendolo costitutivamente attivo anche in assenza di uno stimolo esterno.[81] Tali mutazioni sono presenti nel 20% dei NSCLC (Carcinoma polmonare non a piccole cellule; vedi, più oltre, la sezione Classificazione istologica) e nell'80% di NSCLC non responsivi a terapia,[82] con maggiore frequenza nell'adenocarcinoma polmonare,nel sesso femminile e nei soggetti di origine asiatica.[83]
Ricostruzione tridimensionale della struttura della proteina Ras la cui mutazione è spesso connessa alle forme tumorali resistenti alla chemioterapia.
Ras [modifica]
Come precedentemente discusso nella trattazione del ruolo fisiologico di EGFR, la proteina Ras rappresenta un punto di snodo cruciale nella segnalazione di proliferazione e differenziazione cellulare.[84] Mutazioni di Ras, soprattutto dell'isoforma K-Ras, sono presenti soprattutto nell'adenocarcinoma polmonare,[85] benché, comunque sia, rappresentano un'alterazione tipica (15-20%) di tutte le forme di NSCLC.[86] Mutazioni attivanti di K-Ras si associano molto strettamente all'abitudine al fumo di sigaretta e alla resistenza insorta durante il trattamento chemioterapico.[87]

Myc [modifica]
Myc è un oncogene che codifica per una proteina che rappresenta il traguardo finale del segnale di proliferazione convogliato da Ras;[88] ciò significa che una mutazione attivante di Myc o una sua iperespressione mima fisiologicamente una mutazione attivante di Ras. Le alterazioni di Myc sono associate a moltissime forme di cancro[89] e nel carcinoma del polmone assumono una valenza particolare le forme cMYC, MYCN e MYCL. Mentre la mutazione di cMyc in circa il 8-20% delle forme di NSCLS, la mutazione delle ultime due forme rappresenta un meccanismo patogenetico fondamentale nello sviluppo di carcinoma polmonare a piccole cellule.[90]

Evasione dalla apoptosi [modifica]
L'apoptosi può essere definita come morte cellulare programmata che, differentemente dalla necrosi, rappresenta un processo fisiologico e di notevolissima importanza. La regolazione dei processi apoptotici permette il corretto sviluppo di diversi nuovi tessuti a scapito di popolazioni cellulari senescenti o rudimentali. Benché questi processi siano particolarmente evidenti durante l'embriogenesi, l'apoptosi riveste un ruolo fondamentale anche nell'individuo adulto, soprattutto nell'eliminazione dei linfociti autoreattivi e delle cellule tumorali.[91] Giocoforza, la compromissione di tali meccanismi o l'acquisizione da parte del tumore della capacità di evadere l'apoptosi, rappresenta uno dei momenti cruciali per la progressione della neoplasia.[81]

Ricostruzione tridimensionale della struttura della proteina p53. La perdita di questa proteina è responsabile della capacità da parte delle cellule neoplastiche di sfuggire dai meccanismi apoptotici.p53
p53 è una proteina di 53 kilodalton (kDa) che funge da fattore di trascrizione ed è codificata dal gene TP53.[92][93][94] L'mRNA che traduce per p53 è trascritto in seguito a danno del genoma, provocato, ad esempio, da radiazioni, agenti chimici e stress ossidativo[95] La proteina p53 cosi tradotta porta alla trascrizione di p21 (arresto del ciclo cellulare),[96] di Gadd45 (riparazione del DNA)[97][98] e di Bax (induttore dell'apoptosi);[99] riassumendo: un danno al DNA promuove la traduzione di p53 che blocca il ciclo cellulare, ripara il DNA e, in caso di insuccesso, innesca l'apoptosi. Per questo, p53 è stato denominato il guardiano del genoma, in quanto in grado di prevenire l'instaurarsi di danni al DNA e di stabilizzare il genoma.[100]
Mutazioni inattivanti di p53 trasmesse con modalità autosomico recessiva sono le responsabili della sindrome di Li-Fraumeni,[72] che rappresenta una condizione di rischio per lo sviluppo di carcinoma del polmone. Alterazioni di p53 nelle cellule dell'epitelio bronchiale con alterazioni di tipo neoplastico in individui che non hanno ereditato l'allele mutato, sono presenti sia nel carcinoma polmonare a piccole cellule (>90%) che nei NSCLC (>80%).[1]



Bcl-2
Bcl-2 è una proteina che si lega alla membrana esterna dei mitocondri inibendo l'apoptosi.[81] Questo significa che un aumento dell'espressione di bcl-2 nelle cellule neoplastiche consente la valicazione degli stimoli apoptotici e la sopravvivenza cellulare. Benché l'iperespressione di bcl-2 rappresenti un punto patogenetico fondamentale nelle varie forme di leucemia e di linfomi, tale alterazione si riscontra frequentemente (>75%) anche nel SCLC.[101] In questo tipo di tumori è sovente riscontrare un'iperespressione di Bcl-2 e una diminuzione funzionale di p53, elementi che, con meccanismo sinergico, sono in grado di promuovere e sostenere l'aggressività del microcitoma.

Evasione dal blocco alla crescita cellulare [modifica]
Nel processo di evoluzione di una neoplasia le cellule acquisiscono gradualmente nuove capacità proliferative svincolandosi dal blocco imposto da alcuni geni denominati per questo oncosoppressori.[81] In generale, meccanismi che portano alla perdita di un solo allele oncosoppressore non sono sufficienti a promuovere lo sviluppo di un tumore; tuttavia, la perdita di entrambi gli alleli (two hits hypothesis) è strettamente associata a instabilità genetica, ad alterato ciclo cellulare ed, infine, alla proliferazione incontrollata.[102]

La proteina p53 rappresenta un tipico esempio di gene oncosoppressore; un ulteriore classico esempio è rappresentato dalla Rb, in grado di controllare le diverse tappe del ciclo cellulare.[103] Ogniqualvolta uno di questi geni viene perso o inattivato da mutazione in entrambi gli alleli si parla di loss-of-heterozygosity (LOH).[104] Molti studi,[105] focalizzati soprattutto sul carcinoma polmonare a cellule squamose, hanno messo in evidenza le seguenti loss-of-heterozygosity:

Cromosoma coinvolto Sigla Esempi di
geni presenti
Braccio corto del cromosoma 1 1p PINK1
Braccio corto del cromosoma 3 3p FHIT; RASSF1; VHL
Braccio lungo del cromosoma 3 3q PDCD10
Braccio corto del cromosoma 4 4p FGFR3
Braccio lungo del cromosoma 4 4q Molte chemochine
Braccio lungo del cromosoma 5 5q NSD1
Braccio lungo del cromosoma 8 8q NDRG1
Braccio lungo del cromosoma 9 9q TGFBR1
Braccio corto del cromosoma 10 10p ERCC6
Braccio lungo del cromosoma 10 10q PTEN; ALOX5; CDH23
Braccio lungo del cromosoma 13 13q BRCA2; Rb
Braccio corto del cromosoma 17 17p p53
Braccio lungo del cromosoma 17 17q BRCA1
Braccio lungo del cromosoma 18 18q SMAD4
Braccio corto del cromosoma 19 19p STK11


Studi pubblicati nel marzo 2008[106] hanno messo in luce un ulteriore processo responsabile dell'evasione dal blocco alla crescita cellulare, rappresentato dalla metilazione dei promotori che modulano l'espressione di geni oncosoppressori. La metilazione è un processo fisiologico che porta al silenziamento di geni non necessari per la cellula nel dato periodo preso in considerazione;[107] tuttavia, la metilazione patologica che avviene in queste cellule tumorali può portare al silenziamento di oncosoppressori, con un profilo funzionale conseguente praticamente identico alla loss-of-function. Questi studi hanno inoltre messo in evidenza che tali alterazioni si verificano nelle fasi iniziali del processo di carcinogenesi, quando ancora non sono avvenute alterazioni mutazionali stabili. Ciò implica che le modificazioni a carico delle lesioni neoplastiche precoci possiedono ancora un certo grado di reversibilità.


Insensibilità all'invecchiamento cellulare [modifica]
Struttura di un cromosoma umano; i telomeri costituiscono le porzioni terminali bene evidenziate nel disegno. La capacità da parte delle cellule tumorali di contrastare l'accorciamento di queste strutture porta ad una spiccata insensibilità all'invecchiamento cellulare.Fisiologicamente, con il ripetersi dei cicli cellulari e, dunque, delle mitosi, i telomeri si accorciano, testimoniando la fisiologica senescenza cellulare.[107] Un enzima chiamato telomerasi[108] utilizza continuamente nuovi nucleotidi per cercare di mantenere costante la lunghezza dei telomeri. Da ciò si può dedurre che cellule con una spiccata attività telomerasica, quindi con telomeri costantemente lunghi, possono essere in grado di sfuggire ai normali processi di invecchiamento procedendo verso uno stato di immortalità. Nel carcinoma del polmone è stata ampiamente documentata[109] un'iperattività telomerasica soprattutto nelle fasi precoci del processo neoplastico. Presa visione di questa evidenza, numerosi studi[110][111] si sono focalizzati nel ricercare evidenze che possano suggerire il ruolo dell'esame dell'attività telomerasica sul liquido di lavaggio bronchiolo-alveolare (BAL) prelevato in corso di broncoscopia come misura di screening e prevenzione. Ulteriori studi[112] hanno analizzato la capacità predittiva dell'analisi dell'attività telomerasica associata alla normale citologia dell'espettorato o del BAL. Da queste ricerche risulta che, benché sia ancora una metodica in fase di sperimentazione e con costi elevati, l'analisi dell'attività telomerasica aggiunge sensibilità e accuratezza diagnostica al più specifico esame citologico, con ulteriore migliore capacità discriminativa sul grado di malignità del disordine neoplastico esaminato.


Angiogenesi [modifica]
Per approfondire, vedi le voci Carcinogenesi#Angiogenesi e Angiogenesi.
Ricostruzione tridimensionale della struttura del VEGF, il fattore di crescita vascolare responsabile dello sviluppo di vasi sanguigni nel contesto del tessuto tumorale.Numerosi studi sono stati condotti sul ruolo dei fattori di crescita per i vasi sanguigni nel carcinoma del polmone, dimostrando che il fattore cardine è rappresentato dal VEGF;[113] da ciò è stato reso evidente che un'elevata concentrazione di VEGF del sangue dei pazienti con carcinoma del polmone rappresenta un fattore prognostico negativo indipendente dalla loro classificazione.[114] È stato inoltre dimostrato che il processo di angiogenesi sostenuto dal VEGF avviene nelle fasi precoci della carcinogenesi del carcinoma del polmone,[115] con pesanti implicazioni nella storia naturale di queste neoplasie.


Invasione e metastizzazione [modifica]
Ricostruzione tridimensionale della struttura di una E-caderina. Mutazioni a carico di queste proteine svincolano le cellule tumorali dall'inibizione da contatto.Alcuni studi hanno dimostrato che cellule epiteliali bronchiali possono mostrare una perdita dell'inibizione da contatto in seguito ad esposizione alla nicotina.[116] Il passo successivo alla perdita dell'inibizione da contatto è rappresentato dall'acquisizione della capacità di invasione tissutale attiva, grazie all'espressione di proteine, come le metallo proteasi, in grado di demolire la matrice extracellulare, permettendo alle cellule neoplastiche di farsi strada tra i tessuti. Molte di queste proteine sono chiamate in causa nella capacità invasiva del carcinoma del polmone; di seguito vengono discussi alcuni degli elementi ritenuti più importanti nell'infiltrazione di questa neoplasia.

CRMP-1
Collapsin response mediator protein 1 (proteina che media gli effetti delle collapsine) è un gene umano che codifica per una proteina di membrana presente fisiologicamente solo nel tessuto nervoso, dove modula vie di segnalazione importanti nella crescita neuronale durante lo sviluppo del sistema nervoso.[117] Al di là di questo ruolo fisiologico, CRMP-1 è stata indagata in quanto la sua espressione è alterata nelle cellule neoplastiche che possiedono un elevato grado di invasività.[118] Per quanto riguarda il carcinoma del polmone, studi condotti per valutare il ruolo del CTGF (fattore di crescita del tessuto connettivo, che stimola la produzione di matrice extracellulare e di integrine)[119] nella progressione dell'adenocarcinoma polmonare, hanno dimostrato una stretta relazione tra i segnali innescati da CRMP-1[120] e la motilità cellulare, con aumento del grado di invasione e di metastatizzazione. Non solo: dati precedenti a questi studi e basati su una serie di esperimenti condotti con la metodica PCR, northern blot e western blot,[121] hanno dimostrato che cellule metastatiche e con elevato tasso di invasività presentano livelli ridotti di CRMP-1; da ciò è stato ipotizzato che CRMP-1 possa avere un ruolo anti-invasivo fisiologico.
Ricostruzione tridimensionale della catena gamma delle laminine, la cui espressione aberrante nel carcinoma del polmone porta ad una intensa capacità invasiva.Laminina 5
Le laminine sono proteine della matrice extracellulare, soprattutto dello strato compatto che costituisce la lamina propria che sostine le cellule epiteliali.[122] Sono formate da trimeri compositi di catene alfa, beta o gamma e le differenti combinazioni caratterizzano le diverse forme di laminine, espresse in differenti tessuti e con funzioni differenti.[123] Infatti, mentre una disfunzione della laminina 2 è responsabile di una forma di distrofia muscolare congenita, la laminina 1 è coinvolta nello sviluppo migratorio delle strutture neuronali, indirizzando, ad esempio, gli assoni delle cellule gangliari retiniche verso le stazioni mesencefaliche. Le laminine rappresentano dunque il terreno nel quale si sviluppano e si muovono le cellule; giocoforza, un'alterazione della produzione delle laminine può portare verso un'alterata architettura tissutale e nel caso di un tumore verso un certo grado di invasività. Alcuni studi hanno identificato nelle alterazioni della laminina 5 una tappa obbligata per l'invasità di molti tipi di tumori, di origine epiteliale e non.[124] Per il ruolo della laminina 5 nel carcinoma del polmone, l'attenzione è stata posta sull'adenocarcinoma in stadio Ia e Ib; le ricerche hanno dimostrato non solo che una bassa espressione della laminina 5 porta ad un grado di invasività minore, ma soprattutto correla con una prognosi a lungo tempo migliore.[125]
Ricostruzione tridimensionale di una delle catene proteiche che compone le integrine, anch'esse chiamate in causa nella capacità invasiva mostrata dalle cellule del tumore polmonare.Integrine
Le integrine sono recettori che mediano l'adesione tra le cellule e la matrice extracellulare.[126] In questo senso, sono responsabili della forma e della motilità cellulare, benché possiedano, analogamente a quanto discusso per le caderine, proprietà segnalatorie in grado di influenzare il ciclo cellulare. Nello studio del ruolo delle integrine sullo sviluppo del tumore del polmone sono emersi i seguenti dati:
L'invasività tissutale del carcinoma polmonare a cellule squamose, dell'adenocarcinoma polmonare, del carcinoma polmonare a grandi cellule e del carcinoma polmonare a piccole cellule dipende strettamente dall'espressione nel microambiente polmonare di un contesto proteico che preveda la presenza di β1 e β3 integrine.[127]
L'espressione di proteine della matrice extracellulare come la β1 integrina è connessa con la resistenza alla chemioterapia e all'apoptosi mostrata in vivo dal carcinoma polmonare a piccole cellule.[128]
È stato dimostrato che alcuni fattori di crescita come il TGF-β stimolano la produzione di integrine, promuovendo invasività e metastatizzazione delle cellule neoplastiche. In base a queste evidenze si stanno cercando nuovi farmaci in grado di bloccare questo processo.[129]
Studi pubblicati nel giugno 2009 hanno dimostrato che la presenza di complessi recettoriali iperespressi formati da integrina β1 sia una condicio sine qua non affinché un carcinoma del polmone possa dar origine ai primi focolai metastatici.[130]

Anatomia patologica [modifica]
▼ EspandiNomenclatura delle neoplasie
I nomi delle neoplasie benigne derivano dal nome della cellula di origine al quale si aggiunge il suffisso -oma. Ad esempio, una neoplasia benigna che origina dal tessuto adiposo, è chiamata lipoma (dal greco lypos, grasso). Analogamente, la neoplasia benigna del tessuto cartilagineo è chiamata condroma (dal greco khondrós, cartilagine). Ancora; una neoplasia benigna che origina dai fibroblasti è chiamata fibroma, uno che origina dall'osso si chiama invece osteoma. Adenoma è invece il termine utilizzato per indicare una neoplasia benigna che origina da un'epitelio e che riproduce un aspetto ghiandolare. Per le neoplasie maligne la regola è diversa; si deve aggiungere il suffisso -sarcoma se la neoplasia origina da cellule mesenchimali, mentre si usa il suffisso -carcinoma se la neoplasia origina dalle cellule epiteliali. Per cui, una neoplasia maligna dei tessuti precedentemente citati avrà come nome: liposarcoma, condrosarcoma, fibrosarcoma, osteosarcoma e adenocarcinoma. Il 95% delle neoplasie polmonari è maligno ed origina dalle cellule dell'epitelio bronchiale. I carcinomi polmonari possono essere ulteriormente divisi in base alle caratteristiche. Ad esempio:

mauretto58
00giovedì 27 agosto 2009 17:50


Carcinoma a cellule squamose o carcinoma squamoso o carcinoma epidermoide
Adenocarcinoma polmonare
Carcinoma bronchioloalveolare, talvolta considerato come ulteriore sottotipo dell'adenocarcinoma bronchiale
Carcinoma polmonare a grandi cellule
Il carcinoma epidermoide è un tumore maligno prevalentemente centrale che origina della cellule basali dell'epitelio dei bronchi, con lenta crescita e che predilige i lobi polmonari superiori; è la forma più strettamente associata al fumo di sigaretta.[137] L'adenocarcinoma del polmone è una forma tumorale estremamente variabile con linfotropismo estremamente marcato e in grado di formare metastasi linfonodali senza ingrandimento TC visibile.[138] Il carcinoma bronchioloalveolare nasce dagli alveoli e diffonde tappezzando la parete alveolare, risultando non strettamente invasivo; ha un decorso clinico indolente e una frequenza molto bassa, con un quadro radiologico simile alla polmonite.
Il carcinoma polmonare a piccole cellule deve essere distinto da queste forme; è un tumore estremamente maligno, con elevatissima mortalità e che si sviluppa in un contesto patogenetico molecolare differenze rispetto ai NSCLC; può essere definito come l'estremo maligno della linea dei tumori che originano dalle cellule neuroendocrine (carcinoidi tipici e atipici, carcinoma polmonare a grandi cellule). La malignità tipica di questi tumori viene giustificata dal decorso clinico estremamente rapido, dalla precocissima capacità di metastatizzare e all'associazione con sindromi paraneoplastiche.[132]


Aspetto microscopico [modifica]
L'epitelio bronchiale normale è formato da un monostrato di cellule cilindriche ciliate frammiste a cellule mucipare caliciformi. Mentre queste ultime, insieme alle ghiandole della sottomucosa, sono deputate alla produzione di muco, le prime devono sostenere un'intensa attività di clearance (pulizia) dell'epitelio stesso, trasportando il muco prodotto verso l'alto attraverso il movimento ritmato delle ciglia. Tra queste cellule si interpongono cellule del sistema APUD, in grado di secernere un insieme di sostanze con proprietà vasoattive e con attività sulla muscolatura liscia bronchiale[139]. Sono inoltre presenti cellule indifferenziate che forniscono popolazioni cellulari sempre nuove all'epitelio bronchiale. Mentre si ritiene che i NSCLC originino dalle cellule ciliate o dalle cellule indifferenziate, la presenza di marcatori neuroendocrini nelle cellule si SCLC fa ritenere che questa linea di tumori originino dalle cellule del sistema APUD.[140]

▼ EspandiCarcinoma del polmone - Aspetto microscopico - Immagini istologiche
Immagine istologica A
Carcinoma squamocellulare: sono presenti cellule con citoplasma intensamente eosinofilo dalla quali protrudono spine che le mettono in contatto con altre cellule. In alto a destra è inoltre possibile osservare la presenza di notevole cheratinizzazione.
Immagine istologica B
Adenocarcinoma a cellule chiare: le strutture cellulari si organizzano formando aggregati pseudo-ghiandolari. Le cellule appaiono chiare per la notevole presenza di muco.
Immagine istologica C1
Carcinoma bronchioloalveolare: le cellule neoplastiche tappezzano i setti interalveolari rispettandone la struttura.
Immagine istologica C2
Carcinoma bronchioloalveolare: ulteriore immagine istologica.

Immagine istologica D
Carcinoma polmonare a grandi cellule': sono presenti notevoli atipie nucleari, nucleolari e citoplasmatiche che rendono il quadro istologico notevolmente pleomorfo. Il nome dato alla neoplasia è giustificato dalla presenza di elementi cellulari giganti.
Immagine istologica E1
Carcinoma polmonare a piccole cellule: le cellule con nucleo intensamente cromofilo e scarso citoplasma si accrescono assumendo una struttura compatta e dall'aspetto organoide.
Immagine istologica E2
Carcinoma polmonare a piccole cellule: ulteriore immagine istologica.



▼ EspandiCarcinoma del polmone - Aspetto microscopico - Rappresentazioni
Rappresentazione A
Carcinoma squamocellulare: sono presenti numerose spine tra cellula e cellula. Una perla cornea è parzialmente rappresentata nell'angolo in basso a destra.
Rappresentazione B
Adenocarcinoma: la presenza di strutture ghiandolari più o meno differenziate testimonia la natura della neoformazione.
Rappresentazione C
Carcinoma bronchioloalveolare: le cellule neoplastiche si accrescono tappezzando gli alveoli senza provocarne la distruzione.
Rappresentazione D
Carcinoma polmonare a grandi cellule: il quadro è dominato da pleomorfismo marcato, con elementi cellulari giganti frammisti a cellule immature, con nucleoli prominenti e formazioni nucleari aberranti.
Rappresentazione E
Carcinoma polmonare a piccole cellule: si può notare la scarsità del citoplasma e la presenza di nucleo intensamente cromofili. Le cellule si organizzano formando strutture compatte, dall'aspetto a palizzata.




Carcinoma squamocellulare [modifica]
Come tutti i carcinomi a cellule squamose (o spinocellulari), questi tumori sono caratterizzati dalla presenza di cheratinizzazione, ben visibile per la presenza di elementi cellulari fusiformi intensamente eosinofili e totalmente o quasi totalmente privi di nucleo.[140] La combinazione e l'intensa proliferazione di questi elementi intorno ad un punto porta alla formazione di perle cornee, identificabili come zone concentriche con elevatissima cheratinizzazione (rappresentazione A, in basso a destra). Nell'immagine istologica A (e nella rappresentazione connessa) è inoltre possibile osservare la presenza di "spine" che protrudono dalla membrana cellulare e che formano ponti tra cellula e cellula. I ponti intercellulari altro non sono che desmosomi e testimoniano, unitamente alla cheratinizzazione, la conversione dell'epitelio cilindrico bronchiale in un epitelio molto più simile a quello della cute. La presenza di spine intercellulari è un reperto così caratteristico da poter render necessaria la sua ricerca in ogni lesione bronchiale sospetta. La presenza di perle, di elementi squamosi e di spine delineano una forma di neoplasia ben differenziata; viceversa, l'assenza di perle cornee, la presenza di figure mitotiche atipiche e di elementi cellulari giganti ed immaturi possono far propendere più verso un reperto di neoplasia scarsamente differenziata, con un grado maggiore di invasività.[3]


Adenocarcinoma [modifica]
Con il termine adenocarcinoma si fa riferimento ad una neoplasia di origine epiteliale in cui è possibile osservare un certo grado di differenziazione verso l'epitelio ghiandolare, caratterizzato dalla presenza di strutture acinose o papillari e dalla produzione di mucina.[3] Come mostra l'immagine istologica B, le cellule che si radunano a formare una struttura ghiandolare possono assumere una colorazione molto chiara per l'elevata presenza di mucina nel citosol. In questo caso si può parlare di adenocarcinoma a cellule chiare.[140] Invece, nella rappresentazione B si focalizza l'attenzione sulla formazione di strutture ghiandolari acinose che testimoniano il buon grado di differenziano del tumore; viceversa, ma mano che il tumore diventa più indifferenziato, le strutture acinari possono lasciare il posto a strutture papillari, che danno un aspetto più compatto al tessuto osservato. Con la progressiva perdita della differenziazione il tumore può assumere un aspetto solido, con elementi cellulari atipici e pleomorfi, di difficile caratterizzazione e inquadramento.


Carcinoma bronchioloalveolare [modifica]
Questa variante istologica è sovente considerata una variante dell'adenocarcinoma, benché mostri una caratterizzazione anatomo-patologica, diagnostica e prognostica differente. Come è possibile vedere nelle immagini istologiche C1 e C2 e dalla rappresentazione C, le cellule tumorali proliferano rispettando la struttura microscopica polmonare, non invadendo la sottomucosa ma tappezzando come farfalle su di uno steccato (crescita lepidica) i setti alveolari. Le due varianti, muciparo e non muciparo, si differenziano per forma cellulare ed evoluzione: mentre la prima è costituita da cellule cilindriche e tende a diffondersi per via aerogena, la seconda è caratterizzata da cellule cuboidi o leggermente fusate, in grado di formare noduli spesso confinati.[3]


Carcinoma polmonare a grandi cellule [modifica]
Con questo termine si definisce una neoplasia polmonare altrimenti non identificabile nell'ambito di carcinoma squamocellulare o adenocarcinoma. Come suggeriscono sia la rappresentazione che l'immagine istologica D, questo tipo di tumore è formato da elementi cellulari pleomorfi, con nuclei prominenti e di dimensioni variabili dove è possibile apprezzare nucleoli intensamente cromofili. Questi tumori possono mostrare un certo grado di differenziazione neuroendocrina, confermata dall'aspetto di crescita organoide, con formazione di trabecole e rosette molto simili a quelle osservate nel microcitoma.[141]


Carcinoma polmonare a piccole cellule [modifica]
Questo tumore rappresenta l'estremo maligno di una serie di neoplasie che originano dalle cellule neuroendocrine, proprietà confermata dalla presenza di marcatori come la cromogranina o la sinaptofisina. Le cellule sono rotondeggianti, con scarso citoplasma e membrana cellulare ben definita; si organizzano formando strutture a palizzata (immagine istologica e rappresentazione E) con zone di necrosi e con elevatissima conta mitotica, fattore che testimonia il basso grado di differenziazione e l'elevata malignità.[3]


Aspetto macroscopico [modifica]
▼ EspandiCarcinoma del polmone - Aspetto macroscopico
Immagine A1
Carcinoma squamocellulare, con caratteristica presentazione nelle zone centrali del polmone.
Immagine A2
Carcinoma squamocellulare; il tumore si presenta come un'escrescenza verrucosa (a sinistra) occludende il bronco (destra) che si presenta eritematoso e contenente muco.
Immagine A3
Carcinoma squamocellulare: formazione nodulare grigiastra che comprime un bronco di grosso calibro. A valle, è presente un'area di addensamento (zona bianca, cotonosa) che testimonia la presenza di un processo di polmonite ostruttiva.
Immagine B
Adenocarcinoma polmonare: grande massa periferica, lobulata e dall'aspetto traslucido.

Immagine C
Carcinoma bronchioloalveolare: estese nodulazioni frammiste ad aree necrotico-emorragiche che alterano l'architettura polmonare.
Immagine D
Carcinoma polmonare a grandi cellule: estesa massa lobulata bianca e solida che presenta aree di necrosi focale. Il carcinoma si espande fino all'ilo polmonare dove sono inoltre presente linfonodi metastatici.
Immagine E
Carcinoma polmonare a piccole cellule: massa biancastra cotonosa che avvolge un bronco di grosso calibro (sede ilare), infiltrando il tessuto peri-vascolare e intaccando i linfonodi ilari.



In generale il carcinoma del polmone appare come una massa compatta, di colore spesso grigio-biancastro e con contorni sfrangiati ed invasivi delle zone circostanti ancora sane del polmone, benché possano essere evidenziate caratteristiche individuali per ogni tipo istologico. Dal luogo d'origine, le cellule tumorali possono migrare per la via linfatica ed ematica in altri organi dove attecchiscono e colonizzano in forma di aggregati detti "metastasi". Frequenti sono le metastasi alle linfoghiandole dell'ilo polmonare, del mediastino, del collo, oppure degli organi, come il surrene, il cervello, le ossa, il fegato o il rene. Le cellule tumorali possono raramente migrare anche nei bronchi e da qui diffondersi in altre regioni polmonari (metastasi polmonari). Le neoplasie possono estendersi localmente ed interessare la pleura, producendo un liquido siero-ematico, e la parete toracica o il mediastino.


Carcinoma squamocellulare [modifica]
Sono molto spesso tumori centrali[140] (immagine A1). Il carcinoma a cellule squamose si origina dall'epitelio bronchiale come un'escrescenza verrucosa (immagine A2) che può crescere fino ad occupare l'intero lume, provocando fenomeni di atelectasia o polmonite post-ostruttive, ben visibile nella figura A3. Il tumore può infiltrare la sottomucosa ed espandersi seguendo il tessuto peribronchiale in direzione mediastinica, dove appare radiograficamente come un'estesa opacità in sede para-ilare (vicino all'ilo polmonare).[142] Si presenta caratteristicamente come una massa "a cavolfiore", lobulata, di colore bianco-grigiastro e di consistenza dura; intorno alla massa possono presentarsi fenomeni necrotici (zone soffici e giallastre) ed emorragici (zone di polmone collassato infarcito di sangue).[3] Talora l'elevato tasso di crescita produce delle zone ischemico-necrotiche nella zona centrale, che può escavarsi raccogliendo materiale purulento; in questi casi si parla di cancro-ascesso.


Adenocarcinoma [modifica]
Sono spesso tumori che originano dai bronchi di piccolo calibro, benché possano anche presentarsi in sede parailare.[141] Assumono un aspetto lobulato e traslucido, in virtù della intensa produzione di mucina, come mostra l'immagine B.


Carcinoma bronchioloalveolare [modifica]
La confluenza di più noduli (ben visibili nell'immagine C) porta alla formazione di un addensamento talmente esteso da poter essere confuso con una polmonite lobare. Qualora sia presente un'intensa secrezione mucosa, la superficie di taglio può mostrarsi lucida, con aree più o meno grandi di raccolta.[140] L'addensamento del parenchima, senza coinvolgimento bronchiale, porta allo sviluppo di broncogramma nei reperti radiografici, caratterizzato dalla visibilità delle strutture bronchiali contenenti aria nel contesto del mezzo solido rappresentato dal tumore.[138]


Carcinoma polmonare a grandi cellule [modifica]
Questo tumore si sviluppa soprattutto nelle zone polmonari periferiche, benché, allo stesso modo dell'adenocarcinoma, possa estendersi in sede parailare.[141] Hanno un aspetto solido e lobulato (immagine D), possono assumere grandi dimensioni ed avere aree di raccolta ascessuale al loro interno.


Carcinoma polmonare a piccole cellule [modifica]
Si sviluppano in sede ilare, coinvolgendo precocemente le strutture tracheali e mediastiniche.[143] Come mostra l'immagine E, il tumore tende ad infiltrare nel tessuto peribronchiale, coinvolgendo anche vasi sanguigni e linfonodi, benché possano presentarsi fenomeni di desquamazione necrotica intrabronchiale nel corso della malattia.[140]


Profilo clinico [modifica]
I segni e sintomi che si manifestano nei soggetti con carcinoma del polmone sono direttamente correlati a:

crescita locale del tumore
invasione o ostruzione delle strutture adiacenti
coinvolgimento dei linfonodi regionali
presenza di metastasi a distanza
effetto indiretto (sindromi paraneoplastiche)

Crescita locale del tumore [modifica]
Come discusso nel profilo anatomo-patologico, i tumori del polmoni possono manifestarsi come forme centrali o come forme periferiche, benché le prime siano le più frequenti. In seguito all'espansione della massa nel lume del bronco viene a crearsi una situazione ostruttiva che si manifesta con sibili e stridori respiratori che possono essere valutati in corso di esame obiettivo, dispnea (spiacevole consapevolezza di respirazione difficoltosa), tosse stizzosa per irritazione della superficie bronchiale ed emoftoe (espettorato striato di sangue) per rottura dei numerosi esili capillari che percorrono la superficie del tumore.[144] L'ostruzione del lume bronchiale porta ad un ristagno delle secrezioni a valle dell'ostruzione, che può esitare verso la polmonite ostruttiva, spesso manifesta con febbre e radiografia compatibile.[145] L'ostruzione completa del lume può portare allo sviluppo di atelectasia (collasso) del parenchima polmonare a valle. Con la crescita, il tumore può andare incontro ad escavazione con formazione di cavità ascessuali nel contesto della neoplasia stessa. Tale entità prende il nome di cancro ascesso. Il carcinoma bronchioloalveolare, ricoprendo la superficie degli alveoli, può ostacolare la diffusione dell'ossigeno, causando ipossia ed insufficienza respiratoria.[146]


Invasione ed ostruzione delle strutture adiacenti [modifica]
Plesso brachiale. Un tumore polmonare che si sviluppi nell'apice del polmone, in virtù alla vicinanza alle strutture nervose che decorrono al di sotto della clavicola, può esitare in dolore e disfunzione dell'arto omolaterale.I tumori periferici possono provocare dolore in virtù del possibile coinvolgimento pleurico. Per lo stesso motivo, si può sviluppare un versamento pleurico (e relativa grave dispnea) spesso di carattere essudativo e francamente emorragico.[1] Il coinvolgimento della parete toracica può dar luogo a dispnea in seguito ad insufficienza respiratoria di tipo restrittivo. Tumori che originano dalle porzioni superiori del polmone (tumore di Pancoast), possono dar origine ad un quadro sindromico definito sindrome di Pancoast o sindrome del tumore del solco superiore, caratterizzato dal coinvolgimento compressivo od infiltrativo dell'ottavo nervo cervicale e del primo-secondo nervo toracico. La sindrome di manifesta con dolore alla spalla che si irradia lungo il lato ulnare dell'arto superiore corrispondente.[147] Il quadro può essere confermato da una radiografia che dimostri l'opacità apicale e l'infiltrazione della prima o seconda costa.[145] Riconosce invece la compressione delle strutture del sistema nervoso simpatico il quadro clinico denominato sindrome di Bernard-Horner, caratterizzato dalla triade miosi (pupilla ristretta), ptosi (palpebra abbassata) ed enoftalmo (occhio infossato) nel lato colpito.[148]


Coinvolgimento dei linfonodi regionali [modifica]
Linfonodi mediastinici: essendo localizzati nelle vicinanze di strutture come vena cava superiore, nervi, trachea ed esofago un loro coinvolgimento metastatico può esitare nella compromissione strutturale e funzionale di uno di questi organi.I polmoni sono drenati da una serie di vasi linfatici che fanno capo a numerosi linfonodi del mediastino. Questi vengono divisi in 14 gruppi e sono in contatto con molti organi e strutture mediastiniche. Dunque, la presenza di metastasi linfonodali da carcinoma del polmone, possono presentarsi con segni e sintomi (dovuti alla compressione o all'infiltrazione degli organi confinanti) che nell'insieme vengono considerati con il nome complessivo di sindrome mediastinica. L'infiltrazione dell'esofago da parte dei linfonodi peritracheali può provocare disfagia, con rigurgito e possibile scialorrea, segno che correla con malattia avanzata e prognosi infausta.[149] L'interessamento della trachea o dei bronchi principali può esitare in un quadro dispnoico con tosse irritativa ed emoftoe; analogamente al quadro esofageo, questi segni e sintomi non si manifestano se non in fase tardiva. L'invasione della vena cava superiore è invece molto più frequente, a causa della debolezza tipica di tale struttura:[150] in questo caso la sintomatologia è caratterizzata da edema al volto e agli arti superiori, da obnubilamento, da cefalea e da cianosi dei distretti superiori, in un quadro che viene definito sindrome della vena cava superiore. Un po' meno frequente, ma molto rilevante ai fini prognostici, è il quadro clinico derivante dalla compromissione delle strutture nervose che risiedono nel mediastino. Un incoercibile singhiozzo o una paralisi diaframmatica sono reperti associabili alla compromissione del nervo frenico, mentre una tosse stizzosa e una marcata bradicardia possono associarsi ad una lesione del nervo vago. La presenza di metastasi che coinvolgono i linfonodi della finestra aorto-polmonare (compartimento anatomico della porzione sinistra del mediastino compreso tra aorta e arterie polmonari) possono comprimere la prima porzione del nervo ricorrente laringeo di sinistra, con presenza di disfonia per impossibilità dei movimenti di adduzione delle corde vocali (voce rauca).


Presenza di metastasi a distanza [modifica]
Il carcinoma del polmone metastatizza al cervello, ai surreni, alle ossa e al fegato. Meno frequentemente, le metastasi possono presentarsi anche nello stesso polmone, nei reni e al pericardio.[151] Le metastasi al cervello possono esordire con sintomi focali, parestesie, scosse cloniche, epilessia od altri disturbi del movimento. Il surrene rappresenta un sito di metastasi specifico per il carcinoma del polmone e per altre poche forme neoplastiche, con effetti metabolici che si contestualizzano in una sindrome di Addison e possono rappresentare un'importante causa di comorbidità. Le metastasi ossee sono associate ad un'intensa sintomatologia dolorosa per distensione e infiltrazione del periostio.


Sindromi paranoplastiche [modifica]
Una sindrome paraneoplastica può essere definita come l'insieme dei segni, dei sintomi e delle alterazioni morfologico-funzionali che un tumore è in grado di dare a distanza dalla sede di sviluppo primitivo o di sviluppo delle metastasi.[79] In questo senso, un carcinoma del polmone viene spesso scoperto in seguito all'evidenza clinica di questi quadri patologici.[152] Nel carcinoma del polmone, le sindromi paraneoplastiche di maggiore rilevanza sono la sindrome di Lambert-Eaton (disordine autoimmune caratterizzato da affaticabilità muscolare dovuta dalla presenza di autoanticorpi diretti verso i canali per il calcio voltaggio dipendenti[153]), l'ipercalcemia (dovuta alla produzione da parte del tumore di PTHrP)[154] e la sindrome da inappropriata secrezione di ADH (secrezione da parte del tumore di ormone anti-diuretico).[155] Altri sintomi sistemici che correlano con prognosi infausta sono: artralgie, febbre, anoressia, astenia ed insonnia.[149][156]


Profilo diagnostico [modifica]
▼ EspandiCarcinoma del polmone - Radiografie ed immagini TC
Radiografia del torace che mostra una neoformazione di forma ovalare nella parte periferica del lobo superiore sinistro
Radiografia del torace che mostra opacità compatibili con una neoplasia polmonare e metastasi linfonodali ilari e mediastiniche.
TC del distretto toracico che mostra una massa neoplastica nel polmone sinistro.
Ricostruzione 3D mediante la metodica TC delle strutture toraciche in un soggetto con carcinoma del polmone (freccia) confinato al lobo superiore sinistro.



In un contesto anamnestico in cui si presenta uno o più di questi reperti:[157]

dispnea (spiacevole consapevolezza di respirazione difficoltosa)
emoftoe (espettorato striato di sangue)
tosse cronica e stizzosa
sibili da ostruzione
dolore toracico o dolore addominale
cachessia (perdita di peso), astenia ed anoressia
disfonia, con voce rauca
ippocratismo digitale (dita a bacchetta di tamburo)
disfagia (difficoltà nella deglutizione)
il primo esame da eseguire è rappresentato dalla radiografia del torace,[138] in grado di dare informazioni sulla presenza di una massa, sul coinvolgimento dei linfonodi mediastinici, sulla presenza di una polmonite ostruttiva o di atelectasia e sulla presenza di versamento pleurico. Qualora le informazioni provenienti dalla radiografia del torace non risultassero esaustive per un soggetto fumatore con emoftoe e tosse, si deve procedere con esami di secondo livello come la tomografia computerizzata o la broncoscopia.[145] Un quadro radiografico compatibile con un tumore polmonare deve essere comunque indagato con la TC,[1] al fine di stabilire un corretto algoritmo diagnostico. Il successivo step è rappresentato dalla biopsia; il prelievo bioptico di una lesione neoplastica confinata nel mantello polmonare (tumore periferico) si svolge attraverso una biopsia percutanea TC guidata. Viceversa, una lesione neoplastica centrale (per definizione raggiungibile con il broncoscopio), deve essere indagata con una biopsia svolta in corso di broncoscopia.[145] Un ruolo importante è quello dall'analisi citologica dello sputo, soprattutto per le forme di tumore centrale; questa analisi, unitamente ad altre procedure come la radiografia del torace in soggetti a rischio (forti fumatori sopra ai 50 anni), può avere un ruolo nella diagnosi precoce di carcinoma del polmone.[158]

La diagnosi differenziale si snoda tra i quadri infettivi e i disordini infiammatori cronici in grado di dare una linfoadenopatia mediastinica. Tra i primi è sempre buona regola escludere la tubercolosi come possibile causa di opacità mediastinica; tra i secondi, si deve cercare di escludere la presenza di sarcoidosi.[156] Tuttavia, moltissimi altri quadri infettivi sono in grado di realizzare e sostenere una linfoadenopatia mediastinica. Non si deve inoltre escludere la presenza di disordini linfoproliferativi primitivi del mediastino che solitamente possono provocare opacità ilare senza coinvolgimento polmonare.[159] Il carcinoma del polmone può essere riscontrato anche in qualità di incidentaloma, ovvero, può essere scoperto grazie ad una radiografia del torace svolta per altri motivi. Il riscontro di tumore primitivo polmonare in seguito ad indagini svolte per sospetto di malattia neoplastica estesa (riscontro di metastasi ossee, cerebrali o surrenali), corrisponde ad una diagnosi di tumore inoperabile ed in fase terminale (grado IV, vedi classificazione) in grado di portare rapidamente verso l'exitus.[132]


Classificazione [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Classificazione TNM.

Le forme di carcinoma polmonare a piccole cellule vengono classificate in limited o extended disease in base alla possibilità o meno di colpire in fase radioterapica la massa tumorale mediante un'unica irradiazione.[1] Le forme di tumore non a piccole cellule vengono classificate in base all'estensione del tumore (parametro T), alla localizzazione di linfonodi coinvolti (N) e alla presenza di metastasi (M). Con tali reperti è possibile procedere alla classificazione mediante la seguente tabella:[132]

N0 N1 N2 N3
T1 Grado Ia Grado IIa Grado IIIa Grado IIIb
T2 Grado Ib Grado IIb Grado IIIa Grado IIIb
T3 Grado IIb Grado IIIa Grado IIIa Grado IIIb
T4 Grado IIIb Grado IIIb Grado IIIb Grado IIIb
M1 Grado IV Grado IV Grado IV Grado IV


Come è possibile notare, la presenza di metastasi a distanza, qualunque sia l'estensione e la presenza di metastasi linfonodali, promuove il tumore in categoria IV, caratterizzata da inoperabilità e sopravvivenza bassissima ad un anno.[1] Un'ulteriore particolarità è rappresentata dal fatto che carcinomi privi di metastasi caratterizzati da parametri T4 o N3 sono sempre assegnati al grado IIIb. Sono considerati operabili gli stadi Ia, Ib, IIa, IIb e alcuni IIIa (pazienti in buone condizioni di salute e senza esteso coinvolgimento linfonodale).[159] Gli stadi IIIb e IV sono da considerare sempre inoperabili; il trattamento di elezione è rappresentato dalla chemioterapia e dalla radioterapia.[79]


Estensione e localizzazione del tumore - T [modifica]
Il grado T può essere indagato mediante metodiche tomografiche, di risonanza magnetica (poco utilizzata nel polmone) e di videotoracoscopia; quest'ultima trova particolare impiego nell'analisi del coinvolgimento mediastinico e delle strutture vascolari.[159]

Tx: con Tx si vuole indicare la presenza di tumore certo ma non ancora rilevabile mediante metodiche radiografiche e videoscopiche. La certezza di tumore è indicata dalla presenza di cellule maligne nell'escreato o nel liquido di lavaggio brochiolo-alveolare (BAL).[1]
T0: assenza di tumore.
T1: tumore confinato all'interno del polmone e con un diametro inferiore a 3 cm. Non coinvolge i bronchi principali.
T2: tumore con almeno una delle seguenti caratteristiche:
diametro maggiore di 3 cm
coinvolgimento del bronco principale ma distante più di 2 cm dalla biforcazione della trachea
invasione della pleura viscerale
presenza di atelectasia o di polmonite ostruttiva che non coinvolge l'intero polmone[79]
T3: tumore con almeno una delle seguenti caratteristiche:
invasione della parete toracica, diaframma, pericardio parietale
coinvolgimento del bronco principale a meno di 2 cm dalla trachea ma senza coinvolgere la biforcazione bronchiale
atelectasia o polmonite dell'intero polmone[79]
T4: tumore con almeno una delle seguenti caratteristiche:
tumore di qualsiasi dimensione ma che invade il mediastino, il cuore, i grandi vasi mediastinici, la trachea, l'esofago o le vertebre
presenza di versamento pleurico maligno o versamento pericardico maligno
noduli tumorali satelliti in uno dei lobi omolaterali[1]

Coinvolgimento linfonodale - N [modifica]
Con N si fa riferimento ai linfonodi coinvolti dal processo tumorale. Tale indagine può essere svolta mediante tomografia computerizzata o ad emissione di positroni. Il limite più spiccato di queste metodiche è l'incapacità di visualizzare coinvolgimenti senza tumefazione (nel caso della TC) e l'incapacità di dare informazioni su piccole formazioni (PET). Per questo, i linfonodi prelevati in corso di procedure di chirurgia toracica come la lobectomia o la pneumectomia, devono essere sempre analizzati in ambito anatomo-patologico per la ricerca di processi infiltrativi non espansivi e quindi non visualizzabili mediante procedure radiografiche.[159]

Nx: metastasi linfonodali non rilevabili
N0: assenza di linfonodi colpiti
N1: colpiti i linfonodi subsegmentali, segmentali, lobari, interlobari o ilari omolaterali
N2: colpiti i linfonodi mediastinici omolaterali
N3: colpiti i linfonodi controlaterali o i linfonodi cervicali omolaterali

Presenza di metastasi - M [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Metastasi.

Il grado M può essere indagato con la tomografia computerizzata al torace ed all'addome (surreni), la risonanza magnetica (soprattutto i distretti encefalici) e la scintigrafia ossea.[132]

Mx: metastasi a distanza non rilevabili
M0: assenza di metastasi
M1: presenza di metastasi a distanza

Terapia [modifica]
La terapia del carcinoma del polmone dipende dal tipo cellulare, dall'estensione della malattia e dalle condizioni di salute del paziente (valutabili con l'indice di Karnofsky). I trattamenti comuni includono chirurgia, chemioterapia e radioterapia.[160]


Chirurgia [modifica]
Immagine che illustra la via di accesso chirurgico per la rimozione di un carcinoma del polmone. Immagine che illustra la metodica "wedge resection", con la quale viene asportata la neoplasia e piccola parte del parenchima polmonare circostante.Una volta confermata la presenza di neoplasia, la tomografia computerizzata e ad emissione di positroni sono strumenti necessari per la valutazione di resecabilità del tumore (eliminazione della maggior quantità possibile di tumore), condizionata dall'estensione, dall'infiltrazione degli organi vicini e dalla presenza di metastasi.

Elementi che invece influenzano l'operabilità (sopravvivenza e qualità di vita del paziente in seguito all'operazione) possono essere gli esami del sangue e la spirometria: mentre i primi possono indicare la presenza di comorbidità come il diabete, l'insufficienza respiratoria o l'insufficienza renale, la spirometria è in grado di valutare in maniera semplice e rapida la presenza di gravi BPCO, condizione che rappresenta una notevole limitazione alla chirurgia. Analogamente, deve essere effettuato un profilo elettrocardiografico al fine di valutare la presenza di aritmie o altre patologie cardiache.

La chirurgia toracica (con accesso toracotomico, vedi immagine) per il carcinoma del polmone ha un tasso di mortalità totale del 4,4%, strettamente correlato alla funzione polmonare e dalle presenza di altri fattori di rischio.[161] La chirurgia rappresenta il primo presidio terapeutico nei NSCLC confinati ad un polmone e fino allo stadio IIIa[162] (la stadiazione si assegna pre-operatoriamente attraverso la tomografia computerizzata e ad emissione di positroni). Inoltre, deve essere valutata la capacità respiratoria in modo da poter predire la funzionalità residua in seguito all'intervento chirurgico.

Le procedure chirurgiche comprendono la wedge resection (rimozione del tessuto neoplastico e di piccola parte del parenchima polmonare che lo circonda), la segmentomia (rimozione di una sezione di parenchima ventilata da un bronco segmentale), la lobectomia (rimozione di un lobo intero), la bilobectomia (rimozione di due lobi) e la pneumonectomia (rimozione dell'intero polmone). Nei pazienti con riserva funzionale adeguata, la lobectomia costituisce l'opzione di scelta, in quanto di minimizza la possibilità locale di recidiva. Nei pazienti che non hanno un'adeguata riserva funzionale, la wedge resection costituisce una valida alternativa.[163] La brachiterapia con frammenti di iodio applicata ai margini dell'escissione wedge può ridurre il tasso di recidiva con risultati comparabili alla lobectomia.[164]

La chirurgia toracica video assistita (approccio mini-invasivo) e le procedure di lobectomia condotte con questo metodo possono presentare vantaggi nel più rapido recupero post-operatorio, nella più breve degenza e nei diminuiti costi da parte dell'ospedale.[165]

La presenza di tumore polmonare confinato e associato a nodulo surrenale solitario metastatico può in alcuni casi essere trattato con associazione di interventi chirurgici finalizzati sia alla rimozione del tumore primitivo che della metastasi, con buoni tassi di sopravvivenza.[166] È stato inoltre dimostrato[167] che nei soggetti con metastasi surrenali sincrone o metacrone, la surrenectomia costituisce un intervento che può aumentare la sopravvivenza a 5 anni nei soggetti con tumore polmonare avanzato.


Chemioterapia [modifica]
Struttura molecolare del cisplatino, farmaco chemioterapico di nuova generazione utilizzato per la terapia del carcinoma del polmone. Struttura molecolare del celecoxib, un FANS di nuova generazione che ha trovato impiego nei casi "extended-disease" di carcinoma polmonare a piccole cellule.Il carcinoma polmonare a piccole cellule viene trattato primariamente con la chemioterapia e la radioterapia, poiché la chirurgia non ha dimostrato influenzare la sopravvivenza, benché alcune ricerche abbiano dimostrato che pazienti con SCLC confinato e senza coinvolgimento linfonodale risultino trarre giovamento in termini di sopravvivenza con l'associazione di chirurgia e chemioterapia.[168][169][170]

La chemioterapia rappresenta anche il primario approccio terapeutico in caso di NSCLC metastatico.

La combinazione di regime dipende dal tipo di tumore. Spesso i carcinomi non a piccole cellule vengono trattati con cisplatino o carboplatino in combinazione con gemcitabina, paclitaxel, docetaxel, etoposide o vinorelbina.[171] Nel carcinoma a piccole cellule sono comunemente usati il cisplatino e l'etoposide.[172] Possono essere anche usate le combinazioni con carboplatino, gemcitabina, paclitaxel, vinorelbina, topotecano ed iridotecano.[173][174] In caso di extended disease, il celecoxib può essere associato in maniera sicura con l'etoposide, migliorando i risultati in termini di sopravvivenza rispetto alle precedenti combinazioni.[175]


Chemioterapia adiuvante per NSCLC [modifica]
Questo termine indica l'uso di chemioterapia in associazione contemporanea con altre terapie, come la chirurgia e la radioterapia. Durante le procedure chirurgiche devono essere prelevati i linfonodi; se in seguito all'esame istologico risultassero positivi per presenza di cellule neoplastiche, il tumore viene classificato in stadio II o III (in base al gruppo colpito). In questa situazione, la chemioterapia adiuvante può incrementare il tasso di sopravvivenza del 15%,[176][177] soprattutto se vengono usati farmaci contenenti platino, come il cisplatino e il carboplatino.[178]

L'uso di questo schema chemioterapico nei pazienti in stadio Ib è invece controverso, poiché i trials clinici non hanno ancora dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza.[179][180] I trials di valutazione in termini di sopravvivenza per la chemioterapia pre-operatoria (chemioterapia neoadiuvante) nei tumori completamente resecabili non sono stati ad oggi conclusivi.[181]


Radioterapia [modifica]
La radioterapia è spesso associata alla chemioterapia nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule che non possono essere sottoposti all'intervento chirurgico. Questa forma di radioterapia è chiamata radioterapia radicale.[182] Un perfezionamento di questa tecnica è la radioterapia continua accelerata iperfrazionata (CHART), nella quale un'elevata dose è somministrata in un breve periodo di tempo.[17] Nei casi di carcinoma polmonare a piccole cellule potenzialmente curabili, l'irradiazione del torace è raccomandata in associazione alla chemioterapia.[183] L'uso della radioterapia adiuvante per i NSCLC è ancora controverso, benché diversi benefici siano stati documentati nei tumori con coinvolgimento dei linfonodi mediastinici.[184][185]

Sia per i NSCLC che per i SCLC, i pazienti possono trarre giovamento per il controllo del dolore e dei sintomi attraverso piccole dosi di radioterapia (radioterapia palliativa).

La brachiterapia (radioterapia localizzata) può avere un effetto diretto nei tumori confinanti ad una piccola sezione di bronco.[186] Può essere inoltre usata quando un tumore inoperabile causa l'ostruzione di una via aerea di grandi dimensioni.[187]

La somministrazione di terapia radiativa craniale profilattica (PCI) ai pazienti con SCLC in stadio limitato è spesso usata per ridurre il rischio di metastasi in tal sede.[188] Più recentemente, la PCI ha dimostrato analoghi benefici nei soggetti con extended disease.[189] Nei pazienti di cui il cancro è migliorato dopo un ciclo di chemioterapia, la PCI è indicata per ridurre il rischio cumulativo di metastasi al cervello ad un anno dal 40.4% al 14.6%.[190]

I recenti miglioramenti nell'ottimizzazione e nella formazione dell'immagine radiografica hanno condotto allo sviluppo di tecniche di radioterapia stereotassica per il trattamento di carcinoma del polmone in fase iniziale. Questa metodica viene primariamente utilizzata in quei soggetti che, presentando co-morbidità, non possono essere candidati all'exeresi chirurgica.[191]


Radiologia interventistica [modifica]
L'ablazione con radiofrequenza è una tecnica che rappresenta un'alternativa per il trattamento del carcinoma broncogenico, soprattutto nelle sue fasi iniziali. Si conduce inserendo nel tessuto neoplastico un piccola sonda che, attraverso la coagulazione, porta alla necrosi del tessuto stesso.[192]


Targeted therapy [modifica]
Struttura molecolare del Gefitinib, un farmaco in grado di bloccare la fosforilazione dei domini tirosin chinasici nelle cellule di carcinoma del polmone.Sono stati sviluppati vari farmaci mirati (targeted therapy) per il trattamento del carcinoma del polmone. Il gefitinib ha come bersaglio i domini tirosin chinasici del recettore del fattore di crescita dell'epidermide (EGFR), iperespresso o mutato in modo da essere costitutivamente attivo nelle diverse forme di carcinoma polmonare non a piccole cellule. Benché diverse prove abbiano dimostrato che il farmaco non sia in grado di migliorare i profili di sopravvivenza a 5 anni, il gefitinib dimostra una buona efficacia nel trattamento del carcinoma bronchioloalveolare in donne non fumatrici di origine asiatica.[193][194]

L'erlotinib, un altro inibitore dei domini tirosin chinasici, si è dimostrato efficace in termine di aumento del tasso di sopravvivenza nei pazienti con NSCLC[195] ed è attualmente considerato dalla Food and Drug Administration come trattamento di seconda linea nelle neoplasie avanzate. Analogamente al gefitinib, ha dimostrato una maggiore efficacia nel trattamento del carcinoma bronchioloalveolare in donne non fumatrici di origine asiatica.[194]

L'associazione di paclitaxel e carboplatino con bevacizumab, un inibitore dell'angiogenesi, migliora il tasso di sopravvivenza nei pazienti con NSCLC in stadio avanzato,[196] benché il suo uso sia connesso ad un aumento del rischio di sanguinamento polmonare soprattutto nei soggetti con carcinoma polmonare a cellule squamose.

Ricerche e studi in future terapie focalizzano l'attenzione su nuovi farmaci citotossici,[197] sulla farmacogenetica[198] e sulla ingegneria farmaceutica in grado di "disegnare" nuove molecole specifiche.[199] Alcune terapie mirate, come quelle a base di inibitori della COX-2,[200] di exisulind (uno stimolatore dell'apoptosi),[201] di inibitori della proteasi,[202] di bexarotene[203] e di alcuni vaccini,[204] sono ad oggi oggetto di studi preliminari. Le future aree di ricerca includono lo studio degli inibitori del protoncogene Ras, degli inibitori della PI3K, degli inibitori della deacetilasi degli istoni e dei farmaci in grado di sostituire gli oncosoppressori.[205]


Prognosi [modifica]
Sopravvivenza percentuale a 5 anni in base allo stadio tumorale.[206]La prognosi viene basata sul tipo istologico e sulla stadio del tumore. Il carcinoma polmonare a piccole cellule ha una prognosi infausta, benché interventi di radioterapia e chemioterapia mirata nella forma limited disease siano in grado di aumentare la sopravvivenza a 5 anni fino al 5%.[207] Nelle forme di carcinoma polmonare non a piccole cellule la sopravvivenza dipende soprattutto dalla classificazione, benché deve essere sempre considerata la presenza di patologie concomitanti e l'indice di Karnofsky calcolato per il paziente in osservazione. Nell'immagine a fianco sono messe a confronto le curve di sopravvivenza per la classificazione (o stadiazione) clinica (cTNM), ovvero basata sui reperti strumentali pre-operatori come la tomografia computerizzata, la tomografia ad emissione di positroni e la videotoracoscopia, e quella per la stadiazione patologica (pTNM), basata sull'analisi anatomo-patologica e microscopica delle stazioni linfonodali e dei frammenti prelevati in seguito all'intervento di chirurgia toracica. Come è possibile notare, è presente una notevole discrepanza tra i due metodi di classificazione: questo significa che la stadiazione operata su valutazione clinica (cTNM, pre-operatoria) sottovaluta la reale estensione della neoplasia[206] , ad esempio un IIb clinico ha lo stesso indice di sopravvivenza di un IIIa anatomo-patologico. Ulteriori elementi prognosticamente sfavorevoli sono la presenza di sindromi paraneoplastiche come la sindrome di Cushing, la sindrome da inappropriata secrezione di ADH e l'ipercalcemia. Quest'ultima, unitamente alla presenza di iperkaliemia da lisi neoplastica e all'insufficienza renale, può aggravare il quadro patologico per lo sviluppo di gravi quadri aritmici.[137] La comparsa di sindromi mediastiniche come disfonia, disfagia, grave dispnea e sindrome della vena cava superiore testimoniano la presenza di una malattia estesa, con rapida evoluzione verso l'exitus.[208]

La presenza di polmonite da ostruzione, atelectasia e versamento pleurico sono condizioni che, oltre a condizionare lo staging e quindi la prognosi, rappresentano ulteriori condizioni di comorbidità che devono essere trattate con terapie specifiche e mirate.[159]

Stadio Descrizione TNM Sopravvivenza a 5 anni
Stadiazione clinica (cTNM)[206] Sopravvivenza a 5 anni
Stadiazione patologica (pTNM)[206]
Ia T1 N0 M0 61% 67%
Ib T2 N0 M0 38% 57%
IIa T1 N1 M0 34% 55%
IIb T2 N1 M0 24% 39%
IIb T3 N0 M0 22% 38%
IIIa T3 N1 M0 9% 25%
IIIa T1-2-3 N2 M0 13% 23%
IIIb T4 NO-1-2 M0 7% <5%
IIIb T1-2-3-4 N3 M0 3% <3%
IV M1 1% <1%



Prevenzione [modifica]
Per definizione, le misure preventive hanno come scopo l'eliminazione dei fattori eziologici e dei fattori di rischio. In questa ottica, la misura preventiva più efficace per ridurre l'incidenza di carcinoma del polmone è ridurre al minimo l'esposizione al fumo di sigaretta, sia esso attivo o passivo.[209] In seguito alle evidenze mostrate dagli studi citati in precedenza, risulta essere molto importante prevenire l'esposizione al fumo soprattutto nei soggetti giovani.[40] Negli Stati Uniti d'America, il center for disease control, un ente che si occupa del controllo e della prevenzione delle malattie, ha suggerito di spendere il 15% dei proventi derivanti dalla tassazione dei prodotti del tabacco in programmi di prevenzione.[210]

A partire dal 1998, negli stati occidentali degli USA come la California sono state prese numerose misure per diminuire l'esposizione al fumo passivo nei luoghi pubblici. In seguito, analoghe misure sono state prese in Europa, con l'Irlanda nel 2004, l'Italia e la Norvegia nel 2005, la Scozia nel 2006, l'Inghilterra nel 2007 e la Francia nel 2008. La Nuova Zelanda ha cominciato ad applicare misure contro il fumo nei luoghi pubblici nel 2004. Nello stato del Bhutan, dal 2005, è in vigore una legge che impone il completo divieto di fumo.[211] In molti paesi, gruppi attivi nella lotta contro il fumo stanno facendo una campagna per simili divieti. Nel 2007, Chandigarh è diventato la prima città indiana a diventare "senza fumo". L'India ha introdotto un divieto totale di fumo ai luoghi pubblici il 2 ottobre 2008.

Tuttavia, una politica eccessivamente tesa al proibizionismo nei confronti del fumo di tabacco si è dimostrata essere positivamente correlata allo sviluppo di attività criminali di contrabbando, il che ha portato a porre un limite allo sviluppo di decreti legislativi troppo restrittivi.[212]

Nel 2008, uno studio condotto su oltre 77000 soggetti adulti ed anziani ha dimostrato che l'utilizzo protratto di integratori multivitaminici contenenti folati, vitamina C e vitamina E non è in grado di prevenire l'incidenza di carcinoma del polmone. Inoltre, è stato osservato che un uso intenso di vitamina E, soprattutto se condotto per lunghi periodi, è associato ad un aumento del rischio per lo sviluppo di carcinoma del polmone.[213]

L'Organizzazione mondiale della sanità ha richiesto ai governi di eliminare completamente la pubblicità riguardanti il tabacco per prevenire che i giovani inizino a fumare, sostenendo che, nei paesi in cui queste misure sono già state prese, il consumo di tabacco si è già ridotto del 16%.[214]

Per limitare l'esposizione al radon è possibile effettuare un controllo della quantità di questo gas nella propria abitazione tramite la sede ARPA più vicina.


Screening [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Screening.

Lo scopo dello screening è quello di identificare le malattie presenti in una comunità in una fase precoce, permettendo così di giungere ad interventi terapeutici tempestivi ed alla gestione standardizzata della terapia al fine di ridurre in maniera significativa la mortalità. In questo senso, in Italia gli screening oncologici sono rivolti all'identificazione precoce del cancro della mammella, del cancro del colon-retto e del cancro della cervice uterina.[215] Per il carcinoma del polmone il discorso è invece più complesso: lo screening in soggetti a rischio asintomatici svolto mediante l'esame citologico dell'espettorato, la radiografia del torace e la tomografia computerizzata non è sufficiente a garantire una riduzione della mortalità per carcinoma del polmone.[216] Nel 2004, sulla base di queste evidenze la US Preventive Services Task Force ha affermato che i risultati a lungo termine dello screening sulla mortalità per carcinoma del polmone non sono sufficienti per istituire un programma nazionale basato sulle metodiche di indagine prese in considerazione.[217] Nel 2007 anche l'American College of Chest Physicians ha raccomandato di non eseguire esami di screening per il carcinoma del polmone a causa della mancanza di efficacia sulla riduzione del tasso di mortalità.[218]


Metodica TC spirale a basse dosi [modifica]
Nel 2006, la International Early Lung Cancer Action Project (I-ELCAP) ha pubblicato i risultati di uno screening fondato sulla metodica TC spirale a basse dosi applicato su 31.000 soggetti ad alto rischio.[219] Furono diagnosticate 484 neoplasie polmonari; tra queste, circa l’85% era in stadio I (neoplasie di piccolo diametro completamente resecabili con una sopravvivenza a 10 anni dell’88%). Sono state mosse diverse critiche allo studio I-ELCAP:

Metodica: i risultati ottenuti non vennero confrontati con un gruppo di controllo composto da soggetti sottoposti allo screening con radiografia del torace.
Risultati a lungo termine: i soggetti vennero seguiti per circa 40 mesi. Sono dunque assenti i risultati a 10 anni.
In Giappone, lo screening basato sulla metodica TC a basse dossi è stato comparato allo screening basato sulla radiografia del torace.[220][221][222] Da questi studi è risultato che:

Rispetto alla radiografia, la TC spirale a basse dosi è in grado di rilevare un maggior numero di neoplasie polmonari ancora resecabili.
In virtù della potenza risolutiva, la TC spirale è caratterizzata da un elevato numero di falsi positivi.
Al fine di ridurre i falsi positivi è utile sottoporre i soggetti con immagini TC positive all’analisi citologica dell’espettorato e dei markers tumorali.
Uno studio di 5 anni pubblicato nel 2005 ha ulteriormente dimostrato la validità della TC spirale a basse dosi, pur evidenziando l’elevato numero di falsi positivi (96% per tutte le formazioni nodulari, 92% per i noduli superiori a 4 mm).[223]

In contrasto, nel marzo 2007, uno studio pubblicato nel Journal of the American Medical Association ha dimostrato l’assenza di benefici sulla mortalità dello screening basato sulla metodica TC a bassi dosi.[224][225]


Breath test [modifica]
Mediante un dispositivo simile a quello utilizzato nel breath test per la ricerca di Helicobacter pylori è possibile "intrappolare" ed analizzare le proteine emesse dal soggetto durante l'espirazione: successive analisi fondate sulle moderne tecniche di proteomica consentono di ricavare un profilo qualitativo e quantitativo di queste proteine. Questa metodica è volta a ricercare modificazioni nella tipologia o nella quantità di proteine che possano essere correlate con la presenza di alterazioni neoplastiche delle strutture polmonari, anche qualora siano ancora in uno stato iniziale. Benché siano necessarie altre prove di efficacia, alcuni studi hanno dimostrato come la non-invasiva metodica breath test possa garantire un'elevata sensibilità con costi esigui e rapidità di indagine.[226]

mauretto58
00sabato 29 agosto 2009 00:21
BOMBONIERE SOLIDALI PER ALI DI SCORTA






Oggetto: Fwd: bomboniere solidali Ricevuto il: 21/08/09 17:18







> Gentile Ali di Scorta
> siamo Iulca e Riccardo, promessi sposi. Per il nostro matrimonio (il 17 di
> ottobre 2009) ci piacerebbe dare ai nostri invitati una bomboniera un
> pò speciale, e abbiamo pensato a voi. Per noi è anche un modo per ricordare
> una persona cara che tempo fa ha ricevuto aiuto propro da voi...(GRAZIE!)
> Sappiamo che molte associazioni benefiche in queste occasioni rilasciano una
> sorta di pergamena da dare ai propri invitati, vorremmo sapere se anche voi
> avete qualcosa del genere!
>
> Vi ringraziamo sin d'ora e rimaniamo in attesa della vostra gentile risposta
> Cordialmente
> Iulca e Riccardo





mauretto58
00domenica 30 agosto 2009 21:13
PIU' ATTENZIONE AI FIGLI D MALATI ONCOLOGICI

«Progetto Lego»Come dire a un bambino che uno dei genitCome dire a un bambino che uno dei genitori è malato e dovrà seguire un percorso di cure che potrà essere lungo e difficile? «Progetto Lego: costruire le parole con i figli», presentato agli Ospedali Riuniti, nasce con questo obiettivo: sensibilizzare gli operatori sanitari affinché non escludano i bambini dalla malattia che riguarda chi sta loro vicino e, in particolare, i loro genitori. Si tratta di un progetto sperimentale della durata di un anno, che, tramite, il potenziamento del lavoro d’équipe tra gli psicologi e gli oncologi degli Ospedali Riuniti, intende, da un lato, perfezionare gli strumenti e le strategie di comunicazione della malattia, dall’altro, studiare possibili miglioramenti in questo campo così delicato, come ha spiegato Claudio Sileo, Direttore Sanitario dei Riuniti: «La novità del Progetto Lego consiste nel potenziare la collaborazione e il confronto tra la Psicologia clinica e l’Oncologia, per far sì che l’attenzione alla comunicazione della malattia oncologica ai figli minori del malato diventi parte integrante dell’accoglienza che riceve il paziente, nella consapevolezza che questo approccio serve a tutti: al malato, affinché non si senta solo e non compia anche lo sforzo di far finta di nulla; ai bambini per non sentirsi esclusi o addirittura responsabili di un allontanamento che non comprendono; ai curanti per costruire un’alleanza terapeutica a tutto tondo. Il mio ringraziamento va quindi all’Ordine degli Avvocati che ci ha permesso di concretizzare questi valori, così importanti per il nostro ospedale».«Già da tempo affianchiamo le famiglie con figli piccoli o adolescenti nel difficile compito di condividere e comunicare la malattia, in particolare se si rivela inguaribile – ha precisato Maria Simonetta Spada, responsabile della Psicologia Clinica degli Ospedali Riuniti -. Tutta la letteratura sottolinea l’importanza che il bambino venga reso partecipe delle vicende di malattia che riguardano la famiglia. La scelta del nome, che richiama i mattoncini colorati con i quali ha giocato più di una generazione, vuole proprio sottolineare come, partendo dagli strumenti a disposizione del bambino e della famiglia sia possibile costruire i significati dell’esperienza stessa; non un elenco di suggerimenti su come parlare ai bambini alle differenti età, già presente e facilmente reperibile, bensì un cerchio di vicinanza e condivisione all’interno del quale ciò che avviene sia sostenibile, insieme e con l’aiuto di tutti».L’iniziativa, finanziata con i fondi raccolti dall’Ordine degli Avvocati grazie al successo de «La partita del cuore... insieme per la vita» del giugno scorso, vuole quindi creare un’équipe di operatori che, pur non potendo eliminare totalmente la sofferenza e il dolore, siano in grado di sostenere i bambini e le loro famiglie nel percorso della malattia.«Il percorso di diagnosi e terapia - sottolinea Carlo Tondini, primario del reparto di Oncologia degli Ospedali Riuniti – non può prescindere dall’attenzione a 360 gradi ai bisogni del malato, che non sono solo quelli clinici, ma anche sociali ed esistenziali. L’attivazione per un anno del progetto punta a rendere tutti gli operatori coinvolti più consapevoli dell’importanza di far emergere il problema, anche quando non siano i pazienti stessi a farlo presente, in modo da attivare gli strumenti più opportuni per risolverlo». «A nome di tutto l’Ordine degli Avvocati di Bergamo – ha dichiarato Roberto Mazzariol, Tesoriere dell’Ordine degli Avvocati di Bergamo - esprimo la mia soddisfazione di fronte all’imminente attivazione di questo progetto: grazie alla Partita del Cuore, alla quale hanno partecipato molti personaggi famosi, come Riccardo Ferri e Gene Gnocchi, abbiamo raccolto 23.000 Euro che oggi permettono ad un grande ospedale di intervenire in situazioni così delicate e drammatiche come la comunicazione tra i figli e i genitori malati. E’ nostra intenzione organizzare altri eventi per poter finanziare altri progetti che ci stanno a cuore all’interno degli Ospedali Riuniti».«L’iniziativa è nota per amicizia e per divertimento – ha commentato Simone Di Dio, dell’Ordine degli Avvocati di Bergamo - ma poi è diventata un’opportunità per far partire un progetto innovativo, che ci sta molto a cuore, soprattutto in questo periodo, segnato dalla recente scomparsa del giovane tennista Federico Luzzi, componente della Nazionale Tennisti. Ringrazio quindi i Riuniti e la dr.ssa Spada che hanno saputo concretizzare in qualcosa di importante il nostro impegno». La procedura di selezione pubblica della psicologa che affiancherò gli operatori dell’Oncologia è già stata espletata.
mauretto58
00domenica 30 agosto 2009 21:17
LE AGEVOLAZIONI LAVORATIVE PREVISTE DALLE NORME






Il lavoratore o la lavoratrice con figlio gravemente disabile o che assiste un familiare o affine (entro il 3° grado) gravemente disabile, o il lavoratore o la lavoratrice con grave disabilità, ha diritto:

• a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso

• a scegliere la sede di lavoro più vicina al luogo di residenza della persona a cui si presta assistenza

I lavoratori affetti da patologie oncologiche e con ridotta capacità lavorativa a causa delle terapie salvavita, hanno la possibilità di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time (verticale o orizzontale). Tale possibilità è data a tutti i lavoratori, del settore pubblico e del settore privato. La lavoratrice o il lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro per i motivi di cui sopra, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo pieno per mansioni uguali o equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale.

La stesso diritto prioritario alla trasformazione del rapporto di lavoro in part-time è concesso inoltre alle lavoratrici e ai lavoratori che assistono familiari o persone conviventi, se

1) la patologia oncologica riguarda il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice

2) l’assistenza riguarda una persona convivente con la lavoratrice o con il lavoratore richiedente, la quale possiede contemporaneamente, poiché totalmente e permanentemente inabile al lavoro

- un riconoscimento del 100% di invalidità

- un riconoscimento di gravità dell’handicap

- il diritto all’indennità di accompagnamento perché non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita

Il diritto prioritario alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale è riconosciuto infine alla lavoratrice o al lavoratore

• con figlio convivente di età non superiore a 13 anni
oppure

• con figlio convivente – di qualsiasi età - portatore di handicap (con riconoscimento della stato di handicap senza gravità).

Inoltre, la normativa istituisce i seguenti congedi e permessi, che sono fruibili se la persona disabile non è ricoverata a tempo pieno in istituto. Tali permessi sono:

Permessi fino al 3° anno di vita del bambino disabile
La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi o affidatari di minori con handicap in situazione di gravità, hanno diritto:

• al prolungamento del periodo di congedo parentale fino a tre anni di età del bambino

• oppure, in alternativa, ad un permesso giornaliero retribuito di due ore fino al compimento del terzo anno di età del bambino

Il genitore richiedente ha diritto al prolungamento del periodo di congedo parentale o ai permessi orari anche quando l'altro genitore non ne ha diritto.

Rimane ferma l'alternatività del diritto e quindi l'impossibilità della fruizione dei benefici contemporaneamente da parte dei due genitori lavoratori dipendenti. E’ invece possibile che un genitore fruisca dei congedi previsti per la maternità e la paternità e l’altro genitore fruisca, nello stesso periodo, del congedo per handicap.

In alternativa al prolungamento del congedo parentale vi è la possibilità di fruire di riposi orari retribuiti di due ore al giorno (orario di lavoro pari o superiore a 6 ore) ovvero di un' ora (orario di lavoro inferiore a 6 ore). Nel 1° anno di vita del figlio, in casi particolari e cioè se le cure non possono essere garantite durante le due ore di permesso per allattamento previste per la generalità dei neonati poiché vi è una particolare e diversa difficoltà del bambino con handicap sin dalla tenerissima età, è possibile fruire del cumulo del permesso per allattamento con le due ore di permesso per handicap.

Eccezione al requisito di non ricovero in istituto: nel caso di bambino di età inferiore a 3 anni che sia ricoverato in struttura ospedaliera per intervento chirurgico o a scopo riabilitativo, se i medici certificano il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, il ricovero è compatibile con il diritto del genitore ai permessi.

Permessi dopo il 3° e fino al 18° anno di vita del disabile
I genitori, in alternativa tra di loro, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile retribuito e accreditato figurativamente.
Al genitore richiedente spetta anche se l’altro non ne ha diritto o se nella famiglia vi siano altri soggetti in grado di prestare assistenza.
I genitori beneficiari possono essere anche adottivi o affidatari.
I tre giorni di permesso possono essere ripartiti fra i genitori anche con assenze contemporanee degli stessi. I tre giorni di permesso mensile possono essere frazionati in ore in modo da permettere, la lavoratore richiedente di fruire di una flessibilità dell’orario di lavoro. E’ possibile che un genitore fruisca del congedo parentale (entro gli otto anni del figlio) mentre l’altro genitore fruisce dei permessi mensili per handicap.

Permessi dopo il 18° anno di vita del disabile
I genitori (naturali, adottivi o affidatari) di figli maggiorenni hanno diritto alternativamente a tre giorni di permesso retribuito, anche continuativi nel mese.

I tre giorni di permesso possono essere ripartiti fra i genitori anche con assenze contemporanee degli stessi. I tre giorni di permesso possono essere frazionati in ore.
Nel caso in cui il figlio disabile convive con i genitori, il diritto ai tre giorni di permesso per il genitore lavoratore richiedente prescinde dalla condizione che la madre sia lavoratrice o che non vi sia altra persona in grado di prestare assistenza.

Invece, nel caso in cui non vi sia convivenza, il diritto è subordinato al requisito di continuità ed esclusività dell’assistenza e alla non presenza, nel nucleo familiare del portatore di handicap, di altri soggetti non lavoratori (compresa la madre) in grado di prestare assistenza.
Non è richiesta la convivenza con il genitore che fruisce dei permessi, né i requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza che si realizzano con una assistenza che abbia i caratteri di “sistematica e adeguata” alle esigenze del familiare disabile.

Permessi per assistere un familiare o affine entro il 3° grado
Il lavoratore o la lavoratrice che assistono un familiare o affine entro il 3° (ivi compreso il coniuge) hanno diritto ad un permesso di 3 giorni al mese. Il permesso è retribuito ed utile per il trattamento pensionistico. Può essere frazionato in permessi orari. Non è richiesta la convivenza con il familiare disabile ma l’assistenza per essere continua deve avere il carattere della sistematicità e dell’adeguatezza.

Importanti orientamenti giurisprudenziali hanno allargato le maglie del diritto, e quindi :

- la presenza di altri familiari non lavoratori nel nucleo del disabile non è ostativa al diritto della lavoratrice o del lavoratore richiedente ai permessi mensili retribuiti

- la persona disabile, o il suo tutore legale o il suo amministratore di sostegno, ha la possibilità di scegliere che, all’interno della propria famiglia, debba prestargli assistenza fruendo dei permessi della legge 104.

- il diritto ai permessi è riconosciuto anche a chi, pur risiedendo o lavorando in luoghi distanti da quello in cui risiede la persona disabile, offre tuttavia un’assistenza continua poiché sistematica ed adeguata alle esigenze dello stesso familiare disabile In questi casi è necessario però produrre un “Programma di assistenza” (a firma congiunta) che illustri le modalità e le finalità dell’assistenza.

- La presenza di un assistente familiare (badante, personale di associazioni “no profit” o di strutture pubbliche) è compatibile con la fruizione delle agevolazioni lavorative da parte del familiare richiedente.

- Per ricovero a tempo pieno (ostativo alla fruizione delle agevolazioni lavorative) si deve intendere che la persona gravemente disabile è ricoverata per le intere 24 ore. Tuttavia se la persona ricoverata si trova in coma vigile e/o in situazione terminale, sussiste il diritto alle agevolazioni per il lavoratore o la lavoratrice richiedente.

Permessi per il lavoratore disabile
Il lavoratore affetto da grave disabilità ha diritto:

• a tre giorni di permesso mensile retribuito

• oppure a due ore di permesso giornaliero (con orario di lavoro superiore alle 6 ore quotidiane) o a un'ora di permesso giornaliero (se l’orario di lavoro è pari o inferiore alle 6 ore).

I tre giorni di permesso mensile possono essere fruiti anche in sei mezze giornate oppure frazionati in permessi orari.

Decorrenza dei benefici
L’agevolazione decorre dalla data di presentazione della domanda all’Istituto previdenziale e al datore di lavoro o all’ente datore di lavoro.

Rinnovo della domanda
Nel settore privato, l’Inps ha disposto che la domanda sia rinnovata annualmente; va allegata una dichiarazione di responsabilità da cui si riscontri che non si sono verificate rettifiche o revoche della situazione sanitaria precedente.

Adempimenti del datore di lavoro
L’effettivo pagamento é effettuato dal datore di lavoro che poi, nel caso di dipendente privato, recupera l’importo con il conguaglio sui contributi dovuti all’ Istituto previdenziale (Inps).

Retribuzione e contribuzione
Il prolungamento del congedo parentale viene retribuito in misura pari al 30% della retribuzione, prendendo a riferimento soltanto la paga base ed escludendo pertanto la quota ferie, la quota tredicesima, le eventuali altre indennità previste dai diversi contratti nazionali di lavoro.
La contribuzione figurativa accreditata è piena.

Le due ore di permesso retribuito giornaliero sono retribuite interamente si a nel settore privato sia nel settore pubblico.
La contribuzione versata nel pubblico è piena ed effettiva, mentre nel privato viene accreditata una contribuzione figurativa pari al 200% del valore dell’assegno sociale dell’anno in corso.
In questo caso il lavoratore o la lavoratrice possono integrare il valore figurativo ridotto mediante riscatto o tramite la contribuzione volontaria.
I tre giorni di permesso mensile sono retribuiti sia nel pubblico sia nel privato.
L’accredito contributivo è effettivo per il settore pubblico e figurativo per il settore privato.

mauretto58
00domenica 30 agosto 2009 21:23
LICENZIATI PER TROPPE ASSENZE PER I FIGLI MALATI


Un genitore su 15 perde il lavoro per seguire un bimbo con tumore. Affrontare la malattia significa anche superare disinformazione, burocrazia, leggi complicate.

MILANO - Un genitore ogni quindici di bambini malati di tumore perde il lavoro a causa delle prolungate assenze fatte per assistere il figlio. Un dato sconcertante che emerge dall’indagine su 52 famiglie con un piccolo paziente oncologico realizzata dall’associazione Peter Pan in occasione della VII Giornata Mondiale contro il cancro infantile che si celebra il 15 febbraio. Il dramma, così, non è solo affettivo, psicologico, familiare (spesso i genitori devono separarsi: uno in ospedale, l’altro a casa fra lavoro, altri figli e «ordinaria amministrazione»), ma anche economico. E la famiglia colpita si ritrova ad affrontare spese di viaggio e di trasferta, o persino il licenziamento.

LE LEGGI DI RIFERIMENTO - Conteggi alla mano, considerando le varie fasi della malattia (diagnosi e, a seconda del tipo di tumore, chemioterapia, chirurgia, radioterapia, seguite dai controlli del follow up), le giornate dedicate all’assistenza di un piccolo paziente sono circa 150 all’anno. Per le persone affette da patologie onco-ematologiche esiste un realtà un ben preciso riferimento normativo in materia di assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone handicappate: la Legge 104/1992 e le sue successive integrazioni e modificazioni, introdotte dalla Legge 53/2000 e dal Decreto Legislativo 151/2001. Il problema però, come purtroppo spesso accade nel nostro Paese, è duplice. Primo, essere informati dei propri diritti (e doveri). Secondo, districarsi nella burocrazia.

SCOPRIRE I PROPRI DIRITTI - «I problemi sono stati tanti – racconta Giuseppe, ex caporeparto in una fabbrica di Benevento, che ha perso il posto di lavoro per seguire il figlio con un tumore e che oggi tira faticosamente avanti con impieghi saltuari nell’edilizia -. L’Inps di zona non sapeva dei due anni di aspettativa retribuita. Si è incaricato un commercialista di scaricare la legge da Internet e dimostrare all’Inps che ne avevo diritto. Poi, però, nascevano questioni se chiedevo i giorni frazionati. Volevano sempre che prendessi i mesi interi perché altrimenti dovevano riempire un mucchio di carte e facevano tante storie. I due problemi fondamentali sono il tempo che passa dalla richiesta al riconoscimento e la durata dei permessi…». La legge 104/1992 concede congedi parentali e un assegno di accompagnamento, ma si tratta di un provvedimento «insufficiente e inadeguato» secondo Maria Teresa Barracano Fasannelli, presidente onorario di Peter Pan «perché garantisce tutele solo ai lavoratori dipendenti, lasciando fuori artigiani, lavoratori autonomi e i lavoratori precari».

PASSAPAROLA IN REPARTO - Secondo l’indagine promossa dall’associazione romana (con il contributo progettuale e realizzativo offerto da SGS Italia – Ricerche di Mercato), due genitori su tre dichiarano di venire a conoscenza della legge dopo la diagnosi e quando le terapie sono già iniziate e ben uno su cinque lo scopre al termine delle cure. Altro nodo cruciale: il 60 per cento degli interessati dichiara di esserne informato da altri genitori (in reparto) e sostiene che la legge è poco o per nulla chiara. Ma i medici non vi hanno informato? «Dopo la notizia della diagnosi, vedevo il medico che parlava ma non capivo più cosa mi dicesse» è la risposta pressoché univoca dei genitori. Forse sarebbe utile – come suggeriscono dalla Federazione Nazionale delle Associazioni di Genitori dei bambini/adolescenti con tumore – fornire in prima istanza un supporto psicologico e un sostegno pratico per affrontare lo shock emotivo iniziale. E, subito dopo, dare ai genitori le informazioni necessarie a gestire la malattia nel concreto, sia dal punto di vista terapeutico sia per il mondo esterno all’ospedale.

SOLI FRA LE SCARTOFFIE – La strada burocratica, poi, è tutta in salita: l’80 per cento dei genitori racconta di essersi occupato personalmente della pratica, ma se il 35 per cento riesce a ottenere il riconoscimento dopo sei mesi, otto intervistati su 38 dichiarano di aver dovuto attendere oltre un anno. Fra code negli appositi uffici e l’assistenza in ospedale, un genitore su cinque perde il lavoro. Bisogna anche ricordare che i centri specializzati in oncologia pediatrica sono relativamente pochi in Italia (del resto sono solo 1600 all’anno i nuovi casi di tumore infantile), per cui spesso la famiglia si trasferisce o si divide: solitamente la mamma vive in clinica, papà a casa fra lavoro ed eventuali altri figli.

MOLTI I DISAGI - Fortunatamente, un intervistato su otto riceve aiuto da colleghi o datori di lavoro comprensivi, ma in ogni caso l’80 per cento consuma tutto ciò che può (ferie, permessi e persino «malattia»). E quasi tutti i genitori hanno evidenziato motivi di disagio: disinformazione, burocrazia e tempi lunghi, trattamenti difformi fra le varie regioni, mancanza di comunicazione fra Inps e Asl (che spesso ignorano del tutto le norme di riferimento per questi casi), disagi psicologici ed economici. Così c’è chi, in attesa di delibera, non ha avuto l’esenzione per i farmaci, chi ha dovuto chiedere un prestito, chi - dopo due anni – si è ritrovato con un debito da 3600 euro perchè non aveva inoltrato la pratica all’Inps.

«NON PENSAVO CHE SUO FIGLIO VIVESSE UN ALTRO ANNO» - «Noi siamo alla quarta recidiva ed abbiamo già usufruito dei due anni che ci spettano per legge – continua Giuseppe -. Alla seconda recidiva sono stato licenziato dalla fabbrica, ero un caporeparto, e ora ho trovato, ma con grande difficoltà, un’occupazione in una ditta edile. La prima volta mi hanno riconosciuto i benefici per un solo anno. La visita per la revisione, dodici mesi dopo, l’ho chiesta domiciliare perché mio figlio stava male e ho domandato perché mi costringessero a tutta quella trafila ogni anno. La risposta? “Non pensavo che suo figlio sopravvivesse, molti se ne approfittano e continuano a usufruirne anche se il bambino è morto”. Da quel momento però mi hanno concesso il riconoscimento per tre anni. Pochi giorni fa, all’ultima visita di revisione, subito dopo la quarta recidiva, ho chiesto di poter portare solo i certificati perché il bimbo sta di nuovo male e fatica a uscire. All’Inps mi hanno detto che devono vedere il bambino per verificare personalmente che non sia morto…»

MEGLIO A CASA CHE IN OSPEDALE - Il luogo di cura per i bambini malati di tumore non deve essere solo l’ospedale, ma anche le strutture day hospital e la propria casa. Questo è l'obiettivo da raggiungere nel prossimo futuro secondo l’Aieop (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica ). «Oggi, grazie ai progressi nella diagnosi e nelle terapie, due bambini malati di tumore su tre guariscono – sottolinea Giorgio Dini, presidente Aieop e direttore del Dipartimento di oncologia pediatrica all’Ospedale Gaslini di Genova. Ora è importante migliorare la qualità dell’assistenza, sia in reparto, con personale medico e infermieristico disponibile e preparato, sia a casa». Un’adeguata assistenza domiciliare, diffusa capillarmente su tutto il territorio nazionale, risolverebbe infatti molti problemi. Prima di tutto, com’è ovvio, i bambini vivono meglio in famiglia e, più in generale, la qualità di vita dell’interno nucleo familiare sarebbe migliore. Minori, invece, sarebbero le spese e i costi anche per il Servizio sanitario nazionale.





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mauretto58
00martedì 1 settembre 2009 16:33
E' CON INFINITO AFFETTO CHE AUGURO A TUTTE LE SOCIETA'SPORTIVE UN BOCCA A LUPO PER I CAMPIONATI DI CALCIO 2009-10 CHE STANNO PER INIZIARE E CHE POSSIATE VEDERE REALIZZATE TUTTI I VS SOGNI E QUANTO ALTRO .
COME CONSIGLIERE DI ALI DI SCORTA ED A NOME DI TUTTO IL DIRETTIVO , VI RINGRAZIO DI QUANTO FATTO FINORA PER I NS/VS BAMBINI E LORO GENITORI .
COME RESPONSABILE DELLO SPORT DI ALI DI SCORTA , UNITAMENTE AL MIO COLLABORATORE,SIG. MARCO DI CESARE , RINGRAZIO TUTTI GLI SPORTIVI DI TUTTE LE SOCIETA' DEL LAZIO CHE SI SONO LEGATE A QUESTA ORGANIZZAZIONE ONLUS .
GRAZIE AL VOSTRO CONTRIBUTO SIA MORALE CHE DI SOLIDARIETA', AVETE PORTATO LO SPORT IN GENERALE (ED IL CALCIO IN PARTICOLARE) AD ESSERE IN SENO AL DIRETTIVO DI ALI DI SCORTA , UNO DEI CAPITOLI DI PRIMISSIMA FASCIA ; INFATTI SIA PER VISIBILITA', SIA PER SOLIDARIETA' E SIA PER CONTRIBUTI VARI (VEDI FESTE SCUOLE CALCIO , TORNEI , QUADRANGOLARI , LOTTERIE ,BOLLETTINI POSTALI E BANCARI , 5x100 , ETC.)IL GETTITO DA PARTE VS E' STATO DI ENORME ENTITA'ED ENTUSIASMO TALE DA PORTARE QUESTO ELEMENTO DELLA VITA , CHE E' LO SPORT , AD AVERE UNA CONSIDERAZIONE GRANDE ANCHE DAI "CAPI" DI ALI DI SCORTA , CHE FINO A QUALCHE TEMPO FA' NON ERA NEMMENO PREVISTO NEI PROGRAMMI .
MA QUESTO DEVE ESSERE SOLO L'INIZIO............... SONO RIPRESI I LAVORI DI SISTEMAZIONE DELLA NS/VS CASA FAMIGLIA DI VIA ALDOBRANDESCHI , DONATACI DAL COMUNE DI ROMA ,MA DI NS SPESA PER QUANTO RIGUARDA IL RESTO .
A QUESTO BISOGNA UNIRE LA RICERCA , I DUE REPARTI DI NEUROCHIRURGIA E ONCOLOGIA DI ETA' PEDRIATRICA E TUTTE LE COMPONENTI INERENTI A TALE ORGANIZZAZIONE .
CE LA STIAMO METTENDO TUTTA .................. MA CI SERVE LA VS CONTINUA SOLIDARIETA', CHE INSIEME ALLE ALTRE FORZE (SPETTACOLO , DONATORI , ETC.)FA' SI CHE UNA SINGOLA GOCCIA UNITA ALLE ALTRE GOCCE DIVENTI UN RUSCELLO E POI UN FIUME CHE VADA A FINIRE LA SUA CORSA NEL MARE DI SPERANZA E VOGLIA DI VITA DI QUESTI NS/VS BAMBINI E LORO GENITORI .
ALI DI SCORTA VI RAPPRESENTA LA PROPRIA GRATITUDINE UNITAMENTE A QUELLA PIU' SILENZIOSA DEI PICCOLI MALATI,CHE ANCORA OGGI VEDONO SERIAMENTE COMPROMESSA LA LORO ASPETTATIVA DI VITA ED A QUELLA DEI LORO GENITORI.......................
E VI AUGURA UNA GRANDE STAGIONE AGONISTICA .
mauro cicchinelli
consigliere di ali di scorta
responsabile dello sport ali di scorta
marco di cesare
collaboratore dello sport ali di scorta
mauretto58
00sabato 5 settembre 2009 15:22
RIUNIONE DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI ALI DI SCORTA


Oggetto: CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA Ricevuto il: 05/09/09 10:23






SI INVIA COMUNICAZIONE PER LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO DIRETTIVO PER IL 12 SETTEMBRE 2009 ,SABATO,ORE 9.00 , PRESSO LA CASA DI ACCOGLIENZA IN VIA TRIONFALE......CON IL SEGUENTE
ODG:

--PARTECIPAZIONE CONVEGNO FIAGOP A PALERMO

--INDIVIDUAZIONE COLLABORAZIONE PER ATTIVITA' DELL'ASSOCIAZIONE

--SITUAZIONE SOCI

--SITUAZIONE LAVORI CASA ATTUALE

--SITUAZIONE CC BANCARI E POSTALE

--PROMOZIONE INIZIATIVE E CONSULENZA

-- RATIFICA APPROVAZIONE SPESE

--COMUNICAZIONE AI REPARTI PER EVENTUALI FINANZIAMENTI

--GIORNALINO

--LOTTERIA 2009

--INIZIATIVA NEI MUNICIPI XIX E XVII

--BOLLO E BOLLINO PULMINO


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