CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2013 09:18
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Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
12/07/2009 08:21

III. Capitolo terzo
3. L’Associazione “Ali di Scorta” e l’intervento psicologico

3.1 L’Associazione “Ali di Scorta”

L’associazione “Ali di scorta” per la lotta ai tumori in età pediatrica è un’associazione nata dall’iniziativa di alcuni genitori di piccoli ricoverati nei reparti di Neurochirurgia Infantile ed Oncologia Pediatrica del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma. L’Associazione è stata fondata il 26 novembre 1999 ed è attualmente iscritta nel registro delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (D 1862 DEL 20.05.04). Ha sede a Roma presso la sede del volontariato del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”.

3.1.1 Oggetto e scopo

L’associazione non ha scopo di lucro e persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale nel campo dell’assistenza sociale, socio-sanitaria e dell’assistenza sanitaria. Si propone di riunire, in forma di esclusivo volontariato, tutti i genitori e/o i tutori dei bambini in cura o in passato curati per malattie legate alla neurochirurgia ed alla oncologia in età pediatrica e coloro che si interessano alla realizzazione degli scopi della stessa associazione. E’ necessario sottolineare l’importanza di questo tipo di associazione. Oltre per il bambino malato, la situazione è stressante anche per i familiari, i quali, si trovano impotenti ad affrontare in modo risolutivo la malattia dei loro piccoli. Proprio per questo l’associazione vuole fungere da supporto, come già allude il nome della stessa struttura “Ali di scorta”, a tutte quelle famiglie che vivono tali situazioni. A volte, condividere significative esperienze con altri, aventi le stesse difficoltà, può aumentare la capacità di sopportare il dolore stesso e trasformarlo in qualcosa di positivo sia per chi lo vive e sia per chi gli è vicino.
“Ali di Scorta” si propone le seguenti finalità:
• Favorire e gestire iniziative atte al miglioramento ed allo sviluppo degli aspetti tecnico-medici, tecnico-organizzativi, sociali ed assistenziali, nonché degli specifici settori riguardanti l’informazione, la ricerca e la formazione delle persone coinvolte nelle malattie;
• Istituire premi, borse di studio o contributi per incoraggiare studi e ricerche scientifiche nell’ambito della neurochirurgia e della oncologia pediatrica;
• Provvedere a pubblicazioni periodiche o straordinarie;
• Stimolare rapporti con organizzazioni analoghe ed enti pubblici o privati;
• Assistere le famiglie in caso di particolare ed accertato stato di bisogno, sia sotto l’aspetto economico che burocratico.

Tutte le prestazioni fornite dagli aderenti sono volontarie e gratuite a qualsiasi titolo. Il patrimonio della associazione è costituito da beni mobili ed immobili che pervengano alla associazione a qualsiasi titolo, da elargizioni o contributi da parte di enti pubblici e privati o persone fisiche all’organizzazione di attività commerciali e produttive.
Per l’adempimento dei suoi compiti l’Associazione dispone delle seguenti entrate: dei versamenti effettuati dai fondatori originari, dei versamenti ulteriori effettuati da detti fondatori e da quelli effettuati da tutti coloro che aderiscono all’associazione, dei redditi derivanti dal suo patrimonio e degli introiti realizzati nello svolgimento della sua attività.

Gli introiti derivanti dall’organizzazione di attività commerciali e produttive marginali sono ad esempio quelli prodotti da:
• Attività di vendita occasionali o iniziative occasionali di solidarietà svolte nel corso di celebrazioni o ricorrenze o in concomitanza a campagne di sensibilizzazione pubblica verso i fini istituzionali dell’associazione;
• Attività di vendita a cura dei volontari dell’associazione e senza intermediari di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione;
• Cessione a cura dei volontari dell’associazione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari stessi;
• Organizzazione di spettacoli di genere teatrale o musicale, con prestazioni gratuite degli artisti intervenuti;
• Organizzazione di sottoscrizioni volontarie a premi e di lotterie;
• Organizzazione di mostre di fotografie, quadri, oggetti di artigianato ecc. acquisiti esclusivamente a titolo gratuito.

Inoltre l’Associazione si avvale della collaborazione di altre figure professionali come la psicologa, che offre supporto psicologico alle famiglie all’interno dei reparti di Neurochirurgia e Oncologia Pediatrica con relativi tirocinanti da lei supervisionati e la responsabile delle relazioni esterne che si occupa di organizzare eventi, spettacoli di genere teatrale o musicale, mostre per ricavare introiti destinati agli obiettivi dell’Associazione stessa. Nonostante la struttura gerarchica dell’Associazione, le relazioni che vi sono al suo interno sono spesso di tipo amicale: alcuni componenti della stessa Assemblea degli Aderenti alla Associazione hanno avuto nel corso della loro vita esperienze personali riguardanti lotte contro i tumori cerebrali infantili e sono mossi, nel raggiungimento dei loro scopi, non solo da motivazioni esterne ma soprattutto interne. Questo facilita un clima di supporto, comprensione e di livellamento dei ruoli istituzionali.
L’Associazione è inserita all’interno di una vasta rete di relazioni. Prima tra tutte il Policlinico “Agostino Gemelli” in quanto alcune delle sue attività, in particolare quella del supporto psicologico alle famiglie, viene svolta all’interno dei Reparti di Neurochirurgia Infantile e Oncologia Pediatrica. Inoltre l’Associazione ha sede in Roma presso la sede del Volontariato del Policlinico Universitario. “Ali di Scorta” ha contatti con enti locali pubblici come il Comune di Roma e Regione Lazio e anche con i mass-media che aiutano l’Associazione nel reperire fondi destinati al raggiungimento degli scopi finora descritti. Importantissimo contatto è infine la “Federazione Italiana Associazione Genitori Oncologia Pediatrica” (www.fiagop.it) che rappresenta l’interlocutore unico a livello nazionale nei confronti delle strutture pubbliche e private. Il Presidente dell’Associazione “Ali di Scorta” è stato eletto membro del Consiglio Direttivo della FIAGOP. Le diverse Associazioni si sono riunite in Federazione per esprimere la loro solidarietà di gruppo, potenziando così le capacità di comunicazione, informazione ed intervento a livello nazionale per sconfiggere queste drammatiche patologie. Lo scopo primario è dare a tutti i bambini malati maggiori opportunità di cura, migliorare la qualità di vita cercando di render meno doloroso il loro cammino verso il traguardo della guarigione.

3.2 Intervento psicologico

In questo paragrafo ho deciso di trattare i tumori cerebrali infantili adottando una visione totalmente psicologica soffermandomi su alcuni aspetti psicologici legati a questa patologia. La necessità di esporre tali argomenti, come il concetto di morte nel bambino, il bambino oncologico e la sua famiglia ed i meccanismi di difesa specifici di tale malattia, è stata determinata da una mia esigenza di acquisizione di conoscenza affinché potessi capire in profondità le varie dinamiche psicologiche che potevano diramarsi nel contesto oncologico in modo da organizzare e potenziare le mie competenze psicologiche in tale ambito. Inoltre, la paura della morte è una delle paure più comuni ed antiche. Avendo tale paura la razionalizziamo cercando di eluderla attraverso affermazioni del tipo: “la morte è inevitabile, ogni cosa muore” o “l’unica certezza della vita è la morte”. Ma se vogliamo essere liberi da questa angoscia è sicuramente necessario sapere di cosa si tratta ed indagarne la natura. Quindi, penso di aver scelto questo argomento anche per comprendere quanto tale pensiero mi appartenesse, attuando un meccanismo di difesa che si è risolto, non con evitamento ma con l’affrontare sempre situazioni legate a questo concetto. Addentrarmi nella “dimensione della morte” è stato il mio modo di “esorcizzare” tale paura cercando di capire cosa si possa provare in queste situazioni ma soprattutto iniziando ad accettare che ci sia una fine per tutto. Osservando le varie sfaccettature con le quali le persone affrontavano la loro malattia e il loro dolore, nonostante sia stato toccante, ha apportato in me un profondo arricchimento personale dandomi una visione meno superficiale della nozione.
Per questi motivi propongo al lettore tali trattazioni affinché, attraverso l’esposizione e l’acquisizione di alcuni concetti, possa avvicinarsi a questa dimensione aiutandolo a comprendere la psicologia del malato oncologico e delle persone che lo accompagnano lungo le varie fasi che contraddistinguono questa patologia.

3.2.1 Il concetto di morte nel bambino

Noi adulti spesso riteniamo che un bambino è tanto lontano dal pensiero della morte quanto lo è la felicità dalla tristezza o la luce dalle tenebre. Siamo infatti portati a pretendere che il mondo dei bambini rimanga incontaminato dalle angosce dei grandi. La consapevolezza del dolore e della morte, intesa non solo come esasperazione dell’esperienza dolorosa ma anche come un evento in sé, nasce spontanea lungo il processo di crescita del bambino mano a mano che maturano le difese dell’io (Di Giovanni S., 2004).
Il concetto di morte fa parte del bagaglio di curiosità e di fantasia che il bambino nutre nei confronti delle cose del mondo e costituisce l’indispensabile premessa per una adeguata costruzione delle sue difese. La prima esperienza riguardo la morte avviene alla fine del primo anno, in coincidenza con la separazione dalla madre. Il bambino infatti stabilisce in questa circostanza, seppure in una forma limitata dal punto di vista cognitivo, l’equivalenza tra assenza e non esistenza. Quando il genitore è assente è come se non esistesse più. Immediatamente dopo, però, sperimenta la propria capacità di controllo su questo evento: se è vero che la madre sparisce può però tornare, anzi la si può far tornare attraverso il comportamento ricattatorio. In questo primo stadio il concetto di morte, dunque, essendo legato all’assenza-separazione, è considerato un evento reversibile.
Una prima modifica nel processo di consapevolezza della morte avviene tra i due e i quattro anni, quando il bambino comincia ad avere paura della propria morte in quanto causata dagli oggetti che lo circondano, da un evento atmosferico o dal buio; il pensiero di morte può affiorare anche in rapporto ad un sentimento di frustrazione e di rabbia. In ogni caso indica una più complessa percezione del proprio ambiente. Dopo i tre anni, l’idea di morte, pur continuando a rappresentare un evento reversibile, si associa all’idea di violenza: le fantasie di morte vengono infatti rivolte a persone che, pur costituendo per lui un importante legame affettivo, rappresentano il polo d’attrazione della sua aggressività. Per il bambino di questa età non sono più gli oggetti inanimati l’origine della paura della propria morte, ma i protagonisti animati della sua più ricorrente fantasia: la strega malefica della fiaba, l’orrendo mostro dei primi giornaletti, il tremendo robot del cartoon televisivo.
Dunque il concetto di morte è ancora dissociato dall’universalità, ovvero è un evento che riguarda tutti, e dalla causalità. Le ragioni della cessazione della vita sono ancora magiche e misteriose (Ibidem).
Dopo i nove anni, l’idea di morte subisce un secondo e fondamentale cambiamento; perde la sua connotazione di evento transitorio, di strumento di ricatto e di violenza per essere vissuto come evento definitivo, universale e irreversibile. La morte diventa anche attribuibile ad una persona diversa da sé. A nove anni, un bambino che ha affrontato due interventi chirurgici, disse: “mamma, è meglio che mi operino perché sono troppo giovane per morire!”
Ma non in tutti i bambini che hanno superato i nove anni la consapevolezza della morte subisce questa trasformazione. L’età non è l’unico fattore di riferimento nell’analisi dello sviluppo del concetto di morte. Lo stato emotivo e lo sviluppo cognitivo costituiscono delle variabili importanti nel processo di acquisizione. Secondo Di Giovanni, la possibilità di superare l’angoscia di morte da parte del bambino risiede essenzialmente nella capacità di contenimento manifestata dagli adulti con i quali interagisce. Il bambino può esprimere e superare l’angoscia legata alla sofferenza fisica ed alla paura per il suo progressivo peggioramento, mettendo in atto quella forma di simbiosi con i genitori già sperimentata nelle prime tappe della sua esistenza e che lo ha garantito dai pericoli. Solo l’insopprimibile ansia dei genitori lo costringerà ad agire una stessa protettività nei loro confronti, negandogli la consapevolezza del suo stato. Tale meccanismo di difesa viene definito adultismo: il bambino rassicura i genitori non lamentandosi, facendo finta che tutto è come prima, evitando domande sulla malattia quindi negando di sapere per evitare che la sua consapevolezza aumenti l’angoscia dei genitori. Quando avviene questa inversione dei ruoli, dove è il bambino a proteggere il genitore, il bambino sarà solo con le sue paure e angosce (Di Giovanni S., 2004).
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