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CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2013 09:18
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06/08/2009 13:48

IL TUMORE BENIGNO - RISCHIO DELLA TRASFORMAZIONE IN TUMORE MALIGNO


COSA È IL TUMORE BENIGNO


Il tumore benigno in quanto tale è meno rischioso del tumore maligno. In particolare il tumore benigno tende a restare nella zona e nell'organo in cui si è sviluppato senza espandersi e senza formare metastasi.

Ciò non significa che il tumore benigno non crea problemi in quanto può svilupparsi e ingrandirsi rovinando l'organo.

Inoltre il tumore benigno purtroppo può trasformarsi in tumore maligno. I tumori benigni più frequenti sono: adenoma, angioma, fibroma, leiomioma, lipoma, pamilloma polipo.

Non ci sono effetti diretti del fumo per la differenza di un tumore benigno da quello maligno tuttavia si consiglia sempre di smettere di fumare.
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:: 6 agosto 2009







Il Tumore Benigno - angioma - adenoma - fibroma

Smettere di fumare


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Nuova luce sui meccanismi responsabili delle metastasi
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FAQ: le domande più frequenti sulle metastasi
D:Cosa sono le metastasi?
R:Le metastasi sono cellule maligne che si staccano dal tumore originario e si diffondono in altri organi dove possono riprodursi e generare nuovi tumori. Le metastasi, nella maggior parte dei casi, sono tipiche delle fasi più avanzate della progressione del tumore che inizialmente è localizzato, cioè limitato all’organo dove si è formato, e solo in seguito cresce e colonizza altri distretti dell’organismo.
D:Tutti i tumori possono dare metastasi?
R:In genere la capacità di dare metastasi è la caratteristica che contraddistingue un tumore maligno rispetto a uno benigno. Lo sviluppo di metastasi dipende però da molte variabili che vanno dalle caratteristiche genetiche della malattia, al tipo di organo coinvolto fino alla disponibilità o vicinanza di vie per la disseminazione. Di conseguenza, la capacità di colonizzare altri organi varia notevolmente da tumore a tumore.
D:Come fanno le cellule del tumore a raggiungere organi distanti?
R:Il tumore può raggiungere organi lontani utilizzando diverse vie, ma le più comuni sono sicuramente il circolo linfatico e quello sanguigno. Le cellule del tumore in un primo tempo si moltiplicano nell’organo di origine e in seguito cominciano a farsi largo attraverso il tessuto fino ad arrivare ai linfonodi più vicini, che fungono da vere e proprie “stazioni di controllo” con il compito di bloccare il passaggio di molecole estranee o pericolose. Se le cellule maligne riescono a superare il filtro dei linfonodi si immettono nel circolo linfatico e possono arrivare anche in aree molto distanti dal loro organo di origine.
Dal circolo linfatico, inoltre, queste cellule possono anche passare in quello sanguigno grazie alle numerose vie di comunicazione tra i due sistemi. A volte le cellule tumorali possono entrare direttamente nei vasi sanguigni attraversandone le pareti. Sopravvivere all’attacco del sistema immunitario attivo nei vasi sanguigni è un’impresa difficile ma non impossibile e, di conseguenza, alcune cellule riescono a raggiungere la loro sede definitiva di colonizzazione dove cominciano a riprodursi e danno origine a un nuovo tumore.
In altri casi le metastasi raggiungono l’organo bersaglio “per sgocciolamento”. Ciò si verifica in cavità come l’addome: il peritoneo, per esempio, la sottile membrana che riveste la cavità addominale e i visceri, è sede frequente di metastasi che provengono dall’ovaio.
D:È possibile prevenire le metastasi?
R:In linea di massima non esistono sistemi di prevenzione attiva o particolari comportamenti che il paziente affetto da tumore può attuare per evitare che le metastasi si diffondano nell’organismo. Restano validi tutti i suggerimenti per un corretto stile di vita consigliati per la prevenzione del tumore ed è inoltre importante sottoporsi periodicamente a esami di controllo per cogliere subito i segnali di una ripresa della malattia. La colonizzazione di altri organi da parte delle cellule malate dipende da fattori genetici e molecolari e su questo fronte si stanno muovendo i ricercatori nel tentativo di individuare, per esempio, molecole responsabili della metastatizzazione: bloccare tali molecole significa infatti bloccare il processo di diffusione.
D:Quali sono le terapie contro le metastasi?
R:Le terapie scelte per curare un tumore metastatico dipendono dal tipo di tumore di origine, ma anche dalla sede e dal tipo di metastasi, oltre che dalle condizioni generali del paziente. In genere il trattamento del tumore metastatico ha lo scopo di mantenere sotto controllo la malattia o di ridurne i sintomi. A seconda dei casi è possibile dunque ricorrere a terapie sistemiche come la chemioterapia classica, l’immunoterapia, la terapia ormonale o gli anticorpi monoclonali. Anche la radioterepia e la chirurgia possono essere impiegate nel trattamento delle metastasi. In particolare, la radioterapia è utile al fine di bloccare la malattia che si diffonde in sedi critiche quali il cervello, il polmone o le ossa oppure di controllare i sintomi che influiscono sulla qualità della vita del paziente, come, per esempio, il dolore derivato da metastasi ossee.
La chirurgia può essere attuata solo nei casi di metastasi localizzate in un’unica sede circoscritta, anche nel caso in cui generano dolore o problemi per compressione di particolari organi.
D:Le metastasi rispondono alle stesse cure usate contro il tumore originale?
R:Purtroppo non sempre. In alcuni casi le cellule sopravvissute al primo trattamento chemioterapico o radioterapico subiscono ulteriori mutazioni genetiche che conferiscono loro una resistenza nei confronti del trattamento stesso.
In generale si considera che se la ripresa metastatica avviene più di un anno dopo il trattamento della malattia nella sua prima fase (trattamento adiuvante) il tumore può essere ritrattato con gli stessi farmaci; mentre se la ripresa è più precoce, è bene combinare farmaci in quanto il tumore potrebbe essere resistente ai primi farmaci utilizzati.
È sempre possibile, però, utilizzare nuove strategie e nuove combinazioni di sostanze.
D:Quali organi sono interessati dalle metastasi?
R:Sono molti gli organi che possono diventare sede di metastasi. Fegato e polmone sono sedi molto comuni soprattutto a causa del fatto che sono molto vascolarizzate (cioè che hanno un gran numero di vasi sanguigni in entrata e in uscita) e che hanno una funzione di “filtro”. Dal momento che una delle vie per la diffusione delle metastasi passa proprio dal circolo sanguigno, è ovvio che organi attraversati da un gran numero di vasi hanno maggiori possibilità di essere raggiunti dalle cellule tumorali circolanti. Anche nel caso di fegato e polmoni, come per tutti gli altri organi sede di metastasi, l’attecchimento della cellula tumorale dipende da una grande varietà di fattori (caratteristiche specifiche delle cellule stesse, presenza ed efficacia di meccanismi di difesa immunitaria eccetera).
D:Perché è difficile eliminare le metastasi?
R:Uno dei principali ostacoli alla eliminazione delle metastasi è la loro resistenza ai farmaci o ai trattamenti radioterapici. Inoltre, spesso le metastasi non sono accessibili e non sono localizzate in unico punto, ma disseminate in diversi focolai e quindi non possono essere asportate chirurgicamente.
Infine, quando la metastasi è presente nelle fasi avanzate o terminali della malattia l’utilizzo dei trattamenti di chemio e radioterapia è limitato dalle cattive condizioni generali del paziente.
D:È possibile stabilire a priori se un tumore darà metastasi?
R:Non è possibile avere la certezza matematica che un tumore darà metastasi. La diagnosi precoce del tumore originale è una delle principali armi per impedire al tumore di diffondersi: spesso infatti la malattia che viene individuata nelle sue fasi iniziali può essere asportata completamente in modo da non lasciare nemmeno una cellula malata in grado di riprodursi e dare origine a nuove masse.
In presenza di un tumore, comunque, l’esame istologico permette di avere una prima indicazione sull’aggressività della malattia: una volta identificato con precisione il tipo di cancro che si ha di fronte, è possibile stabilirne il grado di aggressività, soprattutto in base alle osservazioni cliniche accumulate negli anni. Inoltre anche le caratteristiche molecolari (cioè genetiche) della malattia sono importanti nel determinare la capacità della stessa di diffondersi e dare origine a metastasi.
D:Sono noti i geni coinvolti nelle metastasi?
R:Nonostante gli sforzi dei ricercatori, attualmente non è ancora del tutto chiaro quali siano i geni responsabili della formazione di metastasi. I meccanismi molecolari che determinano la capacità di metastatizzazione sono molto complessi e, di conseguenza, non è semplice individuare i geni coinvolti e le interazioni che determinano il comportamento aggressivo di un tumore.
I ricercatori stanno focalizzando la loro attenzione su particolari classi di geni per riuscire a comprendere e a bloccare il fenomeno della metastasi. Un esempio è rappresentato dai geni coinvolti nell’angiogenesi, ovvero nella formazione di nuovi vasi sanguigni necessari al tumore per crescere e diffondersi nell’organismo, primo tra tutti il gene VEGF (fattore di crescita vascolare endoteliale).
Un’altra classe coinvolta nel processo di metastatizzazione è quella delle “molecole di adesione”, cioè quelle molecole che consentono alle cellule di rimanere unite nel tessuto sano. La cellula tumorale perde questo legame con le cellule vicine e può muoversi verso altre sedi. Spesso presenta alterazioni nell’espressione delle molecole di adesione, tra le quali le più note sono “caderine” e le “integrine”.
Infine, per crearsi dei varchi attraverso i quali passare, il tumore utilizza diverse strategie una delle quali utilizza molecole chiamate metallo proteasi, capaci di degradare la matrice extracellulare che riempie gli spazi tra cellule e tessuti.
Queste sono solo alcune delle classi di geni e di sostanze che i ricercatori che si occupano di metastasi studiano, con lo scopo di capire il fenomeno ma anche di mettere a punto farmaci intelligenti capaci di interferire con la loro funzione.
D:Quali esami permettono di diagnosticare la presenza di metastasi?
R:In linea di massima, gli esami utilizzati per diagnosticare le metastasi sono gli stessi impiegati anche per la diagnosi dei tumori primitivi e, anche in questo caso, variano a seconda dell’organo che si sta valutando e delle dimensioni della metastasi. Ecografia e radiografia, per esempio, possono essere utilizzate per individuare metastasi rispettivamente al fegato e al polmone, ma la TC (tomografia computerizzata) e la PET (tomografia a emissione di positroni) costituiscono strumenti diagnostici più precisi, in grado di esplorare anche ampie aree corporee o addirittura l’intero organismo. In particolare la PET valuta l’attività metabolica delle cellule e riesce a individuare anche metastasi molto piccole, non visibili con l’uso delle tradizionali tecniche di diagnostica per immagini. Valutare l’attività metabolica significa determinare quanto una cellula è attiva: le cellule tumorali hanno in genere un’attività superiore, cioè un metabolismo più rapido, rispetto a quelle normali dalle quali possono dunque essere distinte.
D:È possibile bloccare la disseminazione delle cellule tumorali?
R:Le prime barriere contro la diffusione delle cellule tumorali sono quelle poste dall’organismo stesso: le pareti degli organi e le capsule che a volte li ricoprono rappresentano già degli ostacoli che bloccano la strada alla diffusione delle metastasi. Anche il sistema immunitario, che riconosce le cellule metastatiche come “estranee” si attiva e contribuisce alla loro eliminazione. Nonostante questi e altri accorgimenti attuati dal nostro corpo, alcune cellule riescono a sfuggire ai blocchi e cominciano il loro viaggio verso la nuova sede, a volte anche molto distante.
I ricercatori stanno mettendo a punto nuove strategie per bloccare la diffusione delle metastasi come per esempio vaccini e terapie che “guidano” il sistema immunitario contro le cellule tumorali. Le metastasi, cellule diverse da quelle sane, dovrebbero essere facilmente riconosciute dal sistema immunitario, ma in realtà sono in grado di ingannare le nostre difese grazie a particolari trucchi che le rendono irriconoscibili.
Altri studi sono infine orientati verso strategie che bloccano la formazione di nuovi vasi, indispensabili per la crescita del tumore, che costituiscono all’interno del tumore una fitta rete di capillari attraverso la quale le cellule tumorali possono passare nel circolo sanguigno.
D:Perché ogni tumore sceglie un organo specifico in cui dare metastasi?
R:Fino a pochi anni fa, prima dell’oncologia molecolare, il fatto che tumori diversi dessero metastasi in organi diversi veniva spiegato solo con la vicinanza di due organi oppure con la presenza di collegamenti sanguigni o linfatici attaverso i quali le cellule del tumore possono raggiungere altre sedi. Tutto queste teorie rimangono valide, ma oggi è evidente che esiste anche una ragione genetica che determina la scelta della sede di metastasi. In pratica, le cellule metastatiche esprimono sulla loro sperficie delle proteine che stabiliscono delle particolari affinità “molecolari” con quelle espresse sulla superficie di un determinato organo.
La speranza per il futuro è di imparare a identificare precocemente queste affinità e proteggere in qualche modo l’organo bersaglio.






» Ultimo aggiornamento gennaio 2009



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09/08/2009 21:41

OICLAC ,il calcio al contrario in favore di ali di scorta .
Oiclac con ali di scorta .

E' stato stabilito che i proventi della pubblicita'di questo web , saranno devoluti in beneficenza alla ns/vs ONLUS .

Ringraziando anticipatamente tutti coloro che hanno voluto e potuto questo , va anche un ringraziamento a tutti i visitatori di queste pagine di sport dilettantistico e giovanile , che con la loro presenza , hanno fatto si che cio' accadesse .

Ali di scorta , a nome di tutti i consiglieri e presidente , vi ringrazia e vi aspetta nel ns sito www.alidiscorta.it .
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09/08/2009 23:12

DONAZIONE


Oggetto: I: DONAZIONE FORUM Ricevuto il: 09/08/09 16:41


----Messaggio originale----


con riferimento alla telefonata di Mauro ed ai contatti con amministratori OICLAC .........., si informa che:

--il gruppo che amministra il FORUM,ha deciso di donare ad ali di scorta il contributo conseguente ai contatti del forum

--i dati previsti per tale donazione sono :

ALI DI SCORTA ONLUS - ASSOCIAZIONE PER LA LOTTA AI TUMORI IN ETA' PEDIATRICA ,policlinico A. Gemelli , l.go A. Gemelli n. 8 - 00168 Roma.

bonifico banca BARCLAYS IBAN IT55 B030 5103 2360 0003 0120 019

Presidente Silvia Riccardi

--per informazioni /contatti :

tesoriere Agostino Mazza

IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELL' ASSOCIAZIONE RINGRAZIA SENTITAMENTE... PER LA SENSIBILITA' DIMOSTRATA E L'IMPEGNO CONNESSO ALLA DONAZIONE.

agostino





[Modificato da ANSA. 10/08/2009 01:06]
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12/08/2009 16:33

PERICOLO INFRADITO
ConnectPiedi: pericolo infradito
Pubblicato da Martina Cecco in Benessere, Malattie.
Domenica, 15 Giugno 2008.

Una notizia che a inizio estate fa riflettere e anche preoccupare e’ quella arrivata dall’Inghilterra nella giornata di ieri, secondo la quale sarebbe per colpa degli infradito, o delle havaianas, come si vogliono chiamare, che il tumore al piede ha avuto una incidenza cosi’ alta negli ultimi anni.


I sandaletti che in estate spaccano, vendendo paia su paia in colori e fantasie multiple, materiali che vanno dalla pelle alla pastica, dalla stoffa al cuoio, sarebbero una delle cause delle malattie dei piedi: primo fra tutti il cancro.


A dirlo e’ stato il quotidiano britannico “Daily Mail”, che ha riportato il parere degli esperti, che hanno denunciato la popolarita’ della scarpetta da spiaggia, elencandola tra le cause dell’aumento del cancro alla pelle del piede di chi lo indossa quotidianamente.


Prima di tutto questo sandalo non protegge il piede, per cui e’ come uscire senza scarpa, espone al sole anche nelle ore piu’ calde della giornata un piede abituato a stare protetto, quindi puo’ scottarsi. Inoltre, nel caso di sviluppo del tumore alla pelle del piede, difficilmente si riesce a diagnosticare, per cui si rischia di non guarire.


Solo la meta’ dei pazienti che si ammalano di tumore al piede riescono a guarire, per questo la British Skin Foundation ha consigliato alle persone di proteggere il piede, e di stare molto attenti alla sua cura, facendo anche attenzione a come sono esposti al sole e a metterci la cremina anti scottatura.

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Tag: Piedi, Skin Cancer Test, Tumore Della Pelle
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6 Agosto 2009Sottoscrivi questi commenti
Commenti (2)

Bambo
18 Giugno 2008 11:56
Sta notizia mi sà tanto di burla….

Rispondi Segnala abuso

Martina
20 Giugno 2008 21:55
Buondi’
la notizia e’ vera e ne hanno parlato un po’ tutti, perche’ fa pensare, ma in effetti anche con la logica si arriva a capire che se la pelle e’ delicata, e quella dei piedi lo e’, ed ha le caratteristiche della pelle europea, abituata al clima europeo, deve fare i conti con mode che non sono tipiche.
Anche se farne un allarme per delle scarpe che si portano in spiaggia e’ eccessivo. C’e’ la crema solare che protegge.
Del resto nessuno porterebbe gli infradito per tanto tempo. Mi pare ovvio.
Buona giornata.
Martina


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12/08/2009 16:36

INCREDIBILE......MA VERO .


DENVER (Stati Uniti) - Dagli Stati Uniti arriva una storia che, per certi aspetti, sembra tratta dalle pagine del romanzo 'La meta' oscura' di Stephen King. Un neonato di tre giorni, Sam Esquibiel, e' stato operato per un tumore al cervello in un ospedale vicino a Denver, nel Colorado. Ma durante il delicato intervento il chirurgo ha trovato all'interno del cranio del bimbo un piede perfettamente formato, oltre all'abbozzo di una mano, di una coscia e di un altro piede. La notizia e' stata resa nota dal quotidiano 'Denver Post', precisando che l'operazione e' avvenuta lo scorso ottobre e che si tratterebbe di un caso senza precedenti. L'ipotesi piu' probabile e' che si tratti di un feto gemellare in cui uno dei due si stava sviluppando all'interno dell'altro. Il piccolo Sam ora sta bene ed e' tornato a casa con i genitori, ma le sue condizioni sono costantemente monitorate dai medici.

www.corriere.it
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12/08/2009 20:01

L'ONCOLOGIA PEDIATRICA




Esegui una ricerca



Il rapido evolversi delle conoscenze biologiche e cliniche generali, unitamente al rinnovo delle acquisizioni specifiche in tema di oncologia pediatrica nel corso degli ultimi 30 anni, ha determinato un miglioramento diagnostico/terapeutico significativamente superiore a quello registrato in altri ambiti dell'oncologia. Il progressivo aumento del numero dei pazienti guariti e il naturale reinserimento nel mondo scolastico e lavorativo, testimoniano chiaramente come la guarigione biologica, sociale e psicologica del paziente oncologico non sia più un remoto traguardo di pochi, ma una concreta realtà per molti bambini. Questo importante successo, ottenuto dalla medicina pediatrica, è da attribuirsi all'impegno di un gran numero di ricercatori e al coinvolgimento attivo degli organi istituzionali deputati all'organizzazione della ricerca scientifica. Da una collaborazione fattiva tra pediatra oncologo e specialisti di altre discipline (chirurgo, radioterapista, radiologo, anatomo-patologo, immunologo, citogenista, biologo molecolare, psicologo) con una particolare esperienza in campo pediatrico è nato e si è perfezionato l'approccio multidisciplinare, che ha determinato il reale salto di qualità nella diagnosi e nelle cure delle neoplasie dell'infanzia verificatosi nell'ultimo decennio.
Il rapporto con la famiglia del piccolo paziente.
Ogni settimana, in un pomeriggio prefissato, la dottoressa Franca Fossati Bellani riunisce per un'ora i genitori dei pazienti ospiti del suo reparto. Durante l'incontro non si parla di casi singoli ma dei problemi generali inerenti la gestione della malattia. Quali sono gli effetti collaterali della chemioterapia ? E' vero che i bambini malati non vanno mai sgridati (è sbagliato, il figlio diventa più ansioso se nota una insolita indulgenza da parte degli adulti...) ? Perché e cosa fare se gli amici del figlio non si fanno più vedere ? Eccetera. A volte i temi vengono proposti dai genitori, a volte dai medici.
"Io considero i genitori", spiega la dottoressa Fossati, "come parte integrante dell'équipe terapeutica e, per quanto è possibile, corresponsabili con i medici della gestione della malattia: ma quando il bambino è a casa, i genitori "sono" l'équipe terapeutica principale. Il nostro compito nei loro confronti è di fornire tutte le informazioni utili sull'andamento della malattia e sulle cure. In questa prospettiva le riunioni comuni sono importanti perché servono a conoscerci meglio e a stabilire un rapporto più stretto di collaborazione
Stadiazione National Wilm's Tumor Study
E' molto importante l'accuratezza nella definizione dello stadio, perché implica scelte terapeutiche ben precise. La classificazione in stadi utilizzata è quella del NWTS benché, sostanzialmente sovrapponibile, a quella della SIOP.
Stadio I - Tumore limitato al rene ed asportato totalmente. La capsula renale è intatta. Non è avvenuta la rottura intraoperatoria e non vi sono apparenti residui neoplastici.
Stadio II - Tumore esteso oltre il rene, ma totalmente asportato. La capsula renale ed il tessuto perirenale sono infiltrati. I vasi extrarenali sono infiltrati o contengono trombi neoplastici.
Stadio III - Residui non ematogeni confinati in addome conseguenti a: 1. interessamento dei linfonodi dell'ilo, della catena periaortica ed oltre; 2. si è verificata la rottura introperatoria del tumore o la crescita neoplastica è penetrata attraverso il peritoneo; 3. metastasi peritoneali; 4. il tumore si estende oltre i margini chirurgici micro o macroscopicamente; 5. il tumore non è asportabile a causa dell'infiltrazione di strutture vitali.
Stadio IV - Metastasi ematogene al polmone, fegato, ossa, encefalo.
Stadio V - Tumore bilaterale al momento della diagnosi.

Incidenze tumori bambini

Incidenza nelle diverse fasce di età
0 - 5 anni 5 - 10 anni 10 - 15 anni (50% di tutti i tumori pediatrici) (25% di tutti i tumori pediatrici) (25% di tutti i tumori pediatrici
Sarcomi delle parti molli Linfomi maligni Sarcomi delle parti molli
Retinoblastoma Leucemie Malattie di Hodgkin
Neuroblastoma Tumori del sistema nervoso centrale Tumori dell'osso (osteosarcoma e sarcoma di Ewing)
Nefroblastoma - Forme rare
Tumori delle gonadi - Tumori delle gonadi
La tabella elenca i tumori più frequenti nelle diverse fasce di età: dall'alto in basso i diversi tipi di cancro sono elencati in ordine decrescente

L'esperienza del reparto di pediatria dell'Istituto dei Tumori di Milano
L'esperienza del reparto di pediatria dell'Istituto dei Tumori di Milano
www.istitutotumori.mi.it/dossier/pediatria

Per comprendere che cos'è il tumore e come incide nella storia personale di ognuno, le diagnosi mediche e i piani terapeutici, che sono assolutamente necessari per guarirlo, non bastano. Sono più efficaci, a volte, le parole dei malati: come quelle di Anna, 9 anni, una bambina affetta da osteosarcoma. "Voglio sapere tutto", ha detto al medico durante la prima visita in ospedale, "Anche se questa malattia può farmi morire". Una frase sufficiente a far capire, da sola, l'insospettata consapevolezza con cui i bambini vivono il tumore.
Il dossier di Informazioni INT è dedicato questa volta all'attività del reparto dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano specializzato nella diagnosi e nella cura dei tumori pediatrici, quelli che compaiono nei primi 15 anni di vita. Si tratta di una esperienza di grande rilievo perché a un ottimo livello terapeutico e della ricerca clinica l'Unità di pediatria unisce, tradizionalmente, una costante attenzione alla qualità del rapporto quotidiano con bambini, adolescenti, genitori e pediatri di base che seguono a casa i malati. "Nessuna malattia importante", sostiene la dottoressa Franca Fossati Bellani, direttore del Dipartimento di oncologia medica e responsabile dell'Unità operativa di pediatria dell'Istituto, "può essere affrontata soltanto attraverso cure mediche e chirurgiche: anche quando sono, come è giusto che siano, le cure più rigorose e aggiornate del mondo. Ma questo è particolarmente vero nel caso dei tumori pediatrici, una patologia che esige dall'ospedale che la prende in carico di programmare una serie di interventi che vanno oltre le prestazioni esclusivamente tecniche".Questo è il punto di vista che permette di capire meglio l'attività pediatrica dell'Istituto dei Tumori di Milano.
Ogni cento tumori uno soltanto compare tra la nascita e i 15 anni di età; in questo periodo della vita il cancro rappresenta nei paesi occidentali, dopo la sconfitta delle malattie infettive, la principale causa di morte per malattia preceduta solo dagli incidenti. Come risulta dagli studi epidemiologici dei registri-tumori, in tutti i paesi occidentali l'incidenza della patologia tumorale è praticamente identica: in Italia bambini e adolescenti colpiti da tumore maligno sono circa 1300. Per questi tipi di tumore non sono possibili per ora strategie di prevenzione.
Per quanto riguarda la diversa incidenza delle neoplasie in età pediatrica le leucemie acute costituiscono il gruppo più rilevante seguite dai tumori del sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale), dai linfomi maligni (linfoma non Hodgkin e malattia di Hodgkin) e dai sarcomi delle parti molli, un gruppo eterogeneo di tumori maligni che possono avere origine dai tessuti muscolari, fibroconnettivali e vascolari. Altre neoplasie caratteristiche dell'infanzia sono il neuroblastoma (ha origine dalle strutture del sistema nervoso simpatico) e il nefroblastoma, tumore renale tipico dell'infanzia: entrambe queste neoplasie insorgono prevalentemente nei primi 3 anni di vita. Nell'età adolescenziale si osservano con discreta frequenza i tumori primitivi dell'osso. Neoplasie rare, infine, sono il retinoblastoma, l'epatoblastoma e i tumori germinali (testicoli e ovaie) che colpiscono prevalentemente i maschi in tenera età e le femmine in età adolescenziale.
"E' importante sottolineare", spiega la dottoressa Fossati, "che nel loro insieme i tumori pediatrici costituiscono da sempre un modello particolare sia per la ricerca di base sia per gli studi sulle cause della malattia. I tumori dell'età pediatrica hanno caratteristiche diverse da quelle dell'adulto per sede di insorgenza, velocità di accrehirurgia mantiene un ruolo cardine anche se non rappresenta sempre il primo passo terapeutico. L'utilizzo dei farmaci antineoplastici in fase pre -operatoria, infatti, riducendo il volume del tumore consente interventi meno demolitivi: questo si verifica, per esempio, nei sarcomi delle parti molli e nei tumori dell'osso. Nell'ultimo decennio sono stati ottimizzati gli schemi di associazione dei farmaci con un miglioramento significativo dell'entità della remissioni e del tasso di guarigione: per linfomi e leucemie questo è attualmente superiore al 70%. Sempre nell'ambito della chemioterapia, infine, sono in corso studi clinici che - per neoplasie con prognosi severa o quando si verifica una ricaduta della malattia - utilizzano il trattamento con farmaci ad alte dosi. Le procedure di questo tipo implicano anche l'utilizzo dell'autotrapianto e di cellule staminali circolanti reclutate per "aferesi" dal sangue periferico
Il ruolo della radioterapia, sebbene questa metodica conservi ancora estrema importanza nei tumori pediatrici, è stato riconsiderato rispetto al passato. Si è constatato infatti che in un certo numero di pazienti guariti dal tumore la terapia radiante può provocare a distanza non è la regola.
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12/08/2009 20:03


LA RICERCA

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Ricercatori impegnati sui tumori cerebrali

Centri di cura in Italia

Ricerca sul Neuroblastoma


LA RICERCA
Pathways Diversi Coinvolti in Tumori Pediatrici del SNC: Basi Molecolari e Studi Applicativi

Progetto di ricerca di base

Negli ultimi anni notevoli progressi sono stati compiuti nella individuazione dei meccanismi molecolari che portano alla trasformazione e progressione neoplastica. La recente teoria che i tumori cerebrali pediatrici originino da una piccola popolazione di cellule, chiamate Cellule Staminali Tumorali, responsabili del mantenimento e metastatizzazione del tumore, ha aperto una nuova frontiera sia per la conoscenza dei meccanismi patogenetici di questi tumori sia per l’innovazione terapeutica.

Nella visione postgenomica della scoperta di nuovi farmaci, l’approccio del ricercatore, condiviso a livello internazionale, è di identificare agenti terapeutici in grado di eliminare in modo selettivo le cellule tumorali, risultando al contempo meno dannosi alle cellule normali.

Alcuni di questi farmaci sono attualmente in sperimentazione nell’adulto, mentre il potenziale terapeutico nei tumori pediatrici non è noto.

I tumori del sistema nervoso centrale (SNC) sono frequenti in età pediatrica; tra questi, che mostrano vari aspetti all’esame microscopico, sono particolarmente rilevanti i tumori cosiddetti “embrionali”; si tratta di neoplasie maligne biologicamente molto aggressive. I moderni protocolli di cura ottengono percentuali di guarigione non trascurabili mediante l’associazione dell’asportazione neurochirurgica (ampia o radicale) seguita dalla radioterapia e dalla chemioterapia. Questi risultati sono però gravati in percentuale non trascurabile da conseguenze post-terapeutiche di rilievo.

Lo studio delle caratteristiche molecolari di queste neoplasie fornisce indicazioni per individuare strategie terapeutiche innovative che sfruttino il meccanismo naturale dell’apoptosi (ovvero processo che porta alla morte cellulare), frequentemente bloccato, o quello dell’azione di farmaci diretti verso i recettori cellulari del tumore.

I tumori cerebrali sono molti e tutti fra loro diversificati: occorre, in una prima fase, prendere in considerazione solo quelli più rilevanti dal punto di vista epidemiologico (ovvero che abbiano una casistica tale da condurre a studi statistici clinicamente rilevanti).
Il Medulloblastoma (MDB) è un tumore che origina dalle cellule nervose primitive; ha una rapida crescita, è invasivo, e può anche infiltrare le meningi.

Il picco di incidenza è otto anni; la maggior parte compare nei primi 20 anni di vita, e circa il 30% si manifesta negli adulti. Il trattamento del medulloblastoma ha beneficiato dei progressi della neurochirurgia, radioterapia e chemioterapia; correntemente la sopravvivenza è di circa 5 anni per il 70% dei casi di pazienti a rischio standard trattati con chirurgia combinata alla radioterapia e chemioterapia, mentre per pazienti ad alto rischio si registra il 25% di possibilità di sopravvivere 5 anni.

Gli Ependimomi rappresentano il 10% dei tumori del sistema nervoso centrale dei bambini e originano dagli spazi ventricolari o da cellule ependimali (cioè dalle cellule che ricoprono i ventricoli cerebrali ed il canale centrale del midollo spinale).
Sono tumori rari. I sintomi dipendono dalla sede della malattia e possono essere: cefalea (80%), nausea e vomito (75%), difficoltà nell'equilibrio, vertigini e crisi epilettiche.

Il progetto di ricerca “Pathways diversi coinvolti in tumori pediatrici del SNC: basi molecolari e studi applicativi” è articolato in tre fasi fondamentali secondo lo schema accluso (fig.1): studio molecolare, in cui si studia l’assetto genomico e proteomico dei tumori;
studio di biologia tumorale in cui si prendono in considerazione la preparazione e la caratterizzazione delle cellule staminali provenienti dal tumore;
sviluppo traslazionale per l’analisi di farmaci con possibile target molecolare sia in vitro che in animale.
epidemiologico (ovvero che abbiano una casistica tale da condurre a studi statistici clinicamente rilevanti).

Il Medulloblastoma (MDB) è un tumore che origina dalle cellule nervose primitive; ha una rapida crescita, è invasivo, e può anche infiltrare le meningi.

Il picco di incidenza è otto anni; la maggior parte compare nei primi 20 anni di vita, e circa il 30% si manifesta negli adulti. Il trattamento del medulloblastoma ha beneficiato dei progressi della neurochirurgia, radioterapia e chemioterapia; correntemente la sopravvivenza è di circa 5 anni per il 70% dei casi di pazienti a rischio standard trattati con chirurgia combinata alla radioterapia e chemioterapia, mentre per pazienti ad alto rischio si registra il 25% di possibilità di sopravvivere 5 anni.

Gli Ependimomi rappresentano il 10% dei tumori del sistema nervoso centrale dei bambini e originano dagli spazi ventricolari o da cellule ependimali (cioè dalle cellule che ricoprono i ventricoli cerebrali ed il canale centrale del midollo spinale).

Sono tumori rari. I sintomi dipendono dalla sede della malattia e possono essere: cefalea (80%), nausea e vomito (75%), difficoltà nell'equilibrio, vertigini e crisi epilettiche.

Il progetto di ricerca “Pathways diversi coinvolti in tumori pediatrici del SNC: basi molecolari e studi applicativi” è articolato in tre fasi fondamentali secondo lo schema accluso (fig.1): studio molecolare, in cui si studia l’assetto genomico e proteomico dei tumori;
studio di biologia tumorale in cui si prendono in considerazione la preparazione e la caratterizzazione delle cellule staminali provenienti dal tumore;
sviluppo traslazionale per l’analisi di farmaci con possibile target molecolare sia in vitro che in animale.


Neoplasie Pediatriche del Sistema Nervoso Centrale: Centralizzazione Isto-Patologica, Banche Biologiche e Sviluppo dell’Attivita’ Clinica

I tumori del sistema nervoso centrale (SNC) rappresentano, dopo le leucemie, le neoplasie più frequenti in età pediatrica e sono circa il 20% di tutti i tumori al di sotto dei 18 anni di età. I successi ottenuti nel trattamento delle leucemie, hanno reso, oggigiorno, i tumori cerebrali la principale causa di morte di bambini affetti da cancro. A differenza di quanto si osserva nell’adulto, i tumori del SNC pediatrici sono eterogenei e numerosi, comprendendo fino a più di 17 tipi istologici diversi. Nell’ambito di ciascuna categoria vi sono ulteriori eterogeneità di comportamento clinico e biologico in rapporto a caratteristiche non ancora del tutto note. Inoltre, i tumori cerebrali del bambino, con una frequenza non ben conosciuta, possono essere associati a sindromi tumorali ereditarie quali la Neurofibromatosi 1, la Sindrome di Gorlin, la Sindrome di Turcot per citare le più note.

Progetto di ricerca clinica

Le strategie terapeutiche sono complesse e le scelte si basano su numerosi fattori quali: l’età (inferiore o maggiore dei 3 anni), la sede del tumore, il tipo istologico ed il grado di malignità istologica valutati secondo la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’entità dell’asportazione chirurgica. Occorre inoltre sottolineare che nel bambino, rispetto all’adulto, vi sono fattori quali il maggiore rischio di danni da radioterapia o da chirurgia in sedi che limitano l’impiego di tali terapie rendendo ancora più complesse le scelte terapeutiche. Tuttavia le nuove conoscenze in campo molecolare e la comparsa di nuovi trattamenti stanno portando ad una profonda revisione dei fattori prognostici e conseguentemente delle condotte terapeutiche.

La strategia terapeutica nei tumori cerebrali pediatrci prevede un iter in cui neuro-radiologo, neurochirurgo, neuro-patologo e oncologo pediatra collaborano nel prendere decisioni atte a ottenere il miglior risultato nel rispetto della qualità di vita cercando di evitare il più possibile danni neurologici causati da interventi in sedi delicate. Con un’approfondita correlazione dei dati clinico-chirurgici e di diagnostica per immagine, i patologici e i bio-molecolari forniscono le informazioni necessarie ad individuare l’approccio terapeutico migliore.
Oggi più che mai è necessario implementare le conoscenze sui tumori pediatrici del Sistema Nervoso Centrale con studi biomolecolari che permettono di identificare i possibili bersagli di farmaci “mirati” e superarare gli oggettivi limiti delle attuali terapie convenzionali.

Nell’attesa di individuare i nuovi approcci terapeutici, le ricerche “biologiche” non possono prescindere dalla conoscenza delle caratteristiche cliniche, radiologiche, patologiche, cioè del profilo “fenotipico”, nel senso più ampio del termine, che si possa fare del bambino affetto da tumore cerebrale.

La metodologia della ricerca clinica oncologica richiede, come conditio sine qua non, la revisione del materiale istologico. Questa si impone con particolare necessità per le neoplasie cerebrali infantili, oggetto ancora di non completa sistematizzazione. La mancanza di un sistema consolidato di centralizzazione del materiale istologico relativo ai pazienti con una neoplasia primitiva del Sistema Nervoso Centrale rappresenta al momento un ostacolo alla crescita della ricerca clinica in Italia ed alla cooperazione internazionale.

Così come per tutti gli altri campi della medicina i progressi futuri e soprattutto le innovazioni terapeutiche passeranno per la ricerca di base ed in particolare per un serrato dialogo tra ricercatori clinici e di base, ossia per quella che viene definita la ricerca traslazionale. La disponibilità di materiale biologico rappresenta il maggior ostacolo allo sviluppo di questo tipo di ricerca in campo neuro-oncologico pediatrico a causa della rarità della patologia e della difficoltà oggettiva di disporre di materiale chirurgico sufficiente unito alle informazioni cliniche ad esso correlate al fine di disporre di una banca biologica e di una banca di dati clinici.
In sintesi il programma di ricerca clinica si prefigge di rendere possibile un elemento cardine per la conduzione della moderna ricerca clinica - la centralizzazione del materiale istologico - e di promuovere l’implementazione di una banca nazionale di materiale biologico.





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12/08/2009 20:06



Tumore pediatrico, 175 nuovi casi
ogni anno. I bimbi italiani i più colpiti

I bambini italiani si ammalano di più. Aumentano in Italia i tumori pediatrici, che fanno registrare dati ben al di sopra delle medie europee e americane. A rivelarlo sono le statistiche dell’Associazione Italiana registri dei tumori, che ha messo in evidenza il primato negativo tutto italiano. L’unica speranza arriva dalla percentuale di guarigioni, maggiori che negli anni precedenti. Rispetto a qualche anno fa, quindi, i bambini italiani si ammalano di più, ma guariscono più spesso.

Sono 175,4 i nuovi casi di tumori pediatrici che si registrano ogni anno in Italia, contro i 141 della Germania, i 138 della Francia e i 158 degli Stati Uniti. La ricerca fornisce dati raccolti tra il 1998 e il 2002, e dà una misura aggiornata dell’incidenza e della sopravvivenza dei soggetti malati di tumore in età pediatrica (0-14 anni) e adolescenziale (15-19 anni).

Tre i tumori in particolare che nei bambini sono in aumento: le leucemie, con un incremento dell’ 1,6% all’anno; i linfomi, cresciuti del 4,6%; i tumori del sistema nervoso centrale, che in un solo anno hanno subito un aumento del 2%.

Anche altri Paesi europei hanno subito un incremento dei tumori pediatrici negli ultimi anni, ma in Italia il cambiamento percentuale risulta comunque più alto. Le leucemie, infatti, in Europa sono aumentate dello 0,6% contro l’1,6%; i linfomi hanno subito un incremento dello 0,9% contro il 4,6% tutto “italiano”, e i tumori del sistema nervoso centrale sono arrivati in Europa a toccare quota più 1,7% contro il 2% raggiunto in Italia.




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Tumori Rari in Età Pediatrica.TREP: Tumori Rari in Età Pediatrica
Global
Basic Info
Type: Organizations - Academic Organizations
Description: Il Gruppo TREP è costituito da una rete di Esperti e di Centri di Oncoematologia e Chirurgia Pediatrica Italiani dedicato alla ricerca e al trattamento di pazienti pediatrici affetti da Tumore raro.
Per tumori rari pediatrici intendiamo quelle neoplasie che hanno un’incidenza inferiore ai 2 casi/1.000.000 di bambini e non inseriti in studi già attivi.
Si tratta quindi di tumori di tipo diverso e di inusuale osservazione anche in Centri Oncologici specializzati. Alcuni di essi sono rari ad ogni età, altri possono essere tipici dell'adulto, ma rari nel bambino. Spesso per queste neoplasie mancano criteri univoci di inquadramento diagnostico e di trattamento. Inoltre la rarità di queste neoplasie ha finora comportato un minor interesse nei loro confronti e quindi una maggiore difficoltà nel descrivere la storia naturale e nel progettare ricerche cliniche e biologiche. Da non dimenticare che il numero limitato di pazienti affetti comporta un minor “mercato” capace di ammortizzare i costi di una ricerca farmacologica specifica ed una scarsa diffusione delle conoscenze comunque disponibili nella pratica corrente. I tumori rari in età pediatrica sono in questo senso da considerasi una patologia “orfana”.
Per cercare di promuovere la ricerca e il trattamento dei bambini affetti da questi tumori nasce nel 2000 il Progetto TREP, primariamente all’interno e in collaborazione con l’AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica www.aieop.org/) e la SICP (Società Italiana di Chirurgia Pediatrica, www.chped.it/)

Le principali neoplasie incluse nel progetto sono:
- carcinomi nasofaringei
- carcinomi della tiroide
- carcinomi adrenocorticali
- tumori gonadici (testicolari e ovarici) non germinali
- feocromocitomi e paragangliomi
- tumori salivari
- tumori del timo
- neoplasie polmonari
- tumori della mammella
- neoplasie pancreatiche
- carcinomi gastrointestinali
- carcinoidi
- tumori della cute

Il Progetto TREP include diverse iniziative:
- la registrazione sistematica dei dati di bambini affetti da queste neoplasie per meglio capirne la storia naturale e l’eventuale trattamento;
- l’ideazione e diffusione ai centri aderenti alla rete TREP, di moderne linee guida per la diagnosi e la terapia;
- la promozione di progetti di ricerca specifici;
- la creazione di una rete di Esperti che lavorano in vari ospedali italiani in grado di fornire supporto ai medici che si trovano ad avere in cura un bambino con tumore raro nelle diverse regioni d’Italia;
- la promozione di una ricerca internazionale sui tumori rari pediatrici in collegamento con i maggiori centri Europei.
- migliorare le conoscenze sui tumori rari a favore delle persone coinvolte da un punto di vista professionale, familiare o istituzionale

Questo Gruppo è stato creato per favorire la diffusione dell’attività del progetto TREP a favore dei bambini affetti da Tumore Raro.

Per ulteriori informazioni vi invitiamo a visitare il sito del Progetto all’indirizzo: www.trepproject.org

Recent NewsStiamo preparando anche il sito internet ufficiale di progetto TREP!! Se volete avere qualche informazione o avete suggerimenti fatemi sapere

Attenzione: solamente i gruppi che hanno un collegamento
che parte sia dal sito ufficiale della Pediatria di Padova
www.pediatria.unipd.it/on-line/Home/Ricerca/GruppidiRicerca/scheda6003... o bit.ly/treped

oppure che parte dalla pagina facebook
www.facebook.com/pages/Pediatria-di-Padova/68770343681 o bit.ly/pedpd

sono gestiti da specialisti della Pediatria di Padova e solo le risposte di coloro che sono indicati come responsabili sono ufficiali
MembersDisplaying 8 of 302 membersRobertoMartaGiordanaManuelaErmesDavideAngelaPierangelo
Discussion BoardDisplaying 1 discussion topicSee AllPrevenire è meglio che curare?1 post by 1 person. Updated on May 21, 2009 at 2:48pm
The WallDisplaying 5 of 12 wall posts.See All Progetto wrote at 3:46am on August 4th, 2009
Ciao a tutti i nuovi amici del progetto TREP.... mi raccomando diffondete la voce e grazie a tutti...


Alessio wrote at 4:12am on June 10th, 2009
complimenti.. siamo tutti con voi!!

Progetto wrote at 3:15am on May 29th, 2009
a tutti i nuovi iscritti... Grazie di esserci!! Continuate ad inviare gli inviti ai vostri amici!
Ed un bacione grandissimo a tutti i piccoli pazienti!!

Carlotta wrote at 2:40pm on May 21st, 2009
Scusa se ho dubitato di voi ma sui giornali si parla spesso di mala sanità e di speculazioni ai danni del malato. Purtroppo so bene quanto l'errore di un medico, troppo sicuro di se, può danneggiare per sempre una persona quindi è bene non perdere tempo con ciarlatani saccenti.

Questo argomento mi interessa molto... quasi quasi apro un apposita discussione.

Carlotta wrote at 1:59am on May 20th, 2009
Cara Carlotta, ti posso assicurare che l'interesse del malato è al primo posto per quanto riguarda i medici iscritti a questo gruppo.
Non tutti i centri sono attrezzati e preparati per poter affrontare patologie rare e poter indirizzare i pazienti verso i centri specializzati è decisamente la cosa migliore per il paziente e per il centro stesso. Che interesse potremmo infatti avere a indirizzare un paziente dove non può essere curato adeguatamente?
Grazie e se hai altri dubbi sono a disposizione.

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12/08/2009 20:10



Introduzione
Il carcinoma della tiroide è una patologia tumorale piuttosto rara nei bambini. La sua incidenza annuale in età pediatrica è di circa 0,5 casi/100.000 della popolazione mondiale rispetto ad una percentuale variabile da 0,5 a 10 casi/100.000 al di fuori dell'infanzia. Nella patogenesi di tale affezione un ruolo importante è giocato da fattori genetici (circa il 5-10% dei carcinomi papillari sono familiari) e dall'esposizione a radiazioni ionizzanti come documentato dall'esperienza di Cernobyl e dalla maggiore incidenza di neoplasie tiroidee nei bambini irradiati nell'area del collo per malattie neoplastiche (1). Altro fattore di rischio è il sesso essendo tale patologia più frequente nel sesso femminile con una frequenza doppia rispetto a quello maschile. Un altro potenziale fattore di rischio è il contenuto in iodio della dieta. Lo iodio, qualunque sia la forma chimica assunta, raggiunge la tiroide come ioduro e viene concentrato all'interno delle cellule follicolari per la sintesi degli ormoni tiroidei. Una carenza di iodio nella dieta sta alla base del gozzo endemico che può essere eutiroideo o ipotiroideo in rapporto all'entità del deficit e alla capacità di compenso funzionale della ghiandola. Nel determinismo di un gozzo da carenza iodica concorrono in genere altri fattori quali l'assunzione dall'ambiente di fattori gozzigeni (tiocianati e flavonoidi) ed un'alimentazione ricca di cibi gozzigeni (cavolo, soia, rapa, manioca). E' ben noto il ruolo dell'aumentata increzione del TSH quale fattore di rischio per l'insorgenza di una neoplasia maligna tiroidea. Anche un' eccessiva introduzione di ioduri, per lo più contenuti nei medicinali per la tosse ed in specialità per il trattamento dell'asma, può determinare una ipertrofia della ghiandola da ipericrezione di TSH. Infatti l'eccessiva introduzione di ioduri blocca la sintesi degli ormoni tiroidei attraverso l'inibizione della organificazione dello iodio e riduce la conversione del T4 in T3 attraverso l'inibizione della 5'-deiodinasi. Lo iodio è contenuto nelle acque e in numerosi alimenti (es. latte e pane) e la sua concentrazione è molto variabile in rapporto all'area geografica presa in esame (2-4). Questa ampia variabilità può rendere conto dell'eventuale comparsa di un deficit introduttivo in condizioni di aumentata richiesta (pubertà, gravidanza). Nei casi di carenza iodica i tumori più frequentemente riscontrati sono il carcinoma follicolare e midollare. Nei casi di eccessiva introduzione di ioduri si ha, invece, una maggiore incidenza di neoplasie papillari (5-7).
Nell'ambito pediatrico l'età più colpita dal carcinoma della tiroide è quella adolescenziale e la forma istologica più frequente è la papillare (CPT), circa l'80% di tutti i carcinomi tiroidei. E' caratterizzato da una crescita lenta e da assenza di sintomi talvolta per lunghi anni. Esso presenta nell'età infanzia una maggiore aggressività rispetto all'età adulta, tuttavia la prognosi è in genere buona (8). Si presenta per lo più come un nodulo isolato della tiroide, spesso singolo, fisso, asintomatico, mobile durante la deglutizione e non distinguibile all'esame clinico da un nodulo benigno. Il quadro scintigrafico con I131 o Tc pertecnetato mostra un nodulo freddo, ipocaptante che si differenzia da una tiroidite di Hashimoto con interessamento nodulare della ghiandola (1/3 dei casi) per l'aumento degli anticorpi antitireoglobulina (60% dei casi) ma, soprattutto, degli anticorpi anti frazione microsomale (95% dei casi). In una percentuale elevata di casi (60-80%) sono palpabili linfonodi al collo. L'adenopatia laterocervicale anteriore è in genere il sintomo d'esordio più tipico, altre volte il sintomo d'esordio è la comparsa di un nodulo tiroideo. Nella metà dei casi, all'esordio, sono ben evidenti sia il nodulo tiroideo che l'adenopatia laterocervicale.
Per questa forma di neoplasia tiroidea la presenza di metastasi linfonodali all'esordio non sembra aumentare il rischio di mortalità ma di recidiva. Può dare metastasi ai polmoni, meno frequentemente al mediastino, alle ossa del cranio e alle ossa lunghe. Il rischio di mortalità aumenta con il diminuire dell'età, con la presenza di metastasi a distanza e con la maggiore estensione del tumore. La sopravvivenza per un CPT intratiroideo con dimensione inferiore ai 2 cm è, a 25 anni dall'intervento, intorno al 95% (9). Talvolta il CPT può essere ormonosecernente e dare un quadro di ipertiroidismo. La terapia di elezione è rappresentata dalla tiroidectomia totale o subtotale seguita, se necessario, dalla terapia radiometabolica con I131 allo scopo di eliminare il tessuto tiroideo residuo e di identificare e trattare eventuali metastasi a distanza, e dalla terapia soppressiva del TSH con T4.
Descriviamo un caso di carcinoma papillare della tiroide in una bambina di 7 anni e 6/12.
inizio


Caso clinico
A.R. di anni 7 e 6/12, di sesso femminile e gemella omozigote, viene alla nostra osservazione per una linfoadenopatia del collo. Nulla all'anamnesi familiare e fisiologica. All'anamnesi patologica remota vengono segnalati negli ultimi 8 mesi alcuni episodi di disfonia serale, di breve durata riferibili a surmenage e malmenage vocale. L'esame obiettivo mostra in sede laterocervicale sin., davanti allo sternocleidomastoideo, la presenza di un linfonodo del diametro di circa 2 cm, di consistenza duro-elastica, mobile rispetto ai piani superficiali, meno rispetto a quelli profondi, lievemente dolente alla palpazione. Presenza di altri piccoli linfonodi, mobili, di aspetto e consistenza normali in sede sottomandibolare e laterocervicale bilateralmente. Presente anche un'iperemia faringea. Nella norma il restante apparato linfoghiandolare esplorabile. Non epatosplenomegalia. L'ispezione e la palpazione della tiroide risultano apparentemente nella norma.
Nel sospetto di una linfoadenopatia reattiva ad una flogosi delle alte vie, dopo aver eseguito un tampone faringeo risultato negativo per SBEA, inizia, in maniera empirica, terapia antibiotica con cefalosporina orale che assume per 10 giorni senza risposta sul quadro clinico. Una nuova valutazione clinica conferma la già nota linfoadenopatia ed una attenta rivalutazione della tiroide evidenzia una modesta pastosità del lobo sin.. Esegue esami ematochimici, compresi gli ormoni tiroidei e la ricerca di anticorpi per infezioni virali, che risultano nella norma. L'ecografia del collo e della tiroide evidenzia un lobo tiroideo sin. quasi interamente occupato da un'estesa formazione di circa 21 mm di diametro (Figura 1 e Figura 2), a profili arrotondati e sfumati, ad ecostruttura solida iperriflettente ed irregolarmente vascolarizzata e la presenza di un linfonodo in sede istmica di circa 8 mm di diametro ed uno in sede laterocervicale sin. di circa 20 mm entrambi ad ecostruttura analoga a quella della formazione presente nel lobo tiroideo di sin.. Esegue agoaspirato con ago sottile che conferma il sospetto diagnostico di neoplasia maligna (CPT).
La piccola viene sottoposta ad intervento di tiroidectomia totale e linfonodectomia. L'esame istologico permette di porre diagnosi di carcinoma papillare del lobo sin. e dell'istmo della tiroide, variante follicolare di tipo solido, multifocale, con metastasi ai linfonodi sottoistmici, giugulo-carotidei sin., al linfonodo del rafe mediano inferiore e al linfonodo giugulare inferiore. Negativa per metastasi a distanza la scintigrafia total body. Dopo l'intervento è stata instaurata terapia sostitutiva con ormoni tiroidei e con calcio per un ipoparatiroidismo concomitante. Ad 1 mese dall'intervento esegue scintigrafia con I131 che evidenzia una piccola formazione captante al 3° medio del collo identificata come residualità tissutale tumorale e viene sottoposta a terapia radiometabolica. A distanza di circa 4 mesi dall'intervento la bambina sta bene.
inizio

Conclusioni
La nostra paziente ha presentato un carcinoma papillare della tiroide con un quadro clinico tiroideo molto modesto (una lieve pastosità del lobo sin). E' stato il riscontro di un linfonodo laterocervicale sin. a richiamare l'attenzione della famiglia ed a condurre la piccola dal medico. La presenza di un faringe rosso e di una modesta dolenzia alla palpazione del linfonodo ci ha inizialmente portati fuori strada orientandoci verso una linfoadenopatia reattiva di natura infettiva. L'ecografia della tiroide e del collo è stata fondamentale per formulare il sospetto diagnostico. La conferma è stata data dall'agoaspirato e la tipizzazione della neoplasia dal successivo esame istologico.
Dalla rivisitazione della letteratura degli ultimi anni sul carcinoma papillare della tiroide in età pediatrica (1,7-9) si possono trarre le seguenti conclusioni:
1. In tutti i casi di ipofonia o disfonia anche se apparentemente banali e facilmente attribuibili a surmenage vocale è opportuno eseguire un'attenta valutazione clinica del collo.
2. Qualsiasi inspiegato aumento di volume delle linfoghiandole cervicali richiede sempre l'esame della tiroide.
3. Indagare sempre un nodulo o un aumento asimmetrico della ghiandola con un agoaspirato ad ago sottile.
4. Escludere attraverso la determinazione degli autoanticorpi antitireoglobulina e antiperossidasi una tiroidite di Hashimoto nella sua variante nodulare (nei 2/3 dei casi la malattia si manifesta con un ingrossamento diffuso e disomogeneo di tutta la ghiandola).
5. Valutare sempre la situazione ormonale tiroidea di fronte ad un nodulo o un ingrossamento della ghiandola.
6. Il carcinoma papillare della tiroide ha una crescita molto lenta e la sopravvivenza per le forme intratiroidee senza metastasi a distanza è buona, nonostante questo tumore si riveli più aggressivo in età pediatrica rispetto all'età adulta.
7. Il follow-up, dopo l'intervento ablativo, con esame clinico, indagini ecografiche, dosaggio della tireoglobulina (importante marker di recidiva) ed eventuale scintigrafia con iodio marcato deve durare tutta la vita .


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19/08/2009 22:26

RACCONTO DI UN PAPA'




E' difficile affidare ad una penna e ad un foglio bianco l'esperienza vissuta dalla mia famiglia a causa della malattia di Erika, la mia figlia minore, che all'epoca aveva 6 anni e mezzo circa ...
Da più di un anno ero separato da mia moglie, che mi aveva lasciato i figli in affidamento. Stavo vivendo una situazione già difficile, ma quando mi fu diagnosticata la malattia della piccola, mi sentii sprofondare nel buoi più nero, cosciente che di leucemia si poteva morire.

Ho pianto tantissimo, da solo, nascondendomi dai miei figli per non far capire quanto mi faceva paura la gravità della malattia, sentendomi impotente e incapace di difendere la mia bambina da questo male.

Sono stato immediatamente indirizzato a Trieste al reparto Emato-Oncologico del Burlo e quando sono entrato sono rimasto sorpreso dal numero di bambini ricoverati, troppi. Lì è cominciato il "calvario" di Erica.

Durante le prime settimane di ricovero ho assistito giorno e notte mia figlia, familiarizzando con i termini medici più strani, una vera cultura della quale avrei fatto volentieri a meno.

In mezzo a tanto dolore, ciò che mi rimarrà per sempre impresso è la solidarietà che si era venuta a creare tra i genitori ed il personale medico e infermieristico. Mi sono sentito accolto in una grande famiglia e mi sono sentito capito e aiutato nel mio dolore.

Per assistere mia figlia ho usufruito di tutti i giorni di ferie disponibili e sono stato aiutato dai miei colleghi di lavoro che si sono resi disponibili a coprire il mio turno nei periodi in cui sono stato in ospedale con Erika.

Incominciavano tuttavia a sorgere anche altri problemi: mio figlio Daniele, di 11 anni, rimaneva, in un certo senso, abbandonato a se stesso. Nonostante potessi contare sull'aiuto dei miei genitori e dei miei suoceri, mi accorgevo di quanto al ragazzo veniva a mancare la mia presenza. Notavo i suoi sbalzi di umore, il suo bisogno di affetto e di "coccole", la sua insicurezza che cercava di nascondere con la spavalderia.

Mi trovavo come tra due fuochi: da una parte ero completamente assorbito dall'assistenza di Erika e dall'altra pensavo continuamente a cosa fare per farmi sentire vicino da mio figlio Daniele, partecipe dei suoi problemi adolescenziali.

Dopo il ricovero ospedaliero siamo potuti rientrare a casa, in isolamento e sempre pronti a ripartire per Trieste in caso di necessità. Nessun contatto con il mondo esterno. Era quasi un "seppellire" mia figlia, impedendole di vedere le sue amiche, di giocare da bambina di 6 anni ...

Sono stati i mesi più bui della mia vita. Ho superato tantissimi ostacoli, ma questo mi sembrava davvero insormontabile. Non riuscivo più neppure a lavorare, avevo sempre il pensiero lì, su quei maledetti globuli bianchi. Uscivo al mattino portando con me lo sguardo impaurito e dolce di Erika, che con gli occhi mi chiedeva quando sarebbe finita questa "tortura" ...

Una sera di aprile ho scritto alcune righe, spontaneamente, uno sfogo diretto verso il Signore, chiedendo con insistenza il perché di quanto mi stava accadendo. Mi sono accorto che è proprio nel momento del dolore che ci si avvicina di più a Dio e in quella sera ho pregato così: "Se c'è una luce di speranza, Signore, illuminaci la via della guarigione, affinché possiamo finalmente sederci dopo questo lungo cammino".

Però, intanto, il tempo passava. La bambina rispondeva abbastanza bene alle terapie e in occasione del suo settimo compleanno abbiamo potuto finalmente rompere l'isolamento, invitando le sue amiche più care per festeggiarla. E' stata una giornata indimenticabile: ho visto, dopo tanto tempo, il sorriso spensierato sul viso di Erika.

La terapia era diventata più leggera e poteva essere seguita dalla Dott.ssa Canale, presso il reparto di Oncologia Pediatrica dell'Ospedale Civile di Pordenone. Anche in questo caso mi sono trovato davanti a personale specializzato, disponibile e paziente, soprattutto con me che faticavo a volte a capire tutte le prescrizioni dei vari medicinali.

E' bello poter contare su qualcuno. La dottoressa è molto paziente, allegra al momento giusto, precisa e meticolosa, doti che danno sicurezza e tranquillità. Devo ringraziarla perché ha saputo aiutare Erika a superare le sue paure, a capire che un prelievo di sangue non è così tragico. Mi ha aiutato con consigli di ogni tipo, disponibile in qualsiasi momento. Devo proprio affermare che il suo lavoro è una vocazione.

Non posso dimenticare la sua assistente, Roberta, che con molta pazienza ha saputo prendere Erika, incoraggiarla e aiutarla.

Piano piano Erika ha ripresa una vita abbastanza normale. L'ho inserita in una scuola a tempo pieno per aiutarla a superare le sue paure, a ritrovare la serenità e la gioia dei suoi 7 anni e ogni giorno vedo i suoi occhi sempre meno tristi.

Spero di poter tra qualche tempo scrivere l'epilogo di questa storia triste, ma venata da una speranza che non morirà mai.



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19/08/2009 22:29

RACCONTO



Andrew arriva all'appuntamento con "Countdown"
di sua madre, Caran Fenwick

che racconta della battaglia di suo figlio contro la linfoma di Hodgkin. Nota: "Countdown" è un programma quiz della BBC per ragazzi basata sulla conoscenza di parole e numeri

Era l'estate di 2004 e Andrew aveva 11 anni. Era nell'ultimo anno di scuola media, un bambino felice e pieno di risate che amava la musica, i quiz televisivi e il nuoto . Andrew ha iniziato a dormire tantissimo e ho notato alcuni noduli sul suo collo. Mi sono poi preoccupata quando hanno iniziato a crescere e ne ho trovato degli altri. Andrew è un ragazzo già grande e non avevo notato quelli che crescevano sotto le ascelle.
Il suo medico gli ha mandato in ospedale per fare alcuni esami. Hanno rimosso i noduli del collo, e dopo una settimana mi hanno chiamato per dirmi che aveva un cancro dei linfonodi (malattia di Hodgkin). Sentire questo era già insopportabile per me, ma come dirlo al mio figlio? Andrei non aveva mai veramente pianto, ma ha pianto il giorno che io e suo padre abbiamo spiegato lui la situazione.

La settimana dopo siamo andati al Mancester Pendlebury Hospital e abbiamo conosciuto il Dr. John Grainger, che ci ha spiegato ogni cosa. Durante la settimana seguente, hanno messo un catetere venosa centrale e fatto un puntura lombare, e per un anno c'erano viaggi senza fine all'ospedale. Ha avuto la chemioterapia e moltissima medicazione. La cosa più difficile era perdere i capelli. Quando è successo, mi ha spezzato il cuore. Ma lui si è abituato rapidamente - non aveva scelta.

Dopo 12 mesi di malattia, di notti senza fine di dolori alla schiena, di chemio e di medicazioni, la PET ha mostrato che era in remissione. Che notizia fantastica! Abbiamo condiviso un bel pianto ed abbiamo celebrato. Quella notte ci siamo addormentati con sorrisi sulle faccia.

Questo sfortunatamente è durato poco. Dopo solo 3 mesi, il cancro è ritornato. Andrew era inconsolabile, ma ha mostrato a tutti la sua forza per affrontare da capo ogni cosa. Le probabilità di successo non erano così buone come prima. Hanno messo un linea Hickman sull'altro lato del torace. Il mio ragazzo così felice era ora sconsolato, molto malato e con tanto dolore. Il suo peso è calato drammaticamente. Era dentro e fuori dall'ospedale. Per essere onesto, non pensavo che ce l'avrebbe fatto. Ma Andrew è sempre stato molto determinato.

Dopo 12 mesi era di nuovo in remissione, ma dopo soltanto alcune settimane una nuova PET ha mostrato che i suoi tumori erano ancora attivi. Questa volta Andrew è impazzito. Le uniche opzioni erano chemioterapia aggressiva, poi radioterapia, poi un trapianto. E' stato in ospedale per settimane, durante Natale e Capodanno, proprio il periodo dell'anno che ama di più. Ringrazio che in questo momento Andrew sta bene.

Andrew è sempre stato molto bravo in matematica e in inglese e negli anni prima della malattia era diventato molto competitivo. Guardava "Countdown" quasi ogni giorno a casa, e anche all'ospedale, e rispondeva molto bene alle domande. Durante il soggiorno nell'Unità di Trapianto di Midollo Osseo, gli infermieri dicevano sempre: "Sei bravo, dovresti partecipare anche tu."

Ha fatto domanda e, nonostante una infezione bronchiale e il non stare proprio bene, era determinato a partecipare alle audizioni. Quattro giorni dopo ha appreso di essere stato selezionato.

Quello era in aprile, e ha avuto una giornata fantastica. E' andato con il suo padre a conoscere personalmente i conduttori del famoso quiz. Era nervoso, ma ha gradito molto la giornata. Non ha vinto ma ha dato buona battaglia.

Per me Andrei è sempre stato un vincitore. Ha passato l'inferno ed è ritornato. Ora spero che potrà iniziare a vivere di nuovo, andare a scuola e godere della vita. Dobbiamo aspettare e vedere. Vuole diventare un commercialista o un avvocato, ma prima io voglio che goda della sua adolescenza - ha perso così tante cose.



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19/08/2009 22:30

FRANCESCO , UN GIORNO TI DIRO'...........




lettera aperta di un padre al proprio figlio ... in lotta per la vita sin dalla nascita a motivo di una grave immunodeficienza congenita, e salvato grazie ad un intervento di trapianto di midollo osseo


L'immenso gioia della tua nascita è durata lo spazio di pochi momenti, sopraffatta dalla grave immunodeficienza, ad esordio neonatale, che ti ha portato a lottare per la vita fin dai primi istanti e ci ha crudelmente spinti, noi genitori al settimo cielo per un figlio tanto desiderato, in uno stato di incredulità per tutto quello di apparentemente irreale ci stava accadendo intorno, incredulità che ben presto lasciava il posto ad un'angoscia cupa e terribile, un'infinita paura nel chiederci quale sarà il futuro che ci aspetta.
Dopo qualche mese di ricerche per identificare esattamente la malattia (una rara forma di immunodeficienza congenita) ecco il terribile verdetto: necessità del trapianto di midollo osseo, con tutto il calvario e tutte le incognite che questo comporta.

Eppure già da allora emergeva in te, come penso in tutti i bambini piccoli ma già adulti nel dover lottare per la vita, un inconsapevole coraggio e serenità nell'affrontare estenuanti terapie e continui ricoveri.

Francesco, un giorno ti dirò di come ci sei stato maestro di vita, tu così piccolo ed apparentemente indifeso, nell'indicarci quel cammino fatto di immenso coraggio e tanta serenità, percorso obbligato per poter guardare ad un futuro migliore, per poter sperare in una vita libera dalla malattia, una vita che se per gli altri è semplicemente normale per noi è assolutamente meravigliosa.

Ti racconterò dell'intima sofferenza nel provare ad accarezzarti oltre il vetro della stanza sterile, in un'apoteosi di emozioni fatte di speranze, sconforti, paure e trepidazioni, senza poter essere in prima linea lì con te, anche se combattere la battaglia per la vita avevi accanto la tua stupenda madre, colei che ti ha aperto la porte di questo mondo.

Dal momento della tua seconda nascita, il giorno del trapianto, sono passati più di tre anni, anni vissuti con ansia ed anche timore per il futuro, ma allo stesso tempo assaporati in ogni attimo di immensa felicità che il tuo sorridere, io tuo crescere, semplicemente il tuo vivere quotidiano, ha portato e porta con sé.

Nel vivere d'oggi a volte capita di scontrarci con i mille piccoli problemi e le banalità di ogni giorno, dando loro una valenza che non meritano: ecco allora il momento di elevarci al di sopra di tutto questo, di cambiare ottica nella vita quotidiana, noi genitori ai quali il destino ha riservato ben altre preoccupazioni e paure nel cammino della vita.

Oggi che ti vedo coccolare ed abbracciare teneramente la tua piccola sorellina Sofia, uniti in una famiglia felice, sono certo che saprai essere un fratello meraviglioso e ringrazio qualcuno lassù, che pur nella tragedia che il destino ci ha portato, ci permette di godere nel vivere queste piccole grandi gioie di ogni giorno, consapevoli che avrebbero potuto lasciare il posto ad una immensa tristezza se tu non fossi qui con noi.

Quando sarai più grande e leggerai questa lettera, caro Francesco, sono sicuro che capirai quanto amore ti abbiamo dato, e quanta felicità tu ci doni ogni giorno, uniti da un amore filiale così forte e potente, che ci ha permesso di superare questa terribile prova che il destino ha posto sulla tua e sulla nostra strada della vita.


Papà.

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19/08/2009 22:32

TOMMY



Testimonianza di una madre...

A vent’anni da quando Tommi ci ha lasciato, la voglia di scrivere una testimonianza è forte. Lui stesso era una testimonianza, come lo sono quasi tutti i nostri figli. Guardateli. Quale testimonianza alla vita essi sono, quando si sentono bene, e anche quando si sentono male! La storia della vita e della malattia di Tommi è lunga, e tanti anni fa era mia intenzione scrivere un libro sulla nostra esperienza, ma dopo tanti anni, può essere riassunta. Scrivo una piccola storia perché tutti possono capire cosa significa vivere questa esperienza. Scrivo una piccola storia che forse soltanto altri genitori come noi possano veramente capire. La nostra storia è la storia di tanti. Forse la mia esperienza può essere utile a chi ha iniziato questo cammino. Tommi era un bellissimo neonato. L’ostetrica, quando abbiamo lasciato l’ospedale, ci disse: ho visto nascere tanti bambini, ma questo bambino è speciale, e voglio sapere come cresce. Se avete la possibilità, ditemi qualcosa ogni tanto, mandatemi delle fotografie.Tip tap … Tip tap … A 10 mesi Tommi inizia a camminare, e a due anni cammina in punto di piedi, cosa che farà per tutta la sua vita nei momenti adatti, prima perché è il suo modo di fare, e più tarde, probabilmente, perché ha il cervello leso dalle terapie e questo lo aiuto a mantenere l’equilibrio. Forse, crescendo, avrebbe affrontato il mondo in punto di piedi.Inizia a parlare prestissimo, e diventa un piccolo oratore: a due anni fa dei discorsi tanto complessi per la sua età attorno alle cose semplici della vita, che un giorno davanti al fruttivendolo, una signora commenta alla sua amica, “Sentite il professore!”Non voglio dire che Tommi era un genio. Non sapremo mai. Penso piuttosto ad una crescita precoce. Ma era il suo modo di fare davanti al mondo che era particolare. Ci girava intorno in punto di piede, osservava e parlava di tutto. A quattro anni è colpito da una leucemia linfoblastica acuta. Diagnosticata basso rischio. In questi anni, siamo all’inizio degli anni 80, soltanto il 45% dei bambini con questo diagnosi sopravvive, ma le sue probabilità sono superiori alla norma. Ci sentiamo in colpa – che strano sentirsi in colpa - davanti agli altri genitori con i figli “media rischio” o “alto rischio”. Ma fortunatamente, siamo classificati così. La fortuna nella sfortuna …Abbiamo tanta speranza, e affrontiamo la chemioterapia con un certo coraggio (noi genitori). Tommi, invece, protesta vivamente per ogni ingerenza medica (urla come un dannato per ogni prelievo di sangue dal dito, figuràtevi gli altri interventi), ma finito la manovra, rimbalza allegramente nella sua vita da bambino. Una volta, addirittura, riduce una infermiera, che lo aveva tenuto ferma con moltissima fatica, a lacrime, perché torna da lei a chiedere dolcemente scusa per la scenata di poco prima. Tanti urli di paura e rabbia, ma poi sorride e va a casa con il regalo che gli abbiamo fatto per il suo coraggio, che sempre coraggio è. Sorride perché ci sono i suoi amici che lo aspettano. E il giorno dopo c’è la scuola. Comunque posso dire, per chi mi legge, che i bambini hanno il diritto di urlare, se è così che vogliono affrontare le cure. Che il personale non deve mai dire – “non ti farò del male”. Questo gli veniva detto – e credo che i suoi urli erano più per la rabbia del tradimento che per il dolore che effettivamente c’era. Con i bambini è necessario affrontare la verità. Penso che la verità faccia più male a noi adulti che a loro; siamo noi che non riusciamo ad affrontarlo. Anche noi abbiamo bisogno di una dose di coraggio. La sua storia va avanti così, per un anno e mezzo. Le terapie vanno bene. Noi abbiamo paura, comunque, di perderlo, e i medici non ci possono dare sicurezza. Decidiamo di fare un secondo figlio, che mai era stato in programma. Rimango incinta. E poco dopo Tommi ha una ricaduta nel sistema nervoso centrale (ci dissero nel momento del diagnosi iniziale “speriamo che non sentirete mai dire la parola “ricaduta””). Ora è classificato “alto rischio” e terapie diventano molto forti. Per la prima volta vomita per ore dopo un intervento di chemio. Un giorno si sveglia e non riesce ad alzarsi in piede e poi non riesce a camminare diritto. Lo portiamo d’urgenza in ospedale, e dopo il viaggio di meno di un ora, arriviamo che è in stato confusionale e quasi senza coscienza. Ora sì che è un incubo. Ha un’encefalite da metotrexate, effetto collaterale rarissimo che, quando si risolverà, lascerà delle lesioni permanenti al cervello. Non possono più somministrare il farmaco miracolo; non ci sono più speranze di guarigione. Ora sì che le giornate diventano pesantissime e “vivere alla giornata” non è più possibile per noi genitori. Ora sì che facciamo le domande: “Cosa ha fatto questo bellissimo e vivissimo bambino per meritare questo tormento?” O, “E’ colpa nostra?, Cosa abbiamo fatto noi perché questo è ricaduto su lui?” Domande che tutti noi genitori ci chiediamo. Domanda per cui non esiste risposta, perché nessuno ha fatto niente. E semplicemente accaduto. E deve essere affrontato. Ora una nuova paura ci scuote: come sarà la fine … Vivere la malattia non è una prova di Dio per farci diventare persone migliori. I miei amici mi dicevano quando parlavano della malattia: “Quanto sei brava come mamma.” Ma non ero brava. Come tanti genitori, ho soltanto fatto quello che c’era da fare. Non ero diventata una persona “migliore”. Questo dicono di chi soffre. Non ho imparato nulla di trascendentale sulla vita. Guardate attorno, guardate gli altri genitori, non diventiamo migliori – la malattia fa semplicemente affiorare il meglio ed anche il peggio che è già in noi. Impariamo molto sulle priorità della vita. Questo sì. Impariamo ad apprezzare le piccole cose. Impariamo quanto siano insignificante le cose superficiali della vita che una volta ci turbavano tanto. Questo sembra positiva … ma impariamo anche che l’orrore può colpire qualsiasi persona, buona ed innocente che sia, e quindi impariamo la rabbia e il risentimento – la rabbia contro questo “destino”, l’invidia fino ad una specie di odio contro le tranquille famiglie “normali” e contro gli stessi bambini sani che vediamo correre nei giardini, spensierati. Impariamo la solitudine e cosa significa chiudersi in un guscio. Diventiamo più generosi verso il nostro figlio, e verso noi stessi, forse. Alcuni lo diventano verso tutti e verso tutto, ma molti diventano estremamente egoisti verso tutto ciò che non ha a che fare con il proprio figlio e la propria sofferenza. Noi li vediamo in ospedale, le famiglie così. Forse siamo così noi stessi, ma, a mio parere, se l’arrabbia e l’egoismo aiutano a sopravvivere a questo periodo, sono giusti anche essi. Mai giudicare quello che non provi. Alcuni matrimoni si rafforzano. Troppi matrimoni si disfanno. Semplicemente, questa esperienza tira fuori tutto quello che già abbiamo dentro, di positivo e di negativo, e lo esagera. Tutto sommato, ognuno di noi genitori cerca di andare avanti. Ma non i bambini. I bambini semplicemente continuano a vivere. Piangono o si lamentano quando stanno male, ed i nostri figli devono supportare più mali, e in più momenti, dei bambini sani. Più male di noi grandi. A noi genitori non ci è dato la possibilità di provare questi dolori, e di capirli. Ma quando i bambini si sentono bene, la vita li riprende, forse più che mai. E se noi lasciamo andare avanti la vita, la loro vita, e non ci fermiamo sulla loro sofferenza, non fermiamo loro, essi rinascono sorridenti ogni volta, ogni volta che finisce il stare male, con la voglia di giocare, di esplorare, dai fare programmi, di studiare. Da loro prendiamo il nostro coraggio. Noi genitori tendiamo a chiudere fuori il mondo che non ha a che fare con il nostro bambino e con la malattia. Gli altri non capiscono quello che stiamo vivendo. Gli altri non riescono veramente ad aiutarci. Tutte le belle parole di parenti e amici non possono contare quasi nulla, tranne per l’amore e la solidarietà che esprimono. Noi ci sentiamo soli davanti a questa sofferenza. Soltanto gli altri genitori della clinica possono, forse, consigliarci. E i bambini. I nostri figli che cercano comunque di vivere la vita, e richiedono il diritto di farlo. Quanto possiamo imparare noi dalla loro voglia di vivere e di sorridere, e di ridere a squarciagola! Mi affiora alla memoria Tommi con i suoi scherzi, comprati a carnevale e utilizzati tutto l’anno. Li portava in clinica per spaventare medici ed infermieri! Il barattolo di arachidi offerto all’infermiera con un sorriso malizioso, e le urle di lei quando, aprendolo, saltava fuori il serpente molleggiato. E le risate di Tommi per lo scherzo riuscito. Tommi ha vissuto quasi tre anni dopo l’encefalite, riprendendosi piano piano, continuando come poteva la sua vita, e poi, verso la fine, accumulando i periodi di sofferenza fino a lasciarsi. Tommi ha vissuto veramente questo periodo… Ha visto nascere una sorellina che adorava e che adorava lui. Lui non era più solo. Quanti giochi e quante normalissime litigate tra fratelli! E’ andato a scuola quando poteva, e ogni suo arrivo era una festa per la sua classe e per lui. Con la mano tremolante per gli esiti dell’encefalite ha imparato orgogliosamente a scrivere. Fece, a modo suo, disegni bellissimi, e disegnava quello che disegnano tutti gli altri bambini della sua età, la guerra tra i robot, la casa con l’arcobaleno, cani e gatti, leoni e giraffe. Era tanto indietro con i lavori della scuola, e la scuola aveva assegnato un’insegnante speciale che lavorava con lui, quando c’era, per qualche ora nella giornata. Quando non poteva andare a scuola per qualche malattia infettiva che girava (e girano sempre), andavamo in giro, piccole gite di qualche giorno, al mare, in montagna, e riempivamo le giornate di avventure nella natura, di città piene di storie da raccontare. A casa aveva sua sorella, bambina precoce che dopo poco tempo già giocava con lui, e un babisitter “pazzerellona”, giovanissima, che mi dava un riposo nell’arco della giornata per qualche ore, e lo faceva giocare e ridere sulle tante scemenze che lei sapeva inventare. Questa ragazza portava il sole nella nostra vita buio. Maria. Che è ancora figlia ed amica mia. La nostra vita è continuata. Perché Tommi lo meritava. Perché Tommi lo esigeva. Perché Tommi era rimasto nel pieno corrente della vita. Perché i bambini sono così, se li lasciamo vivere. Se non mettiamo davanti a loro la nostra compassione per la loro sofferenza. Se sappiamo seppellire la nostra sofferenza in un angolo della mente. Questa è la lezione della vita di un bambino con una malattia cronica, per quanto tremendo essa sia. Che vivere la vita che c’è, è tutto. Che vivere, vivere veramente, non è soltanto possibile ma è naturale. I bambini non sperano come speriamo noi. Non hanno lo stesso senso del futuro che abbiamo noi, né lo stesso senso della morte. I bambini semplicemente fanno quello che la loro natura li dice di fare. Vanno avanti, non giorno per giorno, ma vivendo e basta. Durante la malattia di mio figlio, non avevo le capacità di riflettere su quanto stava accadendo alla nostra famiglia. Non avevo informazioni. Allora, non c’erano psicologi specializzati per sostenere le famiglie. Non c’erano spazi in clinica per i genitori, e parlavamo poco tra noi. Ho vissuto questa esperienza con il mio intuito. Soltanto alla fine della nostra esperienza è stata fondata una associazioni di genitori in clinica, troppo tarde per me. Anni dopo avere perso Tommi, ho servito da Presidente della nostra Associazione Genitori per alcuni anni. Mi sono informata, mi sono formata per il ruolo che dovevo assolvere. Soltanto allora ho capito i problemi che ho affrontato e le mie reazioni. Voglio condividere qualcosa che ho appreso, ma che allora non mi era evidente. Ora capisco che i genitori, per quanto cerchino di non far vedere ai bambini i loro sentimenti, non possono nascondere ai figli che mamma e papà stanno male e hanno paura: le nostre faccie, i nostri corpi, parlano. Capita, quindi, che i nostri figli, intuendo quanto soffriamo, si sentono in colpa per questo, non vogliono vederci stare male, e cercano da parte loro di pretendere che tutto va bene, per proteggere i loro stessi genitori. Questa è una situazione pesante per i bambini. In questo modo, hanno tante domande che non possono fare e tante paure che non possono esprimere per non causare altre sofferenze ai loro genitori. C’è come una porta chiusa alle domande e ai sentimenti, e dobbiamo essere noi genitori ad aprire questa porta. E’ necessario parlare ai figli di quanto sta accadendo a loro e a noi stessi. Paradossalmente, l’evento che ci ha tolta ogni speranza ci ha regalato qualcosa per consolarci. Tommi, dopo l’encefalite, aveva una lesione cerebrale estesa - lesione che non ha tolto il suo brio, ma gli ha staccato un po’ dal mondo. Lui non sapeva cosa gli stava succedendo, e non voleva neanche sapere. Non chiedeva, andava avanti con insistenza con la sua vita che noi sapevamo non poteva essere tanto lunga. Un’altra “fortuna” nella sfortuna …non dovere affrontare con lui la sua malattia e, più tarde, i discorsi su com’è morire. Dover un giorno rispondere a queste domande mi terrorizzava, ma questo momento non è mai arrivato. Tommi starà malissimo, poi con i farmaci starà un po’ meglio, e penserà con alcuni dei suoi ultimi frasi che dopo starà ancora meglio e potrà tornare a casa. Alla fine, quando il problema di continue ospedalizzazioni incombe su di noi, arriva nella nostra famiglia la dolce Carmen, una filippina che viene a vivere con noi per aiutarci a sopravvivere dall’esaurimento e, soprattutto, per stare con la nostra piccola quando siamo assenti per ricovero in ospedale. Carmen era piena di amore per Tommi e per tutti noi, e ne avevamo bisogno. Allora nessuno aiutava le famiglie, che si dovevano arrangiare in tutto. Non c’erano associazioni di genitori in ospedale, e la società non aveva elaborato strumenti di assistenza. Per fortuna potevamo permetterci questo aiuto economicamente, sacrificando altre cose. Quanto dobbiamo a Maria e Carmen, due estranei che sono diventati parte della famiglia. Tommi ha sofferto. Tommi ha urlato la sua rabbia al mondo quando gli hanno fatto male. Tommi ha avuto paura. Ma poi Tommi ha chiesto scusa, si è calmato, è tornato a ridere. Portava in clinica sempre una scatola di robot. Dopo le aspirata midollari doveva stare fermo a letto, supino, per due ore. Queste due ore per lui erano un tormento. Un bambino deve dormire di notte, non di giorno! E quindi un immagine che rimane fissa nella mia mente è quello di Tommi, a cui avevamo avvicinato il letto di un altro bambino anche lui costretto a stare fermo. I due bambini, diventati amici per queste due ore, con i robot in mano, facevano feroci battaglie in aria, urlavano e ridevano. Quanto sconquasso portavamo in Day Hospital e durante i ricoveri! Io ricordo queste battaglie di fantasia, e non la battaglia di poco prima con l’infermiera che gli costringeva a restare fermo e gli pregava di supportare il dolore con coraggio. Ricordo le risate.. Tommi ci ha lasciato all’età di otto anni, dopo quattro anni di malattia. Quattro anni punterellati di momenti di sofferenza ma, soprattutto, riempiti di “joie di vivre” - della gioia della vita. La sua testimonianza, e la nostra di genitori per gli altri genitori, è proprio quello di immergersi nella vita che c’è, di lasciare esprimere ai bambini questa vitalità e di trovare voi stesso la dolce-amara consolazione che questo ci dà. Sia quando il bambino dovrebbe “farcela”, e oggi negli anni 2000 le speranze sono tante, sia quando sappiamo che la vita del nostro figlio sarà breve. La malattia non ci aiuta a diventare persone migliore, ma i nostri figli, sì. Noi genitori cerchiamo di vivere la vita, come ci consigliano, giorno per giorno. Quando riusciamo. I nostri figli vivono, e basta. Quando è morto Tommi, tutti i bambini della sua classe hanno contribuito ad un libro di testimonianze. Scrivano: “Tommi era il bambino più intelligente della classe” (chissà con che strumenti lui, con la mano che tremava, tanto indietro con gli studi, dava questa impressione – sarà stata la sua chiacchiera da “professore” che lo ha sempre accompagnato). Ma soprattutto: “Tommi ci faceva sempre ridere”. Quando è morto non c’era Carmen, che lo amava come fosse un fratellino suo, ma stava a casa per badare alla sorellina piccolisima. Quando, alcune ore dopo, siamo arrivati a casa e ho comunicato la notizia, Carmen, filippina spiritualista, ha detto tra le lacrime: lo sapevo, proprio in quel momento c’era odore di fiori in camera sua. Quando è morto Tommi, dopo un po’, abbiamo deciso di fare un altro bambino – anche se eravamo un po’ troppo vecchi. Volevamo un altro maschio per rimpiazzare Tommi? Non lo so, credo di sì. Ma, soprattutto, la piccola Virginia si sentiva sola e a noi mancavano i rumori che fanno due bambini in famiglia. Naturalmente è nata una femmina – ma che femmina! Ilaria, non potevi sostituire Tommaso, ma grazie di aver riempito un vuoto. Un'altra cosa che ho imparato informandomi più obiettivamente sulla situazione delle famiglie è l’importanza della solidarietà che ci offre chi veramente capisce quello che stiamo vivendo. Possono essere gli altri genitori della clinica. Parlate tra di voi. Condividere le vostre esperienze. Servirà per sentirvi meno soli. Servirà, forse, per dare o ricevere qualche consiglio prezioso. Nota: a chi leggerà queste righe, scritte tanti anni dopo, il messaggio non deve essere di disperazione. Quando è stato in cura Tommi molti bambini guarivano rispetto a soltanto pochi decenni prima quando queste erano malattie senza speranza. Il 45% dei bambini con leucemia guarivano. Ma troppi non ce la facevano. Ora di leucemia guariscono la maggiore parte dei bambini. Forse Tommi, oggi, sarebbe tra di loro. Oggi i genitori colpiti dalla diagnosi devono credere nella guarigione. E mentre fanno la dura lotta insieme ai loro figli, devono vivere in pieno la vita, questo dono meraviglioso che tutti noi abbiamo, per quanto sia lunga o breve.
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19/08/2009 22:36

LE PATOLOGIE

Le tipologie di tumori e leucemie dell'età pediatrica



I tumori infantili sono molto diversi dai tumori degli adulti per tipo, per velocità di accrescimento e per prognosi. Nel bambino, in generale, il tumore più frequente è il gruppo delle leucemie (33%), seguito dai tumori del sistema nervosa centrale (SNC) (22%), i linfomi (12%), il neuroblastoma (7%), i sarcomi dei tessuti molli (7%) e i tumori ossei (6,4%). Le percentuali variano secondo la fascia d’età. Altri tumori più rari ancora sono il retinoblastoma, l’epatoblastoma, il Sarcoma di Ewing, i tumori delle cellule germinali e altri tipi estremamente rari.
Le patologie in dettaglio:
Leucemia linfoblastica acuta
Leucemia mieloblastica acuta
Leucemia mieloide cronica
Linfomi: Linfoma di Hodgkin e Linfomi non Hodgkin
Tumori cerebrali
Neuroblastoma
Tumore di Wilms (Nefroblastoma):
Rabdomiosarcoma
Tumori ossei: Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing
Retinoblastoma
Epatoblastoma

Leucemia linfoblastica acuta (torna su)
Le leucemie costituiscono il 33% dei tumori infantili. Tra le leucemie infantili, la Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) costituisce il 75%, e il resto è costituito da vari tipi di Leucemia Mieloblastica Acuta (LMA). Sono rarissimi i casi di leucemia cronica, una forma che colpisce soprattutto gli adulti. Le leucemie sono un gruppo di malattie caratterizzate da una crescita rapida e incontrollata a livello del midollo osseo dove si fabbricano le cellule del sangue, di cellule immature tumorali (blasti). Nelle forme di LLA, i blasti provengono dalla serie dei linfociti. Le cellule tumorali infarciscono il midollo osseo inibendo la crescita delle cellule midollari normali che danno origine alle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine). Il sangue stesso, quindi, si impoverisce, riempiendosi di blasti, causando i classici sintomi dovuti a carenza di globuli rossi (anemia), di globuli bianchi (leucopenia) e di piastrine (piastrinopenia).
Epidemiologia
25-35 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni.
Picco di incidenza a 3-5 anni di età.
Rappresenta il 75-80% di tutte le leucemie pediatriche.

Segni clinici
Anoressia, astenia e pallore cutaneo dovuto all’anemia , febbre per infezioni varie per la carenza di cellule bianche immunocompetenti, lividi e petecchie (piccole emorragie cutanee) per la carenza di piastrine. Sintomi vari per la sovrapproduzione di blasti nei sedi di produzione di cellule ematiche quali dolori osteoarticolari, epatosplenomegalia (ingrossamento di milza e fegato), linfoadenomegalia (ingrossamento diffuso di ghiandole linfatiche).

Diagnosi
All'esame emocromocitometrico si evidenzia: aumento del numero dei globuli bianchi, con presenza di blasti linfoidi (cellule immature della serie linfatica), diminuzione del numero delle piastrine, anemia per diminuzione del numero dei globuli rossi. Va eseguito un prelievo di midollo osseo che evidenzia: presenza di cellule blastiche (cellule immature) in percentuale superiore al 25% rispetto alle restanti cellule. Analisi molto specialistiche delle cellule tumorali permetteranno di classificare la malattia come appartenente ad un sottogruppo molto specifico di LLA, dando indicazioni sul protocollo terapeutico da seguire.

Terapia
Viene seguito un protocollo, della durata di 2-3 anni, distinto in varie fasi:

Induzione: vengono somministrati chemioterapici in modo da determinare la scomparsa dei blasti da sangue circolante e ridurre a meno del 5% quelli nel midollo osseo (remissione). Questa fase dura 4-6 settimane, dopo di che si passa alla prossima fase di terapia
Profilassi del SNC: Per prevenire una infiltrazione di cellule tumorali a livello cerebrale, vengono somministrati chemioterapici direttamente all'interno del liquido cerebrospinale(il liquido che bagna l’intero sistema nervosa centrale); questa terapia può essere associata a radioterapia del cranio.
Reinduzione forzata: alcuni mesi dopo la fase di induzione vengono somministrati nuovamente chemioterapici per distruggere cellule leucemiche residue che stanno nuovamente proliferando.
Terapia di mantenimento: la somministrazione di chemioterapici a dosaggio più basso per mantenere la remissione completa. Dura alcuni anni, fino alla fase “fuori terapia”. Dopo 5 anni fuori terapia senza una ricaduta (la ricomparsa di blasti nel midollo osseo), si presume la guarigione definitiva.
Altre terapie: Trapianto di midollo osseo (TMO) - soltanto per le leucemie ad alto rischio o per una ricaduta dopo la fine della terapia standard; radioterapia testicolare - nel maschio, in alcuni casi, per evitare metastasi testicolare; Radioterapia craniale – quando si trova una infiltrazione di blasti nel sistema nervosa centrale SNC alla diagnosi.
Prognosi
Ricadute in pazienti fuori terapia nei 2 anni successivi allo stop terapeutico: 15-25% . Sopravvivenza globale a 5 anni: 80% Dopo i 5 anni, i casi di ricaduta sono rarissimi e si presume guarito il paziente.


Leucemia mieloblastica acuta (torna su)
Le leucemie costituiscono il 33% dei tumori infantili. Tra le leucemie infantili, la Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) costituisce il 75%, e il resto è costituito da vari tipi di Leucemia Mieloblastica Acuta (LMA). Sono rarissimi i casi di leucemia cronica, una forma che colpisce soprattutto gli adulti. Le leucemie sono un gruppo di malattie caratterizzate da una crescita rapida e incontrollata a livello del midollo osseo dove si fabbricano le cellule del sangue, di cellule immature tumorali (blasti). Nelle forme di LMA, i blasti provengono dalla serie delle cellule mieloidi che danno origine ai granulociti. Le cellule tumorali infarciscono il midollo osseo inibendo la crescita delle cellule midollari normali che danno origine alle cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine). Il sangue stesso, quindi, si impoverisce, riempiendosi di blasti, causando i classici sintomi dovuti a carenza di globuli rossi (anemia), di globuli bianchi (leucopenia) e di piastrine (piastrinopenia). La LMA ha prognosi peggiore della LLA.
Epidemiologia
5-10 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni.
Rappresenta il 20% di tutte le leucemie pediatriche.

Segni clinici
Pallore cutaneo, astenia, anoressia, perdita di peso, febbre, epatosplenomegalia (ingrossamento di milza e fegato), emorragie cutanee e mucose, linfoadenomegalia (ingrossamento diffuso di ghiandole linfatiche), ipertrofia gengivale.

Diagnosi
All'esame emocromocitometrico si evidenzia: aumento del numero dei globuli bianchi, con presenza di blasti e granulociti senza precursori intermedi ("hiatus leucemico"), diminuzione del numero delle piastrine, anemia per diminuzione del numero dei globuli rossi. Va eseguito un prelievo di midollo osseo che evidenzia: presenza di cellule blastiche (cellule immature) in percentuale superiore al 25% rispetto alle restanti cellule. I blasti possono mostrare caratteristiche delle cellule mieloide (“differenziati”) oppure non mostrare questa differenziazione (“non differenziati”). Ci sono 9 sottogruppi di LMA (M0-M9) distinti secondo il tipo di cellula leucemica, il suo livello di maturazione e il grado di differenziazione. Il sottogruppo determina la scelta di terapia.

Terapia
Viene seguito un protocollo distinto in varie fasi:

Chemioterapia di induzione: vengono somministrati chemioterapici in modo da determinare la scomparsa dei blasti da sangue circolante e ridurre a meno del 5% quelli nel midollo osseo.
Chemioterapia post-remissione: ha lo scopo di mantenere la remissione completa mediante somministrazione di chemioterapici.
Profilassi del Sistema Nervoso Centrale (SNC) per evitare infiltrazione di blasti nel SNC: infusione di chemioterapia direttamente nel liquido cerebrospinale per puntura lombare, radioterapia al cranio.
Trapianto di midollo osseo: per i sottogruppi di LMA che solitamente non rispondono alle terapie standard e in caso di ricaduta dopo la sospensione delle terapie standard
Prognosi
Sopravvivenza globale libera da malattia a 5 anni di pazienti sottoposti a chemioterapia tradizionale: 40-50%. Sopravvivenza globale libera da malattia a 3 anni di pazienti sottoposti a chemioterapia e trapianto di midollo osseo: 55%

Leucemia mieloide cronica (torna su)
Due forme:
tipo adulto: malattia a decorso cronico, caratterizzata da una crescita, a livello del midollo osseo, di leucociti (globuli bianchi) del gruppo dei granulociti, che esita costantemente in un quadro acuto (crisi blastica);
tipo giovanile: malattia rara, simile alla forma tipo adulto ma con la differenza che nelle cellule non si riscontra una anomalia cromosomica tipica della prima.
Epidemiologia
Leucemia mieloide cronica tipo adulto: 1-2 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Picco di incidenza l'adolescenza.
Leucemia mieloide cronica tipo giovanile: Qualche centinaio di casi in totale. Picco di incidenza sotto i 2 anni di età. Prevalenza nel sesso maschile con un rapporto maschi/femmine di 2/3 : 1.
Segni clinici
tipo adulto: Malessere generale, astenia, pallore cutaneo, irritabilità, vaghi dolori ossei diffusi, epatosplenomegalia (ingrossamento di milza e fegato), disturbi intestinali, febbre.
tipo giovanile: linfoadenomegalia (ingrossamento diffuso di ghiandole linfatiche), manifestazioni emorragiche, reazione cutanea eritemato-desquamativa, epatosplenomegalia (ingrossamento di milza e fegato), broncospasmo, dispnea (difficoltà respiratoria).
Diagnosi
tipo adulto: All'esame emocromocitometrico si evidenzia: aumento del numero dei globuli bianchi, con scarsa presenza di blasti (meno dell'1%) e precursori dei granulociti, aumento del numero delle piastrine, lieve anemia per diminuzione del numero dei globuli rossi. Va eseguito un prelievo di midollo osseo che evidenzia: presenza di metaplasia granulocitica. Caratteristica di questa forma è la presenza di una anomalia cromosomica denominata cromosoma Philadelphia.
tipo giovanile:
Terapia
tipo adulto: trapianto di midollo osseo da donatore compatibile; in alternativa chemioterapia ed autotrapianto di midollo osseo nei pazienti cromosoma Philadelphia negativi.
tipo giovanile: trapianto di midollo osseo da donatore compatibile.
Prognosi
tipo adulto: sopravvivenza media 30 mesi.
tipo giovanile: sopravvivenza media 9 mesi. Con Trapianto di Midollo Osseo (TMO): sopravvivenza media 55%

Linfoma di Hodgkin (LH) (torna su)
Tumore delle ghiandole linfatiche (linfonodi) di origine linfoide o monocitico-macrofagica con presenza di cellule caratteristiche: cellule di Reed-Sternberg.
Epidemiologia
3-8 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di bambini di età inferiore a 15 anni. Le linfome, di Hodgkin e Non Hodgkin, costituiscono il 15% delle patologie oncologiche infantili. Picco di incidenza: in adolescenza. Prevalenza nel sesso femminile con un rapporto maschi/femmine di 1:2. E’ possibile che alcune infezioni stimolano l’insorgenza di questo tumore.

Segni clinici
Linfoadenomegalia (ingrossamento di ghiandole linfatiche) più frequentamente a livello del collo e delle clavicole, con febbre, sudorazione notturna, perdita di peso, prurito severo. Se sono colpite le ghiandole linfatiche del torace, si possono presentare sintomi di tosse o dispnea (difficoltà respiratoria). Possono essere colpite anche le ghiandole delle ascelle e dell’inguine.

Diagnosi
Deve essere effettuata la biopsia di uno o più linfonodi colpiti.

Terapia
Chemioterapia + radioterapia.

Prognosi
Sopravvivenza globale a 5 anni: 91%


Linfomi non Hodgkin (LNH) (torna su)
Tumori delle ghiandole linfatiche (linfonodi) costituiti da un gruppo eterogeneo di neoplasie che originano dal tessuto linfatico. Possono essere colpiti linfonodi di testa, collo, gola, torace o addome, e i linfomi sono generalmente classificabili in LNH a cellule B, tipo Burkitt e non-Burkitt, che hanno origine in linfociti Be LNH a cellule T che hanno origine in linfociti T. Ci sono molti sottogruppi.
Epidemiologia
4-10 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di bambini di età inferiore a 15 anni. Picco di incidenza a 7-11 anni. Nell’età 15-19 anni, predomina la forma Linfoma a cellule grandi. Prevalenza nel sesso maschile con un rapporto maschi/femmine di 3:1.

Segni clinici
Gonfiore indolore di linfonodi colpiti. La sintomatologia varia a seconda del distretto linfonodale interessato:

torace: tosse, febbricola, dispnea ingravescente (difficoltà respiratoria), versamento pleurico (presenza di liquido nella cavità pleurica.
addome: dolori addominali, vomito, presenza di massa addominale.
collo o inguine: presenza di linfonodi ingrossati e duri del diametro superiore a 2-3 cm.
Diagnosi
Deve essere effettuata la biopsia di uno o più linfonodi colpiti; va eseguito inoltre l'aspirato midollare (midollo osseo), per evidenziare eventuale infiltrazione ed occupazione degli spazi midollari (leucemizzazione) e un esame del liquido cerebrospinale per evidenziare eventuale infiltrazione del sistema nervoso centrale; inoltre altri esami strumentali utili per la diagnosi sono: TAC, ecografia, RMN.

Terapia
Chirurgica nelle forme localizzate. Chemioterapia nelle forme più diffuse associata a Radioterapia. Trapianto di midollo nelle forme resistenti alla terapia tradizionale.

Prognosi
Sopravvivenza globale libera da malattia a 5 anni: 72% Sopravvivenza nei linfomi di I-II grado 85-100%.


Tumori Cerebrali (torna su)
Sono il tumore solido più comune nei bambini e, quindi, la secondo patologia oncologica più comune dopo le leucemie. Sono un gruppo eterogeneo di neoplasie che colpiscono il sistema nervoso centrale (SNC) formato dal cervello, cervelletto, tronco cerebrale. Vi sono vari tipi istologici (a seconda del tipo di cellula interessata) di cui i più frequenti sono: medulloblastomi (25%), craniofaringiomi (13%), astrocitomi (30%), ependimomi (9%).
A seconda della localizzazione all’interno del cervello, vengono inoltre classificati in: sottotentoriali e sopratentoriali (il tentorio è una formazione che separa il cervello dal cervelletto e tronco cerebrale). (Per motivo della localizzazione, possono essere importanti anche i tumori benigni se sono di dimensioni sufficienti da comprimere un parte importante del cervello richiedendo l’estirpazione, e se la loro estirpazione possa causare danni cerebrali importanti. Questi tumori non sono un problema oncologico, ma neurochirurgico.)
Epidemiologia
20-30 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Costituiscono il17% delle patologie oncologiche pediatriche. Picco di incidenza a 5-10 anni di età. Prevalenza nel sesso maschile. Rappresentano il 22% di tutti i tumori maligni dell'età età pediatrica.

Segni clinici
Vi sono sintomi generali per tutti i tipi e quelli specifici a seconda della sede.

Sintomi generali:
cefalea, vomito "a getto" di solito al mattino, strabismo, diplopia (il bambino riferisce di vedere "doppio"). Nei bambini inferiori a 2 anni di età si ha aumento eccessivo della circonferenza cranica, allargamento della fontanella cranica, posizione degli occhi a "sole calante".
Sintomi in base alla localizzazione:
-Cervelletto: atassia (incoordinazione nei movimenti), nistagmo (movimenti ritmici e involontari degli occhi), rigidità nucale.
-Tronco cerebrale: paralisi progressive multiple e bilaterali a carico dei muscoli del capo, atassia.
-Cervello: paresi e convulsioni.
-Ipofisi: ritardo di crescita progressivo, perdita del visus (percezione visiva).
Diagnosi
Per individuare la localizzazione si esegue la tomografia assiale computerizzata (TAC) e/o la risonanza magnetica nucleare (RMN); inoltre per stabilire il tipo istologico si esegue quando è possibile (secondo la sede) il prelievo bioptico.

Terapia
Neurochirurgia quando possibile; radioterapia e chemioterapia pre-operatoria, per ridurre la massa, e post-operatoria, per distruggere cellule tumorali residue.

Prognosi
La sopravvivenza è correlata alla possibilità di un intervento chirurgico radicale; vi possono essere molti effetti collaterali dovuti al intervento chirurgico e alla radioterapia. La prognosi non è favorevole come, invece, per altre neoplasie pediatriche. Varia secondo il tipo tumorale e alla presenza di eventuali metastasi. La sopravvivenza a 5 anni per tutti i tipi insieme è del 65%.


Neuroblastoma (NB) (torna su)
Neoplasia maligna che origina dalle cellule primitive della cresta neurale, formazione embrionale precoce che dà origine al midollare delle ghiandole surrenali e i gangli del sistema nervoso simpatico . E’ il tumore più comune in prima infanzia (sotto 1 anno d’età). Costituisce il 97% dei tumori del sistema nervoso simpatico.
Epidemiologia
6-10 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Costituisce il 7-10% di tutti i tumori solidi nei bambini. Picco di incidenza 55% meno di 2 anni di età. 88% dei bambini colpiti hanno meno di 5 anni. Lieve prevalenza nel sesso maschile con un rapporto maschi/femmine di 1,2:1.

Segni clinici
La sintomatologia varia a seconda della sede interessata.
Localizzazione addominale: dolori addominali, anoressia (perdita di appetito), vomito, presenza di una tumefazione di grosse dimensioni.
Localizzazione toracica: tosse, dispnea (difficoltà respiratoria), disfagia (difficoltà nella deglutizione).
Segni a carattere generale: dolori osteo-articolari, astenia, perdita di peso, pallore, febbre ricorrente.

Diagnosi
Si esegue l'aspirato midollare (midollo osseo) o la biopsia ossea e il dosaggio di due sostanze che si riscontrano in quantità elevata in questa patologia: l'acido vanilmandelico (VMA) e l'acido omovanilico (HVA). Si definiscono i gruppi di rischio (basso, medio, alto) secondo la stadiazione del tumore, l’età del paziente e l’istologia del tumore.

Terapia
La terapia è principalmente chirurgica nelle forme al I-II stadio completamente asportabili; radioterapia nelle forme non completamente asportate; monochemioterapia nelle forme al I stadio o in stadio IVs; polichemioterapia nelle forme al II-IV stadio. Trapianto di midollo.

Prognosi
Il Neuroblastoma a basso e a medio rischio ha una buona prognosi: la sopravvivenza a 5 anni va dal 70 al 90%. A volte va incontro a spontanea regressione. Il Neuroblastoma ad alto rischio è difficile da curare. Il Neuroblastoma ha un diverso comportamento clinico secondo l’età del paziente. Globalmente, la sopravvivenza a 5 anni, secondo l’età alla diagnosi, è: sotto 1 anno – 83%; 1-4 anni – 55%; oltre 5 anni – 40%


Tumore di Wilms (Nefroblastoma) (torna su)
Neoplasia maligna di origine embrionaria che colpisce il rene. Costituisce il più frequente tumore maligno del tratto genitourinario in età pediatrica. Esistono due forme: una forma ereditaria (1-2% dei casi), che si manifesta bilateralmente, spesso associata ad altre anomalie congenite; una forma sporadica, non ereditaria. La forma ereditaria si manifesta più precocemente.
Epidemiologia
5-7 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Picco di incidenza a 1-5 anni di età. Prevalenza nel sesso femminile con un rapporto maschi/femmine di 1:2. Rappresenta il 5-10% di tutti i tumori solidi dell'età pediatrica.

Segni clinici
Si apprezza una tumefazione addominale di grosse dimensioni associata a ematuria (emissione di sangue con le urine), ipertensione arteriosa, stipsi, anoressia (perdita dell'appetito), febbre, dolori addominali.

Diagnosi
Va eseguito prelievo bioptico per effettuare la diagnosi istologica. Esistono diversi tipi istologici che hanno prognosi differente:

prognosi favorevole: epiteliale, blastematoso e misto senza anaplasia.
prognosi sfavorevole: epiteliale, blastematoso e misto con anaplasia.
Terapia
Chirurgica: per tumori Stadi I e II con esame istologica favorevole - asportazione di più tumore possibile, con chemioterapia e radioterapia preoperatoria per ridurre le dimensioni del tumore. Per tumori più difficili da curare - nefrectomia (rimozione del rene intero) Per Stadio I, questo può essere sufficiente. Stadi II-IV: dopo l’intervento chirurgico, polichemioterapia, radioterapia ad alti dosi e radioterapia metabolica (MIBG). In alcuni casi: polichemioterapia aggressiva con Trapianto di Midollo Osseo.

Prognosi
Sopravvivenza globale a 5 anni pari al 80%. Stadi I e II: 90%. Stadio III: 80%. Stadio IV: 70% I tumori anaplastici hanno una prognosi infausta (4%).


Sarcomi dei Tessuti Molle - Rabdomiosarcoma (torna su)
Neoplasie maligne che prendono origine dai tessuti connettivali (muscoli, tendini, tessuno fibroconettivali e vascolari). Rabdomiosarcoma insorge dal tessuto embrionale mesenchimale che dà origine ai muscoli striati. 50% di questi sarcomi sono del tipo Rabdomiosarcoma (RMS). Le altre forme sono rare (fibrosarcoma, liposarcoma, leiomiosarcoma ed altri). Caratteristica comune, oltre alla provenienza, sono l’infiltrazione diffusa del tessuto circostante e la tendenza alla recidiva locale.

Epidemiologia
6-9 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni. Dopo i tumori cerebrali e il neuroblastoma, i sarcomi dei tessuti molle rappresentano il tumore solido più frequenti in età pediatrica, costituendo il 7.4%. Il rabdomiosarcoma presenta 4-5 nuovi casi all’anno ogni 1.000.000 soggetti pediatrici. Picco di incidenza: RMS: 2-5 anni. Le forme non-RMS sono rare, con picco nel primo anno di vita e in adolescenza.

Segni clinici
Un nodo o una massa. Quando è nell’area della testa, può provocare un blocco con uno scarico dal naso o dalla gola o, a volte, un occhio gonfio o estruso. Nell’addome provoca dolore e difficoltà nell’andare di corpo. Nella vescica, può provocare ematuria (sangue nelle urine) e difficoltà nell’urinare.

Diagnosi
Biopsia della massa per identificare il tipo istologico del tumore. Per controllare le dimensioni ed eventuali metastasi, e, quindi lo Stadio del tumore, RMI o TAC, radiografia del torace, esami del sangue e biopsia midollo osseo.

Terapia
Chirurgica: è essenziale la risezione completa del tumore, se possibile, con chemioterapia e/o radioterapia pre-operatoria per ridurre le dimensioni della massa. Chemioterapia e radioterapia sull’area del tumore, per curare il tumore se non può essere rimosso o per eliminare residui di cellule tumorali.

Prognosi
Sopravvivenza globale a 5 anni: 71%
Rabdomiosarcoma – 64%.
Fibrosarcoma – 82%
Altri non specificati - 74%.


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19/08/2009 22:39




Alcuni numeri per capire meglio la malattia
Di seguito un po' di statistiche che spiegano la malattia e la sua incidenza, particolarmente in Italia.

Foto by lonebluelady con licenza Creative Commons
Il cancro nel bambino (leucemie, linfomi e tumori solidi) colpisce 1 bambino ogni 650 entro i 15 anni di età. Sebbene sia un evento raro e le percentuali di guarigione siano alte nei paesi sviluppati, rimane la prima causa di mortalità da malattia nei bambini.

Ogni anno ci sono 120-140 nuovi casi per milione di bambini sotto i 15 anni. Questo significa che ogni anno in Italia si ammalano di tumore o leucemia circa 1700 bambini, circa 5 bambini ogni giorno. Questi numeri sono, purtroppo, in leggera crescita, anno dopo anno.

I tumori infantili sono molto diversi dai tumori degli adulti per tipo, per velocità di accrescimento e per prognosi. Nel bambino, in generale, il tumore più frequente è il gruppo delle leucemie (33%), seguito dai tumori del sistema nervosa centrale (SNC) (22%), i linfomi (12%), il neuroblastoma (7%), i sarcomi dei tessuti molli (7%) e i tumori ossei (6,4%). Le percentuali variano secondo la fascia d’età. Altri tumori più rari ancora sono il retinoblastoma, l’epatoblastoma, il Sarcoma di Ewing, i tumori delle cellule germinali e altri tipi estremamente rari.

Alcune valutazioni ci permettono di affermare che i meccanismi dietro alla formazione di tumori nei bambini (alterazioni geniche casuali e non controllabili in organi e tessuti in rapida crescita) siano diversi dei meccanismi dietro alla formazione di tumori negli adulti (più influenzato da fattori ambientali). Infatti, i tumori sono diversi, e altrettanto diverse sono le terapie praticate ed i risultati ottenuti. Relativamente ai tumori dell’età adulta, i tumori infantili dimostrano di dare una risposta migliore alle terapie, risultati che sono in continuo miglioramento grazie ad una intensa attività di ricerca. Mentre la percentuale globale di guarigioni da cancro in Italia è, negli adulti, del 55%, questa percentuale nei bambini sale al 72%.



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La malattia: diagnosi, terapie, guarigione
Alcune informazioni mediche sul cancro sulle cure.

Foto by Henriquezoviske con licenza Creative Commons

Diagnosi

Una precoce e accurata diagnosi è fondamentale per scegliere ed iniziare la terapia, che è specifica per ogni tipo tumorale. La sensibilizzazione e l'aggiornamento dei medici di base nel riconoscere da determinati sintomi la possibilità che ci possa essere una patologia oncologica in atto, e nel sapere dove riferire il piccolo paziente, è necessario per anticipare la diagnosi ed iniziare presto la terapia.

Alcuni strumenti moderni come l'ecotomografia, la risonanza magnetica nucleare (RMN) e la Tomografia assiale computerizzata (TAC) si sono dimostrati essenziali per l'iter diagnostico. Le nuove tecniche di valutazione istopatologica delle cellule del tumore, con l'impiego di indagini citogenetiche e biomolecolari, permettono di identificare, nell'ambito di uno stesso tipo di tumore, dei sottogruppi a diverso comportamento biologico, la cui identificazione consente di attuare una terapia sempre più mirata ed efficace.

Le Terapie


Le terapie sono combinazioni, secondo il tipo tumorale, di chemioterapia, chirurgia e radioterapia, a cui è stata aggiunta negli ultimi anni la possibilità di trapianto di midollo osseo. Tutte queste terapie sono raggruppate in un disegno terapeutico specifico per ogni bambino chiamato "protocollo".

La chemioterapia.

I farmaci chemioterapici interferiscono con le capacità delle cellule tumorali di dividere e riprodursi. La chemioterapia è, di solito, una "multichemioterapia" cioè non si utilizza un unico farmaco antitumorale ma una combinazione di farmaci, pratica che si è dimostrata essenziale per debellare le cellule tumorali e distruggere il tumore. Questi farmaci colpiscono cellule in rapida crescita, quindi colpiscono in particolare le cellule tumorali, caratterizzate da una crescita rapidissima e incontrollata, ma colpiscono, seppure in misura minore, anche le cellule del corpo che si moltiplicano con un certo ritmo (mucose di bocca e vie digestive, midollo osseo, follicoli piliferi). Questa spiega certi effetti collaterali, ad esempio la caduta dei capelli e l'abbassamento dei valori del sangue (diminuzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) con susseguente anemia, leucopenia (tendenza ad infezione) e piastrinopenia (minor coagulazione del sangue) durante la terapia. Tuttavia le cellule normali sono in grado di difendersi dal danno, a differenza delle cellule tumorali, e gli effetti collaterali immediati o a breve distanza scompaiono dopo la sospensione della terapia. Alcuni composti hanno anche potenziali effetti tossici sugli organi, e causano, in alcuni casi, effetti collaterali a lungo termine che si sviluppano anche molto tempo dopo la sospensione delle terapie e richiedono controlli regolari dei pazienti anche quando sono fuori terapia o guariti. Alcuni di questi controlli devono continuare nell'età adulta, per evidenziare tempestivamente gli effetti tardivi della terapia ed intervenire in tempi rapidi. La moderna ricerca, oltre a valutare gli effetti di molecole nuove, mira a modificare la combinazione, il dosaggio e i tempi di somministrazione dei farmaci in uso per ottenere l'effetto migliore con minori effetti negativi immediati e a distanza.

La radioterapia

E' di fondamentale importanza nella cura dei tumori pediatrici, anche se è stata riconsiderata rispetto al passato. Infatti, in alcuni pazienti guariti dal tumore può provocare, a distanza di anni, in rapporto all'area irradiata, danni somatici, danni alla crescita e allo sviluppo psico-intellettiva o danni alle funzioni endocrine. E' quindi impiegata con cautela e con tecniche più sofisticate che mirano a ridurre il rischio di effetti collaterali e di un secondo tumore radio-indotto.

La chirurgia

Mantiene un ruolo fondamentale nella terapia dei tumori pediatrici, anche se oggi è inserita in protocolli di cura in cui è associata alla chemioterapia e, a seconda del caso, alla radioterapia. Ciò consente al paziente di arrivare all'intervento quando il volume del tumore è già stato ridotto per effetto della chemioterapia +/- radioterapia, con maggiori possibilità di una asportazione completa e minore necessità di interventi demolitivi su organi e tessuti vitali. Nei sarcomi ossei, ad esempio, interventi di amputazione di arti sono sempre più rari, ed è spesso possibile la ricostruzione della parte mancante e la ripresa della funzionalità dell'arto.

Il trapianto di midollo osseo (TMO)

Il midollo osseo, cioè la sostanza gelatinosa all'interno delle ossa, è la sede dove vengono prodotte, da "cellule staminali" immature, le cellule mature del sangue, che non hanno vita infinita ma sono costantemente ricambiate con cellule nuove. Il "tumore" delle cellule del midollo osseo (Leucemia) non è solido, ma colpisce lo spazio midollare delle ossa, da cui le cellule malate sono rilasciate nel sangue. L'intervento di trapianto di midollo osseo consiste nella distruzione completa del midollo osseo del paziente, infarcito di cellule leucemiche malate e incapace quindi di funzionare, e la sua sostituzione con cellule staminali di midollo osseo da donatore compatibile. Le cellule midollari sane vengono aspirate dalle ossa del bacino del donatore e infuse nel paziente per trasfusione, e vanno a collocarsi naturalmente nella propria sede, costruendo nuovo materiale midollare, sano. Il midollo osseo tolto al donatore si ricostruisce entro pochi giorni.

Una nuova tecnica sviluppata in Italia a Perugia permette il trapianto di midollo osseo prelevato da un genitore, perfettamente compatibile per il 50% del corredo genetico.

E' anche possibile prelevare le cellule staminali dal sangue circolante del donatore. In questo caso, bisogna che il donatore esegua per qualche giorno un trattamento con un farmaco (Fattore di crescita granulocitario, G-CSF) che stimola la liberazione delle cellule staminali dal midollo nel sangue. Il donatore viene poi sottoposto ad "aferesi di cellule staminali", che è un prelievo simile ad una donazione di plasma o di piastrine, nel quale però sono raccolte cellule staminali che verranno poi infuse al paziente come avviene per il midollo.

La tecnica del trapianto di midollo osseo non è utilizzata soltanto per le leucemie, ma fornisce uno strumento per poter utilizzare, per i tumori solidi, terapie ad alte dosi che tendono a distruggere non soltanto il tumore ma il midollo osseo stesso del paziente (anche le cellule staminali sono cellule in rapida crescita). Il prelievo e la conservazione, prima dell'inizio della chemioterapia, di midollo osseo dal paziente , o di cellule staminali che circolano anche nel suo sangue periferico (aferesi), permette più tardi una reinfusione di queste cellule e il ripristino della funzione del midollo osseo del paziente, svuotato dalla chemioterapia (trapianto autologo o autotrapianto).

Il trapianto di midollo osseo da donatore ( trapianto allogenico ) è possibile soltanto se vi è un donatore "compatibile", cioè con le stesse caratteristiche genetiche del paziente.

Statisticamente, un fratello su 4 è compatibile. Mancando un fratello compatibile, è possibile ricercare un donatore non-familiare idoneo nella banca dati mondiale dei donatori volontari di midollo osseo. Attualmente la banca comprende oltre 10 milioni di potenziali donatori nel mondo. In Italia, grazie al lavoro di ADMO (Associazione Donatori di Midollo Osseo), nel Registro donatori (Italian Bone Marrow Donor Registry, IBMDR) vi sono oltre 300.000 iscritti tipizzati. . Inoltre, vi è oggi la possibilità di utilizzare per il trapianto le cellule staminali molto immature che si trovano nel sangue placentare di neonati e che possono essere raccolte dal cordone ombelicale dopo il parto e crioconservate. Queste cellule sono una alternativa alle cellule del midollo osseo maturo o alle cellule staminali circolanti e possono essere utilizzate per il trapianto soprattutto in bambini, perché sono in quantità limitata. L'iscrizione nelle liste di donatori di midollo osseo e la donazione di cordone e placenta da parte di nuove mamme sono atti altruistici essenziali per salvare la vita di tante persone, spesso bambini.

Tuttavia, è bene tenere presente che il trapianto non può ottenere dei risultati miracolosi. In realtà è una terapia molto pesante con molti rischi e potenziali effetti collaterali gravi, per cui va intrapreso soltanto in casi selezionati, nei quali la terapia convenzionale non offre possibilità di guarigione

Le nuove terapie: le Terapie Biomolecolari

Si tratta dello sviluppo di farmaci "intelligenti", in grado di colpire e distruggere le cellule cancerose senza danneggiare le cellule sane e, quindi, senza tossicità collaterale. Per questa nuova categoria di farmaci non è stato trovato casualmente l'effetto antitumorale, come per molti farmaci antitumorali di vecchia generazione, ma è il risultato di una progettazione razionale di nuove specifiche molecole. Le cellule tumorali possiedono sulla superficie molecole proteiche che non sono presenti in nessuna cellula sana del corpo. Sono proteine tumorali. Le proteine sono prodotte dai geni che costituiscono il DNA della cellula, e quindi queste proteine anomale esprimono la presenza di un gene alterato che ha causato la trasformazione della cellula normale in una cellula che, moltiplicandosi rapidamente e senza fine, è causa del tumore e della sua capacità di infiltrare il corpo. I nuovi farmaci sono molecole capaci di identificare una determinata proteina sulla superficie delle cellule malate; si legano quindi a queste cellule e agiscono sul gene mutato del DNA cellulare, bloccando la sua funzione. Prendono a bersaglio soltanto le cellule malate. Non danneggiano le cellule sane che non possiedono queste proteine. In molti laboratori di biologia molecolare in tutto il mondo, incluso l'Italia, sono in corso di sviluppo e di sperimentazione queste nuove molecole, in particolare per i tumori resistenti alle terapie tradizionali. Qualche molecola per qualche tipo tumorale specifico è già in sperimentazione anche nei bambini. Queste terapie saranno il futuro per la cura del cancro.

Le nuove terapie: Le Immunoterapie

L'immunoterapia funziona utilizzando il sistema immunitario del paziente, cioè quel sistema composto di linfonodi, milza, tonsille, midollo osseo e cellule bianche del sangue che proteggono contro infezioni e malattie. Come la chemioterapia, può essere utilizzata per combattere il cancro. Mentre la chemioterapia aggredisce le cellule tumorali direttamente, l'immunoterapia agisce stimolando o facilitando il sistema immunitario che viene così ingaggiato nella lotta contro le cellule tumorali.

Gli scienziati non capiscono del tutto in che modo l'immunoterapia assiste il sistema immunitario, ma pensano che

ferma o rallenta la crescita delle cellule tumorali
potenzia il sistema immunitario nella distruzione o nell'eliminazione delle cellule tumorali
ferma la diffusione del tumore in altre parti del corpo.
Il sistema immunitario lavora distinguendo cellule "buone" che fanno parte della salute del corpo e cellule "cattive" che portano malattie, distruggendo queste ultime cellule e difendendo l'organismo. Ma a volte questo meccanismo non funziona. Gli scienziati fanno ricerche per capire perché il sistema immunitario, che fa sì che molte cellule mutate, che potrebbero col tempo trasformarsi in cellule tumorali, vengono distrutte subito, non riesce ad impedire lo sviluppo delle cellule che causano il tumore. I farmaci utilizzati in immunoterapia si sono mostrati capaci di aiutare il sistema immunitario a fare questo lavoro. L'immunoterapia può essere utilizzata da sola, per alcuni tumori, o, più spesso, insieme alla chemioterapia per distruggere il tumore o alleviare certi effetti collaterali dei farmaci antitumorali come, ad esempio, la tendenza a contrarre infezioni.



Le sperimentazioni cliniche

Nell'affrontare il problema delle sperimentazioni cliniche in oncologia pediatrica, è importante realizzare che nei Paesi dove c'è un buon accesso dei bambini alle sperimentazioni, aumenta la percentuale di guarigioni per tutti i bambini nell'insieme relativamente a tutte le patologie oncologiche. L'AIEOP, attraverso la sua rete di Centri, è attivamente coinvolto in moltissime sperimentazioni cliniche sia a livello nazionale che internazionale.

Le sperimentazioni possono riguardare nuovi farmaci, in particolare la nuova generazione di farmaci che operano a livello molecolare, o farmaci già in uso, sperimentando nuove combinazioni, diversi dosaggi e diversi tempi di somministrazione alla ricerca di protocolli di cura sempre più efficaci e meno tossici.

I farmaci nuovi sono sperimentati prima in laboratorio, per studiare gli effetti sui vari tipi di tumore in vitro ed in animali da laboratorio. Le prime sperimentazioni a livello clinico (sulle persone) avvengono sugli adulti, e una volta confermata l'efficacia e controllata l'eventuale tossicità possono essere messi a disposizione dei bambini per determinare efficacia e dosaggio minimo. Queste prime sperimentazioni (fase I) reclutano malati che non hanno altre possibilità di cura. Ulteriori livelli di sperimentazione (fasi II e III) mettono a confronto protocolli sperimentali con protocolli standard, per affinare l'uso dei farmaci relativamente a dosaggio e tempo di somministrazione e determinare quale protocollo da migliori effetti di efficacia e più bassa tossicità. I bambini non sono quasi mai inseriti in studi di fase I, e le sperimentazioni in pediatria vengono effettuate sulla base dei risultati di studi di fase I e II condotti su adulti.

Un Comitato Etico autorizza l'esecuzione di ogni protocollo sperimentale e ne controlla l'andamento . E' essenziale che i genitori siano correttamente informati sul protocollo di sperimentazione a cui il proprio figlio è sottoposto e che esprimano il loro consenso (consenso informato). I genitori possono temere, nel firmare il consenso, di perdere il controllo sulle cure del proprio figlio, dando un permesso illimitato ai medici: in realtà la partecipazione ad un protocollo sperimentale può offrire ai bambini delle possibilità in più, e, d'altra parte, il consenso può essere revocato in qualsiasi momento da parte dei genitori. La firma del consenso informato avviene al termine di un colloquio con i medici, durante il quale sono spiegate le modalità del trattamento, i possibili rischi, i risultati attesi. I genitori devono sentirsi liberi di porre domande e di chiedere chiarimenti se non hanno compreso qualcosa.

La Guarigione

Le percentuali di guarigione dei tumori nei bambini , nel mondo progredito, variano secondo la patologia, arrivando al 90 % per alcune forme, mentre per altre le percentuali sono molto più basse. Una intensa attività di ricerca per queste forme resistenti alle terapie è in atto in tutto il mondo, e l'Italia partecipa in pieno a questa attività.

COSA SIGNIFICA GUARIRE? Una percentuale molto elevata di bambini sopravviventi a 5 anni dalla diagnosi, e ancora più elevata tra i bambini sopravviventi a 10 anni, non si ammala più del tumore che è stato curato e questi bambini possono essere dichiarati "guariti". "Guarito" significa che si ha la stessa probabilità di riammalarsi della malattia di quella della popolazione normale (cioè quasi nessuno, essendo queste malattie rare). Significa che la malattia pregressa è andata via, e il bambino può riprendere la sua vita normale.

Possono rimanere degli esiti delle terapie, come, ad esempio, una amputazione per la terapia chirurgica, o la sterilità per certi tipi di radioterapia, o un problema cardiaco per qualche chemioterapico, e possono svilupparsi negli anni, in alcuni dei giovani guariti dal tumore infantile, altri effetti collaterali negativi, ma la malattia non c'è più. I giovani guariti devono prendere la responsabilità di sottoporsi a controlli regolari per evidenziare precocemente eventuali effetti a lunga distanza. Come per tutti, a maggior ragione per un soggetto guarito da un tumore da bambino è indicato uno stile di vita "sano" (evitare fumo, alcolici, eccessi alimentari).


Come per tutte le persone, può insorgere più avanti un altro tumore. Questi tumori sono diversi dal tumore curato in infanzia, e le probabilità di avere un altro tumore più avanti nella vita sono soltanto un pò più elevate della popolazione normale. La maggiore parte dei bambini guariti sta bene in ogni senso.

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19/08/2009 22:42




FAQ: Le domande più frequenti che si pongono i genitori
Il Dr. Richard O’Reilly, Direttore di Pediatria e del Servizio di Trapianto di Midollo Osseo della Sloan-Kettering Institute (USA), risponde alle domande che i genitori dei bambini malati si pongono più spesso.

Foto by oberazzi con licenza Creative Commons

1. Perché è successo questo a nostro figlio? E’ colpa nostra?

Non sappiamo ancora tutto sulle cause del cancro in età pediatrica, ma oggigiorno sappiamo moltissimo. Un fatto da tenere a mente è che sono rarissime le forme tumorali genetiche, che passano dai genitori ai figli. I genitori spesso si sentono responsabili per la malattia che ha colpito il loro bambino. Per quasi tutte le forme di cancro infantile, non hanno nessuna responsabilità.

2. Gli altri nostri figli possono prendere il cancro?

Di nuovo, i tumori geneticamente determinati nei bambini sono rarissimi. Le probabilità che si sviluppi un tumore in un altro bambino della famiglia è molto raro. Per la grande maggioranza dei tumori nei bambini, non esiste evidenza di una particolare predisposizione genetica.

3. Cosa possiamo aspettarci dalle terapie?

I genitori devono sapere che l’approccio alle terapie e molto migliorato negli ultimi anni. Ora, con le terapie moderne, più di 70% dei bambini guariranno. Le percentuali di guarigione specifiche per ogni tumore possono essere di più o di meno secondo il tipo di tumore e lo stadio alla diagnosi. Una priorità dei medici è di mantenere il più possibile la qualità di vita del bambino durante le terapie. Ad esempio, molte terapie possono essere somministrati in Day Hospital, evitando il ricovero. Molti nuovi metodi sono stati sviluppati per diminuire gli effetti negativi della terapia, incluso cateteri venosi centrali per evitare di forare continuamente il bambino, e nuovi farmaci che prevengono le lesioni delle mucose della bocca e aiutano a ricuperare un adeguato livello delle cellule del sangue. In più, ora esistono nuovi farmaci che combattono la nausea e evitano il vomito. L’alimentazione totale per via parenterale evita il calo di peso,. L’uso di antibiotici riduce il problema di infezioni. Un farmaco chiamato G-CSF aumenta il conto dei globuli bianchi dei bambini sottoposti a chemioterapia. Nuovi metodi per salvare gli arti fanno una enorme differenza per i bambini con tumori ossei. Il risultato è che i chirurgi, ora, fanno molte amputazioni in meno. Tutto questo non significa che il bambino avrà vita facile durante questo periodo, perché avere un tumore non è facile. Non c’è dubbio che le terapie moderne che guariscono il cancro richiedono trattamenti intensivi, e che questi trattamenti possono essere tossici. Ma quasi tutti gli effetti negativi immediati sono reversibili, una volta finito la terapia.

4. Nostro figlio potrà vivere una vita normale alla fine delle terapie?

I bambini rispondono enormemente bene alle terapie. La risposta è sì.

5. Che effetti avranno le terapie per il tumore sulla crescita e sullo sviluppo del nostro figlio?

Alcune terapie possono incidere sulla crescita, ma si sono fatti molti aggiustamenti nelle modalità di fare le terapie per cercare di ridurre questi effetti negativi. Programmi sono in atto per i giovani guariti da tumore infantile per controllare nel tempo il loro stato di salute, dare loro i consigli per rimanere in salute e raccogliere dati che loro riportano sugli eventuali effetti negativi a lunga distanza che hanno subito. Questo continuo aggiornamento serve per studiare nuove tecniche atte ad evitare o diminuire le complicanze.

6. I bambini col cancro guariscono veramente?

La risposta è sì, sì, sì!

7.Cosa significa “guarito”?

Significa che questi bambini crescono e diventano adulti sani, e potranno avere anche loro dei figli.


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27/08/2009 17:34

IL TUMORE DEL CERVELLO

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L'informazione fornita è un'informazione scientifica generale: soltanto il medico può, in base alla storia clinica e familiare di ogni paziente, dare informazioni e consigli per il singolo caso specifico.
L'informazione contenuta in queste pagine ha pertanto lo scopo di chiarire alcune problematiche ed alcuni concetti generali per fare in modo che nel rapporto medico-paziente possa instaurarsi più facilmente un dialogo costruttivo basato sulla fiducia reciproca.



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Introduzione
Il cervello
I tumori del cervello
Possibili cause
Tumori del cervello primari
Tumori del cervello secondari
Sintomi
Diagnosi
Trattamento
Pianificazione del trattamento
Metodi di cura
Studi clinici
Effetti collaterali
Riabilitazione
Follow up
Convivere con il cancro
Chi può essere d'aiuto
Chiedere e ottenere informazioni presso l'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro
Glossario




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INTRODUZIONE
Ogni anno numerose persone in Italia scoprono di avere un tumore al cervello. Queste pagine intendono aiutare i pazienti e i loro familiari e amici a comprendere meglio questa malattia. Ci auguriamo che anche altre persone leggano le informazioni che seguono e ne traggano un utile insegnamento.

Parleremo di screening, diagnosi precoce, sintomi e di protocolli diagnostici e terapeutici. Sappiamo che queste pagine non potranno dare una risposta ad ogni domanda sul tumore al cervello (non si sostituiscono, infatti, al colloquio con il medico o il personale infermieristico), ma speriamo che possano aiutarvi ad interagire in modo più consapevole col personale coinvolto nella cura della vostra salute. [Torna all'indice][Glossario]



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IL CERVELLO
testo originale del settembre 1999 - tradotto e validato nel gennaio 2000
Il cervello e il midollo spinale formano, nell'insieme il sistema nervoso centrale (SNC). Questo sistema complesso è coinvolto in ogni cosa che facciamo. Esso controlla le azioni volontarie, come camminare e parlare, e quelle che il nostro corpo esegue automaticamente, come respirare e digerire i cibi. Il sistema nervoso centrale regola inoltre il funzionamento degli organi di senso: vista, udito, tatto, gusto e olfatto, controlla le nostre emozioni, i nostri pensieri e la memoria.

Il cervello è una massa soffice e spugnosa di cellule nervose e di tessuto di supporto. È composto da tre parti principali: il cerebro (emisferi cerebrali), il cervelletto e il tronco encefalico, che sono strettamente connesse pur possedendo singole funzioni specifiche.

Gli emisferi cerebrali, destro e sinistro, rappresentano la parte più estesa del cervello ed occupano la quasi totalità della cavità cranica. La corteccia cerebrale (la parte più esterna degli emisferi) ed alcuni nuclei (aree interne) elaborano informazioni che provengono dai nostri sensi all'interno ed all'esterno del nostro corpo, e codificano le nostre risposte. L'emisfero di destra controlla i muscoli della parte sinistra del corpo e l'emisfero di sinistra controlla i muscoli della parte destra. Da questa zona del cervello dipendono anche la parola, le emozioni, la lettura, il pensiero, l'apprendimento.

Il cervelletto, posto sotto il cerebro nella zona posteriore del cervello, regola l'equilibrio e azioni complesse quali il camminare e il parlare.

Il tronco encefalico collega il cervello al midollo spinale. Esso controlla la fame, la sete ed alcune delle funzioni corporee di base come la temperatura, la pressione sanguigna e il respiro.

Il cervello è protetto dalle ossa del cranio, da un rivestimento formato da tre sottili membrane chiamate meningi e dal liquido cerebrospinale. Quest'ultimo è prodotto da speciali cellule in quattro spazi cavi chiamati ventricoli. Il liquido scorre attraverso i ventricoli negli spazi tra le meningi. Il liquido cerebrospinale apporta al cervello le sostanze nutritive prelevate dal sangue, rimuovendo le sostanze di rifiuto.

Il midollo spinale è formato da fasci di fibre nervose. Esso, partendo dal cervello, percorre un canale interno alla colonna vertebrale. Come il cervello, il midollo osseo e rivestito dalle meningi e protetto dal liquido cerebrospinale e dalle vertebre.

Dal midollo spinale e dal tronco encefalico originano i nervi che collegano il SNC ad ogni cellula del nostro corpo con una trasmissione a due sensi dal centro alla periferia e viceversa. [Torna all'indice][Glossario]



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I TUMORI DEL CERVELLO
Sono presenti nel nostro organismo numerosi tipi di cellule che in condizioni normali crescono e si dividono in modo ordinato per produrre altre cellule necessarie a garantire le funzioni vitali. Talvolta questo processo si trasforma in una proliferazione incontrollata, dando luogo alla formazione di una massa di tessuto aggiuntivo chiamato tumore. I tumori possono essere benigni o maligni.



I tumori cerebrali benigni non sono formati da cellule cancerose. Di solito vengono asportati e nella maggior parte dei casi non danno luogo a recidive. I margini dei tumori cerebrali benigni sono ben definiti. Benché non invadano i tessuti circostanti, questi tumori possono comprimere aree sensitive del cervello e dare luogo a specifici sintomi.
I tumori cerebrali maligni sono formati da cellule cancerose, danneggiano le funzioni vitali e mettono in pericolo la sopravvivenza del paziente. In genere crescono molto rapidamente e invadono i tessuti circostanti. Come le piante, questi tumori possono formare radici che si addentrano nel tessuto cerebrale sano. Se un tumore maligno rimane compatto e non produce radici, si definisce incapsulato. Quando un tumore benigno è localizzato in un'area vitale del cervello e interferisce con le funzioni vitali, viene considerato maligno (anche se non è formato da cellule cancerose).
I medici classificano alcuni tumori del cervello a seconda del grado, che può essere compreso tra basso (grado I) ad elevato (grado IV). Il grado del tumore è stabilito in base all'esame microscopico delle cellule tumorali. Le cellule di un tumore di grado elevato presentano un aspetto anomalo e in genere crescono più velocemente rispetto alle cellule appartenenti a tumori di basso grado; i tumori di grado elevato hanno caratteristiche di malignità più marcate di quelli di grado inferiore. [Torna all'indice][Glossario]



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POSSIBILI CAUSE
Le cause dei tumori cerebrali sono sconosciute. I ricercatori stanno studiando a fondo il problema, in quanto una maggiore conoscenza delle cause condurrà alla scoperta di adeguati mezzi di prevenzione. I medici non sono ancora in grado di spiegare perché una persona e non un'altra si ammala di cancro al cervello, ma si sa con sicurezza che questo tipo di tumore non è contagioso.

Benché i tumori cerebrali possano colpire soggetti di ogni età, alcuni studi mostrano che sono più frequenti in due fasce d'età: nei bambini dai 3 ai 12 anni e negli adulti dai 40 ai 70 anni.

Studiando un gran numero di pazienti, i ricercatori hanno individuato alcuni fattori di rischio che aumentano le probabilità di ammalarsi di cancro al cervello. Le persone che presentano questi fattori mostrano un rischio più elevato rispetto alla media di sviluppare un tumore cerebrale. Per esempio, alcuni studi dimostrano che alcuni tipi di tumore del cervello insorgono con maggiore frequenza nei lavoratori di alcune industrie, come le raffinerie, le industrie di lavorazione della gomma e le industrie farmaceutiche. Altri studi hanno mostrato che l'incidenza dei tumori cerebrali è più elevata tra chimici e imbalsamatori. Alcuni ricercatori stanno anche prendendo in considerazione come possibile causa l'esposizione a determinati virus. Inoltre, dal momento che i tumori al cervello colpiscono talvolta più membri di una stessa famiglia, si stanno esaminando le famiglie con storia di tumori cerebrali per determinare se una delle possibili cause sia l'ereditarietà. Attualmente i ricercatori non credono che lesioni craniche possano indurre lo sviluppo di un tumore.

Molto spesso, alcuni pazienti colpiti da tumori cerebrali non sono soggetti a fattori di rischio evidenti. In questo caso, l'insorgere della malattia è probabilmente determinato da più fattori concomitanti. [Torna all'indice][Glossario]



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TUMORI DEL CERVELLO PRIMARI
I tumori che originano nel tessuto cerebrale sono conosciuti come tumori cerebrali primari. (I tumori secondari, che si sviluppano quando cellule cancerose provenienti da un altro tumore si diffondono al cervello, sono discussi nel capitolo "Tumori al cervello secondari"). I tumori primari sono classificati in base al tessuto nel quale hanno origine. I più comuni sono i gliomi, che si sviluppano nel tessuto gliale (di supporto). Esistono diversi tipi di gliomi:



Astrocitomi: originano da piccole cellule stellate chiamate astrociti. Essi possono crescere ovunque nel cervello e nel midollo osseo. Negli adulti, gli astrocitomi si sviluppano più frequentemente nel cerebro, nei bambini, invece, nel tronco encefalico, nel cerebro e nel cervelletto. Un astrocitoma di grado III è talvolta chiamato astrocitoma anaplastico. Un astrocitoma di grado IV è generalmente definito glioblastoma multiforme.
Gliomi del tronco encefalico: originano nella parte inferiore del cervello nel tronco encefalico che regola molte funzioni vitali. Questi tumori generalmente non possono essere rimossi. La maggior parte dei gliomi del tronco encefalico sono astrocitomi di grado elevato.
Ependimomi: normalmente si sviluppano nel tessuto di rivestimento dei ventricoli, ma possono originare anche nel midollo osseo. Sebbene questi tumori possano svilupparsi a qualsiasi età, sono però più comuni nei bambini e negli adolescenti.
Oligodendrogliomi: si sviluppano dalle cellule che producono la mielina, il rivestimento protettivo dei nervi. Questi tumori generalmente originano nel cerebro, crescono lentamente e di solito non si diffondono nei tessuti circostanti. Gli oligodendrogliomi sono rari e compaiono più spesso in adulti di media età, benché anche soggetti appartenenti ad altre fasce d'età ne siano stati colpiti.
Altri tipi di tumori cerebrali non originano dai tessuti gliali. Ecco una descrizione dei più comuni:



Medulloblastomi: si riteneva in precedenza che questi tumori si sviluppassero nelle cellule gliali, invece recenti ricerche suggeriscono che originano da cellule nervose primitive (in fase di sviluppo) che normalmente scompaiono dall'organismo dopo la nascita. Per questa ragione i medulloblastomi sono chiamati talvolta tumori neuroectodermici primitivi. La maggior parte dei medulloblastomi si forma nel cervelletto, ma possono svilupparsi anche in altre zone. Sono tumori molto più diffusi nei bambini, in particolar modo nei soggetti di sesso maschile.
Meningiomi: si formano nelle meningi e generalmente sono benigni. Poiché sono tumori che si sviluppano molto lentamente, il cervello può adattarsi alla loro presenza; i meningiomi di solito raggiungono notevoli dimensioni prima di causare sintomi. Compaiono con più frequenza nelle donne di età compresa tra i 30 e i 50 anni.
Schwannomi: sono tumori benigni che originano dalle cellule di Schwann che producono la mielina che protegge il nervo acustico, il nervo dell'udito. I neuromi acustici sono una varietà di Schwannoma. Sono tumori dell'età adulta e colpiscono le donne con una frequenza due volte superiore rispetto agli uomini.
Craniofaringiomi: si sviluppano nella regione della ghiandola pituitaria, situata nei pressi dell'ipotalamo. Generalmente di carattere benigno, sono talvolta considerati maligni in quanto possono comprimere e danneggiare l'ipotalamo compromettendo funzioni vitali. Questi tumori sono più frequenti in bambini e adolescenti.
Tumori delle cellule germinali: originano da cellule sessuali primitive (in fase di sviluppo) o da cellule germinali. I più frequenti sono i germinomi.
Tumori della regione pineale: si sviluppano nelle regioni circostanti la ghiandola pineale, un minuscolo organo situato al centro del cervello. Questo tumore può essere a crescita lenta e allora si chiama pineocitoma, oppure può svilupparsi velocemente, e in tal caso si definisce pineoblastoma. Dato che la regione pineale è molto difficile da raggiungere, è spesso impossibile asportare questo tipo di tumori.
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TUMORI DEL CERVELLO SECONDARI
Il cancro si diffonde nell'organismo per mezzo delle metastasi. Un tumore sviluppatosi in un'altra zona può diffondersi al cervello e generare un tumore secondario. Questi tumori non sono uguali ai tumori cerebrali primari: si tratta infatti della stessa malattia, che assume lo stesso nome del tumore primario. Ad esempio, se un cancro al polmone si diffonde al cervello, la malattia viene chiamata cancro al polmone metastatico perché le cellule del tumore secondario hanno l'aspetto di cellule polmonari anomale e non di cellule cerebrali.

Il trattamento per i tumori cerebrali secondari dipende dalla zona in cui essi hanno avuto origine, dall'estensione della malattia e da altri fattori come l'età del paziente, lo stato di salute generale e la reazione a precedenti trattamenti. [Torna all'indice][Glossario]



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SINTOMI
I sintomi del tumore al cervello dipendono in gran parte dalle dimensioni e dalla localizzazione e sono causati dai danni prodotti al tessuto vitale e dalla pressione esercitata sul cervello in seguito alla crescita del tumore nello spazio limitato del cranio.
Possono anche essere provocati da un rigonfiamento e da un ristagno di fluido intorno al tumore, una condizione chiamata edema. I sintomi possono inoltre derivare dall'idrocefalo, che si sviluppa quando il tumore blocca il flusso del fluido cerebrospinale che viene così ritenuto nei ventricoli.
In caso di crescita molto lenta del tumore, i sintomi possono presentarsi molto gradualmente, tanto da passare inosservati per lungo tempo.

I sintomi più frequenti del tumore al cervello sono:



mal di testa pronunciato al mattino che tende ad attenuarsi nel corso della giornata,
accessi epilettici (convulsioni),
nausea o vomito,
senso di debolezza o ridotta sensibilità delle braccia o delle gambe,
balbuzie o mancanza di coordinazione nella deambulazione (passo atassico),
movimenti oculari anomali o modificazioni della vista,
sonnolenza,
cambiamenti di personalità o disturbi della memoria,
disturbi del linguaggio.
Questi sintomi possono essere causati da tumori cerebrali o da altri problemi. Solo un medico sarà in grado di stabilire una diagnosi corretta. [Torna all'indice][Glossario]



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DIAGNOSI
Al fine di risalire alle origini dei sintomi, il medico interrogherà il paziente sulla sua anamnesi e sulla storia familiare, oltre ad eseguire un esame fisico completo ed un esame neurologico. Ciò include una valutazione dello stato di vigilanza, dell'energia muscolare, della coordinazione, dei riflessi, e della risposta al dolore. Il medico esamina inoltre gli occhi per individuare l'eventuale presenza di un rigonfiamento causato dalla compressione da parte del tumore del nervo ottico che connette gli occhi al cervello.

In base ai risultati dell'esame fisico e neurologico, il medico può richiedere uno dei seguenti esami o entrambi:



TAC : si tratta di una serie di immagini dettagliate del cervello create da un computer collegato ad un apparecchio a raggi X. In alcuni casi, prima di effettuare la scansione viene iniettato in vena uno speciale colorante che evidenzia le anomalie nel tessuto cerebrale.
IRM (immagine a risonanza magnetica): produce immagini dettagliate del cervello, grazie ad un potente magnete collegato ad un computer. È ritenuta particolarmente utile nella diagnosi dei tumori cerebrali poiché permette di "vedere" attraverso le ossa del cranio fino ai tessuti sottostanti. Si può usare uno specifico colorante per aumentare le possibilità di evidenziare un tumore cerebrale.
Il medico potrà inoltre prescrivere altri esami, come i seguenti:



Radiografia del cranio, per scoprire se un eventuale tumore abbia provocato modificazioni alle ossa del cranio. Questo esame può anche rivelare depositi di calcio tipici di alcuni tumori cerebrali.
Una scansione del cervello rivelerà zone di crescita anormale registrandole su una speciale pellicola. Una sostanza moderatamente radioattiva viene somministrata al paziente per via endovenosa. Questo materiale è assorbito dal tumore, che viene evidenziato nella pellicola. (Le radiazioni, che non sono dannose per il paziente, scompariranno dall'organismo dopo circa sei ore.
Un angiogramma o arteriogramma consiste in una serie di esami radiografici effettuati dopo aver iniettato in un'arteria uno speciale colorante (generalmente nell'area che collega le gambe all'addome), il cui scorrimento attraverso i vasi sanguigni della zona cerebrale può essere osservato tramite radiografia, evidenziando il tumore e i vasi sanguigni ad esso diretti.
Un mielogramma è una radiografia della colonna vertebrale. Uno speciale colorante viene iniettato nel liquido cerebrospinale, mentre il paziente viene collocato in posizione inclinata in modo da permettere al colorante di mescolarsi con il liquido. Questo esame viene prescritto quando si sospetta la presenza di un tumore al midollo spinale.
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TRATTAMENTO
Il trattamento dei tumori al cervello dipende da diversi fattori. Tra questi, troviamo il tipo, la localizzazione e le dimensioni del tumore, l'età e le condizioni generali del paziente. I metodi e le strategie di trattamento variano a seconda che il paziente sia un bambino o un adulto. Il medico pianifica il trattamento adattandolo ad ogni necessità del paziente.

Il medico curante potrebbe voler discutere il caso con medici specializzati nella cura dei tumori cerebrali. Anche il paziente potrebbe voler parlare con il medico dell'opportunità di prendere parte ad una sperimentazione su nuovi metodi di trattamento. Questi studi vengono chiamati studi clinici e verranno trattati nel capitolo dedicato agli "Studi clinici".

Molti pazienti desiderano conoscere il maggior numero possibile di informazioni sulla loro malattia e sulle possibilità di cura, in modo da poter scegliere consapevolmente il trattamento più adatto al loro caso. Una persona colpita da tumore al cervello avrà molte domande da porre e il medico è la persona più adatta per dare risposte corrette. La maggior parte dei pazienti desidererà sapere da quale tipo di tumore è affetto, quali tipi di trattamento sono disponibili, quanto efficace potrà essere il trattamento e quali costi dovrà sostenere.

Ecco alcune domande importanti da rivolgere al medico:



Quale tipo di trattamento riceverò?
Quali sono i potenziali benefici del trattamento?
Quali sono i rischi e i possibili effetti collaterali del trattamento?
Che cosa si può fare per contrastare gli effetti collaterali?
Esiste uno studio clinico appropriato per il mio caso?
Le mie normali attività cambieranno? Se sì, per quanto tempo?
Con quale frequenza dovrò sottopormi a visite di controllo?
Molte persone trovano utile preparare una lista delle domande da porre prima di incontrare il medico. Prendere appunti durante il colloquio potrà aiutare a ricordare le informazioni fornite dal medico. Alcuni preferiscono farsi accompagnare da un familiare o un amico che possa prendere parte alla discussione o anche soltanto ascoltare.

I pazienti e i loro familiari hanno molto da imparare sul tumore del cervello e sulle varie terapie applicabili: non dovranno stupirsi pertanto se non comprenderanno tutte le risposte immediatamente. Capiteranno numerose altre occasioni per chiedere spiegazioni al medico sui vari dubbi che potranno sorgere. [Torna all'indice][Glossario]



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Pianificazione del trattamento
Le decisioni da prendere sulla cura più appropriata per il tumore al cervello sono complesse. Prima di cominciare il trattamento il paziente desidererà probabilmente consultare un altro medico in merito alla diagnosi espressa e alle modalità di trattamento. Ecco alcuni modi per trovare un medico a cui chiedere un secondo parere:



Il medico curante potrà suggerire uno o più specialisti che trattano i tumori al cervello.
I nominativi di specialisti sono reperibili anche presso un ospedale, un centro oncologico o presso la facoltà di medicina dell'Università.
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Metodi di cura
I trattamenti impiegati per la cura dei tumori cerebrali sono: chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Questi metodi possono essere utilizzati anche in combinazione in base alle necessità del paziente. Il paziente durante il trattamento potrebbe essere seguito da un gruppo di specialisti formato da un neurochirurgo, un oncologo medico e un oncologo radioterapista che collaboreranno con personale di supporto come infermieri, dietisti e assistenti sociali. In alcuni casi, potrebbe essere necessario l'intervento di un fisioterapista, di un medico del lavoro e di un logopedista.

Prima dell'inizio del trattamento alla maggior parte dei pazienti affetti da edema vengono somministrati steroidi per eliminare il rigonfiamento. Possono anche essere somministrati anticonvulsivanti, farmaci che aiutano a prevenire o controllare le crisi convulsive. Se è presente un idrocefalo, si potrà decidere di effettuare uno shunt per drenare il fluido cerebrospinale. Si tratta di un tubo lungo e sottile inserito in un ventricolo del cervello e poi fatto scorrere sotto la pelle fino ad un'altra parte del corpo, generalmente l'addome. Questo dispositivo funziona come una pompa di drenaggio: il fluido in eccesso viene estratto dal cervello e assorbito dall'addome. (Alcune volte il liquido eccedente è drenato nel cuore).

Chirurgia. E' il trattamento utilizzato con maggiore frequenza in caso di tumore cerebrale. Per rimuovere un tumore al cervello il neurochirurgo pratica un'apertura nel cranio. Questa operazione è chiamata craniotomia.

Quando possibile, il chirurgo tenterà di rimuovere l'intero tumore; tuttavia, se l'asportazione del tumore potrebbe danneggiare tessuti vitali, ne rimuoverà soltanto una porzione.
Una rimozione parziale contribuirà ad alleviare i sintomi riducendo la pressione esercitata sul cervello e riducendo la quantità di cellule tumorali da trattare con la radioterapia o con la chemioterapia.

Alcuni tumori non possono essere rimossi. In questi casi, il medico può effettuare solo una biopsia asportando una piccola porzione del tumore in modo che un patologo possa esaminarlo al microscopio per determinare da quale tipo di cellule è formato. Questa analisi aiuterà il medico nella scelta del trattamento.

In alcuni casi, viene praticata un'agobiopsia. Il medico effettua una TAC o una risonanza magnetica per determinare con esattezza la localizzazione del tumore. Il chirurgo pratica un piccolo foro nel cranio e quindi dirige un ago verso il tumore. (L'uso di questa tecnica per la biopsia o per il trattamento è chiamato stereotassi).

Radioterapia (chiamata anche terapia radiante) consiste nell'utilizzo di radiazioni ad alta energia per danneggiare le cellule tumorali e fermarne la proliferazione. Spesso viene utilizzata anche per distruggere il tessuto tumorale che non può essere rimosso chirurgicamente o per distruggere le cellule cancerose residue dopo un'operazione. La radioterapia è utilizzata inoltre quando nessun intervento chirurgico è possibile.

La radioterapia può essere somministrata in due modi differenti: come radiazioni esterne o interne. Le radiazioni esterne sono prodotte da un apparecchio di grandi dimensioni; generalmente le sedute si svolgono 5 giorni alla settimana per diverse settimane. Il piano di trattamento dipende dal tipo e dalle dimensioni del tumore e dall'età del paziente. Somministrare una dose totale di radiazioni per un periodo prolungato aiuta a proteggere i tessuti sani adiacenti all'area tumorale.

Le radiazioni possono anche provenire da materiale radioattivo posto direttamente nel tumore (impianto per radioterapia). L'impianto può essere inserito nel cervello per un breve periodo o permanentemente, a seconda del materiale da cui è costituito. I pazienti sottoposti a questo tipo di terapia restano ricoverati in ospedale per tutto il periodo in cui le radiazioni sono maggiormente attive.

Le radiazioni esterne possono essere dirette sul tumore e sui tessuti circostanti, oppure, meno frequentemente, sull'intero cervello. A volte le radiazioni sono dirette anche al midollo spinale. Quando è irradiato l'intero cervello, il paziente spesso riceve una dose extra di radiazioni nell'area del tumore che può provenire dall'esterno o da un impianto.

La radiochirurgia stereotattica è un altro tipo di terapia impiegata per la cura dei tumori cerebrali. I medici usano una tecnica (descritta nella sezione "Chirurgia") per determinare con esattezza la localizzazione del tumore. In una sola sessione di trattamento il tumore è irradiato da diverse angolazioni con radiazioni ad alta energia. In questo modo, dosi elevate di radiazioni raggiungono il tumore senza danneggiare il tessuto cerebrale circostante. (Un simile impiego della terapia radiante è chiamato radiochirurgia a raggi gamma - gamma knife).

La chemioterapia è basata sull'utilizzo di farmaci che distruggono le cellule tumorali. Il medico può utilizzare un farmaco o una combinazione di farmaci somministrati per via orale o endovenosa nel circolo sanguigno o nel muscolo. La chemioterapia intratecale è effettuata mediante iniezione del farmaco nel liquido cerebrospinale.

Generalmente la chemioterapia è somministrata in cicli: un periodo di trattamento è seguito da un periodo di riposo, poi da un altro periodo di trattamento e così via. Spesso non è necessario il ricovero per sottoporsi a chemioterapia: infatti la maggior parte dei farmaci può essere somministrata nello studio del medico o nei reparti di day hospital. Altre volte invece, in relazione al farmaco usato, al metodo di somministrazione, alle condizioni generali del paziente, può essere necessario un breve periodo di ricovero. [Torna all'indice][Glossario]



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Studi clinici
I ricercatori stanno conducendo studi allo scopo di trovare metodi di cura per i tumori cerebrali più efficaci e con minori effetti collaterali. Quando studi di laboratorio dimostrano che un metodo è promettente, i medici cominciano ad utilizzarlo per curare i pazienti inseriti negli studi clinici. Questi studi sono condotti per trovare risposte a questioni scientifiche ancora insolute e per scoprire nuovi approcci più efficaci e con minori effetti collaterali. I pazienti che partecipano a studi clinici danno un importante contributo alla scienza medica e possono avere l'opportunità di beneficiare di un trattamento più efficace rispetto a quelli usualmente in vigore.

Attualmente sono in corso numerosi studi clinici per predisporre nuovi trattamenti per i tumori del cervello. I medici stanno studiando nuovi protocolli di somministrazione per la terapia radiante, nuovi farmaci antitumorali, nuove combinazioni di farmaci e combinazioni di radioterapia e chemioterapia.

I ricercatori cercano di aumentare l'efficacia della radioterapia somministrando il trattamento due volte al giorno anziché una volta sola. Si stanno inoltre studiando farmaci chiamati radiosensibilizzanti che rendono le cellule cancerogene più sensibili alle radiazioni. Un altro metodo di terapia attualmente in corso di sperimentazione è l'ipertermia: il tumore viene riscaldato per potenziare gli effetti della terapia radiante.

Molti farmaci non riescono a raggiungere le cellule cerebrali per la presenza di una barriera nel flusso sanguigno; si tratta di una rete formata da vasi sanguigni e cellule che filtrano il sangue diretto al cervello. I ricercatori stanno sperimentando nuovi farmaci che possano attraversare questa barriera. Sono inoltre in corso alcuni studi miranti alla ricerca di tecniche in grado di interrompere temporaneamente la barriera affinché il farmaco possa raggiungere il tumore.

Nel corso di altri studi si stanno testando nuovi metodi di somministrazione dei farmaci, che in alcuni casi possono essere iniettati nelle arterie che raggiungono il cervello o introdotti direttamente nei ventricoli. I medici stanno sperimentando la possibile efficacia di una sottile ostia per medicamenti contenente antitumorali inserita direttamente nel tumore. (L'ostia si dissolve con il tempo).

È allo studio inoltre l'impiego di farmaci antitumorali ad altissime dosi. Tuttavia, dal momento che dosi di chemioterapia più elevate rispetto a quelle comunemente usate possono danneggiare il midollo osseo, questo tipo di trattamento è applicato in combinazione con un trapianto di midollo osseo per sostituire il midollo distrutto.

La terapia biologica è una nuova tecnica, attualmente in fase di sperimentazione, per la cura dei tumori cerebrali. Tale tipo di trattamento intende migliorare le capacità, proprie del sistema immunitario, di combattere la malattia.

I pazienti interessati a partecipare ad uno studio clinico dovrebbero discutere di questa opportunità col medico curante. Per maggiori informazioni, le pagine dedicate agli "Studi clinici" illustrano i possibili rischi e benefici dei trattamenti in fase di sperimentazione. [Torna all'indice][Glossario]



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EFFETTI COLLATERALI
Le terapie antitumorali spesso generano effetti collaterali dovuti ai danni provocati sulle cellule sane dal trattamento destinato a distruggere le cellule cancerose.

Gli effetti collaterali dei trattamenti anticancro sono di vario genere e dipendono dal tipo di trattamento e dall'area a cui questo viene applicato. Inoltre, ogni persona reagisce in modo differente. Il medico pianificherà la terapia in modo da ridurre al minimo gli effetti collaterali e seguirà il paziente con molta attenzione per intervenire all'insorgere di eventuali disturbi.

La craniotomia è un'operazione molto seria durante la quale i normali tessuti cerebrali possono riportare danni e può verificarsi un edema. Altri effetti dell'intervento comprendono debolezza, problemi di coordinazione, cambiamenti di personalità, difficoltà nel parlare e nel ragionamento. I pazienti potranno inoltre essere colpiti da accessi epilettici. Dopo l'intervento chirurgico, per un breve periodo i sintomi potranno aggravarsi, ma la maggior parte degli effetti collaterali dell'operazione si attenueranno o scompariranno col tempo.

La maggior parte degli effetti collaterali della radioterapia scompare subito dopo la fine del trattamento. Tuttavia alcuni di essi possono presentarsi o persistere a lungo anche dopo che il trattamento è terminato.

Alcuni pazienti avvertiranno nausea per alcune ore dopo il trattamento ed altri possono sentirsi molto affaticati nel periodo di svolgimento della cura. Il riposo è importante, ma normalmente il medico consiglia ai pazienti di mantenersi ragionevolmente attivi. La radioterapia al cranio determina spesso la caduta dei capelli, che quando ricrescono possono risultare più soffici e di colore leggermente diverso. In alcuni casi la perdita dei capelli è permanente.

Sono inoltre comuni reazioni cutanee nell'area trattata (capo e orecchie) come arrossamento, prurito o modificazioni del colore della pelle; in queste zone il paziente avvertirà le stesse sensazioni prodotte da una scottatura solare. L'area trattata dovrebbe essere esposta all'aria il più possibile, proteggendola però dal sole. I pazienti non dovrebbero indossare copricapi che possano causare irritazione e curare in modo particolare la salute della pelle. Il medico potrà consigliare l'uso di certi tipi di sapone o di unguenti: nessun'altra lozione o crema dovrà essere applicata senza che il medico ne sia al corrente.

Talvolta le cellule cerebrali distrutte dalle radiazioni formano una massa simile ad un tumore che può causare sintomi come mal di testa, perdita della memoria e convulsioni. In questo caso il medico potrebbe consigliare un intervento chirurgico o la somministrazione di steroidi per alleviare tali disturbi. Circa 4-8 settimane dopo la radioterapia i pazienti potranno essere soggetti a sonnolenza e perdita dell'appetito. Tali sintomi potranno perdurare parecchie settimane e in genere scompaiono spontaneamente; tuttavia, se si presentano, è bene avvisare il medico.

I bambini sottoposti a radioterapia per tumore cerebrale possono mostrare difficoltà di apprendimento o parziale perdita della capacità visiva. Se la ghiandola pituitaria viene danneggiata, la crescita e lo sviluppo del bambino potrebbero non avvenire normalmente.

Gli effetti collaterali della chemioterapia dipendono dai farmaci somministrati. In generale i farmaci antitumorali colpiscono le cellule a rapido accrescimento come le cellule ematiche che combattono le infezioni, le cellule che rivestono l'apparato digerente e le cellule dei follicoli piliferi. Di conseguenza i pazienti potranno mostrare una minore resistenza alle infezioni, perdita di appetito, nausea, vomito o ulcere alla bocca. Questi effetti collaterali generalmente scompaiono gradualmente alla fine del trattamento.

Alcuni farmaci anticancro possono causare sterilità. Le donne che assumono determinati farmaci antitumorali potranno avvertire i sintomi tipici della menopausa (vampate e secchezza vaginale, irregolarità o cessazione del ciclo mestruale). Gli effetti di alcuni farmaci somministrati a bambini e adolescenti potranno pregiudicare la loro futura capacità di concepire figli.

Certi farmaci utilizzati durante la cura di tumori al cervello possono causare danni ai reni. Si prescrive in genere ai pazienti ai quali vengono somministrati questi farmaci di ingerire grandi quantità di liquidi. Si potranno avvertire anche formicolio alle dita, ronzio alle orecchie o disturbi dell'udito. Questi problemi a volte non scompaiono del tutto alla fine del trattamento.

Il trattamento con steroidi per ridurre l'edema nel cervello può causare un incremento dell'appetito e quindi un aumento di peso. Rigonfiamenti facciali e dei piedi sono frequenti. Gli steroidi possono anche determinare irrequietezza, sbalzi d'umore, bruciori di stomaco e acne. Ciononostante i pazienti non dovrebbero interrompere l'assunzione di steroidi o cambiarne le dosi senza consultare il medico. L'uso degli steroidi deve essere interrotto gradualmente per permettere al corpo di adattarsi al cambiamento.

La perdita dell'appetito può rappresentare un problema per i pazienti sotto trattamento. Molte persone infatti non sentono appetito se si trovano in una situazione spiacevole o sono affaticati. Anche i più comuni effetti collaterali del trattamento come nausea e vomito possono rendere difficile l'assunzione di cibo. Alimentarsi correttamente è comunque molto importante, perché i pazienti ben nutriti generalmente reagiscono meglio e hanno più energia. Nutrirsi bene significa introdurre nell'organismo sufficienti calorie e proteine per prevenire la perdita di peso, riacquistare le forze e ricostruire i tessuti normali danneggiati. Molti pazienti trovano che mangiare spesso piccole quantità di cibo nell'arco della giornata sia meglio che consumare tre pasti abbondanti.

In alcuni soggetti trattati per tumori al cervello possono svilupparsi trombi e infiammazioni alle vene, generalmente delle gambe (tromboflebiti). Quando un paziente è affetto da edema, dolore e arrossamento alle gambe dovrebbe subito informare il medico.

Medici, infermieri e dietisti potranno fornire chiarimenti sugli effetti collaterali delle terapie antitumorali e consigliare come affrontarli al meglio. [Torna all'indice][Glossario]



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RIABILITAZIONE
La riabilitazione costituisce un'importante tappa del piano di trattamento e varierà in relazione alle diverse esigenze del paziente e alla misura in cui la malattia ne ha alterato le normali attività. L'équipe medica si impegnerà sempre a fondo per aiutare il paziente a riprendere una vita normale il più velocemente possibile.

Il paziente e la sua famiglia potrebbero aver bisogno dell'aiuto di un specialista (medico del lavoro) per superare alcune difficoltà nelle attività giornaliere come alimentarsi, vestirsi, lavarsi e usare la toilette. Se si verifica indebolimento o paralisi di un arto, o se un paziente accusa problemi di equilibrio, potrà essere necessaria una terapia fisica. L'intervento di un logopedista sarà richiesto se un paziente mostrerà difficoltà a parlare o ad esprimersi, oppure ad inghiottire.

Per i bambini in età scolare sarà opportuno agire il più presto possibile perché possano riprendere le normali attività. In alcuni casi i bambini sono seguiti da un insegnante sia in ospedale che dopo il ritorno a casa. I bambini che mostrano difficoltà nell'apprendere o nel ricordare ciò che hanno imparato potrebbero aver bisogno di un insegnante di sostegno o di frequentare corsi speciali dopo la ripresa delle attività scolastiche. [Torna all'indice][Glossario]



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FOLLOW-UP
È molto importante effettuare controlli regolari dopo il trattamento per tumore cerebrale. Il medico terrà i pazienti sotto stretta osservazione per essere sicuro che il tumore non si ripresenti. I controlli generalmente includono un esame fisico, un esame neurologico e saltuariamente una TAC o una risonanza magnetica.

I pazienti sottoposti a radioterapia in una vasta zona del cervello o pazienti trattati con determinati farmaci antitumorali, possono presentare un maggiore rischio di sviluppare una leucemia o un secondo tumore. Inoltre le radiazioni che colpiscono gli occhi possono determinare l'insorgere della cataratta. I pazienti dovrebbero seguire accuratamente i consigli del medico per quanto riguarda le cure e i controlli periodici. Qualunque problema dovrebbe essere riferito al medico il più presto possibile. [Torna all'indice][Glossario]



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CONVIVERE CON IL CANCRO
Una diagnosi di tumore cerebrale può cambiare la vita dei pazienti e dei loro familiari e amici. Questi cambiamenti possono essere difficoltosi da affrontare in quanto generano nelle persone colpite emozioni diverse e disorientamento.

Spesso i pazienti e i loro cari possono essere assaliti da paura, rabbia o depressione: si tratta di reazioni del tutto normali in chi si trova ad affrontare seri problemi di salute. Molti pazienti, compresi i bambini e gli adolescenti, trovano sollievo nel condividere i propri pensieri e sentimenti con persone care. Parlare dei propri problemi può avere un effetto tranquillizzante e offre l'opportunità alle persone vicine al malato di dare il proprio sostegno.

Molti pazienti potranno aver timore degli esami clinici, della terapia, del ricovero ospedaliero, della riabilitazione e degli eventuali costi da sostenere. I genitori vorranno sapere se i loro bambini potranno continuare a prendere parte alle normali attività scolastiche e sociali. Medici, infermieri/e, assistenti sociali e altro personale specializzato potranno tranquillizzare i pazienti e i loro parenti ed eviteranno confusioni e paure; potranno anche fornire i nominativi di alcuni esperti in grado di fornire aiuto.

I malati e i loro familiari desidereranno inoltre conoscere cosa riserverà loro il futuro, talvolta basandosi su statistiche che riportano le aspettative di vita di pazienti affetti da tumore cerebrale, ma è importante ricordare che tali statistiche esprimono dati ottenuti prendendo in esame un numero elevato di pazienti; non ci si può pertanto basare su di esse per sapere che cosa accadrà ad un paziente in particolare, perché ogni persona è un caso a sé, diverso da qualsiasi altro. Il medico curante, che conosce la storia clinica del paziente, è l'unica persona in grado di discutere sulle prospettive future (prognosi).

I pazienti e i familiari devono sentirsi liberi di chiedere informazioni sulla prognosi, ma è importante sapere che spesso nemmeno il medico potrà prevedere gli sviluppi futuri della malattia. Quando il medico parlerà di guarigione per un cancro al cervello, userà probabilmente il termine remissione. Infatti, anche se molti malati guariscono completamente da questa malattia, in molti casi di tumore al cervello potrebbe verificarsi una recidiva. [Torna all'indice][Glossario]



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CHI PUÒ ESSERE D'AIUTO
Convivere con una malattia grave non è facile: è necessario affrontare molti problemi e numerose sfide. Trovare la forza di far fronte a queste difficoltà è più facile se si dispone di informazioni adeguate e servizi di supporto.

Il medico può fornire informazioni sulla malattia e sul trattamento, sul ritorno a scuola o al lavoro e sulla possibilità di riprendere le normali attività. Il colloquio con psicologi, infermieri/e, assistenti sociali, consulenti o sacerdoti potrà essere utile per chiarire eventuali dubbi sulla vita futura, le relazioni familiari e ottenere consigli su problemi finanziari.

Amici e parenti, specie coloro che sono stati colpiti a loro volta dal cancro, possono rivelarsi di grande aiuto; inoltre, incontri e colloqui con persone che stanno vivendo la stessa esperienza potranno costituire un valido sostegno. Spesso i malati si riuniscono in gruppi di supporto e di auto-aiuto all'interno dei quali possono condividere ciò che hanno imparato sul cancro e sulle possibili terapie e su come tener testa alla malattia. Oltre ai gruppi per pazienti adulti sono presenti in alcune città gruppi di supporto per bambini o per adolescenti malati di tumore o per genitori i cui bambini sono affetti da questa malattia. È comunque molto importante ricordare che ogni paziente è un caso a sé, differente da tutti gli altri. I trattamenti antitumorali che si rivelano efficaci in un certo caso possono non essere adatti ad un altro paziente, anche se entrambi sono stati colpiti dalla stessa forma di tumore. Pertanto, sarà sempre una buona idea discutere dei consigli dati da amici e familiari con il medico curante.
Spesso un assistente sociale ospedaliero o il Servizio di Informazione Oncologica Nazionale "SOS Tumori" potranno suggerire gruppi locali e nazionali che saranno di aiuto per la riabilitazione, il supporto psicologico, i trasporti e l'assistenza domiciliare. [Torna all'indice][Glossario]



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CHIEDERE E OTTENERE INFORMAZIONI PRESSO L'ISTITUTO NAZIONALE PER LA RICERCA SUL CANCRO
L'Istituto mette a disposizione dei pazienti e dei loro familiari i seguenti servizi:

Telefono oncologico: 800 422 412
Il servizio fornisce informazioni oncologiche aggiornate ai pazienti, ai loro familiari, ai medici e al pubblico in generale.

Internet: (http://www.sostumori.org)
Il sito contiene materiale informativo per i pazienti, per i loro familiari, per i medici e per il pubblico in generale: semplici, ma esaustive descrizioni di varie patologie oncologiche, FAQ (una serie di veloci domande e risposte su svariati argomenti oncologici), elenchi di Centri Oncologici e di Associazioni, ricerche bibliografiche, riviste elettroniche, ecc.

E-mail: quesitomedico@sostumori.org
Come il telefono oncologico anche questo servizio fornisce, in formato elettronico, informazioni oncologiche aggiornate su richiesta di pazienti, familiari, medici.

Fax: 010 5600327
Chi non puo' mandare una e-mail e non desidera parlare al telefono puo' porre i propri quesiti tramite fax: ricevera' sempre una risposta veloce ed aggiornata redatta da personale esperto.

Booklets: da richiedersi alla Biblioteca dell'Istituto
Sono libretti informativi accessibili anche attraverso il sito Web www.sostumori.org, ma che la biblioteca, su richiesta, fornisce in formato cartaceo. I libretti forniscono, in un linguaggio semplice, informazioni esaustive su diversi tipi di tumore e su alcune problematiche oncologiche.



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GLOSSARIO
Acustico: riguardante il suono e l'udito.

Anaplastico: termine utilizzato per descrivere cellule tumorali che si dividono rapidamente e che non presentano similitudini con le cellule normali.

Angiogramma: radiografia dei vasi sanguigni dopo introduzione di mezzo di contrasto.

Anticonvulsivante: farmaco che previene, attenua o blocca le convulsioni o gli accessi epilettici.

Astrocitoma: forma di tumore che ha origine nel cervello o nel midollo spinale le cui cellule, chiamate astrociti, sono stellate e di piccole dimensioni. Le cellule di un tumore di grado elevato presentano un aspetto anomalo e in genere crescono più velocemente rispetto alle cellule appartenenti a tumori di basso grado.

Benigno: non canceroso; non invade i tessuti adiacenti, né si diffonde ad altri organi.

Biopsia: asportazione delle cellule di un tessuto per l'esame al microscopio. Quando viene prelevato un solo campione di tessuto si parla di biopsia incisionale, mentre se si asporta l'intero tumore la procedura si chiama biopsia escissionale. Se il campione è aspirato tramite un ago, si effettua un'agobiopsia o agoaspirato.

cerebro: la più estesa porzione del cervello. E' diviso in due metà chiamate cerebro. Il cerebro controlla le funzioni muscolari nonché il linguaggio, le emozioni, la lettura, la scrittura e l'apprendimento.

Cervelletto: porzione del cervello situata sul retro del capo tra il cerebro e il tronco encefalico. Il cervelletto regola l'equilibrio durante la deambulazione e la posizione eretta e presiede ad altre funzioni motorie complesse.

Chemioterapia: trattamento del tumore mediante farmaci antitumorali.

Chemioterapia intratecale: infusione di antiblastici all'interno del sottile rivestimento situato tra il midollo spinale e il cervello al fine di ridurre il rischio di tumore in tali organi.

Chirurgia: procedura di asportazione o restauro di un organo o di individuazione di una patologia.

Convulsioni: contrazioni improvvise e involontarie dei muscoli.

Craniofaringioma: tumore cerebrale benigno da considerare maligno in quanto può danneggiare l'ipotalamo, la zona del cervello che controlla la temperatura corporea e le sensazioni di fame e sete.

Craniotomia: intervento chirurgico che prevede l'apertura del cranio.

Edema: gonfiore causato da un eccessivo accumulo di liquido nei tessuti.

cerebro: le due metà del cerebro, la zona del cervello che controlla le funzioni muscolari nonché il linguaggio, le emozioni, la lettura, la scrittura e l'apprendimento. L'emisfero destro regola i movimenti muscolari della parte sinistra del corpo, mentre l'emisfero sinistro presiede ai movimenti muscolari della parte destra.

Ependimoma: forma di neoplasia cerebrale che ha origine nel canale centrale del midollo spinale, ma può anche svilupparsi nelle cellule di rivestimento dei ventricoli, che producono e conservano il liquido cerebrospinale che a sua volta protegge il cervello e il midollo spinale.

Fattore di rischio: condizione che accresce la possibilità di sviluppare una malattia.

Follicoli piliferi: aperture tubulari dell'epidermide da cui i peli si sviluppano.

Gamma knife (radiochirurgia a raggi gamma): tipo di radioterapia in cui le radiazioni ad alta energia raggiungono il tumore da diverse angolazioni in un'unica sessione di trattamento.

Germinoma: la forma più diffusa di tumore cerebrale delle cellule germinali.

Ghiandola pineale: piccola ghiandola situata nel cerebro che secerne melatonina. Viene chiamata anche corpo pineale.

Ghiandola pituitaria: la più importante ghiandola endocrina, che secerne ormoni che regolano il funzionamento di altre ghiandole nonché diverse funzioni corporee, in modo particolare la crescita.

Glioblastoma multiforme: forma di tumore del cervello che si sviluppa nel tessuto gliale (di supporto). Si tratta di un tumore a crescita molto rapida le cui cellule presentano un aspetto molto diverso dal normale. Viene chiamato anche astrocitoma di grado IV.

Glioma: cancro del cervello e del midollo spinale che si sviluppa nelle cellule gliali o di supporto.

Glioma del tronco encefalico: tumore localizzato nella zona di collegamento tra il cervello e il midollo spinale (tronco encefalico). Si tratta di un tumore a crescita rapida o lenta a seconda del grado.

Idrocefalo: accumulo anomalo di liquido cerebrospinale nei ventricoli.

Incapsulato: confinato ad una zona specifica e localizzata e circondato da un sottile strato di tessuto.

Ipertermia: tipo di trattamento che prevede l'esposizione del tessuto corporeo ad elevate temperature allo scopo di danneggiare e distruggere le cellule cancerose o di renderle maggiormente sensibili agli effetti delle radiazioni e di certi antiblastici.

Ipotalamo: zona del cervello che controlla la temperatura corporea e le sensazioni di fame e sete.

Liquido cerebrospinale: il liquido che scorre attorno al cervello e il midollo spinale. E' prodotto nei ventricoli.

Maligno: canceroso. Crescita tendente all'invasione e distruzione del tessuto adiacente e alla diffusione in altri organi.

Medulloblastoma: tumore cerebrale maligno che ha origine nella zona inferiore del cervello e può diffondersi alla colonna vertebrale o ad altri organi. Viene talvolta chiamato tumore neuroectodermico primitivo.

Membrana: strato sottile di tessuto che ricopre una superficie.

Meningi: le tre membrane che avvolgono e proteggono il cervello e il midollo spinale.

Meningioma: forma di tumore che si sviluppa nelle meningi, cioè le membrane che avvolgono e proteggono il cervello e il midollo spinale. Si tratta di un tumore a crescita lenta.

Menopausa: periodo della vita di una donna in cui il ciclo mestruale subisce un arresto, per un periodo non inferiore a un anno.

Metastasi: diffusione del tumore da un organo ad un altro. Le cellule del tumore metastatico (secondario) sono simili a quelle del tumore primitivo.

Midollo osseo: tessuto molle e spugnoso che si trova nella zona centrale di alcune ossa e che produce globuli bianchi, globuli rossi e piastrine.

Mielina: sostanza lipidica che ricopre e protegge i nervi.

Mielogramma: radiografia del midollo spinale dopo iniezione di un mezzo di contrasto nello spazio situato tra il rivestimento del midollo spinale e il cervello.

Neurochirurgo: chirurgo specializzato in interventi al cervello, alla colonna vertebrale e ad altri organi del sistema nervoso centrale.

Neuroma: tumore che ha origine nelle cellule nervose.

Oligodendroglioma: tumore raro a crescita lenta che ha origine negli oligodendrociti, cellule cerebrali che forniscono supporto e nutrimento alle cellule che trasmettono gli impulsi nervosi. E' chiamato anche cancro oligodendrogliale.

Oncologo: medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento dei tumori per mezzo di chemioterapia, terapia ormonale e terapia biologica. Un oncologo spesso assume il ruolo di coordinatore delle varie terapie talvolta prescritte da altri specialisti.

Oncologo radioterapista: medico specializzato nel trattamento radioterapico del cancro.

Passo atassico: mancanza di coordinamento nella deambulazione.

Patologo: medico specializzato nell'individuazione di malattie attraverso lo studio di cellule e tessuti al microscopio.

Pineoblastoma: forma di tumore cerebrale a crescita rapida che si sviluppa all'interno o in prossimità della ghiandola pineale, un minuscolo organo situato nella zona centrale del cervello.

Pineocitoma: forma di tumore cerebrale a crescita lenta che si sviluppa all'interno o in prossimità della ghiandola pineale, un minuscolo organo situato nella zona centrale del cervello.

Prognosi: previsione del probabile decorso ed esito di una malattia.

Radiografia: tecnica che impiega radiazioni ad alta energia a basse dosi per la diagnosi di situazioni patologiche. A dosi elevate, le stesse radiazioni sono utilizzate per il trattamento del cancro.

Radiosensibilizzanti: farmaci che rendono le cellule tumorali più sensibili alle radiazioni.

Radioterapia: la terapia radiante (o radioterapia) consiste nell'uso delle radiazioni ad alta energia dei raggi X, dei neutroni o di altre sorgenti radioattive per distruggere le cellule cancerose e ridurre le dimensioni di un tumore. I raggi sono erogati da una macchina (radioterapia esterna), oppure da materiali che producono radiazioni (radioisotopi) situati all'interno o a breve distanza dal tumore o nella zona dove si trovano le cellule tumorali (radioterapia interna intracavitaria o brachiterapia). La radioterapia sistemica comprende l'immissione nell'organismo di sostanze radioattive come gli anticorpi monoclonali.

Recidiva: avviene quando il cancro si ripresenta, nello stesso sito (tumore primario) oppure altrove, dopo un periodo di remissione.

Remissione: scomparsa dei segni e sintomi del cancro. Quando ciò si verifica, si dice che la malattia è "in remissione". Può essere temporanea o definitiva.

RMN (risonanza magnetica nucleare): Un potente magnete collegato ad un computer produce immagini dettagliate delle strutture interne dell'organismo.

Schwannoma: forma di tumore cerebrale benigno che origina dalle cellule di Schwann, che secernono mielina, una sostanza che protegge il nervo acustico (il nervo dell'udito).

Shunt: deviazione realizzata chirurgicamente di un liquido, ad esempio del sangue o del liquido cerebrospinale, da una zona corporea ad un'altra.

Sistema immunitario: gruppo complesso di organi e cellule in grado di difendere l'organismo da infezioni e malattie.

Sistema nervoso centrale: cervello e midollo spinale.

Stereotassi: produzione di immagini tridimensionali con l'aiuto di un computer e di dispositivi di scansione. Questo metodo può essere impiegato durante una biopsia, la radioterapia esterna o l'applicazione di impianti per la radioterapia interna.

Sterilità: incapacità di concepire un figlio.

Steroidi: farmaci che riducono il gonfiore e le infiammazioni.

Studi clinici: studi di ricerca medica svolti allo scopo di valutare l'efficacia su pazienti volontari di nuovi trattamenti. Ogni studio prende in esame nuovi metodi di screening, prevenzione, diagnosi o terapie antitumorali.

TAC: tomografia assiale computerizzata. Tramite un computer collegato ad un apparecchio a raggi X si ottiene una serie di immagini particolareggiate delle strutture interne dell'organismo.

Terapia biologica: trattamento mirante a stimolare o ripristinare la capacità del sistema immunitario di combattere le infezioni e le malattie. Viene impiegata per attenuare gli effetti collaterali derivanti da alcune terapie antitumorali. E' chiamata anche immunoterapia ed implica spesso l'uso di sostanze definite modulatori di risposta biologica (BRM).

Tessuto: aggregato o strato di cellule che svolgono insieme una particolare funzione.

Trapianto di midollo osseo: sostituzione del midollo osseo danneggiato dal trattamento in seguito all'impiego di dosi elevate di farmaci antiblastici o di radiazioni. Il trapianto può essere autologo (trapianto di cellule dello stesso paziente prelevate precedentemente), allogenetico (si impiegano le cellule di un donatore sano), o singenetico (le cellule vengono donate da un gemello monozigote).

Tronco encefalico: collega il cervello al midollo spinale.

Tromboflebite: infiammazione di una vena associata alla formazione di un trombo.

Tumore: massa anomala di tessuto risultante dalla moltiplicazione incontrollata delle cellule. Un tumore non espleta alcuna funzione utile all'organismo. I tumori si dividono in benigni (non cancerosi) e maligni (cancerosi).

Tumori delle cellule germinali: tumori che hanno origine nelle cellule che producono sperma o uova. In pratica, possono svilupparsi in qualunque organo ed essere di natura benigna o maligna.

Tumore della regione pineale: forma di tumore cerebrale che si sviluppa all'interno o in prossimità della ghiandola pineale, un minuscolo organo situato nella zona centrale del cervello.

Tumore neuroectodermico primitivo: forma di tumore osseo che si sviluppa all'interno delle ossa larghe. Viene anche chiamato sarcoma di Ewing.

Ventricoli: cavità contenenti liquido presenti nel cervello e nel cuore.

Vitale: necessario a mantenere la vita; la respirazione è una funzione vitale.


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