CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2013 09:18
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Mauretto58
[Non Registrato]
15/07/2012 09:36

RACCONTI E STORIE
Pasha il Vincitore!

Pasha ha 16 anni, viene da Kiev. Ha avuto il tumore all’età di 10 anni. Era un cancro difficile da curare, molto aggressivo. Il trattamento è durato quasi due anni e nonostante Pasha viva in capitale, ha trascorso lunghi periodi in ospedale, a Kiev, senza poter tornare a casa, senza poter giocare a calcio con i suoi amici. Pasha è un vincente, ce l’ha fatta, è guarito!

Ma quando la vita ti tira certe bastonate a un’età così tenera, la guarigione non finisce certo con un certificato medico e una dimissione dall’ospedale. Il corpo rimane debilitato, si vive con la paura di una recidiva e soprattutto gli strascichi psicologici sono molto difficili da superare, soprattutto da soli. Lo sanno bene le nostre psicologhe di Kiev, con le quali da circa un anno abbiamo deciso di organizzare il Winners Club. Si tratta di un doposcuola per ragazzi guariti dal tumore. Il nostro circolo dei vincenti si riunisce tre volte a settimana per impartire lezioni di inglese, di chitarra, scuola di grafica e supporto psicologico basato su gruppi di auto aiuto.

Pasha è l’esempio da manuale di quelle che possono essere le conseguenze psico-fisiche di una malattia devastante come il cancro. Guarisce dal tumore, viene dimesso e torna a casa. Pasha ha solo la madre, il padre li ha abbandonati non appena ha scoperto della malattia del loro unico figlio, di lui non si sono più avute notizie. La madre riesce ad affrontare al meglio, anche da sola, la malattia del figlio, tanto che Pasha in meno di due anni guarisce completamente. È difficile non diventare apprensivi fino all’eccesso in questi casi. Il ragazzo torna a casa, ma per paura dei virus, il freddo e la possibilità di prendere inutili malattie, la madre decide che il figlio studierà da casa. In Ucraina la legge consente ai disabili (e anche un ragazzo guarito dal cancro lo è) di ricevere lezioni private a casa, una volta la settimana. Pasha dice addio ai suoi compagni di classe. La madre lavora tutto il giorno: sono solo loro due e a fine mese occorre portare a casa un salario… Pasha è un ragazzo aperto, solare, socievole. Per lui è una vera condanna stare a casa da solo tutto il giorno. La sua unica valvola di sfogo è internet, con le mail, le chat, i social network. Per lo meno Pasha può parlare con suoi coetanei, dare sfogo alla sua incontenibile voglia di contatto umano. Ma le amicizie virtuali spesso non bastano e Pasha entra in una seria depressione. Arriva sino al punto di tentare il suicidio, all’età di 14 anni… Ma nemmeno il tentativo di suicidio riesce a mandarlo KO, Pasha è forte, nonostante la depressione si attacca con tutte le sue forze alla poca voglia di vivere che gli è rimasta.
La prima volta che Pasha arriva al Winners Club non riescono nemmeno a guardarlo negli occhi, Pasha è silenzioso, guarda solo in terra, è la madre che parla per lui. Inizia un lungo lavoro di supporto psicologico. Pasha, sebbene sia sempre molto chiuso, non perde una giornata di lezioni al Club. Poco a poco si apre e le psicologhe riescono a comunicare con lui, a dargli conforto, ad aiutarlo ad uscire dal suo stato di depressione acuta.

Incontro Pasha per la prima volta a Palermo, in aeroporto. E’ il più alto dei ragazzi ucraini. Sono venuti in Italia per un’iniziativa chiamata “Ambasciatori di Speranza”, un progetto che porterà ragazzini guariti dal cancro provenienti da diversi paesi del mondo (Ucraina, Russia, Marocco, Togo e Italia) a Trapani, poi su un brigantino a vela attraverso il Mediterraneo e infine a Buggerru, in Sardegna.

Le attività ludiche, educative e di vela terapia sono state studiate per aumentare l’autostima e le capacità di socializzazione dei ragazzi. Pasha si dimostra uno dei ragazzini più socievoli e attivi, sin dalla prima sera. Lo soprannominiamo subito “Paparazzo” perché ha sempre la macchina fotografica in mano e fa foto a tutti quanti! Pasha è alto e magro, porta dei piccoli occhiali in metallo dietro cui brillano occhi curiosi e intelligenti. E’ il primo a svegliarsi e l’ultimo ad andare a dormire. Al suo ritorno a Kiev riceviamo una chiamata commossa della mamma: ci ringrazia per aver dato a Pasha l’opportunità di venire in Italia e ci dice che non ha MAI visto suo figlio così felice in vita sua.

Fa impressione pensare che solo qualche mese fa Pasha fosse depresso e chiuso in se stesso, incapace di comunicare al mondo la sua voglia di vivere, la sua voglia, nonostante la giovane età, di dimenticare il passato e costruire un nuovo splendido futuro.
Pasha è il nostro vincitore numero uno, la sua forza e il suo coraggio sono un grande insegnamento di vita, per tutti.

Il piccolo Koné e la scuola
Siamo in reparto con la coordinatrice locale di Soleterre in Costa d’Avorio, la signora Konè. Si avvicina un bambino e le sorride, le dice “ciao, ti ricordi di me?”. Konè guarda il piccolo, che avrà su per giù 5 anni. Poi si accende una lampadina: “Certo che mi ricordo, tu sei Konè!”. In Costa d’Avorio il nome Konè (che vuol dire “conosciuto”) è sia per i maschi che per le femmine. Konè è piccolo e magrolino, scopriamo che ha già 7 anni, ma non sa ancora né leggere né scrivere. A causa della malattia Konè ha avuto uno dei tumori più comuni in Africa: il linfoma di Burkitt. Il trattamento si basa esclusivamente sulla chemioterapia intensiva breve: si tratta di un imperativo terapeutico. Se viene messa in atto una terapia impegnativa - affidata a un'equipe interdisciplinare esperta nella cura dei tumori del bambino, nei paesi occidentale il tasso di guarigione è del 90% (G. Vassal, 2002). In Costa d’Avorio i tassi di sopravvivenza nel caso del Linfoma di Burkitt sono intorno al 50% e sono già aumentati sensibilmente, fino a 5 anni fa erano ancor più bassi.

Konè aveva 5 anni quando ha iniziato a lamentarsi per il male alle orecchie. I genitori inizialmente hanno pensato a un raffreddamento passeggero, ma il dolore aumentava e anche la bocca del bambino iniziava a gonfiarsi. La famiglia vive in una zona rurale, il padre di Konè raccoglie il cacao per grandi proprietari terrieri. Non ci sono ospedali, quando qualcuno sta male, si va dallo stregone. Ed è proprio dallo stregone che i genitori portarono il piccolo. Ormai la faccia era gonfia e i lamenti del bambino insopportabili. Le cure prescritte (impacchi di argilla e tisane di erbe) non sortirono nessun effetto, anzi, ormai il viso del bambino era completamente gonfio, quasi sfigurato.

Così i genitori lasciarono a casa i loro altri 5 figli e si recarono ad Abidjan, allo CHU (Centro Universitario Ospedaliero) di Treichville. La diagnosi dei dottori fu chiara e Konè venne ricoverato presso il reparto di Oncologia Pediatrica. Konè è stato fortunato, i suoi genitori hanno un parente in Italia, che lavorando sodo in una fabbrica del Nord Est e facendo tanti sacrifici è riuscito ad aiutare i suoi genitori a sostenere il costo delle cure. In Costa d’Avorio non c’è nulla negli ospedali, tutte le analisi e le cure (chemioterapie, antidolorifici, cure di supporto) prescritte devono essere acquistate presso la locale farmacia. Bisogna anche pagare un ticket giornaliero per il posto letto e due pasti caldi. La cifra da pagare è molto bassa (60 centesimi di Euro circa), ma è un capitale quando non si ha nulla.

Ricordo Konè in foto. Giusto prima di Natale organizzammo un’attività di animazione in reparto. Invitammo dei clown professionisti e comprammo i pasticcini. Preparammo anche delle magliette dell’associazione, Konè nelle foto la teneva appoggiata al petto, bene in mostra. La sua faccia e il suo collo erano talmente gonfi che non riusciva nemmeno a infilare la t-shirt.

La signora Konè si commuove. Fa impressione vederlo “normale”, con la testa e il collo ben proporzionati, sul fisico esile ma forte di chi deve raccogliere la legna per cucinare e andare a prendere l’acqua al pozzo tutti i giorni. Konè sta bene, le chemio hanno ottenuto l’effetto desiderato e ora il peggio è passato, è qui solo per una visita di controllo. L’educatrice del reparto accoglie il piccolo, lo abbraccia e lo invita presso la piccola ma ormai ben fornita ludoteca. É stata Soleterre ad acquistare libri e materiale didattico e a rendere possibile l’organizzazione di lezioni ed incontri educativi per i bambini. É importante per Konè e per tutti gli altri bambini ricoverati continuare a studiare, anche in reparto durante le cure, per non perdere tempo e rimanere al passo con i compagni di scuola. Ma soprattutto per rimanere attaccati sempre e comunque all’idea di un futuro, studiare vuol dire crescere, pensare al proprio futuro e immaginare la propria guarigione.

Konè a breve inizierà la scuola e presto imparerà a leggere e scrivere. É bello poterselo ricordare con quel bel sorriso che gli illumina il volto, davanti a un abbecedario.

Il futuro di Gokul e Chandrika
Gokul ha 12 anni e da due mesi frequenta il centro RCC dove é in cura dopo che gli è stata diagnosticata una leucemia.
Rimasto orfano di padre, Gokul vive con la sorella minore e la madre, Chandrika, dai nonni materni. L’unica risorsa economica della famiglia era il lavoro di Chandrika che ogni giorno andava al mercato per vendere verdure, guadagnando circa 130 rupie (2 euro) al giorno. Tuttavia, da quando Gokul ha iniziato le cure, Chandrika ha dovuto abbandonare il proprio lavoro.
Per il primo mese Gokul é stato ricoverato presso l’ospedale dove cure, un letto e cibo erano assicurati. Ora però Gokul é stato dimesso anche se deve presentarsi per le regolari cure 4 volte a settimana.
Per assicurare le cure al figlio, Chandrika ha affittato una stanza vicino all’ospedale: il costo è di 3000 rupie (45 euro) al mese. A questa vanno aggiunte le spese per cibo, le bollette e le medicine che il centro RCC non fornisce direttamente.
La situazione é insostenibile. Al momento la sorella di Gokul – che frequenta la classe IV – vive con i nonni, troppo anziani per lavorare. Chandrika ha chiesto aiuto a diverse persone perché le sue finanze le permetteranno di garantire le cure al figlio solo per il prossimo mese.
Cerca di garantire il diritto alla salute, alla cura, al futuro, sostenendo il centro e le famiglie con bambini malati di tumore perché la mancanza di denaro non sia un limite alla vita dei bambini.
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