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OICLAC.iL CALCIO AL CONTRARIO

CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA

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    mauretto58
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    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 16/11/2009 20:10
    si sono rese disponibili per questa donazione
    e che sono già state “tipizzate” tramite un
    piccolo prelievo di sangue. Si è stimato che un
    Registro che contenga almeno 100.000 nomi di
    donatori offra al bambino un’ottima probabilità
    di trovare un donatore compatibile in tempi
    relativamente brevi (3 mesi circa). Al momento
    della pubblicazione di questo opuscolo, gli
    iscritti al Registro italiano sono circa 328.500,
    grazie anche agli sforzi di ADMO (Associazione
    Donatori Midollo Osseo) (www.admo.it) che
    sensibilizza l’opinione pubblica sull’importanza
    di questo tipo di donazione e raccoglie donatori
    per il Registro.
    In casi selezionati, il donatore può essere
    un genitore o un fratello non perfettamente
    compatibile (trapianto mismatched o
    aploidentico) ed è necessario prendere speciali
    provvedimenti per evitare il rigetto del materiale
    non compatibile e limitare soprattutto la gravità
    della GVHD.
    La procedura del trapianto il midollo osseo (che
    andrà successivamente trapiantato) consiste nel
    togliere al donatore dall’interno di certe ossa
    (creste iliache) questo materiale gelatinoso (=
    midollo) per semplice aspirazione con un ago
    speciale, in anestesia generale. Il donatore può
    andare quasi subito a casa. Non vi rimane che un
    piccolo indolenzimento nelle aree di aspirazione,
    e il midollo prelevato per la donazione viene
    rimpiazzato nel giro di pochi giorni, facendo
    sì che di fatto, l’unico rischio sia quello
    anestesiologico.
    Al paziente, dopo il trattamento che uccide
    sia le cellule tumorali/leucemiche sane che le
    cellule del midollo osseo del paziente stesso
    (condizionamento), viene infuso (= trasfusione)
    il midollo prelevato dal donatore, che va
    naturalmente a collocarsi nella giusta sede
    midollare, nelle cavità all’interno delle ossa, e
    inizia a produrre per moltiplicazione cellulare
    nuovo midollo e nuove cellule ematiche. Il tempo
    necessario alla preparazione del paziente per il
    trapianto, al trapianto stesso, all’attecchimento
    del nuovo midollo osseo trapiantato con la
    relativa produzione di nuove cellule ematiche
    in numero sufficiente, è di circa un mese, da
    trascorrere comunque ricoverato in isolamento
    stretto all’interno di speciali camere o reparti “a
    bassa carica microbica”.
    In alcuni casi, le cellule da trapiantare vengono
    ricavate dal sangue del cordone ombelicale
    donato (trapianto di cellule staminali
    emopoietiche cordonali). La spremitura della
    placenta e del cordone ombelicale dopo il parto
    consente una raccolta di sangue placentare
    molto ricco di cellule immature (cellule staminali
    emopoietiche - CSE) che sono in grado anche
    esse di migrare verso le cavità svuotate delle ossa
    e, moltiplicandosi e specializzandosi, diventare
    nuove cellule di midollo osseo. Il sangue
    placentare viene tipizzato e crioconservato in
    sacche fino all’utilizzo per il trapianto in un
    bambino compatibile. Queste cellule hanno delle
    caratteristiche dovute alla loro immaturità che
    facilitano il loro trapianto diminuendo il rischio
    di rigetto. Questo tipo di trapianto è oggi ben
    utilizzato e quindi è fondamentale la donazione
    del cordone da parte delle partorienti. Per
    informazioni su questo tipo di donazione, vedere
    il sito www.adisco.it dell’Associazione Donatrici
    Italiane Sangue Cordone Ombelicale.
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 16/11/2009 20:11
    Dal 2006 è possibile donare anche prelevando
    cellule staminali dal sangue periferico. Al
    donatore vengono somministrati farmaci 4-5
    giorni prima della donazione, chiamati ”fattori di
    crescita” che stimolano la produzione di cellule
    staminali emopoietiche permettendo il prelievo
    di queste cellule in centri trasfusionali attrezzati
    senza il ricovero in ospedale e senza anestesia.
    La donazione da periferico è oggi in costante
    aumento.
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 19/11/2009 19:39
    Trasfusioni e citoaferesi
    e le donazioni di sangue
    Sia la leucemia di per sé, sia i trattamenti antitumorali in generale
    spesso comportano una diminuzione nel numero delle cellule del
    sangue. Quando diminuiscono i globuli rossi e l’anemia che ne deriva
    supera un certo valore critico, si interviene con una trasfusione di
    sangue, o preferibilmente di globuli rossi concentrati.
    Meno spesso avviene che il midollo sia così povero
    di cellule da essere quasi vuoto.
    In queste fasi il paziente ha poche o pochissime
    piastrine ed è esposto al rischio di emorragie,
    o pochi o pochissimi globuli bianchi che lo rende
    suscettibile ad infezioni gravi.
    Per ridurre il rischio infettivo, sarà necessario
    isolare il bambino, o in casa con l’utilizzo
    di una maschera e speciali accorgimenti igienici,
    oppure in ospedale in speciali camere
    a bassa carica microbica delle quali
    si è parlato precedentemente.
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 19/11/2009 19:41
    Per ridurre il rischio di emorragie, invece, si potrà ricorrere
    alla infusione di concentrati piastrinici che si ottengono
    dal sangue di donatori compatibili. Tuttavia per avere
    abbastanza piastrine, le “donazioni normali” di sangue
    spesso non bastano e richiedono più donatori. Bisogna
    pertanto riuscire a togliere al donatore singolo molte
    piastrine senza anemizzarlo. Siccome il sangue del donatore
    contiene un elevato numero di piastrine , rapidamente
    rimpiazzabili (l’attività di una piastrina è molto breve)), si
    può ricorrere alla donazione di sole piastrine senza togliere
    anche i globuli rossi attraverso un processo chiamato
    citoaferesi, in cui il sangue intero viene prelevato da un
    apparecchio che separa e trattiene le piastrine e/o i globuli
    bianchi e restituisce al donatore
    quello che non serve
    (il plasma e i globuli rossi).
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 19/11/2009 19:42
    Isolamento
    “l’isola della vita”
    Sia la leucemia di per sé sia i trattamenti
    antitumorali in generale possono comportare
    una grave perdita delle difese immunitarie,
    soprattutto a causa della diminuzione dei
    leucociti (globuli bianchi) o del loro cattivo
    funzionamento (blasti nelle leucemie). In questa
    fase il paziente deve essere isolato per possibili
    gravi infezioni.
    Se l’immunodepressione non è profonda,
    il paziente può essere “isolato in casa”,
    controllando le persone e gli oggetti con cui
    viene a contatto, utilizzando le speciali maschere
    contro i germi, e adottando rigide norme
    igieniche. Se l’immunodepressione è grave, il
    paziente deve essere ospedalizzato, finché le
    sue difese non aumentano e messo in profilassi
    antibiotica endovena.
    In molti reparti sono state realizzate, spesso
    grazie a fondi provenienti dalle Associazioni
    Genitori, stanze speciali, o addirittura reparti
    speciali, a “bassa carica microbica”, cioè
    pressochè sterili, dove il bambino può restare
    finché ne ha bisogno, assistito dalla mamma o
    dal papà, e da personale sanitario che adotta
    le stesse precauzioni della sala
    operatoria. Questa situazione
    di estrema povertà di leucociti
    si verifica anche nel paziente
    trapiantato durante il periodo
    di attesa dell’attecchimento del
    nuovo midollo. Di solito sottoposto
    a trapianto dovrà passare circa un
    mese in questo isolamento.
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 19/11/2009 19:43
    La ricerca
    In Italia, come all’estero, vi è una intensa attività
    di ricerca nel campo dell’oncoematologia
    pediatrica. I risultati positivi fino a oggi raggiunti
    fanno pensare per il futuro ad un ulteriore
    aumento delle percentuali di guarigione.
    I progressi sono evidenti quando si pensa
    che prima del 1947 la prognosi dei bambini
    diagnosticati con leucemia linfoblastica acuta, la
    forma più comune e oggigiorno più facilmente
    curabile, era di solo due mesi di vita. Grazie alla
    ricerca, oggi vi è una maggiore comprensione
    dei meccanismi di base della malattia e vi è la
    disponibilità di sempre nuovi e più efficaci mezzi
    terapeutici, per cui oltre il 70% dei bambini
    diagnosticati con tumore o leucemia oggi se
    adeguatamente trattati guariscono.
    Nonostante questi successi, i problemi restano ed
    enormi sono gli sforzi che si stanno compiendo
    per l’elaborazione di protocolli sempre più
    efficaci e meno tossici e per il miglioramento
    delle tecniche di trapianto.
    Per questo motivo, le Associazioni Genitori
    impegnano molti dei loro fondi
    a sostegno di programmi di ricerca.
    La ricerca in Italia viene svolta in maniera
    coordinata grazie ad una collaborazione
    tra i vari centri, sia nazionali
    che internazionali, resa possibile
    dai moderni strumenti informatici
    e telecomunicativi nonché da molteplici
    occasioni di incontro in seminari e convegni.
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 19/11/2009 19:43
    La ricerca
    In Italia, come all’estero, vi è una intensa attività
    di ricerca nel campo dell’oncoematologia
    pediatrica. I risultati positivi fino a oggi raggiunti
    fanno pensare per il futuro ad un ulteriore
    aumento delle percentuali di guarigione.
    I progressi sono evidenti quando si pensa
    che prima del 1947 la prognosi dei bambini
    diagnosticati con leucemia linfoblastica acuta, la
    forma più comune e oggigiorno più facilmente
    curabile, era di solo due mesi di vita. Grazie alla
    ricerca, oggi vi è una maggiore comprensione
    dei meccanismi di base della malattia e vi è la
    disponibilità di sempre nuovi e più efficaci mezzi
    terapeutici, per cui oltre il 70% dei bambini
    diagnosticati con tumore o leucemia oggi se
    adeguatamente trattati guariscono.
    Nonostante questi successi, i problemi restano ed
    enormi sono gli sforzi che si stanno compiendo
    per l’elaborazione di protocolli sempre più
    efficaci e meno tossici e per il miglioramento
    delle tecniche di trapianto.
    Per questo motivo, le Associazioni Genitori
    impegnano molti dei loro fondi
    a sostegno di programmi di ricerca.
    La ricerca in Italia viene svolta in maniera
    coordinata grazie ad una collaborazione
    tra i vari centri, sia nazionali
    che internazionali, resa possibile
    dai moderni strumenti informatici
    e telecomunicativi nonché da molteplici
    occasioni di incontro in seminari e convegni.
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 19/11/2009 19:44
    Assistenza globale
    al bambino
    E’ ormai unanimemente accettato che non è sufficiente trattare
    il bambino con tumore soltanto in termini medico-sanitari. Il
    bambino è infatti fortemente stressato non solo dalla malattia,
    con tutti i cambiamenti fisici che comporta e dalle sofferenze
    causate dalle terapie, ma anche dall’allontanamento dal
    proprio ambiente durante i periodi di ospedalizzazione e dal
    cambiamento di atteggiamento verso di lui da parte di genitori,
    famigliari, amici e insegnanti. Tutto ciò può essere causa di
    disturbi psicologici che possono creare problemi al futuro del
    bambino. Un moderno programma di assistenza prevede la
    presenza non solo di operatori sanitari ma anche di psicologi,
    assistenti sociali, insegnanti, operatori ludici, volontari...
    Tutti questi operatori lavorano in stretta collaborazione con
    medici ed infermieri per offrire al bambino un’assistenza
    globale, ovvero un’assistenza non solo medica ma psicosociale,
    per il bambino e la sua famiglia. Si cerca tramite il
    gruppo di specialisti di creare ambienti “a misura di bambino”,
    intervenendo non solo sulla struttura e sugli arredi, ma sulla
    vita del bambino all’interno del reparto, ovvero cercando di
    assimilarla alla vita che svolge a casa, con spazi per il gioco e per
    la scuola, e rapporti più “intimi” con gli adulti che compongono
    questa nuova “casa”.
    Tutto questo non si sarebbe potuto realizzare senza il grande
    impegno delle Associazioni Genitori. Gli interventi sono stati
    indiretti, attraverso importanti finanziamenti non soltanto per
    la ristrutturazione degli ambienti ma, in alcuni centri, con borse
    di studio o contratti per psicologi e pedagogisti, e diretti, con
    la gestione in proprio di gruppi di volontari che supportano in
    vario modo bambino e famiglia.
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 19/11/2009 19:46
    Le associazioni di genitori
    in ematologia e oncologia
    pediatrica...perché?
    Perché quando entri nel tunnel della malattia e
    ti sembra che il mondo crolli, c’è qualcuno che ti
    tende la mano.
    Perché quando ti senti avvilito e incapace di
    combattere, puoi trovare il volto sorridente di un
    altro genitore che ha lottato come te e che forse
    ha vinto la sua battaglia.
    Perché, mentre il tuo cuore è in tumulto e
    non sai come fare, ci sono dieci, cinquanta,
    cento genitori che hanno vissuto o stanno
    vivendo la tua stessa storia e possono mettere
    a disposizione quello che hanno appreso dalla
    propria esperienza.
    Perché c’è qualcuno che ti accompagna,
    ponendosi al tuo fianco, per affrontare i
    problemi di ogni sorta che possono sorgere
    nell’intricato e difficile cammino della malattia.
    Perché c’è chi ti può assicurare che la strada
    imboccata è quella giusta, dirti che bisogna lottare
    e andare avanti, e farti sapere che non sei SOLO.
    Perché c’è chi si impegna per migliorare gli
    spazi di degenza e le attrezzature sanitarie, per
    promuovere la ricerca, per informare la gente,
    affinché il tuo bambino possa essere curato nel
    modo migliore e nell’ambiente più idoneo e
    meno traumatizzante per lui.
    Perché c’è chi si adopera affinché il rapporto tra
    te e il tuo bambino, e tra i tanti operatori sanitari
    e sociali che ti circondano (medici, paramedici,
    operatori sociali, scolastici, ecc.) sia il più sereno
    possibile per garantire, dentro e fuori l’ospedale,
    una qualità di vita migliore.
    Perché c’è chi lotta al fianco di tutti i genitori,
    unendo le voci perché siano forti e chiare, per
    affrontare i tanti problemi non risolti presso le
    istituzioni pubbliche, a livello locale e, tramite
    la FIAGOP, a livello nazionale. Insieme nella
    Federazione, condividendo le proprie esperienze,
    arricchiscono le possibilità di intervento di
    ciascuna.
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 24/11/2009 19:57
    ALCUNI NUMERI PER CAPIRE MEGLIO LA MALATTIA


    Di seguito un po' di statistiche che spiegano la malattia e la sua incidenza, particolarmente in Italia.

    Il cancro nel bambino (leucemie, linfomi e tumori solidi) colpisce 1 bambino ogni 650 entro i 15 anni di età. Sebbene sia un evento raro e le percentuali di guarigione siano alte nei paesi sviluppati, rimane la prima causa di mortalità da malattia nei bambini.

    Ogni anno ci sono 120-140 nuovi casi per milione di bambini sotto i 15 anni. Questo significa che ogni anno in Italia si ammalano di tumore o leucemia circa 1700 bambini, circa 5 bambini ogni giorno. Questi numeri sono, purtroppo, in leggera crescita, anno dopo anno.

    I tumori infantili sono molto diversi dai tumori degli adulti per tipo, per velocità di accrescimento e per prognosi. Nel bambino, in generale, il tumore più frequente è il gruppo delle leucemie (33%), seguito dai tumori del sistema nervosa centrale (SNC) (22%), i linfomi (12%), il neuroblastoma (7%), i sarcomi dei tessuti molli (7%) e i tumori ossei (6,4%). Le percentuali variano secondo la fascia d’età. Altri tumori più rari ancora sono il retinoblastoma, l’epatoblastoma, il Sarcoma di Ewing, i tumori delle cellule germinali e altri tipi estremamente rari.

    Alcune valutazioni ci permettono di affermare che i meccanismi dietro alla formazione di tumori nei bambini (alterazioni geniche casuali e non controllabili in organi e tessuti in rapida crescita) siano diversi dei meccanismi dietro alla formazione di tumori negli adulti (più influenzato da fattori ambientali). Infatti, i tumori sono diversi, e altrettanto diverse sono le terapie praticate ed i risultati ottenuti. Relativamente ai tumori dell’età adulta, i tumori infantili dimostrano di dare una risposta migliore alle terapie, risultati che sono in continuo miglioramento grazie ad una intensa attività di ricerca. Mentre la percentuale globale di guarigioni da cancro in Italia è, negli adulti, del 55%, questa percentuale nei bambini sale al 72%.

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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 24/11/2009 19:59
    Diagnosi

    Una precoce e accurata diagnosi è fondamentale per scegliere ed iniziare la terapia, che è specifica per ogni tipo tumorale. La sensibilizzazione e l'aggiornamento dei medici di base nel riconoscere da determinati sintomi la possibilità che ci possa essere una patologia oncologica in atto, e nel sapere dove riferire il piccolo paziente, è necessario per anticipare la diagnosi ed iniziare presto la terapia.

    Alcuni strumenti moderni come l'ecotomografia, la risonanza magnetica nucleare (RMN) e la Tomografia assiale computerizzata (TAC) si sono dimostrati essenziali per l'iter diagnostico. Le nuove tecniche di valutazione istopatologica delle cellule del tumore, con l'impiego di indagini citogenetiche e biomolecolari, permettono di identificare, nell'ambito di uno stesso tipo di tumore, dei sottogruppi a diverso comportamento biologico, la cui identificazione consente di attuare una terapia sempre più mirata ed efficace.

    Le Terapie

    Le terapie sono combinazioni, secondo il tipo tumorale, di chemioterapia, chirurgia e radioterapia, a cui è stata aggiunta negli ultimi anni la possibilità di trapianto di midollo osseo. Tutte queste terapie sono raggruppate in un disegno terapeutico specifico per ogni bambino chiamato "protocollo".

    La chemioterapia.

    I farmaci chemioterapici interferiscono con le capacità delle cellule tumorali di dividere e riprodursi. La chemioterapia è, di solito, una "multichemioterapia" cioè non si utilizza un unico farmaco antitumorale ma una combinazione di farmaci, pratica che si è dimostrata essenziale per debellare le cellule tumorali e distruggere il tumore. Questi farmaci colpiscono cellule in rapida crescita, quindi colpiscono in particolare le cellule tumorali, caratterizzate da una crescita rapidissima e incontrollata, ma colpiscono, seppure in misura minore, anche le cellule del corpo che si moltiplicano con un certo ritmo (mucose di bocca e vie digestive, midollo osseo, follicoli piliferi). Questa spiega certi effetti collaterali, ad esempio la caduta dei capelli e l'abbassamento dei valori del sangue (diminuzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) con susseguente anemia, leucopenia (tendenza ad infezione) e piastrinopenia (minor coagulazione del sangue) durante la terapia. Tuttavia le cellule normali sono in grado di difendersi dal danno, a differenza delle cellule tumorali, e gli effetti collaterali immediati o a breve distanza scompaiono dopo la sospensione della terapia. Alcuni composti hanno anche potenziali effetti tossici sugli organi, e causano, in alcuni casi, effetti collaterali a lungo termine che si sviluppano anche molto tempo dopo la sospensione delle terapie e richiedono controlli regolari dei pazienti anche quando sono fuori terapia o guariti. Alcuni di questi controlli devono continuare nell'età adulta, per evidenziare tempestivamente gli effetti tardivi della terapia ed intervenire in tempi rapidi. La moderna ricerca, oltre a valutare gli effetti di molecole nuove, mira a modificare la combinazione, il dosaggio e i tempi di somministrazione dei farmaci in uso per ottenere l'effetto migliore con minori effetti negativi immediati e a distanza.

    La radioterapia

    E' di fondamentale importanza nella cura dei tumori pediatrici, anche se è stata riconsiderata rispetto al passato. Infatti, in alcuni pazienti guariti dal tumore può provocare, a distanza di anni, in rapporto all'area irradiata, danni somatici, danni alla crescita e allo sviluppo psico-intellettiva o danni alle funzioni endocrine. E' quindi impiegata con cautela e con tecniche più sofisticate che mirano a ridurre il rischio di effetti collaterali e di un secondo tumore radio-indotto.

    La chirurgia

    Mantiene un ruolo fondamentale nella terapia dei tumori pediatrici, anche se oggi è inserita in protocolli di cura in cui è associata alla chemioterapia e, a seconda del caso, alla radioterapia. Ciò consente al paziente di arrivare all'intervento quando il volume del tumore è già stato ridotto per effetto della chemioterapia +/- radioterapia, con maggiori possibilità di una asportazione completa e minore necessità di interventi demolitivi su organi e tessuti vitali. Nei sarcomi ossei, ad esempio, interventi di amputazione di arti sono sempre più rari, ed è spesso possibile la ricostruzione della parte mancante e la ripresa della funzionalità dell'arto.

    Il trapianto di midollo osseo (TMO)

    Il midollo osseo, cioè la sostanza gelatinosa all'interno delle ossa, è la sede dove vengono prodotte, da "cellule staminali" immature, le cellule mature del sangue, che non hanno vita infinita ma sono costantemente ricambiate con cellule nuove. Il "tumore" delle cellule del midollo osseo (Leucemia) non è solido, ma colpisce lo spazio midollare delle ossa, da cui le cellule malate sono rilasciate nel sangue. L'intervento di trapianto di midollo osseo consiste nella distruzione completa del midollo osseo del paziente, infarcito di cellule leucemiche malate e incapace quindi di funzionare, e la sua sostituzione con cellule staminali di midollo osseo da donatore compatibile. Le cellule midollari sane vengono aspirate dalle ossa del bacino del donatore e infuse nel paziente per trasfusione, e vanno a collocarsi naturalmente nella propria sede, costruendo nuovo materiale midollare, sano. Il midollo osseo tolto al donatore si ricostruisce entro pochi giorni.

    Una nuova tecnica sviluppata in Italia a Perugia permette il trapianto di midollo osseo prelevato da un genitore, perfettamente compatibile per il 50% del corredo genetico.

    E' anche possibile prelevare le cellule staminali dal sangue circolante del donatore. In questo caso, bisogna che il donatore esegua per qualche giorno un trattamento con un farmaco (Fattore di crescita granulocitario, G-CSF) che stimola la liberazione delle cellule staminali dal midollo nel sangue. Il donatore viene poi sottoposto ad "aferesi di cellule staminali", che è un prelievo simile ad una donazione di plasma o di piastrine, nel quale però sono raccolte cellule staminali che verranno poi infuse al paziente come avviene per il midollo.

    La tecnica del trapianto di midollo osseo non è utilizzata soltanto per le leucemie, ma fornisce uno strumento per poter utilizzare, per i tumori solidi, terapie ad alte dosi che tendono a distruggere non soltanto il tumore ma il midollo osseo stesso del paziente (anche le cellule staminali sono cellule in rapida crescita). Il prelievo e la conservazione, prima dell'inizio della chemioterapia, di midollo osseo dal paziente , o di cellule staminali che circolano anche nel suo sangue periferico (aferesi), permette più tardi una reinfusione di queste cellule e il ripristino della funzione del midollo osseo del paziente, svuotato dalla chemioterapia (trapianto autologo o autotrapianto).

    Il trapianto di midollo osseo da donatore ( trapianto allogenico ) è possibile soltanto se vi è un donatore "compatibile", cioè con le stesse caratteristiche genetiche del paziente.

    Statisticamente, un fratello su 4 è compatibile. Mancando un fratello compatibile, è possibile ricercare un donatore non-familiare idoneo nella banca dati mondiale dei donatori volontari di midollo osseo. Attualmente la banca comprende oltre 10 milioni di potenziali donatori nel mondo. In Italia, grazie al lavoro di ADMO (Associazione Donatori di Midollo Osseo), nel Registro donatori (Italian Bone Marrow Donor Registry, IBMDR) vi sono oltre 300.000 iscritti tipizzati. . Inoltre, vi è oggi la possibilità di utilizzare per il trapianto le cellule staminali molto immature che si trovano nel sangue placentare di neonati e che possono essere raccolte dal cordone ombelicale dopo il parto e crioconservate. Queste cellule sono una alternativa alle cellule del midollo osseo maturo o alle cellule staminali circolanti e possono essere utilizzate per il trapianto soprattutto in bambini, perché sono in quantità limitata. L'iscrizione nelle liste di donatori di midollo osseo e la donazione di cordone e placenta da parte di nuove mamme sono atti altruistici essenziali per salvare la vita di tante persone, spesso bambini.

    Tuttavia, è bene tenere presente che il trapianto non può ottenere dei risultati miracolosi. In realtà è una terapia molto pesante con molti rischi e potenziali effetti collaterali gravi, per cui va intrapreso soltanto in casi selezionati, nei quali la terapia convenzionale non offre possibilità di guarigione

    Le nuove terapie: le Terapie Biomolecolari

    Si tratta dello sviluppo di farmaci "intelligenti", in grado di colpire e distruggere le cellule cancerose senza danneggiare le cellule sane e, quindi, senza tossicità collaterale. Per questa nuova categoria di farmaci non è stato trovato casualmente l'effetto antitumorale, come per molti farmaci antitumorali di vecchia generazione, ma è il risultato di una progettazione razionale di nuove specifiche molecole. Le cellule tumorali possiedono sulla superficie molecole proteiche che non sono presenti in nessuna cellula sana del corpo. Sono proteine tumorali. Le proteine sono prodotte dai geni che costituiscono il DNA della cellula, e quindi queste proteine anomale esprimono la presenza di un gene alterato che ha causato la trasformazione della cellula normale in una cellula che, moltiplicandosi rapidamente e senza fine, è causa del tumore e della sua capacità di infiltrare il corpo. I nuovi farmaci sono molecole capaci di identificare una determinata proteina sulla superficie delle cellule malate; si legano quindi a queste cellule e agiscono sul gene mutato del DNA cellulare, bloccando la sua funzione. Prendono a bersaglio soltanto le cellule malate. Non danneggiano le cellule sane che non possiedono queste proteine. In molti laboratori di biologia molecolare in tutto il mondo, incluso l'Italia, sono in corso di sviluppo e di sperimentazione queste nuove molecole, in particolare per i tumori resistenti alle terapie tradizionali. Qualche molecola per qualche tipo tumorale specifico è già in sperimentazione anche nei bambini. Queste terapie saranno il futuro per la cura del cancro.

    Le nuove terapie: Le Immunoterapie

    L'immunoterapia funziona utilizzando il sistema immunitario del paziente, cioè quel sistema composto di linfonodi, milza, tonsille, midollo osseo e cellule bianche del sangue che proteggono contro infezioni e malattie. Come la chemioterapia, può essere utilizzata per combattere il cancro. Mentre la chemioterapia aggredisce le cellule tumorali direttamente, l'immunoterapia agisce stimolando o facilitando il sistema immunitario che viene così ingaggiato nella lotta contro le cellule tumorali.

    Gli scienziati non capiscono del tutto in che modo l'immunoterapia assiste il sistema immunitario, ma pensano che

    *
    ferma o rallenta la crescita delle cellule tumorali
    *
    potenzia il sistema immunitario nella distruzione o nell'eliminazione delle cellule tumorali
    *
    ferma la diffusione del tumore in altre parti del corpo.

    Il sistema immunitario lavora distinguendo cellule "buone" che fanno parte della salute del corpo e cellule "cattive" che portano malattie, distruggendo queste ultime cellule e difendendo l'organismo. Ma a volte questo meccanismo non funziona. Gli scienziati fanno ricerche per capire perché il sistema immunitario, che fa sì che molte cellule mutate, che potrebbero col tempo trasformarsi in cellule tumorali, vengono distrutte subito, non riesce ad impedire lo sviluppo delle cellule che causano il tumore. I farmaci utilizzati in immunoterapia si sono mostrati capaci di aiutare il sistema immunitario a fare questo lavoro. L'immunoterapia può essere utilizzata da sola, per alcuni tumori, o, più spesso, insieme alla chemioterapia per distruggere il tumore o alleviare certi effetti collaterali dei farmaci antitumorali come, ad esempio, la tendenza a contrarre infezioni.

    Le sperimentazioni cliniche

    Nell'affrontare il problema delle sperimentazioni cliniche in oncologia pediatrica, è importante realizzare che nei Paesi dove c'è un buon accesso dei bambini alle sperimentazioni, aumenta la percentuale di guarigioni per tutti i bambini nell'insieme relativamente a tutte le patologie oncologiche. L'AIEOP, attraverso la sua rete di Centri, è attivamente coinvolto in moltissime sperimentazioni cliniche sia a livello nazionale che internazionale.

    Le sperimentazioni possono riguardare nuovi farmaci, in particolare la nuova generazione di farmaci che operano a livello molecolare, o farmaci già in uso, sperimentando nuove combinazioni, diversi dosaggi e diversi tempi di somministrazione alla ricerca di protocolli di cura sempre più efficaci e meno tossici.

    I farmaci nuovi sono sperimentati prima in laboratorio, per studiare gli effetti sui vari tipi di tumore in vitro ed in animali da laboratorio. Le prime sperimentazioni a livello clinico (sulle persone) avvengono sugli adulti, e una volta confermata l'efficacia e controllata l'eventuale tossicità possono essere messi a disposizione dei bambini per determinare efficacia e dosaggio minimo. Queste prime sperimentazioni (fase I) reclutano malati che non hanno altre possibilità di cura. Ulteriori livelli di sperimentazione (fasi II e III) mettono a confronto protocolli sperimentali con protocolli standard, per affinare l'uso dei farmaci relativamente a dosaggio e tempo di somministrazione e determinare quale protocollo da migliori effetti di efficacia e più bassa tossicità. I bambini non sono quasi mai inseriti in studi di fase I, e le sperimentazioni in pediatria vengono effettuate sulla base dei risultati di studi di fase I e II condotti su adulti.

    Un Comitato Etico autorizza l'esecuzione di ogni protocollo sperimentale e ne controlla l'andamento . E' essenziale che i genitori siano correttamente informati sul protocollo di sperimentazione a cui il proprio figlio è sottoposto e che esprimano il loro consenso (consenso informato). I genitori possono temere, nel firmare il consenso, di perdere il controllo sulle cure del proprio figlio, dando un permesso illimitato ai medici: in realtà la partecipazione ad un protocollo sperimentale può offrire ai bambini delle possibilità in più, e, d'altra parte, il consenso può essere revocato in qualsiasi momento da parte dei genitori. La firma del consenso informato avviene al termine di un colloquio con i medici, durante il quale sono spiegate le modalità del trattamento, i possibili rischi, i risultati attesi. I genitori devono sentirsi liberi di porre domande e di chiedere chiarimenti se non hanno compreso qualcosa.

    La Guarigione

    Le percentuali di guarigione dei tumori nei bambini , nel mondo progredito, variano secondo la patologia, arrivando al 90 % per alcune forme, mentre per altre le percentuali sono molto più basse. Una intensa attività di ricerca per queste forme resistenti alle terapie è in atto in tutto il mondo, e l'Italia partecipa in pieno a questa attività.

    COSA SIGNIFICA GUARIRE? Una percentuale molto elevata di bambini sopravviventi a 5 anni dalla diagnosi, e ancora più elevata tra i bambini sopravviventi a 10 anni, non si ammala più del tumore che è stato curato e questi bambini possono essere dichiarati "guariti". "Guarito" significa che si ha la stessa probabilità di riammalarsi della malattia di quella della popolazione normale (cioè quasi nessuno, essendo queste malattie rare). Significa che la malattia pregressa è andata via, e il bambino può riprendere la sua vita normale.

    Possono rimanere degli esiti delle terapie, come, ad esempio, una amputazione per la terapia chirurgica, o la sterilità per certi tipi di radioterapia, o un problema cardiaco per qualche chemioterapico, e possono svilupparsi negli anni, in alcuni dei giovani guariti dal tumore infantile, altri effetti collaterali negativi, ma la malattia non c'è più. I giovani guariti devono prendere la responsabilità di sottoporsi a controlli regolari per evidenziare precocemente eventuali effetti a lunga distanza. Come per tutti, a maggior ragione per un soggetto guarito da un tumore da bambino è indicato uno stile di vita "sano" (evitare fumo, alcolici, eccessi alimentari).

    Come per tutte le persone, può insorgere più avanti un altro tumore. Questi tumori sono diversi dal tumore curato in infanzia, e le probabilità di avere un altro tumore più avanti nella vita sono soltanto un pò più elevate della popolazione normale. La maggiore parte dei bambini guariti sta bene in ogni senso.
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 25/11/2009 16:58
    PROGRAMMA CONCERTI 2009-10



    Cari Amici,
    l'Associazione di Volontariato del Gruppo Seniores ExxonMobil, nell’ambito del programma delle attività previste per l'anno in corso e per il 2010, è lieta di invitarVi a partecipare ai concerti di musica classica che avranno inizio a partire da Domenica 25 Ottobre e si concluderanno Domenica 28 Marzo 2010.

    I concerti si svolgeranno alle ore 18.00 presso l'Hotel Quirinale, in Nazionale al civico 7.

    L'Associazione "Orchestra da Camera Roma Classica" presenterà il Concerto di Inaugurazione Domenica 25 Ottobre, con inizio alle ore 18.00, nella sala Giuseppe Verdi. Il concerto apre la stagione musicale 2009-2010 de "I Nuovi Concerti del Gianicolo" con un concerto per violini e orchestra dedicato a brani di F. J. Haydin.

    Le successive date del programma sono:
     Domenica 8 Novembre 2009 concerto realizzato da esperti solisti che eseguono brani tratti da opere di Schubert e Mendelssohn, nella sala Giuseppe Verdi.
     Domenica 15 Novembre 2009 Antonio Ballista al pianoforte esegue musiche di C. Debussy, I. Stravinskij, P. Hindemith e altri compositori, nel salone Impero.
     Domenica 29 Novembre 2009 l'Orchestra Nova Amadeus esegue musiche di Bach, Haydin e Mozart, nel salone Impero.
     Domenica 13 Dicembre 2009 il trio Bettinelli (pianoforte, violino e violoncello) eseguono musiche di Beethoven, Brahms, Haydin, nel salone Impero.
     Domenica 17 Gennaio 2010 il "Quintetto Roma Classica" esegue brani tratti da opere di Vivaldi, Haydin, Ciaikovskij, Gerswhin, "Orchestra da Camera Roma Classica"
     Domenica 24 Gennaio 2010, con un programma da definire, si svolgerà il recital del vincitore del 5° Concorso Internazionale Pianistico " La Tortora", nel salone Impero.
     Domenica 31 Gennaio 2010 il trio jazz "Guitar Mediterranean Flavour" (chitarra, batteria, basso) esegue musiche di Santana, Wonder, Jobin, Sting, Piazzolla, nella sala Giuseppe Verdi.
     Domenica 14 Febbraio 2010 il duo pianistico Sbeglia e Zamuner esegue musiche di
     Schubert, Liszt, Martucci, nel salone Impero.
     Domenica 28 Febbraio 2010 "Moon Light Big Band" (20 bravissimi esecutori) suonano brani swing, quali Sophisticaded lady, In the Mood, Moon Light Serenade, nella sala Giuseppe Verdi.
     Domenica 14 Marzo 2010 il noto pianista Pierluigi Camicia, vincitore di premi internazionali, esegue musiche di Clementi, Scarlatti, Chopin, nel salone Impero.
     Domenica 28 Marzo l' "Orchestra da Camera Roma Classica", direttore il maestro P. Zampieri, soprano Claudia Toti Lombardozzi propongono brani sacri e da salotto e alcuni brani per sola orchestra, nella sala Giuseppe Verdi.

    È con vero piacere, dunque, che Vi invitiamo, insieme ad un accompagnatore, a queste straordinarie occasioni di incontro.

    Associazione di Volontariato
    Franca Milotti
    vice presidente ali di scorta
    [Modificato da mauretto58 25/11/2009 16:59]
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    mauretto58
    Post: 6.689
    Città: ROMA
    Età: 65
    Sesso: Maschile
    00 25/11/2009 17:05
    ALI DI SCORTA E' STATA SCELTA DALLA FIAGOP DI ORGANIZZARE L'INCONTRO MONDIALE DI ROMA NEL 2010
    Progetto Ministeriale

    Facciamo insieme un pezzo di strada...
    L'insorgere di una malattia potenzialmente mortale costituisce un evento stressante, inatteso e sconosciuto che determina nella famiglia un impatto disorganizzante. Il tumore in un bambino e nel giovane è percepito così contro natura che talora è perfino difficile immaginarlo. Basti pensare che a volte i pediatri di base hanno difficoltà anche ad ipotizzare una diagnosi in tal senso. I genitori dei bimbi affetti da tali patologie esprimono sovente un profondo senso di precarietà e disorientamento in un momento in cui è necessario invece organizzare la vita in modo diverso e familiarizzarsi con una realtà nuova, con nuove procedure (la domanda d'invalidità, il domicilio sanitario, i programmi scolastici alternativi, ecc.), con ambienti come l'ospedale e con un linguaggio (quello sanitario) sconosciuto. Tutto questo vale anche per i giovani pazienti che in più devono affrontare terapie e procedure spesso
    1. Associazione proponente: FIAGOP – Federazione Italiana Associazioni Genitori Oncologia Pediatrica Sede legale: Via Massarenti, 11 - Bologna Sede operativa (si prega di inviare ogni comunicazione a tale indirizzo): Via del Pozzo, 71 - 41100 MODENA Telefono: 059. 422 4414 - Fax 059.422 4412 - e.mail : info@fiagop.itIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo
    Tipologia giuridica: Federazione di Associazioni di volontariato - Presidente della Federazione: Emma Sarlo Postiglione
    2. Informazioni sul responsabile del progetto Responsabile del progetto: D.ssa Donatella Paggetti, psicologa-psicoterapeuta Telefono e fax: 055.580030 - Cell.: 347.7298723 - e-mail: d.paggetti@meyer.itIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo 3. Titolo del progetto «FACCIAMO INSIEME UN PEZZO DI STRADA – Progetto di prevenzione e sostegno delle patologie oncologiche»
    4. Durata del progetto
    Un anno come prima fase sperimentale con una successiva verifica per poi portare le attività a regime. 5. Descrizione del progetto e contestualizzazione 5.a Il Problema / l’esigenza L’insorgere di una malattia potenzialmente mortale costituisce un evento stressante, inatteso e sconosciuto che determina nella famiglia un impatto disorganizzante. Il tumore in un bambino e nel giovane è percepito così contro natura che talora è perfino difficile immaginarlo. Basti pensare che a volte i pediatri di base hanno difficoltà anche ad ipotizzare una diagnosi in tal senso. I genitori dei bimbi affetti da tali patologie esprimono sovente un profondo senso di precarietà e disorientamento in un momento in cui è necessario invece organizzare la vita in modo diverso e familiarizzarsi con una realtà nuova, con nuove procedure (la domanda d’invalidità, il domicilio sanitario, i programmi scolastici alternativi, ecc.), con ambienti come l’ospedale e con un linguaggio (quello sanitario) sconosciuto. Tutto questo vale anche per i giovani pazienti che in più devono affrontare terapie e procedure spesso invasive.
    La FIAGOP, ovvero la federazione che raccoglie le associazioni di genitori il cui figlio si è ammalato di tumore, da tempo attive in questo ambito, si è resa conto di queste problematiche ed ha anche avuto modo di vedere come la società sia in realtà poco informata in fatto di tumori in età pediatrica e questo rende più difficile a tutti aiutare i bambini affetti da questa patologia, ma rende anche più impreparati i genitori – che poco sanno a tal proposito – a comprendere la nuova realtà, le buone possibilità di guarigione, la tipologia delle terapie così come la possibilità di utilizzare aiuti ed ausilii per affrontare questa difficile esperienza.Inoltre in molti reparti di Oncologia al cui interno operano le associazioni della FIAGOP, giungono minori da 0 a 18 anni di età provenienti anche da altre regioni d’Italia e da paesi stranieri (con tutto quello che significa essere sradicati da casa e dal proprio territorio) per seguire percorsi terapeutici lunghi almeno 1-2 anni. 5.b L'idea Il disagio, come illustrato al punto 5.a, risiede sia nel tipo di patologia diagnosticata, sia nel difficile e lungo percorso terapeutico che i ragazzi devono affrontare, sia nelle nuove incombenze che tutto questo richiede (nuove pratiche, cambiamento di abitazione, gestione diversa dei figli, ecc), infine nella scarsa conoscenza di questo tipo di patologie da parte della società . Le Associazioni Genitori, i cui soci in prima persona hanno vissuto tali disagi, hanno pertanto pensato di costruire un progetto di intervento che potesse, almeno in parte, incidere sulla società ed alleviare sofferenze psichiche e disagi pratici al paziente ed alle famiglie realizzando un intervento di prevenzione secondaria (v . Moduli 2, 3, 4 e 5 al punto 5.c), ma che intervenisse anche a monte sull’informazione primaria (quindi una sorta di prevenzione non della malattia in sé, ma delle problematiche ad essa connesse: v. Modulo 1 al punto 5.c). I Moduli 2, 3, 4 e 5 permettono infatti di evitare una serie di disturbi somatici e psichici che altrimenti affliggono il paziente oncologico pediatrico e la sua famiglia: i disturbi somatici riguardano tutti gli effetti collaterali delle terapie che in un contesto dove non vi è un controllo dello stress emotivo aumentano in modo incisivo; i disturbi psichici riguardano i disagi psicologici ed anche vere e proprie psicopatologie che la malattia oncologica può indurre nel paziente e talora in tutta la costellazione familiare 5.c Le azioni Obiettivo 1: prevenzione tramite informazione primaria e formazione da raggiungere grazie al Modulo 1 che prevede la formazione di volontari, soprattutto giovani, che poi si occuperanno di effettuare incontri di informazione sanitaria in particolare nelle realtà scolastiche con gli insegnanti Obiettivo 2: prevenzione secondaria tramite informazione, supporto e sostegno alle famiglie ed al paziente grazie al Modulo 2 ed al Modulo 3. Il Modulo 2 prevede la Realizzazione di due opuscoli da dare alle famiglie al momento della diagnosi ed alla fine delle terapie: il primo “Ammalarsi di tumore nell’infanzia”, il secondo “Quando le terapie sono finite…” . Nel primo, oltre ad una parte di informazione, orientamento e supporto per la famiglia, ci saranno due parti bianche, una sorta di diario da scrivere durante il lungo periodo delle cure in cui la famiglia e il giovane paziente, ognuno autonomamente, potranno annotare pensieri, difficoltà, apprezzamenti e critiche e che restituiranno poi al termine delle cure in modo anonimo se lo preferiscono. Nel secondo saranno affrontati gli aspetti più importanti relativi al termine delle cure per sostenere famiglia e paziente nella delicata fase di ripresa della normale vita.Il Modulo 3 prevede il sostegno e l’aiuto per agevolare l’accesso alle prestazioni e sbrigare le pratiche (pensioni di invalidità, presidi sanitari, individuazione di un alloggio, rapporti con la scuola, accompagnamento, ecc), la presa di contatti con altre realtà ospedaliere e con strutture territoriali nonché consulenze legali laddove ce ne fosse necessità. Obiettivo 3: prevenzione secondaria tramite il supporto ed il sostegno emotivo ai giovani pazienti grazie al Modulo 4 che prevede l’incontro bambini e ragazzi in terapia (in particolare quelli nella fascia 8-20, modulando gli incontri per gruppi di età omogenei) con giovani adulti che come loro, anni prima, hanno affrontato lunghe terapie per sconfiggere una patologia tumorale e che sono ormai guariti e pienamente rientrati nella vita sociale e lavorativa.Obiettivo 4: prevenzione secondaria tramite il Modulo 5 che prevede l’utilizzo dell’arteterapia che offrirà uno spazio protetto, individuale e collettivo ai giovani pazienti, e di gruppo ai genitori, che consenta di esprimere emozioni e vissuti ansiogeni connessi alla malattia. Le ricerche hanno mostrato come specialmente in malattie come il tumore l’uso dell’espressione artistica e dell’immaginazione, canali privilegiati dell’arteterapia, risulti come forma di comunicazione privilegiata, perché consente di esprimere emozioni e pensieri non facilmente verbalizzabili. Nel medio periodo si prevede una miglior compliance rispetto alle cure ed ai sanitari ed uno sviluppo delle capacità di elaborare le emozioni. L’arteterapeuta risulta essere figura importante ed istituzionale nelle strutture ospedaliere del mondo anglosassone, poiché si è rivelata di grande utilità per il malato e indirettamente per le strutture stesse. 5.d Gli obiettivi Modulo 1 – Con questo Modulo si intende realizzare un intervento di informazione e prevenzione sanitaria. L’opinione pubblica tende infatti ad avere idee distorte sul tumore infantile (l’Associazione Noi per Voi Genitori contro le leucemie e tumori infantili – Onlus di Firenze e la Fiagop stanno portando a termine una ricerca su un campione rappresentativo proprio per verificare in modo più preciso questi aspetti) che porta anche ad atteggiamenti non adeguati quando un bambino si ammala di questa patologia. Inoltre la scelta di volontari giovani per effettuare questo programma permette di coinvolgere le nuove generazioni in un processo non soltanto di responsabilizzazione, ma anche per un “travaso naturale” di cognizioni sanitarie. I giovani, in futuro, saranno infatti a loro volta genitori, forse insegnanti e/o educatori, e l’aver avuto questa esperienza sarà per loro e per i gruppi in cui vivranno un importante “bagaglio sociale”. Infine effettuare questi incontri soprattutto nella realtà scolastica permetterà di sviluppare i contatti con una delle più importanti agenzie formative e permette di adempiere ai più recenti obiettivi della Società della Salute. Modulo 2 – Questo modulo mira, attraverso la creazione di materiale informativo, ma soprattutto di sostegno, poiché gli opuscoli saranno consegnati all’interno di un colloquio di supporto coi genitori, ad effettuare un intervento di prevenzione secondaria. Al momento della diagnosi l’intera famiglia è pervasa da sentimenti di dolore, ma anche di confusione e disorientamento, in un momento, invece, in cui è necessario anche pianificare ed organizzare nuovi ritmi di vita. Alcuni colloqui di sostegno saranno pertanto utili e l’opuscolo permetterà di fornire informazioni importanti (ad ex sull’invalidità, sugli ausilii cui si può far riferimento, ecc). Grazie al diario che sarà compilato nel corso della terapia, genitori e ragazzi potranno esprimere le proprie idee, gli apprezzamenti come le critiche e questo aiuterà il genitore ed il paziente ad uscire dalla passività che il ruolo di malato e l’ospedalizzazione tendono a produrre. L’opuscolo che verrà consegnato, sempre all’interno di un colloquio, alla fine delle terapie segnerà da una parte la conclusione di un iter difficile e fornirà utili indicazioni. Modulo 3 – Le pratiche da sbrigare allorché viene ricevuta la diagnosi sono numerose: da quella della richiesta del domicilio sanitario (molte famiglie vengono da altre regioni) alla domanda di invalidità per il bambino, alla ricerca di un alloggio, ai documenti necessari alle famiglie straniere. Il genitore, spesso, non riesce ad orientarsi o comunque queste esigenze pratiche e burocratiche sono per lui un ulteriore carico in un momento in cui le energie disponibili scarseggiano. Le Associazioni intendono offrire un aiuto in tal senso sollevando il genitore da alcune incombenze e svolgendone altre insieme a lui. Modulo 4 – Il presente modulo intende intervenire al livello della prevenzione secondaria, più specificatamente con il giovane paziente, offrendo come modello un giovane adulto che da bambino e/o ragazzo ha affrontato cure similari e, ormai guarito, è ritornato a pieno titolo nella vita attiva. Questi incontri permetteranno di dare fiducia al paziente che si trova ad affrontare in prima persona questo difficile e lungo percorso. Modulo 5 – Il presente modulo permetterà di lavorare al livello emotivo sui pazienti e sui familiari realizzando così un intervento di prevenzione secondaria rispetto ai disturbi somatici e soprattutto ai disturbi psichici connessi alle patologie oncologiche. Le ricerche hanno infatti mostrato come specialmente in malattie come il tumore l’arteterapia porti ad una miglior compliance rispetto alle cure ed ai sanitari e determini un miglioramento globale dello stato del paziente. 5.e Le fasi

    1. Corso di formazione volontari e presa contatti con le scuole per programmare incontri



    2. Realizzazione opuscoli e utilizzo immediato dopo la stampa



    3. Attivazione Modulo 3 grazie anche al contributo delle Misericordie e del Patronato Acli



    4. Attivazione Modulo 4: incontri preliminari fra psicologo e giovani adulti e successiva programmazione degli incontri con i pazienti



    5. Attivazione gruppi di arteterapia

    5.f Le metodologie utilizzate Modulo1 – Sarà utilizzato, come strumento, un corso di formazione per i volontari per migliorare le loro capacità di comunicazione e le loro conoscenze in merito alle patologie oncologiche pediatriche ed agli iter di cura (utilizzo di formatori esperti) e per fornire nozioni di counseling Modulo 2 – Per elaborare i contenuti degli opuscoli si utilizzerà lo strumento della riunione di staff multidisciplinare (associazione genitori, psicologo, medico, rappresentante scolastico, ecc) e per la loro realizzazione grafica si ricorrerà a grafici esperti in comunicazione. Il loro utilizzo sarà all’interno di colloqui di accoglienza svolti dallo psicologo o da operatori dell’associazione formati al counseling.Modulo 3 – Sarà utilizzato personale dell’associazione che sarà formato da esperti con alcuni incontri (lezioni) rispetto alle varie procedure. Modulo 4 – Lo psicologo si incaricherà di effettuare degli incontri preliminari con i giovani adulti guariti per formare un gruppo (si utilizzeranno metodologie interattive) e per fornire conoscenze rispetto all’attuale funzionamento dei reparti (tramite lezioni). Lo psicologo organizzerà quindi degli incontri con i giovani pazienti (individuali e di gruppo) e supervisionerà i giovani adulti in itinere incontrandoli individualmente ed in gruppo. Modulo 5 – Lo psicologo programmerà ed avvierà le varie attività di arteterapia interfacciandosi con l’arteterapeuta (che sarà formato alle tematiche riguardanti l’oncologia pediatrica) ed elaborando programmi specifici, individuali e di gruppo. 5.g I principali risultati attesi
    Con il Modulo 1 ci attendiamo:
    di informare e di formare i cittadini, realizzando un intervento di prevenzione, passando attraverso una delle realtà più importanti e con ricadute capillari, la scuola , rispetto alle patologie oncologiche pediatriche, la cui conoscenza è scarsa e spesso fuorviante.
    Con i Moduli 2 e 3, connotati da parametri di accoglienza e sostegno al momento dell'evento stressante così come durante il percorso terapeutico, ci attendiamo di effettuare un intervento di prevenzione secondaria al fine:

    a. di contenere il senso di paralisi, di confusione e di disorientamento della famiglia
    b. di diminuire il senso di isolamento
    c. di rinforzare le capacità di ricorrere alle risorse personali e conseguentemente meglio gestire lo stress
    d. di facilitare i rapporti con sanitari e parasanitari favorendo la compliance alle cure

    5. di orientare e sollevare la famiglia rispetto ai servizi ed alle procedure

    Con il Modulo 4 ci attendiamo:

    1. di supportare i giovani pazienti che, potendo condividere parte del loro percorso con chi, prima di loro lo ha affrontato e superato, potranno utilizzare questi ultimi come dei modelli. I giovani guariti, del resto, potranno utilizzare in modo fruttuoso la loro difficile esperienza dando un aiuto concreto.
    2. di diminuire il loro senso di isolamento

    Con il Modulo 5 ci attendiamo: a. di diminuire i disagi somatici del paziente e psichici del paziente e della famiglia b. di ottenere una migliore compliance alle cure
    6. Aspetti innovativi
    Gli aspetti più francamente innovativi risiedono nel Modulo 1, 4 e 5, parzialmente nel Modulo 2, mentre rispetto al Modulo 3 esistono già altre esperienze.L’aspetto innovativo del Modulo 1 è rappresentato dalla tipologia di informazione che si intende dare (in genere non viene effettuata educazione sanitaria rispetto all’oncologia pediatrica, tantomeno agli insegnanti) ed anche dall’utilizzo di giovani volontari per tale finalità.Rispetto al Modulo 4 l’innovatività è marcata. Anche se in altri ambiti la testimonianza di “chi c’è la fatta” è stata in qualche modo utilizzata (v. gruppi di alcoolisti ad ex.), questo non è mai avvenuto in ambito pediatrico e per simili patologie.Il Modulo 5 è innovativo per la realtà italiana: sebbene l’arteterapia sia ormai riconosciuta come particolarmente utile a sostenere il malato ed abitualmente utilizzata nella realtà inglese ed americana (ricordiamo in particolar modo il New York Memorial Sloan Kettering Cancer Center), nella nostra realtà è ancora scarsamente conosciuta e pochissimo utilizzata, tantomeno in ambito ospedaliero.Il Modulo 2 è parzialmente innovativo, perché l’opuscolo è uno strumento ampiamente utilizzato anche in ambito sanitario, ma in questo contesto vuol essere molto di più di un mezzo cartaceo informativo: lo si intende come uno strumento di comunicazione paritaria ed interattiva sia perché viene utilizzato all’interno della dimensione del colloquio, sia perché contiene i diari. Infine un ulteriore aspetto innovativo è la compresenza, in un unico progetto, di più moduli, anche assai differenti fra loro, ma che intendono dare unità ad un intervento che non vuole essere settoriale o limitato, ma di ampio respiro e che va dalla prevenzione al sostegno.
    7. Caratteristiche sperimentali e trasferibilità del modello
    Il modello del progetto, articolato nei vari moduli, è utilizzabile in qualsiasi Centro che si occupa di minori affetti da patologie tumorali e, parzialmente modificato, anche nell’ambito di altre patologie importanti. Gli aspetti innovativo-sperimentali risiedono soprattutto nei Moduli 1, 4 e 5, parzialmente nel Modulo 2 come illustrato al Punto 6. Tutti i moduli sono trasferibili anche singolarmente, sebbene in tal modo il progetto ne risulterebbe impoverito 8. Coerenza del percorso progettuale che verrà realizzato Si ritiene che il progetto sia coerente, perché ogni modulo contribuisce, con la sua specificità, ad effettuare interventi di prevenzione e di prevenzione secondaria fornendo un supporto al paziente pediatrico oncologico ed alla sua famiglia. I 5 Moduli sono perfettamente integrabili fra loro ed anzi si arricchiscono vicendevolmente. Inoltre vengono privilegiate modalità interattive in tutti e 5 i Moduli e questo era una delle intenzioni delle associazioni proponenti, poiché nel tempo è stato verificato come modalità a senso unico o addirittura calate dall’alto contengano in sé rischi maggiori di fallimento.
    9. Informazioni relative ai destinatari dell’intervento
    Per il Modulo 2, 3, 4 e 5 tutti i pazienti afferenti al Reparto di Oncologia ed ai loro familiari; una parte è proveniente da altre regioni (prevalenza del Sud d’Italia) ed una parte è costituita da stranieri. Per il Modulo 1 i destinatari sono gli insegnanti di ogni ordine e grado delle scuole, inizialmente quelle situate nel comune dove si trova il Reparto ospedaliero, successivamente nella Provincia e nella Regione.
    10. Aree di intervento
    a - Prevenzione sanitariab - Promozione di forme di volontariato, soprattutto giovanile, che favorirà esperienze educative, di coinvolgimento sociale e di integrazionec - Contrasto di forme di disagio di minori e delle loro famiglie 11. Verifiche intermedie e finali Modulo 1: Questionari ai volontari ed agli insegnanti (in itinere e finale)Modulo 2: Colloqui con famiglie e pazienti (in itinere) e riscontro nella lettura dei diari (finale) Modulo 3: Questionari alle famiglie (intermedi e finali)Modulo 4: Colloqui individuali e riunioni di gruppi con gli ex pazienti, colloqui con i pazienti, riunioni con il personale del reparto (in itinere e finale)Modulo 5: Osservazione durante i laboratori, valutazione dello psicologo, questionari alle famiglie, riunioni multidisciplinari
    12. Reti di collegamento con altre organizzazioni di volontariato
    • Confraternita delle Misericordie d’Italia - Sede legale: V. dello Steccato - Firenze Motivi dell’adesione al progetto: La Confraternità condivide le finalità del progetto ed è da tempo impegnata nel settore sociosanitario con varie attività • Patronato Acli - Sede legale: Via Marcora, 18-20 - 00153 Roma - Tel. 06.5840427 - Fax 06.5840655 Motivi dell’adesione al progetto: Il Patronato Acli condivide le finalità del progetto e darà il proprio contributo soprattutto rispetto al Modulo 3

    13. Collaborazioni con enti pubblici
    Centri di oncoematologia pediatrica presso gli ospedali di riferimento delle associazioni federate FIAGOP coinvolte.Le Aziende condividono le finalità del progetto, offriranno consulenza medica anche perché il progetto ha come obiettivo la promozione della prevenzione e dell’informazione/formazione sanitaria ed alcune hanno un dipartimento specifico attivo per la promozione della salute, l’HPH ovvero Health Promotion Hospital.Valore aggiunto derivante al progetto dalla propria adesione : Avere come partner le Aziende Ospedaliere rende sicuramente il progetto più completo, inserito in una rete coerente e consente di avere una consulenza medica e di politica sanitaria di qualità.Le Aziende offriranno consulenza medica e sanitaria in itinere per impostare e verificare i vari programmi; consentono di utilizzare i locali interni all’ospedale, forniscono il patrocinio alle iniziative.
    14. Personale coinvolto
    PsicologiArteterapeutiCollaboratori arteterapeutiFormatori per il corso di formazioneOperatoriPersonale segreteria

    15. Materiale a. Tutto quello che occorre per l’arteterapia: materiale cartaceo, colori (matite, acrilici, ad olio, pastelli, ecc), tele, creta, stoffe, corde, legno, forbici, cole varie, materiali decorativi varib. Fotocamere digitalic. PC portatilid. Opuscoli
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    mauretto58
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    00 25/11/2009 17:23
    Avvisi



    LOTTERIA 2009 - SI REPLICA!!
    Tutti coloro che desiderano aiutare l'associazione acquistando e promuovendo la vendita di biglietti, possono contattare la segreteria ai seguenti numeri telefonici:
    333.7335732 e 333.6584795
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    mauretto58
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    00 27/11/2009 10:37
    Mi chiamo Mauro e sono il referente per lo sport di “Ali di Scorta”.
    Ho voluto portare la voce dei nostri bambini malati e dei loro genitori a chi in salute corre per i campi senza sapere che ci sono altre persone che soffrono e che stanno… in partita ogni giorno .
    Tutto questo è stato possibile anche grazie all’ aiuto dell’emittente televisiva “ROMA UNO” e precisamente della redazione sportiva di “FUORIAREA”, una trasmissione domenicale di informazione legata al calcio giovanile e dilettante della nostra regione, condotta in studio dal duo composto da Luca Lo Iacono ed Andrea Dirix (nostri inseparabili paladini) e del forum del portale internet oiclac.it, dove c’e’ sempre una finestra aperta, dedicata ad avvenimenti , discussioni , pareri , informazioni e quant’altro sulle malattie in età pediatrica ed i risvolti sportivi da me curata.

    "UN MIRACOLO"

    Amici miei,
    da quel vicino eppur lontano 23 aprile 2008 in cui mi sono avvicinato a questa organizzazione ONLUS ed ho iniziato a parlare sui siti sportivi di Ali di Scorta , di passi ne sono stati fatti tantissimi .
    Si e' mosso qualcosa di grande in questo, dai più nominato gretto e incivile, mondo dello sport ed in particolare del gioco del calcio. Si sono aggiunti tanti altri amici; si sono attivate tante altre iniziative.
    E' questo il miracolo cui accennavo prima; e' una bella ventata di aria fresca e pulita contro tutte le pessime abitudini del nostro sport preferito, che pure ha funzionato e funziona come catalizzatore .
    Leggere tutte le notizie e le iniziative realizzate,fa solo bene al cuore e mi auguro
    che portino sempre più serenità e futuro ai nostri piccoli amici .


    UN CALCIO ALL’INDIFFERENZA

    E' stato un grande successo il torneo effettuato al savio calcio in onore di ALI DI SCORTA il 25.04.2009.
    Grandi organizzatori sono stati il duo del savio Prof. Guerra e il resp. scuola calcio Puro ; tutto si è svolto nel miglior modo possibile ed i bambini e le squadre si sono divertiti un mondo .
    Gran risalto e' stato dedicato a noi di ali di scorta ed i volantini e i bollettini sono stati presi d'assalto dalle persone presenti .
    Bella mostra di sé facevano i nostri striscioni nei campi da gioco .
    Le squadre partecipanti alla fine sono state le seguenti :
    -savio
    -pro roma
    -calcio federale
    -de rossi
    -villa gordiani antel
    -tanas casalotti
    -kolbe
    -tibur
    Alla premiazione , che vedeva premiati alla pari tutte le società partecipanti,erano presenti il presidente del 6 municipio,due assessori comunali,un assessore regionale ed altri personaggi di spessore .
    ALI DI SCORTA in questa occasione , con la presenza dei suoi paladini , Agostino, Mauro, Enzo, Marco, Pina, ha avuto una visibilità ed un interesse della gente enorme e specialmente in una zona di Roma , quella Sud,dove sicuramente i più non sapevano della propria esistenza
    Un grazie al Savio calcio per averci annoverato fra le ONLUS amiche e di averci fatto questo grande,grande regalo .
    Un grazie alle società partecipati ed ai loro tesserati , nonché genitori e parenti presenti .
    Grazie anche da parte dei ns/vs bambini malati e dei loro genitori , che ancora oggi vedono in pericolo la propria esistenza , ma che con questo affetto si sentono più protetti ed amati .

    Mauro
    [Modificato da mauretto58 27/11/2009 10:39]
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    mauretto58
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    00 28/11/2009 15:14
    BOMBONIERE SOLIDALI

    > siamo Iulca e Riccardo, promessi sposi. Per il nostro matrimonio (il 17 di
    > ottobre 2009) ci piacerebbe dare ai nostri invitati una bomboniera un
    > pò speciale, e abbiamo pensato a voi. Per noi è anche un modo per ricordare
    > una persona cara che tempo fa ha ricevuto aiuto propro da voi...(GRAZIE!)
    > Sappiamo che molte associazioni benefiche in queste occasioni rilasciano una
    > sorta di pergamena da dare ai propri invitati, vorremmo sapere se anche voi
    > avete qualcosa del genere!
    >
    > Vi ringraziamo sin d'ora e rimaniamo in attesa della vostra gentile risposta
    > Cordialmente
    > Iulca e Riccardo

    >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>><<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<

    DETTO E FATTO..........
    QUELLO CHE CI HANNO PROMESSO,
    HANNO POI FATTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    GRAZIE.
    [Modificato da mauretto58 28/11/2009 15:15]
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    mauretto58
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    00 01/12/2009 09:18
    LA DISTRIBUZIONE DEGLI STRANIERI RESIDENTI SUL TERRITORIO DEL COMUNE DI ROMA
    Workshop
    Comune di Roma: un focus sul V Municipio
    Lunedì 14 Dicembre ore 16:30
    Sala Consiliare del V Municipio di Roma
    via Tiburtina 1163
    Con la collaborazione dell'Assessorato alle Politiche sociali e servizi alla persona. Politiche sanitarie
    Sede legale via Arsia 58, Fiumicino (RM) e-mail medioraggio@gmail.com
    Ore 16:30
    Apertura del workshop ed iscrizione dei partecipanti
    Ore 16:50
    Saluti: Ivano Caradonna, Presidente del V Municipio
    Massimiliano Marcucci, Assessore alle Politiche sociali e servizi
    alla persona. Politiche sanitarie
    Emiliano Sciascia, Presidente I Commissione Consiliare Politiche
    servizi alla persona; Piano di Zona Sociale; Politiche Sanitarie
    Saluti: Dott. Alessio Esposito, vice Presidente MedioRaggio
    Ore 17:15
    Relazione: Le potenzialità della ricerca sociale nell’implementazione delle
    politiche sociali: l’analisi spaziale dei fenomeni sociali.
    Dott.ssa Annalisa Di Benedetto
    Ore 17:30
    Relazione: La distribuzione degli stranieri residenti sul territorio del Comune
    di Roma: un focus sul V Municipio
    A cura del dott. Andrea Amico, dott. Giampiero D'Alessandro,
    dott.ssa Annalisa Di Benedetto, dott. Enrico Nerli Ballati
    Ore 18:00
    Interventi degli iscritti al workshop
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    mauretto58
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    00 01/12/2009 13:01
    BIBLIOGRAFIA SULLE PRINCIPALI TEMATICHE CHE RIGUARDANO I DIRITTI DEI BAMBINI IN OSPEDALE
    Ufficio del pubblico tutore dei minori

    Diritto alla salute, ai servizi medici e a ricevere il miglior livello di cura e di assistenza

    ATKIN A, AHMAD W. Living a “normal” life: yaung people coping with thalassemia major or sickle cell
    disorder. Social Science and Medicine, 2001, vol:53, 615-626
    BASTIN T., L'enfant et sa maladie: aspects psycologiques del'hospetilisation. Archives de Pediatrie.
    200, vol.7, 405-409
    BLACK MM, Society of pediatric psycology presidential adress: opportunities for health promotion in
    primary care. Journal of pediatric psycology. 2002, VOL. 27, 7, 637-646
    KELLY A., HAWSON P., Factors associated with recurrent hospitalisation in chronically ill children.
    Journal of paediatrics and child health. 200, vol.36 (1) 13-18
    LACROIX A, Le processus d'acceptation de la maladie chronique. Praxis, Revue suisse de madicine.
    1993, vol 48, 1370-1372
    LAU B., Stress in children: can nurses help? Pediatric nursing: 2002, vol. 28 (1), 13-19
    WHO. Ottawa charter for health promotion. First international Conference on healt promotion,
    ottawa, 21 November 1986
    ZIMMERMAN TANSELLA C, Psychosocial factors and chronic illness in childhood. Eur Psychiatry,
    1995, vol.10, 297-305
    AA. VV. Lasciati prendere per mano, Città di Torino - Assessorato al Sistema Educativo, Torino, 2001
    Il testo, curato dalle insegnanti del "Gruppo Gioco Ospedale" del Comune di Torino, è una guida da
    loro usata per preparare il bambino all'inervento chirurgico e alla anestesia. Il libro spiega così le
    varie fasi di preparazione all'evento guidando il bambino con disegni ed immagini che ne favoriscono
    la comprensione. L'opera è stata realizzata con finanziamenti della legge 285/97.
    ANTONUCCI, F., CECCHINI, M.G., DIGILIO G. Il bambino leucemico, Bulzoni editore, Roma, 1984
    Il testo presenta una ricerca svolta all'interno della Clinica Pediatrica del Policlinico Umberto I di
    Roma, nel reparto e negli ambulatori di Ematologia. Scopo della ricerca era approfondire l'incidenza
    dell'ospedalizzazione sullo sviluppo psico-affettivo del bambino, anche al fine di raccogliere elementi
    per delineare nuovi assetti organizzativi.
    COLOMBO G., Psicologia, psicopatologia, e psicologia medica per operatori sanitari. Cooperativa
    Libraria Editrice Università di Padova 1988
    Il testo si rivolge a quanti operano nel settore sanitario e si trovano a gestire una relazione con un
    paziente. Vi sono contenuti argomenti fondamentali di psicologia generale, psicologia medica e
    psicopatologia. Particolare spazio viene dato alla presentazione dei diversi meccanismi di difesa.
    DARTINGTON T., LYTH M.T., POLACCO W.G., Bambini in ospedale. Liguori, Napoli, 1992Il testo
    presenta una ricerca della Tavistock Clinic di Londra, che dimostra come sotto lo stress emozionale
    connesso con la sofferenza si "ammali" anche l'istituzione ed i suoi operatori. Il testo analizza anche i
    disturbi emotivi dei bambini sottoposti a lunghe ospedalizzazioni.
    DELL'ANTONIO A., PONZO E., Bambini che vivono in ospedale. Borla, Milano 1982. Il testo
    presenta l'analisi del tradizionale modello di intervento fornito dalle strutture ospedaliere attraverso il
    ricovero, evidenziandone carenze e limiti. Propone poi un modello di ristrutturazione dei servizi più
    aderente ai bisogni dell'infanzia. Una serie di osservazioni del comportamento dei bambini in
    ospedale in diverse situazioni arricchiscono la ricerca e ne verificano alcune ipotesi.
    2
    FABRE N., Le ferite dell'infanzia, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001
    Le ferite dell'infanzia, talvolta conosciute ed evidenti, altre volte nascoste o incomprese, fanno parte
    della vita di molti bambini. Lutti, separazioni, partenze, malattie, rapporti difficili, conflittuali o
    ossessivamente protettivi causano contusioni, lividi, ammaccatture e ferite di tanti tipi. Spesso sono
    gli adulti, a casa o a scuola, a fare del male ai bambini, non comprendendo le loro angosce. Spesso è
    il bambino stesso a soffrire di "mal di genitori". Spesso è il corpo che difetta, la malattia che ha effetti
    negativi sulla quotidianità.
    L'autrice illustra l'importante ruolo della psicoterapia che, durante il processo di cura, riesce a
    trasformare le ferite in cicatrici preziose, costitutive di personalità, aiutando il bambino a crescere in
    modo equilibrato.
    FARNE' M., SEBELLICO A., Psicologia per l'operatore sanitario, Casa Editrice Ambrosiana, Milano
    1987
    FILIPPAZZI G. Un ospedale a misura di bambino, Franco Angeli, Milano, 1997
    Il bambino malato è prima di tutto un bambino, che va considerato quindi nella sua globalità e non
    solo per la sua patologia. Un ambiente ospedaliero rispettoso delle esigenze psicosociali del bambino
    riduce il trauma del ricovero e può costituire addirittura un'occasione di crescita e maturazione. Nel
    libro vengono presentate esperienze in atto in vari Paesi europei e negli Stati Uniti e proposti
    interventi (sulle strutture, la formazione del personale, la preparazione dei bambini e dei genitori,
    l'organizzazione del ricovero, ecc.) che consentono di fare di un reparto pediatrico un reparto "a
    misura di bambino".
    FORNARI F., FRONTORI L., RIVA CRUGNOLA C., Psicoanalisi in ospedale, Raffaelo Cortina
    Editore, Milano 1985.
    Il testo presenta una ricerca svolta nei reparti di ostetricia e neonatologia di un ospedale milanese.
    Obiettivo della ricerca era sperimentare, a partire dalla teoria dei codici affettivi, la possibilità di
    trasferire nell'istituzione di lavoro strumenti e tecniche mutuati dalla psicoanalisi, con lo scopo di
    avviare un processo per trasformare l'ospedale in "comunità terapeutica".
    FREUD A, Bambini malati: Un contributo psicoanalitico alla loro comprensione, Boringhieri, Torino,
    1974.
    KANISZA S., DOSSO B., La paura del lupo cattivo Meltemi, Roma 1998. Quando i lupi cattivi - la
    “malattia” e la “morte” - manifestano a un bambino tutta la loro paurosa potenza, è necessario
    elaborare strategie per tenere sotto controllo le angosce che si scatenano. Questo testo suggerisce
    una metodologia di lavoro che abbia al centro del processo terapeutico il bambino come individuo,
    così da aiutarlo a trovare un suo spazio di crescita e di vita autonoma anche in una situazione
    traumatizzante come quella dell’ospedalizzazione.
    NUCCHI M., Aspetti psicologici del bambino in ospedale, ed. Sorbona, Milano, 1995.
    Il libro, scritto da una infermiera, presenta "gli aspetti psicologici del bambino ospedalizzato e, dopo
    averli descritti, individua modalità oggettive per esplicare una ricerca e trarne deduzioni importanti in
    funzione dell'assistenza infermieristica" (dalla presentazione del libro). Particolare importanza è data
    all'analisi del gioco e del disegno e ai risvolti psicologici che può provocare la presenza-assenza della
    madre in ospedale.
    LUCIANI, R., Che ci Faccio in Ospedale?, Giunti progetti educativi, Firenze, 2002
    Un libretto operativo per bambini fino a 10 anni d'età, che li aiuta ad orientarsi e comprendere
    cosa avviene quando sono ricoverati in ospedale. Attraverso questo strumento si tenta di dare
    una rispsta alle domande dei piccoli pazienti a proposito di persone e cose nuove che li
    circondano, offrendogli uno strumento gradevole e amichevole che li aiuti a trascorrere più
    serenamente il tempo del ricovero.
    PETRILLO M., SANGER S., Assistenza psicologica al bambino ospedalizzato, Casa editrice
    Ambrosiana, Milano, 1980
    Il testo illustra un programma di assistenza globale al bambino ospedalizato, realizzato fin dal 1960 in
    alcuni ospedali americani. Benchè sia un contributo datato, la lettura è raccomandabile per la serie di
    indicazioni pratiche sul come entrare correttamente in relazione con il bambino, sul come fornire un
    adeguato sostegno ai genitori. Sono particolarmente sviluppati i capitoli dedicati al gioco (tecniche,
    uso diagnostico, programmi di gioco organizzato), alla preparazione di bambini e genitori alla
    metodiche diagnostiche e chirurgiche, all'assistenza al bambino terminale.
    3
    ROBERTSON J., Bambini in ospedale, Feltrinelli, Milano 1973
    SACCOMANI, R. (A cura di), AIEOP, Tutti Bravi - psicologia e clinica del bambino portatore di
    tumore, Raffaello Cortina Editore, 1988
    In Italia, ogni anno circa mille bambini vengono colpiti da un tumore maligno: oltre settecentoquaranta
    guariscono. Nei prossimi anni, un giovane adulto su mille sarà un “lungo sopravvivente” di un tumore
    infantile. La qualità della sua vita dipenderà molto dal sostegno psicologico che avrà ricevuto non
    solo durante la malattia, ma anche successivamente. Per questa ragione, nell’ambito dell’oncologia
    pediatrica, un grande rilievo sta assumendo la gestione psicologica dei piccoli malati e delle loro
    famiglie, i cui problemi sono esposti e discussi in questo libro da operatori di grande esperienza e
    impegno. L’opera propone anche una sintesi delle risorse diagnostiche e terapeutiche messe a punto
    da pediatri oncologi e i risultati ottenuti, senza trascurare gli effetti collaterali, ancora molto rilevanti,
    delle cure praticate.
    SENATORE PILLERI R. OLIVERIO FERRARIS A., Il bambino malato cronico - Aspetti psicologici,
    Raffaello Cortina Editore, Milano, 1989
    Un contributo all'indagine sul vissuto del bambino e dell'adolescente rispetto alla malattia cronica.
    Uno studio psicologico a tutto campo che si sofferma sul rapporto tra stato di malattia e sviluppo
    psicologico, toccando importanti aspetti relativi a malattie croniche , quali: l'ospedalizzazione, il ruolo
    della famiglia, l'incidenza della malattia cronica sull' immagine del sé.
    SOURKES. B.M., Il tempo tra le braccia - L'esperienza psicologica del bambino affetto da tumore,
    Raffaello Cortina Editore, 1999
    "Spero solo di avere ancora tanto tempo tra le mie braccia". Con queste semplici parole un bambino
    di quattro anni ci rimanda alla consapevolezza della fragilità della vita umana e nello stesso tempo
    esprime tutta la saggezza e il coraggio dei piccoli pazienti affetti da una malattia potenzialmente
    mortale. Il tempo fra le braccia propone un ritratto toccante e molto significativo dell'esperienza di
    questi bambini che, dal momento della diagnosi, hanno subito nel corpo e nello spirito un
    cambiamento irreversibile. Barbara M. Sourkes ci introduce all'ascolto dei racconti di questi piccoli
    pazienti, alle loro conversazioni e all'osservazione dei loro disegni: l'analisi e l'interpretazione del
    materiale clinico guida il lettore in un mondo di sfide straordinarie e di eccezionali capacità di
    recupero. - L'autrice. Barbara M. Sourkes è psicologa e psicoterapeuta presso l'ospedale pediatrico
    di Montreal e assistente di pediatria presso la McGill University.
    Diritto alla presenza dei genitori
    BANNER LM, MACKIE EJ, HILL JW, Family relationship in survivors of childhood cancer: resource
    or restraint? Patient Education and Counseling. 1996, vol. 28, 191-199
    BOUREGA A., Les troubles de la parentalitè: approche clinique et socio-educative. Dunid, Paris,
    2002, 184 p.
    CALLERY P., Caring for parents of hospitalised children: a hidden area of nursing work. Journal of
    advanced nursing. 1997, vol. 26, 992-998
    CANAM C, Common adaptative tasks facing parentse of children with chronic conditions.Journal of
    advanced nursing. 1993, vol. 18, 46-53
    MACNAB AJ., RICHARDS J, GREEN G, Family-oriented care during pediatric interhospital transport.
    Patient Education and Counseling. 1999, vol. 36, 247-257
    NOTARAS E, Parents perspectives of healthcare delivery to their chronically ill children. International
    Journal of nursing practice. 2002, vol.8 (6), 297-304
    CAPURSO M., PRATTICO M. Se tuo figlio...Guida per genitori di bambini sottoposti a lunghe terapie
    e ricoveri ospedalieri, distribuito dal "Comitato Chianelli", Perugia 1997
    Si tratta di una specie di "manuale" per genitori di bambini ammalati, nato dall'esperienza di operatori
    del settore e famiglie che hanno vissuto questa prova. Il libro esamina il percorso che ciascuna
    famiglia compie dalla prima comunicazione della diagnosi fino alla fine della malattia. Il testo analizza
    sia gli aspetti più "pratici", legati alla vita quotidiana, sia i sentimenti e le paure di genitori e figli.
    4
    FALORNI M.L., SMORTI A., Madri in ospedale, Il pensiero scientifico Editore, Roma 1984
    LEWIS D. Mamma ho paura!, Franco Angeli, Milano 1995
    Questo testo può essere utile, nelle sue differenti sezioni, alle varie persone che vivono e lavorano
    accanto ad un bambino malato. La prima e la seconda parte, dedicata alla comprensione a al
    riconoscimento dei segnali d'ansia, può risultare d'aiuto ad insegnanti e psicologi che lavorano in
    ospedale; La terza e quarta parte, che presenta alcune tecniche di rilassamento, può essere utile
    anche ai genitori e ai parenti di un bambino malato.
    Diritto all'informazione e al consenso informato
    AUJOULAT I, Communication difficulties of healthcare professionals and family caregivers of HUV
    infected patients. Patient Education end Counseling, 2002, vol.7, 213-222
    BREWSTER A. Chronically ill children's concepts of their illness. Pediatrics. 1982, vol.69, 355-362
    DORN LD,SUSMAN EJ, FLETCHER JC, INFormed consent in children and adolescents: age,
    maturation, end psycological state. Journal of adolescent helth. 1995, vol. 25 (1), 15-23
    GELLER G e al., Informed consent for enrolling minors in genetic susceptibility research: a qualitative
    study of at-risk children's and parens' wiews about children's role in decision-making. journal of
    adolescent helth. 2003, vol. 32 (1), 260-271
    PURSSEL E., LIstening to children: medical treatment and consent. Journal of advanced nursing.
    1995, vol. 21, 623-624
    RUNESON I e al., Children's partecipation in the decision making process during hospitalisation: an
    observational study. Nursing ethics. 2002. vol. 9, 583-598
    SPENCER GE, Chidren's competency to consent: an ethical dilemma. J Child healthcare. 2000,
    vol.4, 117-122
    ARÈNES J, Dimmi, un giorno morirò anch'io?, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001
    Sin dalla più tenera età, il bambino sperimenta una serie di piccoli o grandi "lutti", provocati dagli
    eventi e dal corso della naturale della vita, che gli fanno apprendere il concetto di perdita. Il volume
    affronta l'universo del lutto come fenomeno inseparabile della vita e fonte di maturazione e
    autonomia.
    Il problema della sofferenza, il dolore psicologico legato alla perdita, le metamorfosi dell'adolescenza
    e il lutto dell'infanzia sono i temi principali del libro.
    AUTTON N., Parlare non basta, L' importanza del contatto fisico e della vicinanza nelle relazioni di
    cura, Ed. E.D.T., Torino, 1992
    Un testo che si rivolge a medici ed infermieri, ma anche ad operatori educativi e sociali, a volontari,
    mettendo a fuoco la necessità del contatto fisico ormai riconosciuta dal mondo della medicina.
    Vengono riportati studi e testimonianze sull'importanza ed insostituibilità della "relazione tattile" nelle
    situazioni di stress e di crisi.
    CANEVARO A., CHIEREGATTI, A., La relazione di aiuto, Carocci Editore, Roma, 1999
    Il libro affronta il tema del sostegno portato a un altro essere umano in termini di relazioni di aiuto: ad
    esempio, all'interno della coppia, tra il medico e il proprio paziente, entrambi impegnati nella gestione
    della malattia in vista della guarigione, tea l'insegnante e lo scolaro, nei termini di una relazione
    paritetica tra persone, ecc. Alla relazione di aiuto siamo ormai obbligati, e forse ci troviamo
    particolarmente impreparati.
    MAMBRIANI S., La comunicazione nelle relazioni di aiuto. Guida pratica ad uso di familiari e
    operatori sanitari e sociali, Cittadella, Assisi 1992
    Si tratta di una guida pratica per tutti coloro che operano nell'ambito di relazioni di aiuto: familiari,
    medici, insegnanti, assistenti, volontari, ecc. Il libro offre una serie di accorti suggerimenti, indicando il
    significato di comportamenti e di azioni semplici, quotidiane, e la loro possibile funzione nelle relazioni
    di aiuto.
    5
    MASERA G., TONUCCI F . Cari Genitori..., HOEPLI, Milano, 1998. Un testo ricco di consigli e
    proposte per quei genitori che improvvisamente si sentono comunicare che il loro figlio è affetto da
    una leucemia. E' un libro con pochissime parole: contenuti e messaggi sono affidati quasi
    interamente alle vignette di Francesco Tonucci. Le vignette di "FRATO" ci guidano, attraverso gli
    occhi del bambino, lungo il percorso che la famiglia vive dalla prima comunicazione della diagnosi
    fino alla guarigione finale.
    RAIMBAULT G., Il bambino e la morte, La Nuova Italia, Firenze 1978
    Il libro è scritto sulle testimonianze rese da bambini prossimi alla morte. I bambini "descrivono" il loro
    vissuto di malattia e il cambiamento della loro immagine corporea, attraverso parole, sogni, racconti,
    disegni, che Rainbault commenta seguendo un approccio di tipo psicoanalitico.
    SPINETTA J.J., SPINETTA P.D., Comunicare con i bambini affetti da una grave malattia cronica ,
    Fondazione Tettamanti, Milano 1987.
    Si tratta della traduzione di un libretto originariamente pubblicato dal National cancer institute. Il testo
    affronta il tema della comunicazione sulla malattia e sulla morte con i bambini malati e con i suoi
    coetanei. Vengono riportate prospettive e punti di vista di chi ritiene che la comunicazione su questi
    temi debba essere, anche con i bambini, diretta e piuttosto esplicita.
    VARI., L'ascolto che guarisce, Cittadella, Assisi, 1995
    Gli operatori sanitari più sensibili avvertono che il malessere denunciato dal paziente ha dimensioni
    più profonde, spesso sconosciute allo stesso malato, di quelle puramente fisiche ed organiche.
    Quando si è colpiti da una malattia è l'intera persona ad andare in crisi. In questa situazione è
    importante per l'operatore saper ascoltare la persona malata, attraverso la creazione di un rapporto
    interpersonale aperto ad una benefica reciprocità.
    VARI., Ti voglio dire che..., TELECOM Italia, 1997
    Il testo, ricco di esempi e documentazione, analizza la comunicazione nel bambino ospedalizzato con
    particolare riferimento al disegno ed ad altre tecniche proiettive. Un capitolo riguarda la percezione
    dell'ospedale e dei suoi personaggi da parte dei bambini.
    VARI, C'era una volta un piccolo cervo... Arterapia infantile: tre anni di teatro in corsia, Laterza, Bari,
    1998. Il libro è diviso in trte sezioni: la prima contiene alcuni saggi sull'arterapia; la seconda
    narra e documenta alcune esperienze concrete, la terza propone i risultati di un progetto
    sperimentale sulla gestione della paura prima di un intervento chirurgico attraverso la preparazione
    guidata con un burattino.
    Diritto alla riservatezza e al rispetto
    PILPED D. e al., Ethical and cross cultural questions concerning pediatric clinical trials.
    Controlledclinical trials. 1996, vol. 17, 201-208
    REED P, e al., Promoting the dignity of the child in hospital. Nursing ethics. 2003, vol.10, 67-76
    KORCZAK J.., Il diritto del bambino al rispetto, Luni Editrice, Milano 1995
    LEONE S., Il malato terminale, San Paolo, Milano 1996
    Il testo descrive situazioni, atteggiamenti e comportamenti del personale medico e sanitario nei
    confronti di un malato in fase terminale, analizzando possibili alternative attraverso una prospettiva
    bioetica e cristiana.
    PERICCHI C., Il Bambino malato, La Cittadella, Assisi (PG), 1984
    Il libro si rivolge a tutti coloro che, con diversi ruoli e mansioni, vengono a contatto con bambini
    malati: medici, infermieri, insegnanti di scuole in ospedale, volontari, e naturalmente, genitori.
    L'autrice insiste sul fatto che la malattia non è soltanto fisica, ma è anche psicologica, in quanto
    esprime anche una richiesta di cure, di attenzioni, di calore, che non devono essere ignorate.
    Diritto all'educazione, al gioco e ad ambienti idonei
    6
    LAHTEENMAKI PM e al., childhood cancer patients at scholl. European journal of cancer. 2002,
    vol.38, 1227-1240
    MURPHY j. e al., the efficacy of intensive individual play therapy for chronically ill children. Journal of
    play therapy. 2002, vol. 11, 117-140
    SPENCE LJ, KAISER L, Companion animals end adaptation in chronically children. West j Nurs Res.
    2002, vol. 24 639-56
    AA. VV., Bambini in Ospedale - Servizio Educativo Scolastico, Associazione Gioco e Studio in
    Ospedale, Genova,
    l testo raccoglie gli atti di un convegno commemorativo di Armida Carla Capelli, tenutosi a Milano nel
    1991. Oltre ad esperienze di scuola e gioco in ospedali italiani, sono presentati, attraverso due
    articoli, la realtà delle scuole ospedaliere in Germania e Francia. La redazione degli atti è stata curata
    da Daniela Gugliada, Maria Grazia Melegari, Jolanda Vacchini.
    BREGANI P., DAMASCELLI A.R., VELICOGNA V., Il gioco in ospedale, Emme edizioni, Milano
    1984
    Il testo analizza le condizioni fisiche e psicologiche del bambino in ospedale e la metodologia del
    gioco come aiuto per superare i traumi dell'ospedalizzazione. Particolari riferimenti vengono fatti alla
    realta' inglese e ai modelli organizzativi di alcuni ospedali.
    CAMPANA A., Educazione e salute del bambino, - L'ospedalizzazione pediatrica - Lo sviluppo
    integrale del bambino in situazione di malattia - Centro editoriale Carroccio, Padova, 1992
    Il testo esamina le problematiche legate allo sviluppo integrale del bambino malato. In particolare
    vengono analizzati i comportamenti professionali, l'assistenza scolastica, sociale e psicologica, la
    legislazione.
    CAPELLI A.C., Il bambino, l'ospedale, il gioco, CIGI, Ivrea 1981
    CAPURSO M. (a cura di), Gioco e studio in ospedale - Creare e gestire un servizio ludico-educativo
    in un reparto pediatrico, Erickson, Trento, 2001
    Il libro nasce dall'esperienza dei corsi di formazione "Bambini in Ospedale", creati e gestiti dalla
    Associazione "Armida Carla Capelli - Gioco e Studio in ospedale" e frequentati ogni anno da
    operatori di tutta Italia
    Sotto forma di percorso di formazione il testo esamina le caratteristiche della "scuola-gioco in
    ospedale", tenendo sempre presente il legame tra l'aspetto didattico e quello ludico-ricreativo della
    relazione d'aiuto al bambino malato.Ogni capitolo è corredato da preziose indicazioni operative, sotto
    forma di esercitazioni e questionari.
    CAPURSO M. TRAPPA M., Le paure dell'ospedale in bambini di età scolare: una ricerca basata su
    sistemi proiettivi, Difficoltà di Apprendimento, Vol. 2 n. 8, Ott, 2002.
    Questa ricerca ha avuto lo scopo di indagare, utilizzando un metodo proiettivo, le paure dei bambini
    relative a un ipotetico vissuto di ospedalizzazione. Conoscere gli oggetti delle loro paure permette
    infatti di intervenire, in una prospettiva pedagogica, nella relazione che intercorre tra il soggetto che
    ha paura e gli oggetti che la determinano, evidenziando le variabili individuali, ambientali, cliniche e
    relazionali che possono essere base del lavorod'equipe. Sono quindi fornite alcune linee di lavoro per
    strutturare un progetto e creare un ambiente in grado di aiutare i bambini a superare le paure legate
    all’ospedalizzazione.
    COSTANTINI, A., GRASSI L., BIONDI M, Psicologia e tumori: una guida per reagire, Il pensiero
    scientifico editore, 1999 Questo testo è stato scritto con il chiaro intento di rispondere a alle
    domande più tipiche dei malati e dei loro parenti. Nessun problema è sottovalutato (i rapporti del
    malato coi parenti, la disperazione, il dolore fisico e psichico, l'uso dei farmaci, l'esperienza anche
    psichica del guarire) ed informa anche sui metodi psicoterapeutici più adatti in presenza di malattia
    oncologica. Il libro riporta anche l'elenco dei reparti dove si fa psiconcologia e quello delle
    associazioni di aiuto.
    FANTONE G., CRESPINA M. (a cura di) Scuola ed ospedale, UNICEF - ANICIA, Roma, 1993
    Il testo presenta, attraverso una serie di brevi interventi, i diversi problemi che coinvolgono un
    bambino in ospedale (dimensione psicologica, la scuola in ospedale, assistenza sociale, il dolore,
    esperienze di gioco.) e come questi vengono affrontati in diverse realtà italiane ed europee.
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    mauretto58
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    Città: ROMA
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    Sesso: Maschile
    00 01/12/2009 13:07
    SOLIDARIETà
    Al Teatro Sociale per sostenere il progetto di Spazio Prevenzione Onlus
    ALE&FRANZ SCENDONO IN CAMPO PER AIUTARE I BAMBINI MALATI DI TUMORE
    Como - Spazio Prevenzione onlus per l'iniziativa Zelig Ethic, presenta una delle coppie comiche più esilaranti del panorama teatrale italiano: Ale e Franz , che scendono in campo per un sostegno concreto ai bambini ammalati di tumore. «Ridere per bene» è il titolo della serata che andrà in scena al teatro Sociale di Como mercoledì 25 novembre. Il ricavato della serata benefica sarà destinato al progetto «Dalla parte dei bambini», curato da Spazio Prevenzione Onlus. «Siamo molto felici di poter avere ancora una volta Ale e Franz come promotori dei nostri innumerevoli progetti e siamo orgogliosi di dar vita a una serata straordinaria all'insegna della solidarietà , della salute e della comicità - spiega Gabriella Maggioni fondatrice e presidente di Spazio Prevenzione - "Dalla parte dei bambini" è un progetto che ci sta molto a cuore e realizzarlo ci permetterà di dare assistenza psicologica al paziente e ai suoi familiari». Per rendere ancora più colorata e divertente la serata, i due comici saranno presentati da Paoletta , conduttrice radiofonica di RTL102.5, e accompagnati dal trio Ale, Ussi e Alfredo .
    Il ricavato dello spettacolo sarà destinato interamente al progetto «Dalla parte dei bambini», che ha l'obiettivo di offrire gratuitamente un servizio di psicoterapia personalizzata ai bambini ammalati di tumore e ai loro familiari. Si tratterà di una vera e propria rete di psico-oncologi, che verranno appositamente formati in ambito pediatrico. L'intero progetto sarà coordinato e supervisionato dall'associazione, in modo tale da poter dare un aiuto concreto ai bambini residenti in diverse città italiane, soprattutto nel periodo di post ospedalizzazione, quando cioè i piccoli pazienti ritornano a casa e non possono più usufruire di un'assistenza medica diretta.
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    mauretto58
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    00 01/12/2009 13:12
    La psiconcologia

    La maggior parte delle persone diventa ansiosa al solo sentir nominare la parola cancro: un effetto che ha ricadute importanti anche sulla prevenzione della malattia se è vero ciò che segnalano gli studi in materia, ovvero che una delle ragioni per cui molti evitano di sottoporsi ai controlli consigliati, o fanno orecchie da mercante alla comparsa dei primi sintomi, è proprio la paura di scoprirsi malati.

    Un atteggiamento che spesso è foriero di guai e che oggi può essere superato con l’aiuto di uno psicologo specializzato.

    La maggior parte dei centri oncologici è infatti dotata di un servizio di psiconcologia, che fornisce assistenza alle persone che sentono di averne bisogno attraverso una serie di colloqui, individuali o di gruppo, che hanno lo scopo di alleviare la sofferenza emotiva del paziente e dei suoi familiari.

    La psiconcologia si occupa anche di assistere i medici che lavorano nei reparti ad alto tasso di stress. Obiettivo: impedire che l’eccesso di stimoli dolorosi si traduca col tempo in insensibilità, e consentire al medico di mantenere la necessaria empatia con le sofferenze del paziente senza farsene sommergere.

    Ovviamente il lavoro dello psiconcologo assume un’importanza particolare per chi è già malato e deve affrontare l’intervento o le terapie. In questo caso si inizia valutando, con appositi questionari, il livello di stress e disagio emotivo e si prosegue poi con un’analisi della situazione psicologica, ma anche pratica: talvolta è più facile accettare un momento critico della vita se qualcuno fornisce un aiuto nella riorganizzazione della routine quotidiana e uno sfogo per i pensieri ossessivi.

    Lo psicologo può lavorare sulla personalità del paziente, per far affiorare le risorse nascoste, per esorcizzare paure e per aiutarlo a cambiare gli aspetti insoddisfacenti della sua vita. In Italia esiste una Società di psiconcologia (SIPO - www.siponazionale.it) che organizza corsi di formazione per medici e psicologi desiderosi di esercitare il loro lavoro con i malati di tumore e i loro familiari. È infatti difficile anche per il partner o per i figli accettare che il loro caro sia malato di cancro. Talvolta la preoccupazione si manifesta con comportamenti iperprotettivi o, viceversa, di rifiuto, in particolare negli adolescenti.

    Perchè dirlo

    Quando una persona viene a sapere che ha un tumore, tra i tanti pensieri che gli affiorano alla mente c’è anche quello di come ‘dirlo agli altri’. Molti pazienti si chiedono perché devono essere loro a creare preoccupazione tra familiari e amici.

    Alcuni valutano anche la possibilità di ‘non dirlo’, ma si può ben immaginare quanto una posizione simile sia difficile da sostenere quando si vive a stretto contatto. Certo pensieri come questi sollevano almeno in parte dall’ansia di una diagnosi in sé difficile, ma il problema non è da poco, soprattutto se si hanno figli piccoli.

    Si pensa sempre che i bambini vadano protetti dal dolore e dalla sofferenza e si vorrebbe tenerli lontano da tutto ciò che non sono in grado di capire e sopportare. Eppure i bambini capiscono. Sentono che è successo qualcosa, che mamma o papà hanno ‘qualcosa che non va’, ma non possono capire se nessuno glielo spiega. E questo senso di incertezza genera anche in loro ansia e frustrazione: le stesse da cui si voleva proteggerli. La scelta di non dirlo si rivela quindi ingestibile, ma soprattutto controproducente.

    La maggior parte degli adulti ritiene che i bambini non abbiano alcuna idea di cosa siano la malattia e la morte. Tuttavia è ormai noto che a partire dai due o tre anni di età i bambini si pongono il problema della scomparsa delle creature viventi e costruiscono le loro idee in proposito. A tre anni già capiscono che la morte può colpire anche i propri amici e parenti o addirittura se stessi, anche se non la vivono come un fatto irreversibile. Dai quattro anni in avanti i bambini comprendono che non si muore solo di vecchiaia, ma anche di incidente o di malattia. Oggi i bambini sono esposti a una quantità di informazioni enorme sul cancro: campagne di prevenzione, pubblicità, film o telefilm, Internet.

    In uno studio pubblicato nel 2006 sulla rivista medica British Medical Journal alcuni ricercatori dell’università di Oxford hanno valutato le conoscenze e le emozioni di un gruppo di bambini alla cui madre era stato diagnosticato un tumore al seno, confrontadole poi con le convinzioni che le madri avevano sui propri figli. Ne è emerso che tutti i bambini sapevano qualcosa del cancro anche prima che alla loro madre fosse fatta la diagnosi. La cosa più importante, però, era che i bambini vivevano più o meno positivamente la notizia della malattia alla luce delle conoscenze pregresse. Molti piccoli erano convinti che il cancro fosse sempre mortale, altri credevano che fumare facesse venire qualsiasi tipo di cancro e infatti erano molto angosciati se i loro genitori o parenti continuavano a farlo. I piccoli che avevano avuto esperienza diretta di persone sopravvissute alla malattia erano molto più ottimisti sulle possibilità di guarigione. Le informazioni ricevute a scuola erano invece sentite come più ‘tecniche’, ma a basso impatto emotivo.

    Le madri non avevano idea della quantità e qualità di informazioni che avevano i loro bambini. Alcune se ne sono rese conto solo in seguito e molte ricordavano di essere state raggelate da domande dirette, tipo ‘mamma, quando muori?’. Da notare che molti bambini avevano già capito che la loro mamma ‘aveva qualcosa che non andava’ per i suoi cambiamenti di umore, per averlo sentito di nascosto da conversazioni tra adulti e persino per aver sbirciato i certificati medici ritrovati per casa. Le emozioni provate al momento della notizia erano indipendenti dall’età: ansia, paura di abbandono e senso di perdita (ma qualcuno ammetteva anche rabbia verso Dio e verso la stessa mamma). Viceversa alcune mamme non avevano percepito queste emozioni nei figli, anzi ricordavano reazioni ‘tutto sommato buone’ e di ‘quasi indifferenza’. Infine, mentre le mamme ritenevano di aver dato la giusta quantità di informazioni ai loro bambini, i figli sentivano di voler sapere dell’altro, in particolare sulle cause: per esempio quelli che sapevano di possibili cause genetiche del cancro si chiedevano giustamente se un giorno si sarebbero ammalati anche loro o altri familiari. I più grandi avrebbero voluto anche un contatto più diretto con il medico che si occupava della mamma.

    Per saperne di più, ma soprattutto per capire come affrontare al meglio la malattia anche dal punto di vista della famiglia, ne abbiamo parlato con Nadia Crotti, psicologa e psicoterapeuta dell’Istituto nazionale dei tumori di Genova (ISTGE).

    “Tenere i figli all’oscuro di tutto ciò che concerne il tumore crea una sorta di ‘buio comunicativo’, una sensazione di profondo vuoto che contribuisce ad alimentare l’angoscia nel bambino, anziché evitargliela. I bambini percepiscono i messaggi non verbali dei genitori molto meglio di quanto crediamo: la tensione, le preoccupazioni, magari anche la rabbia dovute alla malattia. Ma proprio perché sono bambini tendono a vedersi, nel bene e nel male, al centro della vita familiare: pensano che se mamma e papà sono tesi o preoccupati è per qualcosa che loro hanno fatto o detto. Questo tipo di sensi di colpa alimenta anche la paura dell’abbandono fisico e affettivo (‘mamma e papà non mi vogliono più bene’) da parte dei genitori che nella loro testa può trovare conferma anche nelle assenze ingiustificate, dovute per esempio a terapie o ricoveri”.

    Chi ha figli sa che i bambini hanno una fantasia molto vivace. In questo caso con le loro associazioni cercano di riempire il vuoto comunicativo, ma anziché colmare l’angoscia, la amplificano. Ne possono derivare tutte quelle manifestazioni di sofferenza nella sfera emotiva (ansia generalizzata, ricerca di solitudine), nell’ambito comportamentale (aggressività verso i compagni di gioco o i genitori stessi, disturbi nell’alimentazione), nella sfera cognitiva (problemi scolastici) o dello sviluppo (regressioni), che vanno intese come un tentativo del bambino di esprimere la propria sofferenza e paura.

    “Quello che gli adulti possono fare è evitare il non detto, identificare le associazioni negative e sostituirle con la verità: mamma è preoccupata per le cure che dovrà affrontare per guarire, papà non può giocare a calcio perché la malattia lo stanca molto, ma gli piacerebbe farlo” spiega Crotti.

    Le parole per dirlo

    Probabilmente non esiste un modo giusto in assoluto per dire ai figli che i genitori sono malati. A volte si tratta di essere creativi e usare gli strumenti comunicativi tipici dei bambini, ma gli esperti hanno realizzato materiali che possono venire in aiuto.

    L’AIMaC (Associazione italiana malati di cancro) ha realizzato un piccolo opuscolo “Cosa dico ai miei figli”, scaricabile gratuitamente dal sito dell’associazione (www.aimac.it) in cui trovare i motivi per dirlo, come farlo in base all’età del bambino e come affrontare il dopo.

    Nell’ambito del progetto ‘Condividere’ dell’ISTGE sono nati due piccoli libri di racconti: “Una famiglia come la tua” e “La malattia in famiglia”. Nel primo la mamma si ammala di tumore al seno e l’intera famiglia cambia in seguito a questo avvenimento, mobilitandosi in suo aiuto. Ai bimbi viene spiegato tutto, con parole semplici: i due piccoli protagonisti si faranno forza l’un l’altro, rendendosi utili in tanti modi, cosa che li aiuterà a sentirsi importanti. Nel secondo racconto ad ammalarsi è un padre, a cui viene diagnosticato un tumore all’intestino. In questa storia vengono inseriti anche gli aspetti del vissuto familiare e di ereditarietà della patologia. Per i più tecnologici esiste anche una storia su CD-rom.

    “Tutto il materiale (richiedibile al numero dell’Istituto 010/5600-606 o 603) può essere utilizzato innanzitutto dai genitori, ma anche dagli educatori e dalle maestre, creando un argomento di discussione all’interno delle classi” spiega Nadia Crotti. “Qualche volta può sembrare che i bambini reagiscano con indifferenza a queste proposte, ma poi, quando meno te lo aspetti, ti fanno una domanda che ti dimostra quanto la cosa in realtà li abbia coinvolti”.

    Affrontare i cambiamenti

    La forza del gruppo offre un valido sostegno al paziente e aiuta i familiari a vivere con serenità un momento difficile.

    Per la psicologia, la famiglia non è infatti semplicemente la somma degli individui che la compongono, ma un organismo con un funzionamento proprio e particolare: un corpo unico, in cui ciascuna parte risente di tutto ciò che succede alle altre. Questo corpo unico, come tutti gli organismi viventi, ha una propria omeostasi, ossia tende a mantenere il proprio equilibrio e a conservare le proprie caratteristiche contro gli squilibri che possono essere determinati da variazioni interne o esterne. Ciò significa che ogni cambiamento del sistema-famiglia rappresenta una minaccia per il nucleo intero e quindi tutti i membri cercano come possono di ristabilire un equilibrio. La ‘famiglia che funziona’, quindi, non è tanto quella che riesce a mantenere un equilibrio costante, quanto piuttosto quella sufficientemente flessibile da sapersi adattare ai cambiamenti, creando, se necessario, un nuovo ordine.

    Proprio come nell’organismo, anche nella famiglia la malattia, soprattutto se grave, rappresenta un evento stressante. La persona malata diventa più dipendente; le regole, le priorità e i ritmi della vita quotidiana vengono sconvolti; possono subentrare difficoltà economiche dovute ai costi delle cure o all’impossibilità di lavorare come prima e, infine, ci può essere un sovvertimento dei ruoli sia all’interno della famiglia (se la persona malata ha in essa un ruolo dominante) sia all’esterno (se il paziente perde il suo ruolo sociale o professionale, e la famiglia perde i privilegi legati ad essi). È per far fronte a queste novità che i singoli membri cercano una soluzione possibile.

    È probabile che i familiari debbano riorganizzare la propria vita per stare vicini a chi è in cura, ma non per questo devono dimenticare di riservare uno spazio per se stessi. Il supporto dello psiconcologo può inoltre aiutarli sia a elaborare una strategia di sostegno rispettosa delle caratteristiche psicologiche del paziente sia a comunicare la diagnosi ai bambini quando è uno dei genitori a essere malato.

    Una volta comunicata la malattia ai figli, non resta che ascoltare, per capire cosa provano e per aiutarli ad affrontare i cambiamenti che la malattia porterà nella vita di tutti, giocando però a carte scoperte. Secondo gli esperti, l’ideale sarebbe riuscire a mantenere, almeno dove possibile, le abitudini e i rituali di famiglia e non trascurare la disciplina: comprendere le difficoltà dei figli è importante, ma queste non devono diventare la scusa per comportarsi male.

    Se non si riesce a fare tutto, non bisogna esitare a delegare ad altri (familiari, collaboratori): in primo luogo, però, l’aiuto deve venire proprio dai figli. Si tratta di trovare qualcosa da far fare a ciascuno. “Dal fare la spesa per i più grandicelli al portare le pantofole per il papà malato per i più piccoli, ogni membro della famiglia deve sapere di avere un suo ruolo nella nuova situazione” spiega ancora Crotti. “Molti dei bambini o ragazzi di cui ci siamo occupati nel servizio di psiconcologia e che avevano un problema comportamentale proprio perché sentivano un vuoto di informazioni, hanno abbandonato i loro atteggiamenti aggressivi e disturbanti nel momento in cui è stato loro spiegato il problema, chiedendo che si assumessero qualche responsabilità”.

    Proprio per andare incontro ai bisogni dei bambini e delle famiglie che vengono colpite dall’arrivo della malattia, all’ISTGE è nato il progetto ‘Condividere’ con lo scopo di rendere la malattia un periodo affrontabile. Tra le iniziative, anche la creazione di uno spazio di accoglienza per i bambini dei pazienti ricoverati, una sala giochi dove figli e genitori possono incontrarsi in un ambiente sereno e comunicare con l’assistenza di volontari. Iniziative analoghe, che prevedono supporti psicologici, sono disponibili nei maggiori istituti oncologici d’Italia.

    Molti malati di cancro sperimentano anche un certo grado di esclusione sociale, dovuto spesso alla difficoltà, da parte degli amici, di affrontare la realtà della malattia. Anche in questo caso l’esperto può aiutare il malato a riallacciare in modo attivo i rapporti interrotti e a parlare apertamente della propria situazione, in modo da sollevare gli altri dall’imbarazzo. Una volta rotto il ghiaccio, gli amici si sentiranno più liberi di esprimere i propri sentimenti, l’affetto e il sostegno.




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