vincoli e liberatorie

Si fa un gran parlare, giustamente, da qualche tempo a questa parte del famoso vincolo sportivo, soprattutto in riferimento ai dilettanti ed al calcio giovanile.
Il vincolo sportivo è quella famosa norma che consente alle società di legare a loro i vari calciatori e, soprattutto nel calcio giovanile, anche in virtù dei cosiddetti premi di preparazione e formazione che le società che vogliono prendere un ragazzo devono corrispondere alla società di origine.
A primo impatto nulla di più giusto, perchè cosi si premia quelle società in grado di operare bene nel settore giovanile, ma solo ad una rapida occhiata. La prassi e la norma, infatti, parlano di una situazione in cui spesso i ragazzi ed i genitori sono costretti a rimanere nella loro società o a non poter andare in altre formazioni perchè, alla fine, questo famoso premio di preparazione anzichè essere un pregio diventa un boomerang.
Sempre ad una prima rapida occhiata, infatti, tutti propendono ora per una abolizione del vincolo, ma questo comporterebbe gravi problemi per le società dilettantistiche che, spesso e volentieri, vanno avanti anche grazie ai premi di preparazione (non cito qui il caso di quando per svincolarsi i ragazzi o i genitori sono costretti a pagare, anche se nella prassi si sa che la situazione è questa).
Ci poniamo quindi una domanda, che in realtà diventa una possibile soluzione al problema che però, ci sembra, nessuno prende in considerazione.
Per tutelare nel migliore dei modi sia i ragazzi, rendendoli quindi liberi, sia le società che devono comunque poter andare avanti e fare settore giovanile, perchè non pensare ad una retta da pagare per tutti i ragazzi che fanno l'agonistica, come avviene in qualsiasi altro sport?
Mi spiego. Il calcio giovanile, come per altri aspetti, ha la peculiarità di essere forse l'unico sport nel quale chi gioca (parliamo di categorie agonistiche, non scuola calcio) non paga nulla, se non il kit di abbigliamento. In qualsiasi altro sport giovanile, invece, il pagamento di una quota mensile o annuale è dato per scontato, perchè è quello che permette alla società di andare avanti, di investire, di non dover legare nessuno a sè.
Se anche le società calcistiche adottassero questa politica che, per carità, non manderebbe sul lastrico nessuna famiglia, perchè quando parliamo di 40 € o 50 € mensili non stiamo certo parlando di cifre astronomiche, forse il problema si potrebbe risolvere alla radice. Ogni società, infatti, potrebbe sapere già all'inizio dell'anno su quale cifra poter contare per investire anche in istruttori qualificati, non dovendo cosi sperare di piazzare giocatori a destra e manca nella calde e torride estati. Oltretutto, ed è bene sottolinearlo, la quota pagata andrebbe semplicemente a coprire le spese che comunque una società ha per campi, docce, allenatori ecc.., tutte spese al momento a carico solo delle società.
I ragazzi, a fine stagione, sarebbero liberi di rimanere nella società di origine, laddove si sono trovati bene, o cercare altre sistemazioni, senza dover essere legati in nessun modo da tesseramenti e vincoli pluriennali.
Non potrebbe essere questo un modo per fare un passo avanti verso la trasparenza anche in questo mondo?
Attendiamo commenti, suggerimenti e critiche, come sempre potete scriverci a redazione@fuoriarea.it.

Alessandro Grandoni

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la questione credo sia molto delicata, quello che esprime il giornalista è una possibilità per aiutare sia le società che le famiglie a sciogliere questo oneroso problema.
Ma anche la federazione potrebbe intervenire automaticamente sui passaggi dei ragazzi da società all'altra detraendo dal tesseramento direttamente la quota del premio preparazione alla squadra che stipula il nuovo acquisto certamente rivedendo le aliquote in vigore che sembrano alquanto esagerate.