ritengo interessanti anche le risposte, che non provengono dal mondo del calcio
Postato da dmgleon | 24/05/2011
sono un insegnante di educazione fisica ma anche allenatore.
l’errore è sempre lo stesso confondere sport con gioco.
io lavoro con un gruppo sportivo di atletica che, fortunatamente, non fa quasto errore.
vi posso assicurare che spesso mi capita di discutere con genitori incompetenti che pretendono un trattamento da atleta per un bambino di 10 anni.
ho visto mamme a bordo campo (rugby)entrare in campo per dare da bere al figliolo stanco.
conclusione lasciate lavorare gli esperti. sostenete e non opprimete.giocate con e non contro. la vera soddisfazione è migliorarsi se poi si è anche dei campioni tanto meglio, ma il campione deve fare il doppio dei sacrifici
Postato da thaurinis | 24/05/2011
Quando, due volte a settimana mi trovo sugli spalti del palazzetto a guardare mia figlia che fa le capriole o saltella sulla trave ho un compagno, un libro. Questo è il consiglio che mi sento di dare ai gruppetti di genitori e nonni (si ci sono anche loro) che rosicano per le loro pupille se la verticale non è perfetta o il volteggio non è abbastanza aperto. Mi piacerebbe fare un sondaggio….chiedere quanti di loro hanno praticato veramente uno sport a livello agonistico, penso che avrei delle sorprese. Saluti
Postato da TonyTone | 24/05/2011
Cos’è insomma che ci trasforma in quell’ora di gradinata in versione “tifoso di mio figlio” in persone che, diciamocelo, a guardarle da fuori non troviamo così simpatiche? Ve lo dico subito. Troppi figli unici, troppo seguiti da madri e padri isterici che devono farsi perdonare il fatto di lavorare e di non poterli educare. Così il calo demografico ha fatto sparire i patronati e le parrocchie, dove si andava a fare sport in mezzo ad altri coetanei, dove si imparava la competizione, dove si imparava a prenderle e a darle. e i genitori alla partita di calcio della parrocchia non si vedevano (ho giocato per 20 anni a calcio). In sostituzione del patronato, adesso, abbiamo schiere di mamme che non capiscono un piffero di sport, seguite da torme di sfigatelli piagnucolosi se non entrano in squadra. Perchè, una volta il posto in squadra te lo dovevi guadagnare e non c’era un tuo genitore a pretenderlo. Con l’avvento della mammizzazione dello sport, di fatto, è sparita la competizione. Tutti i figli sono bravi, tutti da riprendere con le telecamere, tutti da premiare. Ecco perchè sono diminuiti in maniera considerevole i campioni sportivi in Italia.
Postato da normajean | 24/05/2011
Mia figlia, 9 anni, fa 45′ di nuoto, giusto per imparare, una volta a settimana, ma è un’eccezione. Alcuni suoi compagni abbinano le discipline modello patchwork: nuoto, calcio, danza classica, violino, pianoforte, rugby, yoga…Prima o poi qualcuno andrà davvero a rugby con tutù e chignon e a suonare il violino in slip e accappatoio…per distrazione o per ottimizzare i tempi!
E ovviamente in assemblea ci sorbiamo le lamentele di mamme e papà perchè hanno troppi compiti!
A scuola durante le ore di educazione motoria li portano ai corsi di sci oppure viene in palestra l’insegnante esterno di karate o atletica o volley. Il voto in pagella non viene stabilito in base all’abilità o al talento, ma al comportamento, che deve essere disciplinato, leale, serio, pur se giocoso.
Genitori e allenatori fanatici ce ne sono e ce ne saranno sempre: una soluzione potrebbe essere lasciarli fuori dai campi e dalle palestre. Al patronato della mia parrocchia, dove si allenano società di basket e calcio, c’è un cartello all’ingresso: Ciao mamma, ciao papà, grazie per avermi accompagnato, ma adesso entro da solo!.
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