CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2013 09:18
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Città: ROMA
Età: 65
Sesso: Maschile
01/02/2013 19:15

L’importanza dell’approccio
socio-educativo-didattico ai
bambini degenti in pediatria
e pediatria-oncologica.

La lotta contro ogni forma di malattia non si esaurisce con il bisturi ed il
farmaco: l’approccio moderno, più efficace e risolutivo, delle attività di
contrasto alle patologie è quello che si basa su azioni positive miranti al
recupero del benessere psicologico, relazionale e socio-ambientale delle
persone. Tale modalità, avallata da un’ampia letteratura scientifica e sancita
ormai anche dall’International Classification of Functioning, Disability and
Health (ICF) dell’OMS, ha ispirato anche questa progettualità rivolta ai bambini
oncologici lungodegenti ed alle loro famiglie.
Il problema delle persone lungodegenti, infatti, in generale comporta
anche il disagio dei contesti familiari di riferimento; ciò è tanto più vero quando
in ballo vi sono bambini.
Occorre, infatti, favorire un ambiente sereno, sostenendo psicologicamente
bambini, genitori ed altri affetti familiari offrendo loro opportunità di svago
nelle lunghe, interminabili, giornate di degenza. Del resto la condizione
psicologica degli uni ha dei riflessi diretti sugli altri, sicchè la condizione di
disagio rischia sempre di condizionare il decorso della malattia sia per quel che
riguarda l’efficacia, sia per quel che ne concerne la durata.
E’ sempre più necessario, dunque, fare attività di presa in carico di tutto il
contesto relazionale del bambino. In questa prospettiva, dunque, il ruolo
dell’ospedale si apre ad esperienze che aprono gli ambienti, necessariamente
asettici, dei reparti ad esperienze di laboratori di socio-animazione che vedono
collaborare attivamente - e fattivamente - operatori qualificati con il personale
sanitario ed equipe di psicologi per sostenere degenti e famiglie.
L’obiettivo è quello di addolcire ogni disagio potenziale, facendo si che ogni
terapia collaterale abbia importanza paritetica rispetto a quella oncologica, per
“curare la psiche” ed innalzare la voglia di vivere del bambino alleviando, allo
stesso tempo, il trauma per le famiglie di riferimento.
Ogni elemento direttamente utile alla cura integrale del bambino oncologico,
dall’ambiente ospedaliero, al personale medico e paramedico, dai protocolli
terapeutici alle procedure amministrative, dalle norme di convivenza alle
garanzie per la privacy, deve contribuire a formulare positività di pensieri e
riflessioni, allontanando ogni elemento che determini incertezza per garantire
la sconfitta del tumore.
Gli interventi dell’equipe integrata con operatori di professionalità diverse -
socio-animatori, medici, psicologi, paramedici – non possono tenere conto,
peraltro, della destabilizzazione provocata dalla patologia oncologica nei
rapporti interfamiliari, tra gli stessi genitori e tra genitori ed eventuali altri figli.
Le attività, quindi, devono essere sempre più tese a coinvolgere i gruppi
familiari, proiettando, per quel che è possibile fare in un reparto, un ambiente
familiare coeso ed emotivamente sano.

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Il risvolto psicologico delle
attività collegate alla
educazione alla musica ed
alla socioanimazione.

Negli ultimi anni in numerosi paesi si sta rivolgendo l’attenzione alla cura del
bambino all’interno degli ospedali ed alla risoluzione dei problemi causati
dall’impatto dell’ospedalizzazione sul normale sviluppo psicofisico, dalle
difficoltà legate alla malattie, agli effetti delle terapie ed alle ripercussioni
psicologiche ambientali. Per la risoluzione di tali problemi si sta rispondendo
anche con l’ausilio della musicoterapica che differisce dall’intrattenimento
meramente musicale.
Grazie, alla sua natura dinamica, infatti, cioè suoni, strumenti, canto, ritmi,
movimento, è possibile sondare lo stato emozionale, psichico e fisico, del
bambino ed a stabilire un rapporto terapeutico. Riuscire a far si che i piccoli
pazienti allentino le loro ansie e le loro angosce, sdrammatizzando le
situazione e il luogo, in favore di un pensiero che diverta; superare difficoltà di
relazione, allacciare rapporti più profondi con familiari ed amici; migliorare la
qualità della vita all’interno della struttura ospedaliera.
Ovviamente, da queste attività si attendono positive ripercussioni anche
nell’andamento della terapia del dolore, nel senso che le attività collegate alla
musicoterapia possano costituire momenti di distrazione dal dolore in assenza
di farmaci.
Uguale, positivo, risvolto psicologico possiede anche il ricorso alla
maschera BENONE che richiama da vicino anche l’ormai consolidata esperienza
della clownterapia, ossia il ricorso a figure che stimolano il sorriso, che
riescono a contenere, comprendere, elaborare le loro emozioni. Attraverso
trasfusioni di cioccolata e siringhe che fanno bolle di sapone, il bambino riesce
a sdrammatizzare la tanto temuta figura del medico, riesce a prendere
familiarità con le procedure terapeutiche, in ultimo riesce a comprendere e
probabilmente ad accettare il suo vissuto di malattia.
Un’attenzione alla sfera personale ed emotiva del degente, dunque, che si
associ alla forsennata cura corporea, l’unico obiettivo di cui, in gran parte, la
ricerca scientifica si occupa: il tentativo di comprendere ed apprendere il
concetto di cura non soltanto nel senso di guarire ma del vero significato,
quello di prendersi cura della persona.
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