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assazione: per un vuoto di legge il direttore di un giornale on line non può essere punito in Italia ai sensi dell'art. 57 del codice penale

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    PIERLUIGI47
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    00 01/01/2011 23:25
    Lo stabilisce la sentenza n. 35511 della Suprema Corte penale del 1° ottobre 2010
    Cassazione: per un vuoto di legge il direttore di un giornale on line non può essere punito in Italia ai sensi dell'art. 57 del codice penale. Lo stabilisce la sentenza n. 35511 della Suprema Corte penale del 1° ottobre 2010.

    Svolgimento del processo e motivi della decisione

    La Corte di appello di Milano, con sentenza 25.9.2009, in riforma della pronunzia di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione a carico di X, imputato del reato di cui all'art. 57 c.p.; ha confermato le statuizioni civili in favore delle costituite parti civili, Y e Z.

    X era direttore del periodico telematico ALFA, sul quale risultava pubblicata una lettera ritenuta diffamatoria nei confronti del ministro della Giustizia e del suo "consulente per l'edilizia penitenziaria".

    Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato e deduce:

    1) difetto di motivazione, sua contraddittorietà e illogicità in ordine alla esistenza della prova della sussistenza del fatto.

    Nel corso del dibattimento, l'imputato sostenne e dimostrò come fosse possibile e facile ottenere una pagina "a stampa" di un giornale telematico, non corrispondente all'originale. Egli ebbe a dichiarare, che, informato della querela proposta dal Y e Z., eseguì un controllo nell'archivio informatico del giornale, non rinvenendo la lettera in questione. Detta lettera dunque non esiste nell'originale del documento informatico ed è stata evidentemente "prodotta", con il sistema c.d. "taglia e incolla" da ignoto autore. Sarebbe stato facile per gli inquirenti verificare l'autenticità della lettera (scil. il suo effettivo inserimento nel "numero" del quotidiano on line cui apparentemente si riferisce), disponendo, innanzitutto, il sequestro del "sito", e quindi incaricando una persona esperta di accertare se esso conteneva la missiva in questione e incaricando quindi un PU o un notaio di certificare l'esito dell'accertamento. E' talmente semplice creare e stampare ex novo una pagina mai diffusa in rete, che tale mezzo di prova (la pagina stampata, asseritamene "estratta" dal web) non può ritenersi ammissibile, perchè il documento è di incerta paternità.

    In tal senso d'altra parte si sono orientate le sezioni civili della Suprema Corte (Cass sez. lav. 16.2.2004 n. 2912). Fatta tale premessa, l'imputato ebbe ad affermare che, se effettivamente le lettera de qua fosse stata ospitata sul suo giornale telematico, egli altro non avrebbe potuto fare che presentare le sue scuse alle parti civili.

    Ebbene, la Corte milanese, equivocando sul senso delle parole, ha ritenuto che tale affermazione, meramente congetturale, fosse una ammissione di responsabilità.

    2) violazione di legge, erronea applicazione dell'art. 57 c.p. e carenze dell'apparato motivazionale.

    Il dettato dell'art. 57 c.p. non è applicabile al c.d. giornale telematico. La lettera della legge e la sua ratio fanno riferimento al concetto di "stampa", concetto nel quale non può essere ricompresa l'informazione on line. Nè può pensarsi a una interpretazione analogica, trattandosi, evidentemente di analogia in malam partem. Sul punto, dottrina e giurisprudenza sono concordi.

    D'altra parte, il solo fatto che siano state presentate più proposte di legge per estendere la portata dell'art. 57 c.p. anche al direttore di un giornale telematico, rappresenta ulteriore riprova del fatto che, allo stato, al predetto direttore non è attribuita alcuna posizione di garanzia. Ciò a voler poi trascurare che il delitto ex art. 57 c.p. è fattispecie colposa e dunque andrebbe individuato un qualche profilo di colpa da attribuire al X; altrimenti ci si troverebbe nell'ambito della responsabilità oggettiva, ritenuta ormai costituzionalmente incompatibile.

    Tanto premesso, osserva il Collegio che la censura sub 2) deve necessariamente essere esaminata per prima in quanto con essa si nega in radice che la condotta in ipotesi addebitata al B. sia riconducibile a una fattispecie astratta di reato; quella appunto ex art. 57 c.p.. La censura è fondata.

    L'art. 57 c.p. punisce, come è noto, il direttore del giornale che colposamente non impedisca che, tramite la pubblicazione sul predetto mezzo di informazione, siano commessi reati. Il codice, peraltro, tra i mezzi di informazione, distingue la stampa rispetto a tutti gli altri mezzi di pubblicità (art. 595 c.p., comma 3) e l'art. 57 si riferisce specificamente alla informazione diffusa tramite la "carta stampata". La lettera della legge è inequivoca e a tale conclusione porta anche l'interpretazione "storica" della norma.

    In dottrina e in giurisprudenza si è comunque discusso circa la estensibilità del concetto di stampa, appunto agli altri mezzi di comunicazione. E così una risalente pronunzia (ASN 198900259-RV 180713) ha escluso che fosse assimilabile al concetto di stampato la videocassetta preregistrata, in quanto essa viene riprodotta con mezzi diversi da quelli meccanici e fisico-chimici richiamati dalla Legge n. 47 del 1948, art. 1. D'altra parte, è noto che la giurisprudenza ha concordemente negato (ad eccezione della sentenza n. 12960 della Sez. feriale, p.u. 31.8.2000, dep. 12.12.2000, ric. Cavallina, non massimata) che al direttore della testata televisiva sia applicabile la normativa di cui all'art. 57 c.p. (cfr, ad es. ASN 200834717 - RV 240687; ASN 199601291 - RV 205281), stante la diversità strutturale tra i due differenti mezzi di comunicazione (la stampa, da un lato, la radiotelevisione dall'altro) e la vigenza nel diritto penale del principio di tassatività.

    Analogo discorso, a parere di questo Collegio, deve esser fatto per quel che riguarda la assimilabilità di internet (rectius del suo "prodotto") al concetto di stampato. L'orientamento prevalente in dottrina è stato negativo, atteso che, perchè possa parlarsi di stampa in senso giuridico (appunto ai sensi della ricordata Legge n. 47 del 1948, art. 1), occorrono due condizioni che certamente il nuovo medium non realizza:
    a) che vi sia una riproduzione tipografica (prius),
    b) che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione e quindi debba essere effettivamente distribuito tra il pubblico (posterius).

    Il fatto che il messaggio internet (e dunque anche la pagina del giornale telematico) si possa stampare non appare circostanza determinante, in ragione della mera eventualità, sia oggettiva, che soggettiva. Sotto il primo aspetto, si osserva che non tutti i messaggi trasmessi via internet sono "stampabili": si pensi ai video, magari corredati di audio;
    sotto il secondo, basta riflettere sulla circostanza che, in realtà, è il destinatario colui che, selettivamente ed eventualmente, decide di riprodurre a stampa la "schermata".

    E se è, pur vero che la "stampa" - normativamente intesa - ha certamente a oggetto, come si è premesso, messaggi destinati ala pubblicazione, è altrettanto vero che deve trattarsi - e anche questo si è anticipato - di comunicazioni che abbiano veste di riproduzione tipografica.

    Se pur, dunque, le comunicazioni telematiche sono, a volte, stampabili, esse certamente non riproducono stampati (è in realtà la stampa che - eventualmente - riproduce la comunicazione, ma non la incorpora, così come una registrazione "domestica" di un film trasmesso dalla TV, riproduce - ad uso del fruitore - un messaggio, quello cinematografico appunto, già diretto "al pubblico" e del quale, attraverso la duplicazione, in qualche modo il fruitore stesso si appropria, oggettivizzandolo).

    Bisogna pertanto riconoscere la assoluta eterogeneità della telematica rispetto agli altri media, sinora conosciuti e, per quel che qui interessa, rispetto alla stampa. D'altronde, non si può non sottolineare che differenti sono le modalità tecniche di trasmissione del messaggio a seconda del mezzo utilizzato: consegna materiale dello stampato e sua lettura da parte del destinatario, in un caso (stampa), irradiazione nell'etere e percezione da parte di chi si sintonizza, nell'altro (radio e TV), infine, trasmissione telematica tramite un ISP (internet server provider), con utilizzo di rete telefonica nel caso di internet.

    Ad abundantiam si può ricordare che il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70, art. 14 chiarisce che non sono responsabili dei reati commessi in rete gli access provider, i service provider e - a fortiori - gli hosting provider (cfr. in proposito ASN 200806046 - RV 242960), a meno che non fossero al corrente del contenuto criminoso del messaggio diramato (ma, in tal caso, come è ovvio, essi devono rispondere a titolo di concorso nel reato doloso e non certo ex art. 57 c.p.).

    Qualsiasi tipo di coinvolgimento poi va escluso (tranne, ovviamente, anche in questo caso, per l'ipotesi di concorso) per i coordinatori dei blog e dei forum. Non diversa è la figura del direttore del giornale diffuso sul web. Peraltro, anche nel caso oggi in esame, sarebbe, invero, ipotizzabile, in astratto, la responsabilità del direttore del giornale telematico, se fosse stato d'accordo con l'autore della lettera (lo stesso discorso varrebbe per un articolo giornalistico). A maggior ragione, poi, se lo scritto fosse risultato anonimo. Ma - è del tutto evidente - in tal caso il direttore avrebbe dovuto rispondere del delitto di diffamazione (eventualmente in concorso) e non certo di quello di omesso controllo ex art. 57 c.p., che come premesso, non è realizzabile da chi non sia direttore di un giornale cartaceo. Al X, tuttavia, è stato contestato il delitto colposo ex art. 57 c.p. e non quello doloso ex art. 595 c.p..

    Sul piano pratico, poi, non va trascurato che la c.d. interattività (la possibilità di interferire sui testi che si leggono e si utilizzano) renderebbe, probabilmente, vano - o comunque estremamente gravoso - il compito di controllo del direttore di un giornale on line.

    Dunque, accanto all'argomento di tipo sistematico (non assimilabilità normativamente determinata del giornale telematico a quello stampato e inapplicabilità nel settore penale del procedimento analogico in malam partem), andrebbe considerata anche la problematica esigibilità della ipotetica condotta di controllo del direttore (con quel che potrebbe significare sul piano della effettiva individuazione di profili di colpa). Da ultimo, va considerata anche la implicita voluntas legis, atteso che, da un lato, risultano pendenti diverse ipotesi di estensione della responsabilità ex art. 57 c.p. al direttore del giornale telematico (il che costituisce ulteriore riprova che - ad oggi - tale responsabilità non esiste), dall'altro, va pur rilevato che il legislatore, come ricordato dal ricorrente, è effettivamente intervenuto, negli ultimi anni, sulla materia senza minimamente innovare sul punto.

    Invero, nè con la L. 7 marzo 2001, n. 62, nè con il già menzionato D.Lgs. del 2003, è stata effettuata la estensione della operatività dell'art. 57 c.p. dalla carta stampata ai giornali telematici, essendosi limitato il testo del 2001 a introdurre la registrazione dei giornali on line (che dunque devono necessariamente avere al vertice un direttore) solo per ragioni amministrative e, in ultima analisi, perchè possano essere richieste le provvidenze previste per l'editoria (come ha chiarito il successivo D.Lgs.). Allo stato, dunque, "il sistema" non prevede la punibilità ai sensi dell'art. 57 c.p. (o di un analogo meccanismo incriminatorio) del direttore di un giornale on line. Rimanendo pertanto assorbita la censura sub 1), deve concludersi che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

    P.Q.M.

    La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

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    Cassazione: per un vuoto di legge il direttore di un giornale on line non può essere punito in Italia ai sensi dell'art. 57 del codice penale.