00 04/02/2010 14:17
Professione Calcio ROMA - Dopo cinque settimane non si vede ancora luce. Parliamo del tunnel nel quale è entrata la Lega Pro (con lei gran parte del sistema calcio ormai al collasso totale), una galleria piena di insidie dalla quale si deve uscire in un modo o nell’altro. La colpa, specifichiamo, non è della Lega stessa, anzi, è l’unica ...che si sta impegnando per chiedere un cambiamento radicale del calcio moderno, delle nuove gestioni e di chi, purtroppo, a nostro avviso, non ha mai la pancia gonfia. Se il modo di venirne fuori si chiama riforma allora che riforma sia, ma siamo tutti d’accordo? Nel corso delle settimane abbiamo interpellato alcuni “benefattori” (come ama chiamarli il presidente Mario Macalli) o più comunemente detti presidenti delle società che compongono la terza serie nazionale. A detta di tutti ce ne sarebbero e come di cose da sistemare, la riforma va necessariamente fatta, ma come? In che modo? Con quali tempi? Si salvaguarderanno le società meno forti economicamente? Queste sono solo alcune delle domande che vagano nella mente dei nostri intervistati: è un evidente sintomo della tanta perplessità dovuta a una scarsa aspettativa di vittoria da parte di Macalli contro i vertici del calcio Italiano. Nell’ultima tornata della nostra inchiesta infatti, Oreste Vigorito, patron del Benevento, ha dichiarato che dopo che alla Lega Pro viene negato qualcosa stanno tutti buoni buoni senza protestare, questo comportamento, è altamente controproducente in termini di “ottenimento di qualcosa”. Quindi la Lega deve avere più polso, fare fatti e non solo proposte. Non servono scioperi, proteste, recriminazioni, ma solo la volontà di fare calcio e di rispettare chi lo fa e non far finire le riforme dentro i cassetti, cassetti fondi come pozzi! Proprio su questi temi questa settimana procediamo con la nostra inchiesta:

JUVE STABIA – Il presidente Franco Manniello ha le idee molto chiare sull’argomento riforma campionati. Il suo è un intervento deciso a sensibilizzare il movimento ad una revisione della terza serie in maniera più idonea per fare calcio: «Ritengo che la riforma sia necessaria, è impossibile andare avanti con 90 società e 5 gironi. Voglio portare un esempio: tra Cava De Tirreni e Salerno ci sono 7 società in 40 Km, questa concentrazione, sommata alla televisione che trasmette la Serie A, fa sì che il seguito che le società hanno sia bassissimo se non nullo. Le piattaforme televisive hanno sottratto pubblico alla Lega Pro in maniera totale, di conseguenza, noi abbiamo molti meno intoriti». Questo problema, se così volgiamo chiamarlo, riflette il disagio dei sodalizi: «Le società sono in difficolà, abbiamo sempre meno, l’overdose di calcio televisivo non riesce a contrastare la fede sportiva e l’attaccamento alla squadra dei tifosi. Basti pensare ad un supporter medio, quando non c’era la televisione si faceva anche 40-50 Km per seguire la propria squadra, oggi, dopo una settimana di lavoro se ne sta comodo in poltrona e si gode tutta la Serie A evitando freddo, pioggia e Stadi spesso scomodi. È una condizione oggettiva, va bene che uno ha la passione per il calcio, ma quei 40-50 Km per seguire la squadra non si fanno più». Franco Manniello prova a trovare dei rimedi e dei possibili punti di forza per la riforma: «Credo che andrebbe fatta giocare la Lega Pro in un orario diverso a quello in cui si trasmette la Serie A. Magari in contemporanea con la B o addirittura di domenica mattina, questo - ci spiega il numero uno della Juve Stabia - è uno dei nodi cruciali su cui basare un rinnovamento in modo da avere più seguito e una fascia oraria dedicata solo alla Terza Serie nazionale». Altro tema caldo è quello dei giovani, Manniello, ha una proposta per vedere squadre sempre più competitive: «Sono d’accordo che bisogna schierare dei giovani, è uno dei nostri nobili doveri quello di far crescere i ragazzi e poi metterli in campo con la Prima Squadra, però andrebbe rivisto il numero e la modalità perché non si riesce quasi mai a formare squadre competitive con molti giovani calciatori da schierare obbligatoriamente». Non resta immobile di fronte al futuro della Lega Pro il presidente della Juve Stabia, che ci spiega le procedure che lui attuerebbe: «Una categoria a tre gironi da 18 squadre, in tutto 54 società, sigifica più soldi per tutti, si studierebbe come scremare le squadre, magari si potrà indire una riunione straordinaria dove verrà spiegato che alla fine del campionato le ultime di ogni giorone (in numero tale da permettere di arrivare a 36 società eliminate) andranno in D oppure si potrà tenere conto di un criterio di meritocrazia o di bacino d’utenza, questo si vedrà». Alla domanda se la Juve Stabia avesse problemi a riceve i controlli della Co.vi.Soc mensilmente, Manniello risponde: «Possono venire anche tutti i giorni, se uno sta in regola non ha problemi, il nodo è un altro, questa riforma deve andare a cambiare lo status dei calciatori, non è ammissibile che un giocatore che percepisce 2000,00 Euro ne debba costare 4000,00 alla società. I contributi sono altissimi, un imprenditore oggi se anche voghlia aumentare gli stipendi non può farlo perché si trova a pagare troppe tasse. Una società di Lega Pro, per produrre un guadagno deve essere gestita non bene, ma benissimo, ha ragione Macalli quando ci chiama benefattori, queste situazioni si fa aftica a mantenerle». L’aspettativa di Franco Manniello non è delle più rosee: «Si andrà sempre peggio, ne sono certo, la riforma va fatta ed a breve tempo, spero si rivedano anche le trasferte e la composizione dei gironi, altro tema scottante e ultimi i play-off, mini campionato che non serve quasi a niente, dove chi gioca in casa quasi sempre vince e comportano solo esborsi di denaro inutili perché non si giocano a livelli alti come se fosse la Serie A a disputarli».

CATANZARO - Il presidente dei giallorossi calabresi, Antonio Aiello, in carica da appena 10 mesi, ci mostra tutto il suo favore per questa possibile riforma: «Viste e considerate tutte le difficoltà che circondano le società della categoria, un cambiamento di questo tipo non sarebbe affatto da disprezzare». Queste le prime parole sull’argomento del numero uno della compagine delle “Aquile”, che milita attualmente in Seconda Divisione girone C, nel quale guida la classifica con un punto sulla Juve Stabia e cinque sulla Cisco Roma, senza dimenticare che i giallorossi hanno tre punti di penalizzazione. La domanda che poniamo di seguito al nostro interlocutore, e che diversi altri suoi colleghi si sono posti nelle settimane precedenti, non è di poco conto: dimezzare, sostanzialmente, il numero delle partecipanti alla Terza Serie – dalle attuali 90 a 54, divise in tre gironi da 18 formazioni – su che basi e su quali criteri verrebbe effettuato? «Dalla struttura, dalla storia, dal bacino d’utenza delle società, senza dubbio. Parlando in termini egoistici e un po’ ipocriti - dichiara senza troppi giri di parole Aiello - noi, sotto questo punto di vista (va ricordato che il Catanzaro ha disputato ben sette stagioni in Serie A a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, cogliendo due settimi posti nelle stagioni 1980-81 e 1981-82; vanta inoltre una finale di Coppa Italia nel 1966 e due semifinali, nel 1979 e nel 1982, ndr) non dovremmo avere problemi di “taglio”, anche se ultimamente, nell’ultimo periodo, qualche problema l’abbiamo avuto anche noi. Questa è una categoria che non ti dà nulla, ma che prende tanto». Sulla questione delle contribuzioni, dei diritti, della mutualità, chiaramente meno squadre vorrebbe dire più soldi per chi rimane: «È ovvio - commenta Aiello - a patto che questi emolumenti non diminuiscano di pari passo con il numero delle partecipanti». Sempre rimanendo sul tema contribuzioni, molti presidenti si sono lamentati del fatto che quelli che provengono direttamente dalla Lega di Firenze (quelli riguardanti l’utilizzo e il minutaggio degli “under”) sono insufficienti e legati ad un fattore, l’utilizzo dei giovani, che mal si coniuga con gli obiettivi delle società: «È giusto lavorare con i giovani, ci mancherebbe, e i contributi per questo scopo sono sempre positivi, ma purtroppo limitano chi ha dei progetti importanti, come noi. Abbiamo la speranza di fare bene, di salire di categoria, ma con tanti giovani è complicato, difficile». Sull’indiscrezione (forse molto più che una semplice “voce di corridoio”, ma manteniamola tale) che sul tavolo di Abete, già due anni fa, fosse presente una riforma simile del mondo del pallone nostrano, e che poi sia finita nel dimenticatoio, l’analisi di Aiello è conforme a quella della pressocché totalità dei suoi colleghi intervistati: «Forse perché ci sarà stato il malcontento di qualcuno, posso immaginare delle società più importanti, ma non delle “nostre” di Lega Pro, ma di quelle delle categorie superiori. Io sono dell’opinione -prosegue il numero uno del Catanzaro - che un presidente, anche se di una squadra dell’ex Serie C, deve poter avere la possibilità di parlare ed esporre la propria opinione, non esclusivamente quella di subire le volontà del Milan o della Juventus. Purtroppo siamo penalizzati anche in questo - prosegue Aiello - e spero vivamente che la proposta di Macalli venga approvata, per avere più dignità, perché altrimenti le nostre società sono destinate a morire, in un modo o nell’altro. Rischiamo l’umiliazione, e questo non va bene. C’è qualcosa che non va, senza dubbio». L’ultimo tema che poniamo all’attenzione di Aiello è senza dubbio il più spinoso, controverso e probabilmente più inviso ai presidenti di Lega Pro: la questione Co.vi.Soc. e la possibilità avanzata da Macalli, che l’organismo di vigilanza attui revisioni mensili anziché trimestrali, come avviene attualmente: «Sarebbe molto pesante - dalle prime parole di Aiello si capisce subito che il presidente del Catanzaro si unisce al coro dei contrari a questa proposta - e non si darebbe la possibilità di rimediare a dei piccoli ritardi negli adempimenti, che purtoppo sono fisiologici, vista la quantità minima delle entrate e l’enorme spesa che affrontiamo, le basti sapere - prosegue Aiello - che ogni tre mesi spendiamo 170mila Euro. Ci devono assolutamente aiutare in questo, altrimenti - conclude la conversazione il presidente dei giallorossi calabresi - così non si può andare più avanti».

CREMONESE – Purtroppo (per loro) l’addetto stampa della squadra grigiorossa signor Coppola non era interessato a parlare con noi, almeno così ci ha risposto la dolcissima figliola, quando lo abbiamo contattato per tentare di fissare un appuntamento per intervistare il presidente Giovanni Arvedi. A lui e alla Cremonese vanno le più sentite scuse per aver disturbato un “professionista ” che avrebbe dovuto svolgere il lavoro per cui è pagato. Le vie del signore sono proprio infinite...