In questi giorni sulla stampa ha avuto ampio risalto un episodio accaduto nel fine settimana durante la gara valevole per il Campionato Giovanissimi Ladispoli-Olimpia.
Il D.G. del Ladispoli in una lettera aperta si è lamentato perché, nel corso della gara un giocatore dell'olimpia, avrebbe segnato il gol decisivo dell'incontro e forse del campionato con una mano.
L'episodio, sfuggito al direttore di gara, sarebbe stato visto dal mister della squadra ospite il quale, secondo il d.g., non avrebbe fatto nulla per ripianare la "furbata" del proprio giocatore e l'errore dell'arbitro.
Da lì in poi una tirata moralistica sui valori dello sport, sulla cultura sportiva e sui danni provocati nei giovani atleti.
Il fatto, mi porta ad aprire una discussione sull'obbligo del fair-play.
Questo è solo l'ultimo di una serie infinita di richiami agli alti valori dello sport, fatti da chi subisce un torto.
Sicuramente il più frequente è quello che riguarda l'interruzione del gioco quando un avversario è a terra. Su questa fattispecie se ne vedono veramente di tutti i colori, squadre che tentano in tutti i modi di chiudere l'azione poi, persa palla, chiedono che gli avversari buttino fuori la palla, squadre che dopo aver restituito la palla agli avversari che l'avevano mandata fuori, vanno a pressare e talvolta rubano palla e fanno gol o entrate spacca gambe nei confronti di avversari privi di fair-play.
Anche la Federazione si è più volte espressa ricordando che non vi è alcun obbligo di fair-play e che solo l'arbitro deve decidere in proposito ma i moralizzatori di turno ci ricordano sempre gli alti valori dello sport.
Il fair-play deve essere una scelta dell'individuo ed è giusto mettere in evidenza chi si rende artefici di gesti signorili anche se, spesso, questi episodi, sono un po' mitizzati, bella faccia ad applaudire chi sul 3-0 avverte l'arbitro che il rigore non c'era.
Per concludere, nessuna censura nei confronti dei dirigenti del Ladispoli ma evitiamo di pensare che il fair-play sia un obbligo, ognuno deve essere libero di fare le proprie scelte in linea con la propria coscienza e nessuno dovrebbe fare il paladino della cultura sportiva.