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PREVENZIONE E SICUREZZA: ... PAROLA AGLI ESPERTI
mauretto58, 18/04/2012 14.21:


di Gianluca Di Bella

Il professor Capua, profondamente turbato per la tragedia di Mirko Fersini, ha considerato devastante e inaccettabile questa morte innaturale, se si pensa alla giovanissima età del ragazzo. Ancora più intollerabile la morte di Piermario Morosini in quanto non giustificabile da un punto di vista medico. “Paradossalmente - ha detto il professore - spero che l’autopsia possa darci delle spiegazioni per salvare altri giovani in futuro. Mi auguro, inoltre, che le strutture possano aumentare di numero e per qualità in quanto soprattutto nel meridione, il cinquanta per cento dei giovani che pratica un’ attività sportiva non ha la possibilità di sottoporsi a delle visite mediche accurate. Chi opera a livello istituzionale non può sottovalutare l’importanza della tutela della salute attraverso la medicina dello sport. Lo sport ha una priorità assoluta per la vita sociale e soprattutto rappresenta una priorità in quanto una visita medica sportiva può precocemente rilevare anomalie curabili, che altrimenti rimarrebbero ignorate per diventare in futuro delle vere e proprie patologie. La Medicina dello sport è una branca che non dovrebbe constatare uno stato di malattia, ma prevenirla. Il tipo di visita che si fa nei centri accreditati e negli ospedali che hanno ambulatori di Medicina dello sport è una visita completa che se fatta con accuratezza e scrupolo, è in grado di stabilire se un atleta è idoneo oppure no allo svolgimento di un’attività sportiva. Ad essa possono seguire ulteriori accertamenti qualora ce ne sia la necessità ma il problema è un altro, il vero problema sono i numeri. Le persone che si rivolgono ai centri di medicina sportiva sono tantissime, nel Lazio e in tutta Italia dal mese di settembre ci sono liste d’attesa lunghissime; per questo ritengo che un’attenzione maggiore da parte delle Istituzioni al fine di incrementare le strutture di Medicina dello sport, porterebbe a due situazioni di vantaggio: una a ricaduta immediata perché il giovane, dopo avere effettuato la visita, se non ci sono anomalie, sta tranquillo almeno un anno e può praticare senza rischi l’attività sportiva, l’altra ha una ricaduta a più lungo raggio, perché se si facesse medicina preventiva in modo adeguato, diventando uno stile di vita, ci sarebbe un risparmio enorme nella spesa del servizio sanitario nazionale: il giovane, tutelato adeguatamente da periodici controlli, può curarsi nei tempi e nei modi più rapidi e un domani sarà lontano dalle strutture mediche degli ospedali . Questo è l’investimento che va fatto per il futuro”.

Il dottor Castelli si batte ormai da anni affinché venga dato impulso alla cultura dell’emergenza e del primo soccorso e afferma: “Già nelle scuole andrebbe insegnato ai bambini come si fa un massaggio cardiaco, come si chiama il numero di soccorso sanitario. Purtroppo in Italia ci sono circa centocinquanta morti l’anno per arresto cardiaco fra coloro che praticano attività sportive, forse alcuni di questi si sarebbero potuti salvare se si fosse intervenuti con tempestività: ogni minuto che passa decade di un 10% la possibilità di salvare una vita. L’intervento però, non può essere demandato solo ai sanitari perché un’ambulanza per arrivare sul posto impiega un certo numero di minuti e la tempistica dell’ arresto cardiaco non è compatibile con l’arrivo dell’ambulanza, quindi, deve essere il testimone, cioè chi assiste all’evento, che deve intervenire nel volgere di pochissimi minuti per dare delle chance di sopravvivenza alla persona in crisi. Durante una partita di calcio, quindi, sono coloro che stanno lì sul campo, che assistono all’incontro, che devono iniziare subito il massaggio cardiaco, senza mai fermarsi e, come da protocollo internazionale, esso deve essere profondo veloce e continuativo, poi si deve applicare il defibrillatore. Si tratta di un tentativo di crescita della coscienza collettiva che si deve estendere a tutto il nostro vivere sociale, a scuola come nei luoghi di lavoro. Purtroppo rispetto ad altri Paesi, l’Italia è molto indietro rispetto a queste problematiche”.