00 23/03/2010 17:33
L'UNICO COLPEVOLE E' IL RUBINETTO
L'INTERVISTA CON DELIA BINI
Scritto da Luigi Cardarelli su www.professionecalcio.eu/


È tutta colpa del rubinetto! Questa in cinque parole è la sentenza della Commissione Disciplinare Nazionale che scagiona tutti, tranne il rubinetto che, chissà come e perché, stava lì inerte ad attendere Alessando. Siamo proprio alla frutta è la prima cosa che è venuta in mente a chi scrive, non è possibile il secondo pensiero, poi rabbia.

Rabbia mista ad incredulità, quella rabbia che ti blocca, ti fa diventare una statua di pietra e ti logora dentro, ma che allo stesso tempo ti da la forza per proseguire la battaglia perché la vita è un dono e nessuno può portarcela via, nemmeno un rubinetto reo di essere lì, a 74 centimetri dalla linea laterale del campo dell’Almas. Di questo ne è certa Delia Bini, mamma di Alessandro e sua prima tifosa quando calcava i campi di calcio. Oggi lei e suo papà Claudio, con l’aiuto di tanti altri genitori come loro, hanno fondato l’Associazione Alessandro Bini, per la tutela di tutte le discipline sportive, che si svolgono in campi e palestre, un monitoraggio a 360° a livello giovanile: «Lottiamo per la tutela di chi sta all’interno del campo – le parole di Delia». Dopo il tragico evento del 2 febbraio 2008 è iniziata la lotta di Delia e Claudio, tra denunce, ricorsi, delusioni e quant’altro: «È stata dura – le uniche parole di Delia – e ancora non abbiamo finito. Con l’Associazione andiamo avanti tutti insieme, c’è un numero considerevole di persone che lavorano al nostro fianco, genitori, ed alcuni spettatori di quello che è accaduto ad Alessandro sul campo dell’Almas. Andiamo a farci sentire in Regione, al Comune, alla Provincia, siamo come un’unica entità ben definita». Non ultima, l’Associazione è riuscita nell’intento di far stanziare dei fondi (711mila Euro) dalla Regione Lazio, dettati dalla L.R. 11/2009 il cui primo firmatario fu Enzo Foschi, per la piccola sicurezza di molti impianti sportivi.
Torniamo alla sentenza, accolta con incredulità da parte di tutti, soprattutto di Delia Bini. Gennaro Durante, vice presidente della società Almas ai tempi del fatto è stato prosciolto da qualsiasi responsabilità in sede sportiva. Inizialmente Durante era stato inibito per 3 anni, poi cosa è successo? «Anche l’inibizione è caduta, poteva essere un monito per gli altri presidenti – ci spiega Delia Bini – che per paura di un’inibizione, potevano correre ai ripari e sistemare i loro impianti». La tesi difensiva del Durante, però, di fronte alla Commissione Disciplinare Nazionale, si è basata sull’illegittimità della decisione in quanto non avrebbe rivestito alcun ruolo rappresentativo nella società ed ha trovato il sostegno della Commissione stessa che ritiene responsabile chi ha la legale rappresentanza della società. Questa persona è Massolo, presidente dell’Almas nel 2008 che negli anni è venuto a mancare, a causa di una grave malattia che lo rendeva impossibilitato a gestire la società: «Durante continua a portare certificati della Camera di Commercio dove attesta che lui non era il presidente all’epoca dei fatti, ma provate a chiedere un po’ in giro quale figura ricopriva il Durante, vedrete che tutti dicono che lo conoscevano come presidente dell’Almas. A breve – ci spiega Delia – contatterò tutti i presidenti delle squadre laziali, li porterò a parlare e vedremo. Un uomo di 86 anni gravemente malato come può gestire una società? Devono finirla di celarsi dietro alle carte e uscire allo scoperto. Parlerà anche l’allenatore che fino al giungo del 2007 ha guidato l’Almas di cui ora mi sfugge il nome, che più e più volte parlò con Durante per mettere delle protezioni intorno al campo ma non fu mai ascoltato. Comprò di tasca sua delle protezioni che però durarono poco». La sentenza indispettisce la mamma del piccolo Alessandro:«È inammissibile, sapevo che la Giustizia Sportiva fosse una casta, ma questa sentenza è assurda! Sono schifata da questa sentenza, non ci sono parole che dipingano meglio quello che sento dentro. Qui non si parla di Calciopoli, di Moggi o dei loro derivati, si parla della vita di un ragazzino, si parla di mio figlio. Allora sapete cosa dico a quei dottori laureati in legge che emettono tali sentenze? Se fosse capitato a voi? Se vostro figlio fosse morto su un campo di calcio, proprio sotto i vostri occhi? Che cosa avreste fatto?». Ora non resta che la giustizia ordinaria, ma la fiducia di Delia non vacilla, ne ha ancora un briciolo: «Io spero che il pm Giuseppe Cascini che ha condotto le indagini preliminari vada a fondo – poi resta muta per alcuni secondi e ricomincia. È una persona ferrea che conosce bene la giurisdizione, vuole valutare bene la situazione. Voglio dare fiducia anche al giudice, è una donna e come tale sarà sensibile al nostro caso». Ma il problema resta, vanno riviste le norme, c’è uno scarica barile totale: «Il campo per definizione lo omologa la Federazione, ma se succede un fatto di elevata gravità negli spogliatoi chi risponde? Ne risponderà quindi il gestore o la proprietà? Perché allora non si fa tutto più semplicemente? Di chi è la proprietà del Comune, della Regione o della Provincia? Ecco, saranno loro a inviare degli ispettori per controllare, proprio per tutelare loro stessi in primis». Dalle istituzioni massima vicinanza alla famiglia Bini, tutti a disposizione ma i fatti? «Il Settore Giovanile e Scolastico nella persona del presidente Massimo Giacomini, del segretario Barbara Benedetti e del Coordinatore Regionale Federale Patrizia Minocchi, si stanno battendo al nostro fianco. Per quanto riguarda la Federazione anche il presidente Giancarlo Abete ci è stato molto vicino». Da alcuni mesi noi di Professione Calcio portiamo avanti un’inchiesta sulla sicurezza degli impianti sportivi, scattando fotografie in giro per l’Italia che vogliono denunciare lo stato di degrado dei campi dove giocano i nostri figli: «La vostra inchiesta va di pari passo con la nostra che però si estende a tutti gli sport praticati all’aperto e al chiuso. Il materiale che avete reperito è importantissimo e dovrebbe essere un monito per tutti».