Retinoblastoma
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Il retinoblastoma è il più comune tumore intraoculare in età pediatrica.
L’incidenza è di 1/15000-20000 nati vivi e la fascia di età più colpita è compresa tra la nascita e i 2 anni. Nel 70% dei casi l’esordio è unilaterale, generalmente sporadico e con un’età mediana alla diagnosi di 24 mesi; nel 30% dei casi il tumore è bilaterale all’esordio, ereditario e con un’età media alla diagnosi di 12 mesi.
Meno del 2% dei casi sono diagnosticati dopo i 5 anni (si parla in questo caso di retinoblastoma tardivo); tuttavia sono stati riportati casi di retinoblastoma anche nell’adulto
Secondo l’ipotesi genetica corrente, tutte le forme di retinoblastoma sono l’effetto di un’alterazione del gene RB1 situato nel braccio lungo del cromosoma 13, nella regione 13q14.1–14.2, che svolge un’importante funzione nella regolazione del ciclo cellulare. La delezione di entrambi gli alleli sarebbe responsabile del tumore.
Il primo segno rivelatore del retinoblastoma è nella maggior parte dei casi la leucocoria, ossia il riflesso bianco della pupilla (detto anche riflesso amaurotico del gatto); tale segno è spesso incostante inizialmente e può essere messo bene in evidenza nelle foto eseguite col flash.
Il secondo segno in ordine di frequenza è lo strabismo, mentre sintomi meno frequenti sono esoftalmo, anisocoria, edema palpebrale o segni di flogosi.
Il tumore può invadere l’orbita, estendersi attraverso il nervo ottico alla regione intracranica, oppure più raramente metastatizzare per via ematogena o linfatica.
La diagnosi si pone dopo esame oftalmoscopico per il riscontro di una massa riccamente vascolarizzata e con calcificazioni nel contesto: tale esame va completato con l’ecografia oculare e la RMN orbitaria e del cranio.
La ricerca di metastasi a distanza (TAC torace, scintigrafia ossea, rachicentesi, aspirato midollare) deve essere limitata alle forme a rischio.
La diagnosi differenziale va posta verso infezioni parassitarie (toxoplasma, cisticercosi), coloboma, uveite; la retinopatia del pretermine in fase avanzata può essere indistinguibile da un retinoblastoma.
Nel trattamento del retinoblastoma si possono identificare 3 obiettivi: il primo è chiaramente quello di salvare la vita al paziente; il secondo è quello di salvare l’occhio ed il terzo è di assicurare la miglior vista possibile.
La scelta del più adatto programma terapeutico dipende da diversi fattori, tra cui la sede e le dimensioni della neoplasia, il numero di focolai, l’età del paziente, la unilateralità o bilateralità della neoplasia, l’interessamento focale o diffuso del vitreo, la diffusione sottoretinica, la familiarità, l’eventuale presenza di metastasi.
Attualmente l’orientamento è quello di prediligere le terapie conservative, quali fotocoagulazione, crioterapia, radioterapia con placche episclerali, termoterapia, che sembrano permettere di salvare la vita al paziente, preservando allo stesso tempo l’occhio ed una visione residua soddisfacente
Tali metodiche di terapia locale conservativa possono essere precedute da alcuni cicli (2-6) di chemioterapia (chemioriduzione) con l’obiettivo di ridurre la massa tumorale e renderla appunto accessibile al trattamento conservatore e di preservare il più possibile la macula e la papilla.
Se tale trattamento conservativo non è realizzabile si interviene con l’enucleazione. La radioterapia è riservata in casi selezionati.
E’ inoltre molto importante il counseling genetico per i familiari del paziente e per i pazienti adulti guariti dal retinoblastoma, al fine di chiarire i rischi di trasmissione di una predisposizione al retinoblastoma.