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    00 28/06/2011 15:44
    Nuovi Farmaci in Oncologia Pediatrica: dalla ricerca ai trias clinici

    Convegno nuovi farmaci Si svolgera’ a Roma, presso l’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore nei giorni venerdi 24 e sabato 25 settembre 2010 il corso AIEOP (Associazione Italiana Ematologia ed Oncologia Pediatrica, sito internet: www.aieop.org/) “Nuovi Farmaci in Oncologia Pediatrica, dalla ricerca ai trials clinici”, organizzato dalla Divisione di Oncologia Pediatrica del Policlinico Universitario “A. Gemelli” col patrocinio dell’AIEOP.
    “Il corso ha l’obiettivo” – afferma il prof. Riccardo Riccardi, Primario della Divisione di Oncologia Pediatrica del Policlinico A. Gemelli e direttore del corso – “di valutare prospettive organizzative, di attuazione e implementazione di studi di fase I e II nell’ambito dei centri di Oncologia Pediatrica che fanno parte dell’ associazione AIEOP e di fornire un aggiornamento su questi aspetti ai medici dei centri AIEOP per poter essere in grado di condurre studi clinici sperimentali con farmaci di nuova generazione”.
    Da anni la Divisione di Oncologia Pediatrica promuove la ricerca preclinica e la sperimentazione clinica di nuovi composti antitumorali in collaborazione con i centri italiani e con i piu’ importanti centri internazionali.
    Il corso si articolera’ in lezioni specifiche sui protocolli clinici di fase I-II con particolare attenzione non solo alle modalita’ di conduzione di tali studi ma anche alla parte normativa nazionale ed Europea ed etica (consenso informato, assenso dei bambini, ruolo della famiglia) che lo sviluppo di nuovi farmaci in oncologia pediatrica comporta.
    Le relazioni, tenute dai maggiori esperti nazionali nello sviluppo di trials clinici di fase I-II, riguarderanno la regolamentazione europea sui nuovi farmaci ed esperti di Etica. Il corso si propone di indicare gli aspetti etici, normativi, sperimentali e di farmacovigilanza che sono indispensabili per una corretta conduzione di questi complessi studi.

    Riccardo Riccardi
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    mauretto58
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    00 28/06/2011 15:44
    Dolore e cure palliative in oncologia pediatrica Aula Brasca, Policlinico Universitario "A. Gemelli" 1 luglio 2010

    Il dolore del bambino malato e’ un aspetto che viene spesso sottovalutato.
    Esiste infatti una tendenza generalizzata a sottovalutare il dolore in eta’ pediatrica e a pensare che il bambino possa sopportare meglio dell’adulto il dolore e vi sono dati scientifici che negano questa concezione.
    Recentemente sono state introdotte nuove norme che facilitano il trattamento del dolore, con il ricorso anche agli oppioidi, in pediatria. In relazione alle recenti modifiche legislative sulle cure palliative pediatriche e tenuto conto della situazione dei piccoli pazienti affetti da gravi patologie, e’ stato organizzato per il 1 luglio 2010 una tavola rotonda dal titolo “Dolore e cure palliative in oncologia pediatrica” presso l’aula Brasca del Policlinico “A. Gemelli”. E’ previsto l’intervento dei principali attori istituzionale oltre che di esperti nel campo delle cure palliative in eta’ pediatrica, del trattamento del dolore pediatrico e degli aspetti psicologici ad esso connessi.
    Il convegno ha come obiettivo quello di sottolineare l’importanza della rilevazione e del trattamento del dolore come parte integrante dell’iter diagnostico e terapeutico in pediatria e di fornire a operatori sanitari, pediatri e infermieri, i metodi di valutazione e terapia del dolore pediatrico, attraverso la presentazione di un “decalogo” che sinteticamente enuncia gli aspetti del problema.
    Il convegno verra’ moderato dal prof. Riccardo Riccardi, Primario della Divisione di Oncologia Pediatrica e Direttore della Scuola di Specializzazione in Pediatrica dell’Universita’ Cattolica del Sacro Cuore e dal prof. Costantino Romagnoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Pediatriche medico Chirurgiche e di Neuroscienze dello Sviluppo del Policlinico “A. Gemelli”.
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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:19
    Tumori infantili

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    I tumori in età pediatrica sono una patologia rara. Hanno un’incidenza di 12-15 casi ogni 100.000 individui di età inferiore ai 15 anni: in Italia vengono diagnosticati circa 1350 nuovi casi di tumore ogni anno.

    Nonostante la rarità, i tumori infantili rappresentano nel mondo occidentale la seconda causa di morte in età pediatrica dopo gli incidenti.
    I tumori pediatrici rappresentano l’1% di tumori in totale e differiscono notevolmente da quelli dell’adulto per sede di insorgenza, velocità di accrescimento e caratteristiche istopatologiche.


    tumori infantiliNegli ultimi anni si è ottenuto un notevole miglioramento nella sopravvivenza e nelle percentuali di guarigione (oggi valutabili globalmente intorno al 60-70%): questo grazie alla integrazione sempre più stretta e razionale di chirurgia, chemioterapia e radioterapia e all’impiego di sempre più valide terapie di supporto contro le complicanze infettive, ematologiche e metaboliche, prima non disponibili.


    Nel bambino il tipo di tumore più frequente è la leucemia (33%), seguita dai tumori del sistema nervoso centrale (S.N.C.) (22%), dai linfomi (12%), dal neuroblastoma (7%), i sarcomi dei tessuti molli (7%), dai tumori ossei (6,4%).

    La trattazione dei tumori infantili e’ stata condotta in modo tale da consentire anche ai non addetti ai lavori di comprenderne i contenuti.

    Il nostro staff e’ sempre disponibile pertanto, a fornire approfondimenti e ulteriori informazioni circa i trattamenti in corso presso la nostra struttura e le novita’ terapeutiche presenti nel campo dell’oncologia pediatrica.
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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:20
    Leucemie

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    Le leucemie rappresentano la più frequente neoplasia dell’età pediatrica, costituendo più di un terzo dei tumori infantili: nell’80% dei casi si tratta di leucemie linfatiche acute, nel 15% circa di leucemie mieloidi acute, mentre molto rare sono le forme croniche.

    Il picco di incidenza della leucemia linfatica acuta (LLA) si verifica tra i 3 ed i 5 anni, con circa 40 casi ogni 1.000.000 di bambini di età inferiore ai 15 anni ogni anno, mentre per la leucemia mieloide acuta (LMA) l’incidenza è di 5 nuovi casi all'anno ogni 1.000.000 di soggetti di età inferiore a 15 anni
    La leucemia è una malattia linfoproliferativa originata da un primitivo disordine dell’emopoiesi, che si manifesta con una proliferazione neoplastica, clonale di precursori della linea linfoide o mieloide a livello del midollo osseo. Tali cellule atipiche vengono chiamate "blasti” e, continuando a crescere di numero, impediscono la normale produzione delle normali forme cellulari del midollo osseo (i globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). I blasti escono dal midollo, arrivano nel sangue e, attraverso la circolazione ematica possono raggiungere il sistema linfatico, il sistema nervoso centrale, i testicoli, le ossa).

    La sintomatologia è rappresentata dai segni legati alla infiltrazione midollare (infezioni, febbre, pallore, astenia, emorragie, dolori ossei) e alla localizzazione extramidollare (epato-splenomegalia, linfoadenomegalia, lesioni ossee, localizzazioni al SNC o ai testicoli).
    Un esame del sangue (emocromo) permette di porre il sospetto diagnostico, che deve essere confermato dall’esecuzione di un aspirato midollare (esame morfologico, tipizzazione immunofenotipica, citogenetica e studi di biologia molecolare) che permette di caratterizzare la malattia.

    Una volta confermata la diagnosi, il trattamento chemioterapico per la LLA prevede 4 fasi: l’induzione, il consolidamento, la reinduzione ed il mantenimento per una durata complessiva di 2 anni. Molto importante è la profilassi del SNC (per evitare il rischio che la malattia si localizzi a tale livello) che si effettua attraverso la somministrazione di chemioterapia intratecale a cui si aggiunge, solo in pazienti selezionati (alto rischio), la radioterapia craniale.
    I pazienti vengono suddivisi in tre fasce di rischio (standard, intermedio, alto) in base alle caratteristiche della malattia ed alla iniziale risposta al trattamento: in base a tale suddivisione viene modulato il trattamento.
    Il trapianto di midollo osseo viene attualmente indicato soltanto per le leucemie ad alto rischio se esiste un donatore familiare, o per i pazienti ricaduti dopo la fine della terapia standard.

    Sono stati identificati diversi fattori prognostici negativi per la LLA: età ( 10 anni), il sesso maschile, la presenza di un numero elevato di blasti alla diagnosi (>100.000), la presenza di alcune traslocazioni cromosomiche (4;11, 8;14, 9;22), la scarsa risposta al trattamento.
    Attualmente grazie ai progressi della chemioterapia, ad un miglioramento della terapia di supporto e ad una più accurata stratificazione dei pazienti, la prognosi della LLA è globalmente buona con il 70% dei pazienti guariti.

    Per quanto riguarda la LMA si distinguono 9 sottogruppi di LMA (M0-M9) distinti secondo il tipo di cellula leucemica, il suo livello di maturazione e il grado di differenziazione: in base al sottogruppo viene determinata la scelta di terapia e la prognosi. Il trattamento delle LMA prevede protocolli chemioterapici più brevi e più intensivi rispetto a quelli per la LLA, comprendenti comunque la profilassi del SNC. Il trapianto di midollo osseo è indicato in alcuni sottogruppi di LMA che solitamente non rispondono alle terapie standard e in caso di ricaduta dopo la sospensione delle terapie standard.
    La prognosi è peggiore rispetto a quella delle LLA con una sopravvivenza globale libera da malattia a 5 anni del 40-50%.
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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:20
    Linfomi

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    I linfomi costituiscono un gruppo eterogeneo di neoplasie che originano dal tessuto linfatico (linfonodi, milza, timo, tonsille, adenoidi, midollo osseo): rappresentano il 15 % dei tumori maligni nei pazienti di età inferiore ai 20 anni essendo il 3° tumore più frequente dell’età pediatrica dopo le leucemie ed i tumori cerebrali. Sono molto rari al di sotto dei 3 anni di età.


    I linfomi vengono suddivisi in due grossi gruppi: linfomi non-Hodgkin e linfomi di Hodgkin in base alle caratteristiche morfologiche ed immunofenotipiche dei linfociti responsabili del processo neoplastico (B, T, NK).



    Linfomi non-Hodgkin (LNH)

    I linfomi non-Hodgkin (LNH) costituiscono un gruppo eterogeneo di neoplasie linfoidi; possono presentarsi in qualunque fascia di età, ma sono molto rari al di sotto dei 2 anni; hanno un picco massimo di incidenza tra i 7 e gli 8 anni ed interessano maggiormente il sesso maschile.
    I LNH sono classificati a seconda dei tipi cellulari implicati in 4 varianti: Burkitt, linfoblastico, anaplastico a grandi cellule, B diffuso a grandi cellule.


    La presentazione clinica è spesso extra-linfonodale, per lo più addominale o mediastinica; la sintomatologia varia a seconda del distretto interessato:
    • torace e mediastino: tosse, febbricola, difficoltà respiratoria.
    • addome: dolori addominali, vomito, presenza di massa palpabile in addome.
    • collo o inguine: presenza di linfonodi ingrossati (diametro superiore a 2-3 cm) duri.


    La diagnosi va effettuata nel minor tempo possibile perché generalmente si tratta di tumori a crescita molto rapida, con possibile disseminazione precoce al midollo e al sistema nervoso centrale.
    L’esame d’elezione è rappresentato dalla biopsia della massa o di uno dei linfonodi, che permette di ottenere la diagnosi istologica.
    Dal punto di vista terapeutico, i LNH del bambino costituiscono un gruppo di tumori altamente sensibili alla chemioterapia. La chirurgia è utilizzata esclusivamente a fini diagnostici.
    Le percentuali di guarigione con gli attuali protocolli terapeutici sono estremamente elevate. La sopravvivenza a 5 anni è superiore al 70%.


    Linfomi di Hodgkin (LH)

    I linfomi di Hodgkin (LH) rappresentano dal 15 al 30% di tutti i linfomi dell’infanzia. Si tratta di un gruppo di neoplasie maligne del sistema linfatico ed è caratterizzato dalla presenza di grosse cellule binucleate chiamate “cellule di Reed-Sternberg”.
    Questo tipo di malattia interessa soprattutto i bambini più grandi, gli adolescenti e i giovani adulti.


    I LH si manifestano generalmente con linfoadenopatie profonde e superficiali (non dolenti alla palpazione, di consistenza dura, senza segni di flogosi della cute sovrastante), spesso confluenti in “pacchetti linfonodali”; sono spesso presenti sintomi sistemici (dovuti alla produzione di citochine) quali febbre e astenia, calo ponderale, sudorazione notturna, prurito. Nelle localizzazioni mediastiniche possono esserci tosse e dispnea (sindrome della vena cava superiore).
    La diagnosi viene confermata dalla biopsia di uno o più linfonodi colpiti. La diffusione metastatica è rara e può interessare polmoni, fegato, ossa, midollo osseo.
    La terapia prevede un trattamento combinato chemioterapico e radioterapico, che consente di ottenere un elevato tasso di guarigione.

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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:21
    Medulloblastoma

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    Il medulloblastoma rappresenta il 10 - 20% dei tumori cerebrali e il 30% di quelli localizzati nella fossa cranica posteriore in età pediatrica: il 40% insorge prima dei 5 anni e il 75% prima dei 10 anni.
    E’ un tumore embrionale che origina dal neuroectoderma e si sviluppa nel cervelletto (80% nel verme e 20% negli emisferi): ha una notevole tendenza a metastatizzare nel sistema nervoso centrale (SNC), tramite il liquido cefalorachidiano, mentre è rara la disseminazione all'esterno del SNC (midollo osseo, addome).

    In più di un terzo dei casi il tumore è metastatico alla diagnosi.
    Dal punto di vista clinico l’esordio della malattia è solitamente svelato da turbe dell’equilibrio (atassia) e dai segni legati all’ipertensione endocranica (vomito, cefalea). Altri sintomi possono essere la paralisi dei nervi cranici e alterazioni motorie .
    Gli esami di stadiazione iniziale prevedono l’esecuzione di una RMN con studio dell’encefalo e del midollo spinale e l’esame citologico del liquor per ricerca di cellule neoplastiche.

    La presenza di metastasi a distanza, la positività del liquor per cellule tumorali, la presenza di anaplasia all’esame istologico e un’asportazione chirurgica incompleta, condizionano sfavorevolmente la prognosi (medulloblastoma ad alto rischio)
    A differenza di altri tumori cerebrali il medulloblastoma è un tumore tra i più chemio- e radio-sensibili per cui il trattamento prevede oltre l’asportazione chirurgica della lesione un trattamento chemioterapico e radioterapico.
    Per evitare sequele a lungo termine sul piano neurocognitivo, legate prevalentemente all’esposizione alla radioterapia cranio-spinale nei primi anni di vita, si sono sviluppati nuovi protocolli terapeutici (infants) che prevedono l’utilizzo esclusivo della chemioterapia, anche ad alte dosi, evitando la radioterapia nei bambini al di sotto dei 3 anni.
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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:21
    Gliomi

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    I gliomi sono tumori di origine gliale (cioè del tessuto di sostegno del sistema nervoso centrale): si dividono in gliomi di basso e di alto grado in funzione della loro aggressività (indice mitotico, atipie nucleari, cellularità, necrosi, proliferazione vascolare).
    Possono svilupparsi in tutte le strutture del sistema nervoso centrale: emisferi, strutture della linea mediana, tronco encefalico, cervelletto, midollo spinale.
    Gli astrocitomi di basso grado sono rappresentati dall’astrocitoma pilocitico (grado I) e dall’astrocitoma fibrillare o diffuso (grado II), sono a lento accrescimento con una sopravvivenza a 10 anni superiore all’80%.

    Possono localizzarsi nelle vie ottiche, nel cervelletto, nel tronco encefalo e a livello emisferico.
    I sintomi di esordio saranno naturalmente dipendenti dalla localizzazione: si potranno avere quindi alterazioni della vista (riduzione dell’acuità visiva fino alla cecità, alterazioni del campo visivo, strabismo, pallore della papilla ottica) nelle forme delle vie ottiche; disturbi alla deambulazione e ipertensione endocranica nelle forme cerebellari; cefalea, torcicollo, dolore e deficit dei nervi cranici nelle forme del tronco encefalo; epilessia e disturbi del comportamento per le forme emisferiche. Nel 30–50 % dei pazienti affetti da gliomi delle vie ottiche esiste il riscontro di una neurofibromatosi.

    Il trattamento di prima linea consiste nell’asportazione chirurgica completa se la localizzazione e l’estensione della malattia lo consentono senza essere demolitivi.
    Se l’intervento radicale non è possibile (come spesso nei gliomi ottici o del tronco encefalo) si può assumere un atteggiamento di attesa (wait and see) ed intervenire con la chemioterapia o più raramente con la radioterapia solo in caso di progressione tumorale o di peggioramento clinico.

    Gli astrocitomi di alto grado sono rappresentati dall’astrocitoma anaplastico (grado III) e dal glioblastoma multiforme (grado IV) sono caratterizzati da una maggiore aggressività e da un rapido accrescimento ed hanno una prognosi più sfavorevole. Si localizzano a livello emisferico o del tronco encefalico.
    Il trattamento prevede un intervento chirurgico, lì dove possibile, seguito da una radioterapia sul letto tumorale ed eventualmente da un trattamento chemioterapico secondo i trial clinici attualmente in studio. Dal momento che non esistono al momento farmaci completamente efficaci, la ricerca si sta concentrando su queste patologie nel tentativo di migliorare i risultati su questi piccoli pazienti.
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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:21
    Ependimoma

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    L’ependimoma è un tumore che origina dalle “cellule ependimali”, piccole cellule che rivestono il sistema dei ventricoli cerebrali e il canale del midollo spinale.

    Rappresenta l’8-10% di tutti i tumori cerebrali pediatrici. Sono colpiti maggiormente i bambini piccoli (età media alla diagnosi: 5 anni).

    Gli ependimomi possono svilupparsi in tutti i punti del sistema nervoso centrale rivestiti dalle cellule ependimali, ma circa i 2/3 dei casi sono localizzati a livello del quarto ventricolo cerebrale.


    Circa il 10 % dei casi sono metastatici alla diagnosi.
    Dal punto di vista istologico possono esservi forme di grado II, solitamente localizzate, o forme di grado III, anaplastiche, più aggressive.
    Il trattamento consiste nell’utilizzo della chirurgia. La radicalità della chirurgia è l'unico fattore prognostico universalmente riconosciuto : la sopravvivenza totale a 5 anni dei pazienti con un ependimoma completamente asportato (trattati con radioterapia - RT -) si stima che vari attorno al 70-75%, mentre per i casi con resezione incompleta essa sembra cadere al 30%.
    Il trattamento radiante post-operatorio ( 50-55 Gy sul letto tumorale) è attualmente considerato parte integrante del trattamento convenzionale dell'ependimoma
    Molto discusso rimane il ruolo della CT negli ependimomi: essa viene solitamente impiegata nei bambini molto piccoli nel tentativo di posticipare il più possibile la radioterapia.
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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:22
    Altri tumori cerebrali

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    I tumori del sistema nervoso centrale sono i tumori solidi più frequenti in età pediatrica, rappresentandone circa il 25-30%, secondi per incidenza solo alle leucemie.
    Si tratta di una classe molto eterogenea di tumori per quanto riguarda l’istologia, il comportamento, la frequenza e le manifestazioni cliniche.
    I tumori più frequentemente osservati sono i gliomi e il medulloblastoma, seguiti dagli ependimomi e da numerosi altri istotipi più rari: tumori dei plessi corioidei, tumore teratoide rabdoide atipico (ATRT), germinomi, craniofaringioma.


    Tumori dei plessi corioidei
    Insorgono dalle cellule dei plessi corioidei, nella maggior parte dei casi nei ventricoli laterali e più raramente nel 3°ventricolo, mentre è eccezionale l’insorgenza nel 4° ventricolo.
    Si distinguono in papillomi benigni e in carcinomi: le manifestazioni cliniche d’esordio sono quelle proprie dell’ipertensione endocranica.
    Il trattamento è essenzialmente chirurgico: se la chirurgia radicale non è possibile si associa a chemioterapia e/o radioterapia.

    Craniofaringioma
    Si tratta di tumori che originano dalla regione della sella turcica, di natura benigna, più frequenti tra i 5 ed i 14 anni.
    La sintomatologia d’esordio è legata alle alterazioni endocrine secondarie all’interessamento dell’ipofisi: rallentamento della crescita, diabete insipido, pubertà ritardata. Più raramente si assiste a problemi visivi o ipertensione endocranica.
    La diagnosi differenziale si pone con altri tumori presenti nella stessa regione (adenomi ipofisari), con i processi infiammatori o infettivi (granulomi eosinofili) e con alcuni difetti congeniti (cisti della tasca di Rathke).
    La chirugia è il trattamento di scelta : quando l’asportazione radicale non può essere realizzata per il rschio di importanti sequele, viene associata la radioterapia post-operatoria.
    I disturbi endocrini sono di solito permanenti e necessitano di una terapia sostitutiva.

    Tumore teratoide rabdoide atipico (ATRT)
    Sono tumori molto rari che colpiscono prevalentemente la prima infanzia (<3 anni) e possono interessare tutte le zone del sistema nervoso centrale.
    Sono tumori particolarmente aggressivi e di difficile trattamento: infatti sono spesso metastatici già alla diagnosi, per cui l’asportazione radicale non è spesso possibile; inoltre vista l’età di insorgenza la radioterapia non è utilizzabile.
    Attualmente sono allo studio protocolli di trattamento che prevedono una chemioterapia intensiva, ma la prognosi resta molto bassa.


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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:22
    Tumori germinali

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    I tumori germinali maligni costituiscono un gruppo eterogeneo e complesso di tumori che originano dalle cellule germinali primordiali (cellule destinate alla formazione degli ovuli nella femmina e degli spermatozoi nel maschio).


    Tali tumori derivano dalle cellule germinali totipotenti e possono quindi localizzarsi potenzialmente in diversi siti dell’organismo, lungo il percorso di migrazione delle cellule germinali primordiali (caratteristicamente lungo la linea mediana): nell’ordine di frequenza sono interessati le gonadi, il mediastino, il SNC e la regione sacro-coccigea.


    A seconda della fase di maturazione cellulare in cui si verifica la degenerazione tumorale, inoltre, queste neoplasie possono presentare gradi variabili di differenziazione (seminoma, carcinoma embrionario, teratoma, corio carcinoma).
    Esistono due picchi di incidenza: il primo anno di vita e l’adolescenza.


    La presentazione clinica dipende dalla localizzazione del tumore e dall’età di comparsa.
    La strategia diagnostica e terapeutica dipende dai 3 principali fattori prognostici: estensione tumorale, variante istologica e livelli nel sangue di alfa-feto-proteina e β-gonadotropina corionica.
    Il trattamento elettivo è rappresentato dalla chirurgia radicale.
    Il momento ideale della chirurgia è da definirsi in funzione dell’estensione tumorale iniziale. La chemioterapia è fondamentale, ad eccezione delle forme molto localizzate. La radioterapia esterna non trova indicazione per l’elevata tossicità

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    mauretto58
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    Home :: Neuroblastoma
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    Neuroblastoma

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    Il Neuroblastoma è un tumore maligno che origina dalle cellule nervose dei gangli simpatici.
    Può colpire soprattutto la ghiandola surrenale (presentandosi come una tumefazione addominale) e i gangli simpatici paraspinali (potendo comparire in qualsiasi tratto della colonna vertebrale addominale e toracica).


    Il neuroblastoma rappresenta circa l’8% di tutti i tumori pediatrici ed in assoluto il più frequente nel primo anno di vita, con un’età media alla diagnosi di 2 anni, mentre è molto raro il riscontro dopo i 10 anni.
    L’incidenza complessiva nei bambini fino ai 15 anni è di 8-10 casi per milione all’anno (circa 120 casi nuovi ogni anno in Italia)
    Le manifestazioni cliniche sono correlate alla sede d’insorgenza ed alla presenza di metastasi.


    La localizzazione del tumore è principalmente addominale retroperitoneale (60-70%) ed è in genere a partenza surrenalica con sintomi spesso aspecifici, quali anoressia, vomito, vaghi dolori addominali. Nel 20% dei casi il neuroblastoma è intratoracico, con sintomatologia quale tosse, insufficienza respiratoria, difficoltà alimentari. Più raramente la localizzazione iniziale è pelvica o cervicale.
    Più del 60% dei neuroblastoma presentano alla diagnosi una disseminazione metastatica, a livello epatico, linfonodale, osseo e midollare.
    Il neuroblastoma può infiltrare i forami vertebrali determinando compressione midollare e quindi problemi alla deambulazione o nel controllo degli sfinteri: questa manifestazione della malattia è difficile da interpretare nei piccoli pazienti.
    In oltre l’80% dei casi della malattia il tumore produce quantità abnormi di amine simpatiche (principalmente adrenalina e non adrenalina) che possono provocare ipertensione arteriosa.


    Dal punto di vista clinico il Neuroblastoma presenta delle peculiarità che lo fanno considerare un tumore unico. Infatti la prognosi è molto migliore nei bambini piccoli, sotto l’anno di vita, rispetto ai più grandi, e questo indipendentemente dall’estensione della malattia; ed inoltre, specialmente nei bambini piccolissimi la malattia può regredire da sola anche se disseminata (neuroblastoma 4S).
    Dal punto di vista diagnostico sono importanti gli esami strumentali (TAC e/o RMN) per evidenziare la massa; la scintigrafia con MIBG attraverso la quale si inietta una sostanza, la guanidina, legata a iodio radioattivo, che viene catturata solo dalle cellule di Neuroblastoma, mettendo inequivocabilmente in evidenza il tumore e le sue metastasi (anche se esiste una percentuale di neuroblastomi non captanti); il riscontro di metaboliti urinari (acido vanil-mandelico ed omovanillico) delle catecolammine plasmatiche (adrenalina e noradrenalina); la biopsia della massa tumorale , che resta l’indagine diagnostica dì elezione e permette di quantificare l’amplificazione dell’oncogene N-myc, fattore in grado di condizionare la prognosi.
    La strategia terapeutica comporta un approccio multidisciplinare attraverso l’uso della chirurgia, della chemioterapia convenzionale o ad alte dosi con reinfusione delle cellule staminali; della radioterapia (classica o con MIBG): la scelta di tali presidi dipende dall’età del paziente, dall’estensione tumorale e dalla presenza o meno di amplificazione dell’N-Myc.

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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:23
    Rabdomiosarcoma

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    Il rabdomiosarcoma (RMS) costituisce il più frequente sarcoma dei tessuti molli nel bambino e rappresenta il 4,5% delle neoplasie dell'età pediatrica.
    Tale neoplasia si manifesta con due differenti picchi di età: nel bambino di età inferiore ai 5 anni e nell’adolescente, mentre è eccezionale nell’adulto.
    Si tratta di un gruppo eterogeneo di tumori che insorgono da un comune precursore, la cellula da cui origina il muscolo striato, pertanto può potenzialmente insorgere in qualsiasi parte del corpo dove tale muscolatura sia presente: le localizzazioni principali sono il distretto testa-collo (35% dei casi), seguite dal tratto genitourinario (nel 22% dei casi) e meno frequentemente dal tronco e dagli arti.
    Dal punto di vista istologico si distinguono una forma alveolare (20% dei casi), solitamente associata a prognosi sfavorevole, una forma embrionale (60%) a prognosi intermedia, una forma botrioide (5%) a buona prognosi.

    Clinicamente il tumore si presenta con una massa non dolente e le manifestazioni principali dipendono dalla sede della neoplasia (disturbi oculari in caso di localizzazioni intraorbitarie, ostruzione nasale per localizzazioni al nasofaringe, massa palpabile addominale o disturbi minzionali in caso di presentazione genitourinaria, massa palpabile per le localizzazioni agli arti).

    Gli esami strumentali (RMN o TAC) sono indispensabili per caratterizzare il tumore e vanno completati con la ricerca delle eventuali metastasi le cui sedi principali sono i polmoni, il midollo osseo, lo scheletro, i linfonodi.
    Il prelievo bioptico dalla sede di lesione è l'unico mezzo per formulare la diagnosi e stabilire il sottotipo istologico; il principale momento terapeutico è rappresentato dalla chirurgia, che deve essere il più possibile radicale, ma che purtroppo non è sempre realizzabile per via della sede del tumore, almeno nella fase iniziale.

    La chemioterapia è pertanto essenziale sia per ridurre la massa iniziale e renderla pertanto più facilmente aggredibile, sia per il controllo delle lesioni secondarie. Essa consta di molteplici farmaci, efficaci se utilizzati in associazione. La radioterapia si utilizza a completamento della chirurgia se la malattia non può essere asportata completamente, e permette di consolidare il controllo locale della malattia.
    La prognosi dipende da numerosi fattori tra i quali l'estensione della malattia all'esordio, la sede, l'istologia, la possibilità di una asportazione radicale.
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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:24
    Osteosarcoma

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    L'osteosarcoma (OS) è un tumore ad elevata malignità costituito da cellule mesenchimali maligne che producono matrice osteoide ed ossea. Può presentarsi in qualsiasi zona dello scheletro ma colpisce prevalentemente le metafisi delle ossa lunghe. Nel 90% dei casi interessa l’articolazione del ginocchio, localizzandosi selettivamente in corrispondenza dell’estremità inferiore del femore o dell’estremità superiore della tibia o del perone, più raramente può interessare l’estremità superiore dell’omero, la clavicola, la pelvi, le ossa piatte.

    Colpisce per lo più gli adolescenti ed i giovani adulti con un picco di incidenza nella seconda decade di vita, spesso concomitante con lo spurt puberale.
    La sintomatologia di esordio è caratterizzata da dolore ingravescente (spesso inizialmente attribuito a traumi) che progressivamente si accompagna a tumefazione della sede colpita; talora una frattura patologica può essere la prima manifestazione di un tumore osseo primitivo.
    Nel sospetto di tumore maligno, dopo aver eseguito radiografia convenzionale e RMN, la conferma diagnostica si ottiene con la biopsia chirurgica.
    Una volta posta la diagnosi istologica di osteosarcoma, la stadiazione sarà completata mediante TAC torace e da una scintigrafia ossea, alla ricerca di eventuali metastasi (presenti nel 10-20% dei casi).

    Attualmente in tutti gli attuali protocolli internazionali, l’approccio terapeutico del paziente con osteosarcoma prevede una chemioterapia neoadiuvante seguita da un intervento chirurgico di tipo conservativo (resezione e ricostruzione tramite protesi sostitutiva) ed una chemioterapia post-operatoria.
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    00 30/06/2011 21:24
    Sarcoma di Ewing

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    Il sarcoma di Ewing (ES) è un tumore di origine neuroectodermica più frequentemente a localizzazione ossea ma che può talora interessare primitivamente i tessuti molli extra-ossei. Le cellule neoplastche sono caratteristicamente piccole e rotonde. Dal punto di vista citogenetico il sarcoma di Ewing presenta delle traslocazioni peculiari: t(11;22) (70 % dei casi), t(21;22) (10 %) o t(7;22) (5 %).
    Alcuni tumori analoghi quali il tumore di Askin ed i “primitive neuroectodermal tumours (PNET)” vengono globalmente inquadrati nel gruppo dei “tumori della famiglia di Ewing”.

    Il sarcoma di Ewing colpisce nel 60 % dei casi adolescenti di età compresa tra i 10 ed i 16 anni, ma può comparire anche sotto i 10 anni, raramente sotto i 5.
    È un tumore ubiquitario che può interessare qualunque localizzazione ossea con predilezione per le ossa piatte. Le localizzazioni più frequenti sono, in ordine di frequenza: le ossa iliache, le coste, gli arti, il rachide, il sacro.
    Nel 20-30 % dei casi possono esservi delle metastasi polmonari, ossee o midollari alla diagnosi.

    I sintomi di esordio dipendono da fattori quali la sede e le dimensione della malattia: il dolore è un sintomo comune nelle localizzazioni scheletriche a cui si può associare febbre e aumento degli indici infiammatori.
    La stadiazione della malattia prevede la TAC o la RMN del distretto colpito, una TAC del torace, una scintigrafia ossea ed una biopsia osteomidollare, per valutare l’infiltrazione midollare.

    Il trattamento del sarcoma di Ewing prevede l'associazione di chemioterapia ad un trattamento locale intensivo basato sulla combinazione di chirurgia e radioterapia.
    Il fattore prognostico più importante è la presenza di metastasi alla diagnosi.
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    00 30/06/2011 21:25
    Tumore di Wilms

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    Il tumore di Wilms o “nefroblastoma” costituisce la neoplasia renale più frequente in età pediatrica (> 90% dei tumori renali del bambino).
    Nel 75% dei casi insorge prima dei 5 anni d'età con un picco tra i 2-3 anni. Nel 5% dei bambini può essere bilaterale.
    Il tumore di Wilms può associarsi a malformazioni congenite isolate (quali emipertrofia, aniridia, anomalie genito-urinarie) o raggruppabili in sindromi definite (Beckwith-Wiedeman, Denys-Drash, WAGR).

    La presentazione clinica prevalente è la massa addominale, spesso riscontrata occasionalmente dagli stessi genitori o dal pediatra durante una visita di routine.
    Possono essere inoltre presenti altri segni quali malessere generale (inteso come stanchezza, anoressia, deperimento), dolore addominale in corrispondenza della massa, febbre, micro e macro-ematuria (urine ematiche), costipazione ed infine ipertensione arteriosa, dovuta alla compressione dei vasi renali. In rari casi si può presentare con un quadro di addome acuto per rottura del tumore.

    L’iter diagnostico prevede esami di laboratorio e strumentali (ecografia dell'addome TAC di torace e addome) che hanno l’obiettivo di confermare la presenza del tumore, delinearne le caratteristiche ed il rapporto con le strutture vicine (vasi, linfonodi), e identificare eventuali metastasi: infatti nel 10% dei casi sono presenti metastasi già alla diagnosi (85% polmonari, 15% epatiche).
    La stadiazione del tumore si basa sulla estensione della malattia a livello del rene e di altre strutture o organi limitrofi o a distanza e su un adeguato studio morfologico del pezzo operatorio secondo criteri predefiniti (studio capsula renale, grasso peri-renale, bacinetto, linfonodi, presenza di anaplasia.).
    L'intervento chirurgico di nefrectomia costituisce il momento terapeutico più importante. Una chirurgia conservativa del rene è indicata solamente nelle situazioni di bilateralità della neoplasia.

    Il tempo ideale in cui effettuare la nefrectomia è a tutt'oggi oggetto di dibattito ed infatti sono presenti due diverse strategie nella comunità scientifica internazionale: una prevedo la chirurgia come primo atto terapeutico e successivamente, in base alla "reale" stadiazione chirurgica, la chemioterapia complementare; l’altra sostiene l'efficacia della chemioterapia pre-operatoria, che consente un approccio chirurgico più agevole.
    I risultati terapeutici ottenuti con queste due strategie sono di fatto sovrapponibili.
    I farmaci più attivi sono actinomicina-D, vincristina e adriamicina.
    Il ruolo della radioterapia riveste diversa importanza in rapporto allo stadio ed alla presenza di anaplasia diffusa.
    La prognosi è complessivamente buona, tranne nei casi di istologia sfavorevole (anaplasia) e metastatici.

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    mauretto58
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    00 30/06/2011 21:25
    Retinoblastoma

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    Il retinoblastoma è il più comune tumore intraoculare in età pediatrica.
    L’incidenza è di 1/15000-20000 nati vivi e la fascia di età più colpita è compresa tra la nascita e i 2 anni. Nel 70% dei casi l’esordio è unilaterale, generalmente sporadico e con un’età mediana alla diagnosi di 24 mesi; nel 30% dei casi il tumore è bilaterale all’esordio, ereditario e con un’età media alla diagnosi di 12 mesi.
    Meno del 2% dei casi sono diagnosticati dopo i 5 anni (si parla in questo caso di retinoblastoma tardivo); tuttavia sono stati riportati casi di retinoblastoma anche nell’adulto

    Secondo l’ipotesi genetica corrente, tutte le forme di retinoblastoma sono l’effetto di un’alterazione del gene RB1 situato nel braccio lungo del cromosoma 13, nella regione 13q14.1–14.2, che svolge un’importante funzione nella regolazione del ciclo cellulare. La delezione di entrambi gli alleli sarebbe responsabile del tumore.
    Il primo segno rivelatore del retinoblastoma è nella maggior parte dei casi la leucocoria, ossia il riflesso bianco della pupilla (detto anche riflesso amaurotico del gatto); tale segno è spesso incostante inizialmente e può essere messo bene in evidenza nelle foto eseguite col flash.
    Il secondo segno in ordine di frequenza è lo strabismo, mentre sintomi meno frequenti sono esoftalmo, anisocoria, edema palpebrale o segni di flogosi.
    Il tumore può invadere l’orbita, estendersi attraverso il nervo ottico alla regione intracranica, oppure più raramente metastatizzare per via ematogena o linfatica.

    La diagnosi si pone dopo esame oftalmoscopico per il riscontro di una massa riccamente vascolarizzata e con calcificazioni nel contesto: tale esame va completato con l’ecografia oculare e la RMN orbitaria e del cranio.
    La ricerca di metastasi a distanza (TAC torace, scintigrafia ossea, rachicentesi, aspirato midollare) deve essere limitata alle forme a rischio.
    La diagnosi differenziale va posta verso infezioni parassitarie (toxoplasma, cisticercosi), coloboma, uveite; la retinopatia del pretermine in fase avanzata può essere indistinguibile da un retinoblastoma.

    Nel trattamento del retinoblastoma si possono identificare 3 obiettivi: il primo è chiaramente quello di salvare la vita al paziente; il secondo è quello di salvare l’occhio ed il terzo è di assicurare la miglior vista possibile.
    La scelta del più adatto programma terapeutico dipende da diversi fattori, tra cui la sede e le dimensioni della neoplasia, il numero di focolai, l’età del paziente, la unilateralità o bilateralità della neoplasia, l’interessamento focale o diffuso del vitreo, la diffusione sottoretinica, la familiarità, l’eventuale presenza di metastasi.

    Attualmente l’orientamento è quello di prediligere le terapie conservative, quali fotocoagulazione, crioterapia, radioterapia con placche episclerali, termoterapia, che sembrano permettere di salvare la vita al paziente, preservando allo stesso tempo l’occhio ed una visione residua soddisfacente
    Tali metodiche di terapia locale conservativa possono essere precedute da alcuni cicli (2-6) di chemioterapia (chemioriduzione) con l’obiettivo di ridurre la massa tumorale e renderla appunto accessibile al trattamento conservatore e di preservare il più possibile la macula e la papilla.
    Se tale trattamento conservativo non è realizzabile si interviene con l’enucleazione. La radioterapia è riservata in casi selezionati.
    E’ inoltre molto importante il counseling genetico per i familiari del paziente e per i pazienti adulti guariti dal retinoblastoma, al fine di chiarire i rischi di trasmissione di una predisposizione al retinoblastoma.


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    mauretto58
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    00 02/07/2011 12:41
    comunicazione
    si sta perfezionando una collaborazione con la FONDAZIONE GABRIELE SANDRI
    entro due settimane ci sara' l'incontro...............




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    mauretto58
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    00 04/07/2011 18:39
    Supporto alle famiglie



    Obbiettivo irrinunciabile, in un reparto di Oncologia Pediatrica, è il mantenimento di un’adeguata qualità di vita del bambino e della sua famiglia. Il supporto psicologico rappresenta uno degli elementi fondamentali per il conseguimento di tale obbiettivo.

    L’approccio terapeutico proposto dal nostro Centro prevede l’impostazione di una cura globale.
    Il bambino affetto da patologia oncologica può avvalersi, nell’ambito della stessa struttura ospedaliera dell’area radio-diagnostica, oncologica, chirurgica, neurologica, radioterapica e della terapia intensiva pediatrica.
    Tenuto conto di questa realtà, la nostra scelta è stata quella di pensare al supporto psicologico, non come un’area a sé stante, ma come elemento unificante delle differenti aree, secondo modalità aderenti alla specificità del singolo contesto. Questo significa, in pratica, che l’operatore psicologico segue l’iter terapeutico del bambino, nei diversi luoghi di cura garantendo la continuità della relazione di supporto rivolta alla famiglia al fine di contenere le ansie legate ad ogni fase critica della malattia.


    Il supporto psicologico si configura, quindi, come una relazione di accompagnamento dell’intero sistema familiare in tutte le fasi del percorso terapeutico.

    La presenza quotidiana dello psicologo in reparto ed in day hospital, permette di instaurare relazioni significative, che consentono di facilitare la comprensione della malattia nella sua complessità e di formulare una richiesta di aiuto, esplicita o implicita, di fronte alle difficoltà pratiche, organizzative, relazionali ed emotive che si possono presentare.
    Il bambino, fisicamente sofferente ed emotivamente sradicato, ritrova attraverso il gioco, il disegno, l’animazione, in ambienti colorati pensati per lui, qualcosa di familiare che può utilizzare per ricreare un contesto simile a quello della sua vita abituale ed esprimere le sue emozioni.
    Il patrimonio emozionale espresso attraverso il disegno spontaneo è stato raccolto nella pubblicazione “ Sono malato dammi un foglio grande” (R. Riccardi, P. Rubbini Paglia, Ed. Elsevier Masson, 2008) che vuole essere un’occasione di riflessione sul mondo interiore dei bambini sofferenti.
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    mauretto58
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    00 04/07/2011 18:42
    Le aree satellite



    Gli attuali protocolli terapeutici, a fronte di un numero crescente di guarigioni, richiedono lunghi periodi di degenza ed un forzato isolamento dal mondo esterno.
    Per far fronte a questo grave disagio è stato necessario promuove la costituzione di aree “satellite” che svolgessero una funzione di ponte, di legame, di continuità con la vita “normale” che il paziente e la sua famiglia devono necessariamente abbandonare. Il servizio di supporto psicologico si avvale, quindi, della collaborazione di diverse “aree satellite” per garantire il mantenimento e l’espressione delle parti sane del bambino e dei suoi genitori, anche durante l’iter della cura.
    Per evitare la sovrapposizione di una molteplicità di figure, diverse per competenze e per campi di appartenenza, sono previsti ambiti di formazione e di scambio che consentono da un lato di trasmettere il proprio bagaglio di esperienze e dall’altro di accogliere nuovi stimoli e proposte di riflessione con l’obiettivo di individuare progetti mirati per ogni singolo bambino.



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    mauretto58
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    00 04/07/2011 18:42
    Scuola





    Nel policlinico “A. Gemelli” di Roma, nel rispetto del principio di umanizzazione del ricovero, sono presenti, da circa 20 anni, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado (www.morosininospedale.it); più recente è l’istituzione della scuola dell’infanzia e della scuola secondaria di secondo grado “Scuola superiore Gemelli associata all’ITC Calamandrei” ( scsupgemelli@rm.unicatt.it ).


    Il servizio didattico svolge un capillare lavoro di approfondimento sui singoli pazienti in collaborazione con il servizio psicologico per una reale integrazione tra mondo scolastico e mondo ospedaliero.



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